QUANDO IL VENTO NUOVO È DONNA (E NERA)

lunedì 19th, novembre 2018 / 10:47
QUANDO IL VENTO NUOVO È DONNA (E NERA)
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Molto si è parlato delle ultime elezioni di metà mandato degli Stati Uniti, soprattutto per l’importante presenza femminile (235 candidate) e la vittoria di alcune come Alexandra Ocasio Cortez che con i suoi ventotto anni è la donna più giovane mai eletta al Congresso.

Il mid-term delle donne ha assistito anche all’ascesa di Ayanna Pressley, quarantaquattro anni, prima donna afroamericana eletta al Congresso per lo Stato del Massachusetts. Le due candidate si sono sostenute nelle rispettive campagne elettorali.

Con diciotto anni di carriera politica alle spalle, Ayanna ha ricoperto vari incarichi. L’ultimo è stato nel Consiglio cittadino di Boston. Anche lì, è stata la prima donna di colore ad essere eletta. La sua attività politica, fondata sulla lotta alla povertà e alla violenza (Ayanna è sopravvissuta ad uno stupro avvenuto durante il periodo universitario e sì, conosceva l’aggressore), si rivolge in particolar modo alle categorie più vulnerabili come donne e adolescenti.

Ma cosa ci frega a noi di Ayanna Pressley, membro di un Congresso d’oltreoceano, lontana ventimila leghe oltre i mari? Questioni di stile. Che, per i tempi che corrono, è segno di una rivoluzione dei costumi.

Sul palco, in occasione del suo discorso, Ayanna ha parlato della sua idea di società: “We have a vision”, una società fondata su equità, giustizia, uguaglianza. “Non sono qui per dirvi che ho vinto”, ha annunciato la neo-eletta, “ma per parlarvi di un’ideale. Quando giustizia, equità ed uguaglianza saranno i diritti di tutti, allora e soltanto allora potrò dire di aver vinto”.

Insieme, prosegue Ayanna con toni a tratti declamatori, possiamo sconfiggere la povertà, ricostruire un sistema di giustizia che assicuri parità di trattamento; creare un’economia dove un solo e unico impiego sia sufficiente a garantire una vita dignitosa. Insieme,continua, possiamo lavorare per garantire l’unità e il benessere di famiglie e comunità.

Assertiva nel consegnare il suo messaggio di non-vittoria, la Pressley non promette miracoli o soluzioni facili ma impegno, fede e determinazione. Non si erge a difensore di presunti “interessi” dei cittadini dall’agguato di forze oscure e maligne ma a garante dei “diritti” del popolo degli umani, senza distinzioni di sorta (e, dall’alto della discriminazione razziale nei confronti del suo popolo ne avrebbe ben donde). Il suo NOI (WE have a vision) è inclusivo, trascinante, collante sociale, creatore di unità, avulso dalle logiche deliranti del NOI di onniscienti contro un VOI di onniscemi (a prescindere).

Ayanna promette di rimboccarsi le maniche per costruire o ri-costruire quello che non funziona in nome di un bene comune, non in virtù di una rivalsa nei confronti dei bruti nemici del passato. Non urla, non condanna, non sfancula, non etichetta, non scaglia pietre, non pontifica, non innalza muri, non fa battute alla drive-in o di dubbia comicità. In netta controtendenza con una classe (si fa per dire) politica che, in larga parte dell’occidente, parla alla pancia, alimentando rabbia e paura, Ayanna parla alla testa, sublimando la speranza.

E funziona. Come già accaduto nel lontano agosto del 1963 quando, di fronte a circa 250 mila persone, Martin Luther King parlò di quel suo sogno passato alla Storia, il discorso di Ayanna, la cui forza risiede nell’abilità persuasiva e nella volontà di aggregare, risulta efficace, coinvolgente. Una ventata di fresca, innovativa onestà intellettuale.

Sarà vera gloria? Lasciamo ai posteri (giammai agli artefici) l’ardua sentenza.

 

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