L’ANOMALIA POLITICA DEL “MODELLO RIACE”. ECCO PERCHE’ IL SINDACO LUCANO E’ FINITO SOTTO ATTACCO
In seguito all’arresto (domiciliari) del sindaco di Riace per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al di là delle numerosissime testimonianze di solidarietà a Mimmo Lucano, c’è anche chi si chiede il perché di questo attacco non tanto alla persona, ma al “modello Riace”. Perché quello che il sindaco Lucano ha messo in piedi era (è) un “modello” di accoglienza e di gestione dei migranti, in una terra peraltro abituata e segnata fortemente dalla “necessità di emigrare”.
Su una testata on line che si chiama infoaut.org abbiamo rintracciato un articolo del 17 ottobre 2017, pubblicato al momento in cui a Lucano venne recapitato l’avviso di garanzia.
Infoaut.org spiega il motivo dell’azione giudiziaria e ricorda anche qualche antefatto, partendo da un precedente servizio (gennaio 2017) in cui il “modello Riace” veniva così riassunto: “Riace è un piccolo paesino della Locride con la classica disposizione divisa tra marina e paese antico, arroccato sulla montagna al riparo da scorribande e invasioni. Il nome è antico, greco, e se non fosse per le due statue ripescate nei suoi mari se ne sarebbe sentito parlare molto poco. Almeno fino a una decina di anni fa, quando il suo sindaco supportato dalla popolazione locale decide di ripopolare il paese sulla strada dell’abbandono offrendo ospitalità ai migranti. La vicenda di questa località calabrese fa il giro del mondo in poco tempo, diventa un cortometraggio di Wim Wenders, viene apprezzata da Papa Francesco e il suo sindaco addirittura viene nominato tra gli uomini più influenti del mondo dalla rivista Fortune. La trovata è quella di ricercare un’alleanza tra la popolazione locale e i migranti, basata su un rilancio culturale e economico del paese, “approfittando” delle risorse offerte dal sistema dell’accoglienza e dall’autorganizzazione dal basso delle molte persone impiegate nel progetto. Riace ospita oggi 500 migranti su 1.500 abitanti di cui 165 di questi sono all’interno del progetto Sprar in cui lavorano 80 operatori”.
Un modello insomma di gestione del flusso migratorio dal basso, con ricadute positive per la comunità. Ma se il mondo guarda a Riace come al paesino (e al sindaco) che ha trovato l’uovo di Colombo, ad alcuni il “modello Riace” non piace, perché è “anomalo”, è fuori dagli schemi. E’ in sostanza una rivoluzione. E le rivoluzioni, si sa, devono sempre fare i conti con i controrivoluzionari. E con la resistenza del potere costituito…
Secondo la rivista infoaut.org l’attacco al modello Riace parte da lontano ed è l’epilogo di “una lunga guerra condotta contro un modello di accoglienza che ancora non si è piegato alle logiche della governance. È una storia nata “storta” quella di Riace, non inquadrabile nella retorica caritatevole/assistenziale da pio cattolicesimo”. Ecco il nodo.
“Questa storia – si legge su Infoaut – ha inizio nel 1998, quando i primi migranti iniziano a sbarcare sulle spiagge di Riace; erano un gruppo di rifugiati kurdi, molti dei quali militanti del PKK, ed è a partire da queste origini che l’esperienza porta con sé una carica di rottura conflittuale difficile da inquadrare in un’ottica di compatibilità sistemica.
A Riace si è iniziato ad “accogliere” in tempi in cui i migrati non «rendevano più del traffico di cocaina» e lo si è sempre fatto con lo spirito della solidarietà internazionale, conflittuale più che assistenziale. Le prime case, allora abbandonate, furono messe a disposizione gratuitamente da calabresi che, per conoscenza diretta, sapevano bene cosa significasse emigrare. Se a questo si aggiunge che a coordinare questa forma spontanea di mutuo aiuto c’era un gruppo di vecchi comunisti locali, e non qualche prete dalla faccia pulita facilmente spendibile per le riviste patinate, si può capire quanto il modello sia stato atipico fin dalla sua nascita. Un progetto nato con modalità atipiche così come è atipico “Mimmo o kurdo”, un sindaco che riesce ad affermare a chiare lettere che “la giustizia sociale è più importante della legalità”. Un’affermazione, che in una terra intossicata dal legalitarismo anti-ndrangheta, risuona come una dichiarazione di guerra tanto alla burocrazia ministeriale che gestiste i progetti di accoglienza, quanto a tutti quei soggetti che sulla retorica legalitaria e sulla gestione dei progetti hanno costruito le loro fortune”.
La rivista Infoaut.org fa parte di quell’arcipelago di testate che un tempo sarebbero state definite di “controinformazione”, poi dell’area antagonista. Ma è una testata che fa informazione molto seriamente, come faceva a suo modo Peppino Impastato, con la sua Radio Aut, non a caso quell’Aut nel titolo è più che un semplice richiamo.
Ma torniamo alla vicenda di Riace: “Per focalizzare meglio quello che sta avvenendo a Riace – scriveva Infoaut un anno fa – è necessario però inquadrare il fenomeno dei progetti di gestione dei flussi migratori all’interno del territorio calabrese. La Calabria, in proporzione al numero di abitanti, è la regione italiana che ospita il più alto numero di migranti nelle varie strutture di accoglienza ministeriale (SPRAR, CAS, CPA, ecc.). Questo primato è stato possibile per un semplice motivo: l’enorme circuito economico prodotto dal buisness dell’accoglienza. In una regione in cui la disoccupazione giovanile è al 60% e l’emigrazione nazionale ed estera ha raggiunto nuovamente percentuali da anni ’50, anche un minuscolo progetto di ospitalità all’interno di un piccolo pesino rappresenta una boccata di ossigeno vitale. È in questa realtà che enormi progetti di sfruttamento del flusso migratorio, come il CARA di Isola Capo Rizzuto (gestito secondo una recente inchiesta della DDA direttamente dalla ‘ndrina locale) o i vari CAS, nati come funghi riciclando strutture alberghiere ormai al collasso, si mescolano ai più piccoli progetti SPRAR allocati spesso in paesini rurali prossimi allo spopolamento. Un vero proprio sistema di welfare dell’accoglienza o per meglio dire: un welfare 2.0 dell’inclusione differenziale. Sistema in cui a ingrassare sono in pochi e a farci le spese in molti: in primo luogo i migranti che sono costretti, per non perdere la possibilità di avere il permesso di soggiorno, o a vivere in pessime condizioni igienico-sanitarie (quando ospitati nei CAS/CARA) o a essere rinchiusi nella comoda narrazione assistenziale caritatevole (se ospiti di SPRAR). Ma i migranti non sono i soli a pagarne le spese, infatti, dietro al collaudato meccanismo delle finte cooperative anche gli operatori e le operatrici che lavorano all’interno dei progetti sono costretti a farlo nella più totale assenza di garanzie. Persone a cui è richiesta una elevata competenza linguistico/relazionale con anni di formazione alle spalle nei settori più disparati (scienze politiche o sociali, cooperazione internazionale, mediazione culturale, psicologia) sono costrette a lavorare, con il ricatto della disoccupazione, con contratti a progetto senza ferie o malattie per pochi euro al mese. Un doppio ricatto in cui a perdere sono tanto i migranti quanto gli operatori e le operatrici, e gli unici a vincere sono i CDA delle cooperative nelle cui tasche rimane il grosso dei famosi 35€ giornalieri spesi per l’accoglienza. Ricatto che produce, come effetto immediato e per nulla secondario, anche l’incapacità di (ri)conoscersi tra operatori e migranti come appartenenti al medesimo segmento di precariato sociale. Se, da un lato, lo Stato ci guadagna in termini di tenuta sistemica per questa mancanza di riconoscimento che potrebbe essere altrimenti conflittuale, dall’altro evita lo spopolamento dei centri rurali calabresi drenandovi le uniche risorse concesse della UE. Infatti, la facilità con la quale nascono le strutture di accoglienza è dovuta anche al fatto che l’UE non conteggia le risorse che l’Italia spende per la gestione della migrazione nel rapporto deficit/pil, permettendogli di “investire” in questo settore tutto il denaro che vuole.
Un meccanismo complesso, fatto di ingranaggi precisi un cui ogni singolo pezzo deve fare il proprio lavoro, altrimenti c’è il rischio serio che inceppandosi produca un’esplosione conflittuale. Gli SPRAR non devono più fare una azione politica denunciando cosa sia il sistema d’accoglienza, altrimenti chi ci lavora dentro rischia di perdere anche quel minimo reddito che gli permette la sussistenza. Mentre i migranti devono stare zitti e buoni pena l’espulsione dallo stesso sistema d’accoglienza, perdendo anche la possibilità di avere i documenti. Ognuno deve recitare il suo ruolo senza mescolarsi con l’altro o salta tutto! In questo quadro – continua l’articolo di Infoaut.org – è intollerabile che esista una esperienza come quella di Riace, troppo scomoda, troppo conflittuale, troppo ostinatamente “politica”. Qui anche il meccanismo delle cooperative sembra non funzionare come dovrebbe: troppi diritti concessi agli operatori e troppa mescolanza tra operatori, migranti e abitanti; sembrerebbe addirittura che qualche migrante lavori per i progetti. Non è tollerabile tutta questa contaminazione. Riace agli occhi del ministero degli interni non è altro che un ingranaggio impazzito che va rimosso il prima possibile dal sistema. Anche lo stesso Lucano non si presta bene alla narrazione di comodo che la sinistra fa dell’accoglienza, un sindaco che cita Öcalan invece di un prete che cita papa Francesco non è molto presentabile, un esponente delle istituzioni che distrugge la retorica della legalità parlando di giustizia sociale non fa fare bella figura a nessuno, un calabrese che parla contro la ‘ndrangheta con un forte accento meridionale non ha la stessa funzione tranquillizzante/colonizzante di un prete che dice magari le stesse cose, ma con un rotondo accento nordico. Per questo motivo la procura di Locri non ha trovato niente di meglio da fare (sic!) che inviare i finanzieri a Riace per verificare che tutto fosse in ordine e che la legalità fosse rispettata”.
Ecco una lettura dei fatti (e antefatti) che non sembra campata in aria. “Non è facile capire – conclude Infoaut.org – quanto a lungo questo modello sarà in grado di resistere, ma già oggi (ottobre 2017, ndr) una cosa sembra chiara: Riace e il suo sindaco sono riusciti a scavare dei solchi profondi tra chi vede i migranti come un business più o meno etico, e chi invece riconosce in loro una possibilità di rottura di un ricatto sistemico”.
Ecco, un anno dopo sono scattate le manette, ma le ipotesi di reato, sono già state ridimensionate. Vedremo, adesso, se resisteranno fino in fondo o saranno smontate. La stessa Procura ha parlato di indagini svolte con “estrema superficialità”, affermando che “il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini NON SI È TRADOTTO IN ALCUNA DELLE AZIONI DELITTUOSE IPOTIZZATE”. Il che sembrerebbe avvalorare la tesi dell’attacco politico, anche se non è escluso che il sindaco di Riace, i suoi uffici comunali, alcuni operatori abbiano agito talvolta forzando le regole, ma lo hanno fatto non per lucro o per malversazione, solo per facilitare delle soluzioni al problema. In sostanza per umanità. O eccesso di umanità. Al massimo per una convinta filosofia solidaristica e internazionalista, che è difficile però inquadrare come reato… Noi stiamo con Lucano. E con il suo “modello Riace”. Del resto abbiamo conosciuto, anche dalle nostre parti, sindaci e amministratori che negli anni ’50 e ’60 forzavano le normative per dare una mano a persone in difficoltà, lavoratori licenziati, mezzadri sfrattati. Anche loro finirono talvolta in tribunale, ma quelle denunce erano considerate medaglie al valore.
Marco Lorenzoni
accoglienza, Mimmo Lucano, Riace
É finito sotyo accusa perché rilasciava carte d’identità a non aveva diritto,praticamente commetteva crimini ! Mettila come vuoi ma é cosi. Non lo dico io lo dice lui nelle intercettazioni della GdF ! Procurava matrimoni con disabili,che lui chiamava idioti,dicendo che la Nigeriana di 30 anni faceva la prostituta quindi non aveva problemi ad andarci a letto per convincerlo ! Bella persona sto Mimmo Lucano,un asso dell’accoglienza !
Sopra si intende ” a chi non aveva diritto di averne “
La falsa intercettazione pubblicata da Roberto Fiore (Forza Nuova) per attaccare il sindaco di Riace
Una falsa intercettazione telefonica su Facebook per attaccare il sindaco di Riace Domenico (Mimmo) Lucano, arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. A pubblicare il testo sulla sua bacheca social è stato, mercoledì, lo storico leader di Forza Nuova Roberto Fiore. A spiegare che in realtà si tratta di una bufala è stato sul suo blog il noto debunker David Puente.
Sesso in cambio della cittadinanza: l’intercettazione bufala sul sindaco di Riace pubblicata dal leader di Forza Nuova
Italia
Roberto Fiore ha diffuso una falsa intercettazione in cui il sindaco Domenico Lucano è coinvolto nell’organizzazione di un matrimonio tra un 70enne e un giovane donna straniera
E ti pareva ! Quelle che venivano pubblicate di Berlusconi……oro colato ! Quelle su questo esempio di accoglienza …… tutte bufale ! Ma guarda un po’ !
https://www.giornalettismo.com/archives/2678476/falsa-intercettazione-sindaco-riace
Il fenomeno Lucano spogera’ denuncia contro Fiore,poi vedremo ,se è una bufala,sarò pronto a fare le mie scuse ! Chi vivrà vedrà !
Si…è una lettura più plausibile …rispetto alle fake di cui si nutrono i “bronzi” de noaltri…
Scusate, forse parlo a sproposito,ma da quanto ho potuto leggere le intercettazioni ci sono e se dicono ciò che è scritto,mi sembrerebbe che lo stile possa riguardare uno stile mafioso del tipo ”ghe pensi mi”…..e mi sembrerebbe che per un sindaco che rappresenti tutta una comunità non sia il massimo.Fra l’altro non posso credere che un Gip possa emettere una disposizione di arresti domiciliari se non vi siano prove di un coinvolgimento diretto sui fatti che siano stati accertati essere quelli che si dicono sulle intercettazioni.Io dico che nei commenti sia bene darsi una calmata e vedere come vada a finire tale storia e per questo c’è la Magistratura che giudica se ci siano reati o meno. Tutte le altre sono illazioni ed è bene che si verifichi anche sul fatto che si dice ci siano state fake news. Comunque in tutti i casi non posso non notare una cosa ed è questa: è grave secondo me che si possa pensare che la Magistratura faccia un uso politico dei casi che prende in considerazione.I Magistrati sono magistrati, corpi separati dello stato, e nel loro giuramento di fedeltà alla Costituzione una delle prime prerogative del loro mandato è quella di rispettare la Costituzione stessa,quindi non mi sembrerebbe proprio il caso che siano sottoposti a critiche di natura politica che non debbono mai sfiorare la natura del loro mandato.Forse non ci rendiamo molto conto, invasi come siamo dal pietismo di stampo cattolico e con le nostre menti dipendenti da questo, che la popolazione italiana è venutasi formando con una etica di quel tipo ed è un etica che si serve di ogni pulsione, ogni debolezza, ogni spinta pietistica ed anche di altro, per assicurarsi materialmente gli introiti che vengono ricevuti da atti amministrativi nei quali-e questo è un mio personale parere- dovrebbe essere lo stato e solo lo stato-ad interessarsi del destino dei deboli e dei disgraziati migranti.La Chiesa Cattolica deve essere libera di soccorrere ed ospitare chi vuole certamente, ma con i fondi propri e non con i soldi dei cittadini ed anche con i soldi dei fedeli per chi voglia contribuire, poichè in mezzo ai cittadini ci sono milioni di persone che sono laiche e queste versano allo stato le tasse per far si che lo stato si prenda carico di tali migranti. La Chiesa cattolica, insinuandosi nelle pieghe e nelle disfunzioni di una organizzazione statatle arretrata richiede un compenso di assistenza per ogni migrante.Domandate a quanti migranti entrino in tasca i 35 Euro a persona che vengono ad ingrassare il cooperativismo e le parrocchie.Da tenere inoltre presente che la Germania,sulla quale si può dire tutto ma non giudicare male sulla correttezza amministrativa ne eroga Euro 25 per ogni migrante.Siamo in Italia signori miei, ed ogni volta che si tocca le fodere delle tasche dove sono riposti i soldi che servono a nutrire apparati che NULLA hanno a che fare con la laicità dello stato, si scatena il finimondo, si fanno marce, si indicono manifestazioni, perchè c’è una grande parte d’italia che su queste cose ci vive e ci prospera.Questo è un limite del nostro paese e che gli altri paesi non hanno e risponde ad una mentalità che si è formata nei secoli, nella sua storia. L’associazionismo come struttura etico-amministrativa ci deve essere ed è un patrimonio per una società, ma quando si formano sclerotizzazioni e si dà per normale che un Sindaco possa agire in quel modo,allora signori miei non ci meravigliamo delle processioni che passano davanti la casa dei mafiosi e fanno inchinare le madonne.Nei paesi civili questo non succede e di paesi civili in tal senso siamo circondati in Europa.Da noi si chiama la gente in piazza alla difesa di quanto avviene.Ripeto per l’ennesima volta che spero vivamente che tutta questa sia una montatura venuta fuori da fake news,ma se non lo fosse- e la Magistratura lo dovrà accertare-sarebbe un ennesimo biglietto da visita di come funzioni la nostra società.Il razzismo non c’entra nulla e chi se la prende col razzismo secondo me ha la mente ottenebrata da coloro i quali farebbero” l’orma del rospo per ritornare a fruire del pezzo di lardo che si vedono man mano togliere dalla bocca. Prima lo inghiottivano tutto, adesso sanno bene che i pezzi che ingurgitano probabilmente si ridurrano, e questo non piace, li fà star male, e pensano che da una cosa ne possa arrivare un altra, ancor peggiore per loro e che vengano messi in quarantena.Quando un cespite rende io credo che l’interesse dica che sarebbe opportuno mantenerselo e quindi chiamano il popolo a raccolta.Ma credo sia bene parlare dopo le indagini perchè tutto questo è un meccanismo molto complesso dove possono interferire molte forze, forze dichiarate, forze anche che sono sottocoperta e che mai i cittadini sarebbero spinti a pensare che da anime candide che sentiamo tutti i giorni i TV che ci fanno la lezione di umanitarismo, che spinti da un patema d’animo assistenziale verso gli altri possa scaturire un interesse ad amministrare il bisogno reale delle persone.Vi siete mai chiesti se in una società non ci fossero e non si creassero tali bisogni verrebbe meno la loro utlità a prendersene carico? Quando tali bisogni si creavano in terra d’altri e sotto le bombe, avete mai sentito qualcuno di questi signori che insorgesse contro la politica di tali bombe e facesse marce di solidarietà? Vi ricordate che durante la Guerra del Vietnam chi scendeva in strada erano i comunisti e che poi -magari dopo parecchio tempo quando si resero conto del genocidio che veniva portato avanti – in mezzo a loro c’erano anche di altri partiti popolari che solidarizzavano con loro e che un impulso alla fine della guerra fu proprio perchè una intera società alla fine disse basta alla guerra ? Bene, oggi qualunque cosa, qualunque manifestazione violenta che venga compiuta nella società, scivola come acqua adosso alle persone che sono assuefatte a tutto questo.Da spettatori ci si commuove e si versano lacrime nel buio delle sale cinematografiche davanti ai films pietistici o d’amore e non si avverte nessun istinto di ribellione di fronte a tragedie umane incommensurabili commesse per gli interessi dei più forti. Qualcosa di profondo è passato nella società,tanti dicono che sia come una mano di bianco data su di un muro, ma è una mano che è stata data da interessi precisi e da chi li usa e li fà esprimere ed affermare, e la gente comune ne viene coinvolta, tutta, urla, marcia, protesta, si sfoga, ma gli interessi permangono ed arrivano a produrre il fine per il quale sono stati messi in giuoco.Anche sotto gli occhi dei poveri che sembra che non abbiano nessun santo a cui appellarsi e credono a ciò che viene fatto loro vedere.Questo è una parte, ma solo una parte, del mecanismo che ci porta inesorabilmente verso il genocidio.