GRAMSCI E LEOPARDI, QUEL FILO ROSSO CHE UNISCE DUE GIGANTI RACCHIUSI IN CORPI FRAGILI

martedì 30th, aprile 2019 / 11:38
GRAMSCI E LEOPARDI, QUEL FILO ROSSO CHE UNISCE DUE GIGANTI RACCHIUSI IN CORPI FRAGILI
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In occasione del recente 82esimo anniversario della morte di Antonio Gramsci mi è tornato in mente il fatto che c’è una tradizione di studi ormai consolidata che accosta la figura del filosofo, politico, critico letterario e studioso Gramsci al poeta, filosofo, linguista e studioso Giacomo Leopardi.

Oltre alla curiosa e triste coincidenza della morte prematura avvenuta a distanza di un secolo esatto, il 1937 per l’uno e il 1837 per l’altro, sembra esserci davvero un filo sottile che lega questi due giganti racchiusi entrambi in dei fragili corpi. La prima è la malattia, una tubercolosi ossea, che ne ha deformato la struttura fisica, provocando gravi problemi di salute e obbligandoli, anche a causa di gravi ristrettezze economiche – patite in misura diversa per la diversa estrazione sociale, – a un’esistenza difficile che ha però forgiato il carattere combattivo e mai domo dell’uno e dell’altro.

Certo, assai differenti sono i contesti storici di riferimento, molto dissimili le esperienze (Gramsci ha patito anche la galera per 10 anni: “bisogna impedire a quel cervello di funzionare pr almeno 20 anni” disse il Pm fascista Ingrò al Processone del 1928), ma in tutti e due il pensiero nasce e si alimenta dall’attrito con fasi storiche segnate da profonde crisi politiche e ideologiche. Cruciale fu per entrambi il tema dell’analisi della società, in particolare quella italiana, e il ruolo in essa dell’intellettuale.

Nella sua pur breve vita, Gramsci, come Leopardi, è riuscito a tramandare ai posteri un lascito di valore universale: quello letterario ed etico delle Lettere, e quello filosofico-politico dei Quaderni, da molti definiti lo ‘Zibaldone del XX secolo’ a sottolineare il fatto che sia lo Zibaldone leopardiano sia I Quaderni dal carcere rappresentano un modello di pensiero antidogmatico per la tradizione intellettuale e civile italiana.

Converrà ricordare, infine, la consapevolezza che lo stesso Gramsci ebbe della sua contiguità con il grande recanatese, intuita più tardi da un terzo intellettuale, Pier Paolo Pasolini. Pasolini fu il primo, infatti, ad avere chiara la percezione delle affinità tra i due. Nella raccolta Le Ceneri di Gramsci, ad esempio, immaginando di rivolgersi alle spoglie del politico, propone dei versi di chiara ispirazione leopardiana alternando, in un impianto di poesia ragionativa come ne La Ginestra – e sulla comune scia dei foscoliani Sepolcri – momenti autobiografici, momenti lirici e brani argomentativi. Lo stesso Pasolini più tardi espliciterà l’analogia tra Gramsci e Leopardi nella Divina Mimesis rievocando, nei panni di un dantesco Virgilio, “Gramsci stesso… con la sua schiena di piccolo eretto Leopardi”, sottolineando in tal modo ciò che, oltre all’aspetto fisico, secondo lui accomunava i due grandi: Lo sguardo chiaro e lucidissimo sulla realtà.

Lucia Annunziata

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