25 APRILE, PERCHE’ HA ANCORA SENSO FESTEGGIARE
Il 25 Aprile è una bella giornata anche se piove. Ieri c’era un bel sole caldo. E’ il Natale laico dell’Italia libera e democratica. La giornata del riscatto nazionale, del riscatto di un popolo che per 20 anni si era fatto abbagliare e soggiogare dal Fascismo e aveva pure applaudito in massa all’entrata in guerra nel ’40 a fianco dei nazisti…
Il 25 aprile è la data dell’insurrezione di Milano, Genova e Torino… Il popolo in armi che caccia gli occupanti e i loro servi in camicia nera. E’ il giorno dell’arresto di Mussolini da parte dei partigiani che poi lo fucileranno tre giorni dopo. Il 25 Aprile è la fine di un incubo e della guerra in Italia. E quella è stata l’ultima guerra combattuta sul territorio della penisola. Sono passati 73 anni. I protagonisti di quelle giornate sono quasi tutti morti. Gli ultimi se ne stanno andando. I più giovani tra quelli che presero le armi e andarono in montagna oggi hanno più di 90 anni.
Ma non per questo la data e la festa del 25 Aprile perde si senso e di importanza. Il tempo non è una spugna che cancella le scritte della storia. Ed è giusto mantenere viva la memoria. Per rispetto di chi ha dato la vita o ha sofferto il freddo, la fame, ha dovuto convivere per mesi con la paura, con le privazioni.
Ieri in tutti i comuni del territorio il 25 Aprile è stato celebrato in modo sentito e solenne. Corone e onori per i caduti, sindaci con la fascia, le note dell’Inno di Mameli e di Bella Ciao… E’ successo a Montepulciano, a Cetona, a Sarteano, a Castiglione del Lago. Il Comune di Città della Pieve e quelli limitrofi del Trasimeno si sono ritrovati attorno al monumento ai partigiani della Brigata Risorgimento sul Monte Pausillo, sopra Paciano, che fu in quartier generale della banda comandata da Alfio Marchini e Solismo Sacco e che annoverava tra gli altri Piero Marchettini, Bruno Meoni, Fosmeo Imbroglini…
A Chiusi dopo la deposizione delle corone ai monumenti ai caduti di Macciano, Montallese, Rione Carducci, si sono svolti due cortei, prima a Chiusi Scalo, poi nel centro storico. Entrambi conclusi con un discorso del sindaco Bettollini. Un discorso robusto. Non di circostanza, nel quale Bettollini ha ribadito non solo l’adesione ai valori della democrazia, della pace e dell’antifascismo, colonne portanti della Costituzione, ma anche tenuto la barra ferma sulla condanna dei tentativi di riscrivere la storia e di ri-sdoganare atteggiamenti, idee e movimenti che si richiamano al fascismo, al razzismo, alla xenofobia… Ha sottolineato criticamente episodi come quello di Todi in cui la giunta comunale appoggiata da Casa Pound non ha concesso il patrocinio alla manifestazione dell’Anpi per il 25 aprile; ha ricordato la recente delibera del Comune di Chiusi che vieta la concessione di sale e spazi pubblici a movimenti o manifestazioni che si richiamino all’ideologia fascista, al razzismo o alla discriminazione sotto qualunque forma questa si presenti. Ha anche ribadito Bettollini il rapporto proficuo con l’Anpi e l’impegno a mantenere viva e trasmettere la memoria alle giovani generazioni.
Alla manifestazione hanno partecipato anche le forze di maggioranza e di opposizione: in buon numero Pd, Psi e Podemos (soprattutto nel centro storico), con qualche rappresentante i 5 Stelle.
Non sono mancati sui social i soliti commenti contro la celebrazione e contro il 25 aprile. Qualcuno ha provato a far passare il 25 aprile come una festa di parte. Come una festa della sinistra, ignorando evidentemente cosa accadde in quella fatidica primavera del ’45, qualcun altro ha puntato il dito su episodi oscuri e sulle “violenze” perpetrate dai partigiani. Episodi che certamente ci furono durante la guerra di liberazione e anche dopo, come in tutte le guerre e in tutte le rivoluzioni. Ma non inficiano e non possono inficiare il valore della Resistenza nel suo complesso.
Quanto a questo territorio a cavallo tra Umbria e Toscana, va detto, fuori da ogni retorica (che dopo 73 anni non ha più alcuna ragione) che il contributo delle formazioni partigiane alla liberazione della zona dall’occupazione nazifascista fu importante e utile, ma non determinante dal punto di vista militare. Più decisivo sul versante del Monte Cetona che guarda la Valdorcia e sull’Amiata. Meno nella pianura che si estende tra Valdichiana e Trasimeno. La Brigata Risorgimento, quella del Monte Pausillo, per esempio operò militarmente solo per tre mesi, dal marzo alla fine di giugno del ’44. La Simar sul Monte Cetona, per 9 mesi, dall’ottobre del ’43 al giugno ’44.
Senza l’arrivo degli alleati e la loro forza d’urto, senza il sacrificio di quei ragazzi venuti dal Sudafrica, dal Canada, dall’India, oltre che dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Usa, molti dei quali volontari poco più che ventenni, la liberazione non ci sarebbe stata o sarebbe avvenuta molto più tardi. I partigiani li aiutarono logisticamente, fecero da guide… Compirono azioni di sabotaggio e diversivi utili all’avanzata. Lasciarono comunque anch’essi morti e feriti sul terreno, alcuni furono presi e fuciliati o impiccati per rappresaglia. Altri sono morti altrove combattendo da soldati italiani al fianco degli alleati dopo l’8 settembre ’43, qualcuno combattendo con i partigiani francesi o jugoslavi.
Ma se in termini militari il contributo delle formazioni partigiane qui da noi fu piuttosto limitato, la Resistenza fu una grande e straordinaria palestra per preparare il futuro. Quei nuclei di giovani, per lo più renitenti alla leva che sapevano poco di politica, ma non volevano andare a combattere per la Repubblica di Salò, diventarono, dopo l’esperienza in montagna, la classe politica successiva, quella che si occupò della ricostruzione e della rinascita democratica delle città e del territorio. In questo senso si può dire che l’apporto della Resistenza fu rilevante, fondamentale. Senza la resistenza armata e quella scelta di coraggio, non ci sarebbero state nel dopoguerra le lotte per la terra, la resistenza contadina agli sfratti, le battaglie dei fornaciai che fecero storia a livello nazionale, non ci sarebbe stata una coscienza democratica diffusa e anche un grande rispetto tra forze politiche diverse e antagoniste come furono ad esempio il Pci, il Psi e la Democrazia Cristiana.
Il 25 Aprile serve a ricordare anche questo. Serve a rinfrescarci la memoria sui disastri delle guerre e dei totalitarismi. Sulla necessità di unire le forze nel momento della necessità. Sulla possibilità di lasciare alle spalle divisioni e distinguo per un bene e un obiettivo superiore… Per questo è una bella festa. Chi si ostina a gettare fango sul 25 aprile, a considerare Bella Ciao una canzone di parte, non ha capito, non sa cos’è l’Italia. O fa finta di non sapere o di non aver capito, il che è anche peggio.
M.L.
Nelle foto: le manifestazioni di Chiusi, Montepulciano, Monte Pausillo
25 Aprile, ANPI, chiusi
ieri oggi e domani ora e sempre