IL NOME DELLA ROSA. O DELLA… RESA. LA SERIE RAI DELUDE

martedì 05th, marzo 2019 / 17:50
IL NOME DELLA ROSA. O DELLA… RESA. LA SERIE RAI DELUDE
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Ieri sera è andata in onda la prima puntata della serie Tv “Il nome ella Rosa“, remake RAI del film di J.Jacques Annaud del 1986, tratto dal libro cult di Umberto Eco.

La storia è nota, siamo nel 1327 in piena disputa politico-religiosa tra il Papa ritiratosi ad Avignone e l’ordine monastico dei Francescani, ritenuto sovversivo, rivoluzionario rispetto ai dogmi e ai privilegi della Chiesa… In una abbazia benedettina sulla Alpi, tetra, austera, innevata e cupa come il Medioevo il francescano Guglielmo da Baskerville, chiamato lì per la disputa teologica di cui sopra, si ritrova ad indagare con il “novizio” Adso  su una serie di misteriose morti tra i frati…

L’abbazia in questione nella fiction è sulle Alpi piemontesi, in realtà si trova nel cuore dell’Umbria. E’ l’Abbazia di Montelabate e non è lontana da una località che si chiama Casa del Diavolo. E la cosa, probabilmente causale, fa sorridere… Sembra un segno del destino. E offre una chiave di lettura ancora più intrigante del capolavoro di Eco riproposto in chiave Tv.

Il problema è che – come spesso accade “ancora una volta la Rai ci ha offerto una produzione ipertrofica, un cast ‘stellare’, un immane dispendio di risorse per confezionare un prodotto patinato, finto antico e pure schizofrenico nell’imitare, da un lato, pedissequamente nella caratterizzazione dei personaggi l’immaginario del film di Annaud e nella scelta di ricamare, dall’altro, senza fondamento su vicende storiche e temperie culturale. Più che Il nome della rosa, sembra “Il nome della resa”. Una resa al consumismo che mette in vendita una superficiale parodia di Medioevo sugli scaffali del supermercato dell’intrattenimento”. Così ha scritto in un post su facebook Lucia Annunziata, nostra collaboratrice e docente di Lettere al Liceo Calvino di Città della Pieve. Ed ha perfettamente ragione. E se lo dice una che il  Medioevo lo insegna a scuola, il parere non è campato in aria. Quanto alla “temperie culturale” che è alla base del libro di Eco, “si imbastisce tutto un colloquio tra il Papa Giovanni XXII e Bernardo Guy, col Papa che dice dei Francescani “Li stermineremo tutti”, neanche se fosse Billy the Kid!” scrive ancora Lucia Annunziata. E in effetti…

Per molti versi la prima puntata della serie Rai ha ricordato la fiction “Medici” girata anche quella dalle nostre parti in particolare a Montepulciano, Pienza, San Quirico d’Orcia e Viterbo, un kolossal con grandi attori come Dustin Hoffman e una serie di aitanti sex symbol, con barbe e capigliature molto curate e molto moderne, pure troppo, tanto che più che al Rinascimento veniva da pensare ad una sfilata di moda a Palazzo Pitti. Con buona pace del rispetto filologico della storia e delle vicende narrate…

Ne Il Nome della Rosa, trattandosi di un periodo più buio e di un’abbazia di frati incastonata tra i monti al confine con la Francia, tanti “belloni” non ce li hanno potuti infilare, ma alla fine il risultato cambia di poco.

Ne emerge più un giallo, american style, che un capolavoro della letteratura, con profondi riferimenti alla filosofia e al rapporto scienza e fede, all’oscurantismo della religione quando questa si fa legge… Speriamo nelle puntate successive, ma se il buongiorno si vede dal mattino, il mattino non ha l’oro in bocca.

Per carità, trasporre in una fiction tv, per un pubblico generalista, le digressioni filosofiche di Eco non era e non è cosa semplice. Il rischio polpettone indigeribile era dietro l’angolo. E forse per questo la produzione e il regista Giacomo Battiato hanno evitato di avventurarsi in un terreno troppo accidentato e complicato.

Però… E’ una resa. La rosa è un’altra storia. E anche gli attori (John Turturro, Rupert Everett, Fabrizio Bentivoglio, Alessio Boni…) sembrano scimmiottare un po’ troppo Sean Connery e gli altri del film di Annaud.

Una cosa è certa, già da domenica prossima all’abbazia di Montelabate ci saranno più visitatori. Tra qualche settimana ci sarà la fila…  E questo al territorio male non fa.

Tanto che a Città della Pieve (sempre in Umbria) c’è chi come Lorenzo Berna di Città della Pieve Promotion, ricordando i “benefici effetti” della fiction Carabinieri sul flusso turistico, propone di pigiare su questo tasto e sulla Umbria Film Commission per inserire la città del Perugino tra le città set permanenti… Anzi a dire il vero propone anche di realizzare dei docufilm o serie Tv sul Perugino stesso e su Ascanio Della Corgna. A questo proposito lo “smacco” che Ascanio subì in quel di Chiusi il venerdì santo del 1554 sarebbe un bel fatto d’armi e di sangue da narrare. Di sicuro effetto…

m.l.

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