CITTA’ DELLA PIEVE, POLEMICHE PER UNA “CENTRALINA” A BIOMASSE TRA PONTICELLI E FABRO. IL SINDACO NEL MIRINO…

CITTA’ DELLA PIEVE, POLEMICHE PER UNA “CENTRALINA” A BIOMASSE TRA PONTICELLI E FABRO. IL SINDACO NEL MIRINO…
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CITTA’ DELLA PIEVE – In località San Donnino, tra la frazione di Ponticelli e Fabro, nel territorio di Città della Pieve, a poche centinaia di metri dalla famosa tomba etrusca scoperta di recente  si stanno facendo dei lavori, con alcune costruzioni. Non si tratta di operazioni relative a scavi archeologici alla ricerca di una possibile necropoli. Si sta realizzando un impianto per la produzione di energia tramite combustione di biomasse. Ovviamente, come sempre accade in questi casi la notizia ha scatenato reazioni, polemiche e proteste sui social. E anche sul piano politico. Un po’ perché impianti del genere sono sempre mal visti e nessuno li vuole nell’orto di casa, un po’ perché l’inizio dei lavori è avvenuto in sordina, nel totale silenzio dell’amministrazione e senza alcuna informazione preventiva.

Come i nostri lettori ricorderanno negli ultimi 5 anni ci sono state polemiche furiose a Fabro per un impianto che avrebbe dovuto realizzare la Comunità Montana, poi anche a Villastrada, nel comune di Castiglione del Lago, prima per un progetto dell’azienda Le Coste (contro il quale si schierò all’epoca anche il Comune di Chiusi che con l’allora sindaco Scaramelli minacciò pure di occupare il municipio castiglionese se il progetto fosse andato avanti) e poi per un altro impianto in località Rengone nei pressi dei boschi della comunanza agraria… A Castiglione del Lago c’è stato un bel putiferio anche nel 2015 per l’impianto di compostaggio proposto dalla Gesenu in località Lacaioli a pochissima distanza dalle sponde del Trasimeno.

In  nessun caso i progetti sono andati avanti. Quello di Lacaioli è saltato per le proteste e per gli arresti alla Gesenu (azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti in Umbria), e anche a Le Coste e Rengone il no dei comitati e della popolazione pesò fortemente. Come a Fabro. Ma si trattava comunque di impianti di una certa dimensione.

Quello che si sta costruendo a San Donnino nel territorio pievese invece è un impianto piccolo. Una “centralina” da 199 Mwe. Cioè 5 volte più piccola di quella che la stessa azienda privata aveva proposto, nella stessa località, nel 2012.

La costruzione, già avviata, è stata autorizzata con determina dell’area tecnica del Comune del 18 settembre scorso, in base alla procedura Pas (Procedura abilitativa semplificata) ed ha ottenuto anche i pareri favorevoli di Arpat per le emissioni, della Asl per le norme igienico-sanitarie e della Regione. Sono stati acquisiti – spiega l’Amministrazione – anche i pareri relativi alla sicurezza rilasciati da parte dei Vigili del Fuoco e per l’elettrodotto nuovamente da parte di Arpat.

Quanto alla mancata informazione preventiva l’amministrazione si trincera dietro le “dimensioni esigue dell’impianto” che avrà una potenza termica pari a quella delle caldaie murali di poche decine di appartamenti…  Non solo: il Comune riferisce che la centralina di San Donnino produrrà energia elettrica attraverso la combustione degli scarti di potature e sfalci il cui approvvigionamento avverrà esclusivamente in loco. In linea con il concetto di filiera corta. E che non potrà bruciare materiale diverso dalle potature, il che esclude che in futuro possa variare la natura del materiale e dell’impianto.

Spiega anche il Comune che per tipologia e dimensioni l’impianto non prevede un iter autorizzativo con passaggio della pratica dalla commissione, dalla giunta e dal Consiglio Comunale. Il Comune avrebbe avuto solo una funzione di raccordo e ratifica. Ricorda anche che 5 anni fa la stessa azienda aveva ottenuto parere favorevole per l’impianto 5 volte più potente, mai realizzato.

Comunque al di là della rassicurazioni fornite dall’Amministrazione pievese, da Fabro e Ponticelli, ma anche da Città della Pieve centro si sono levate in questi giorni voci preoccupate perché i fumi e le esalazioni che la centralina emetterà fanno comunque discutere e fanno paura. Anche perché la zona è esposta a venti frequenti. Quelli da sud potrebbero creare problemi a Ponticelli, quelli da nord a Santa Maria di Monteleone e a Fabro Scalo…

Qualcuno soffia sul fuoco anche per ragioni politiche e chiede le dimissioni del sindaco che peraltro le aveva minacciate per la questione del Pronto Soccorso, per aver avallato questa operazione senza dire niente ai cittadini. Fausto Scricciolo avrà avuto l’ennesima conferma che fare il sindaco non è una passeggiata di salute e i grattacapi sono dietro ogni angolo.

Qualcun altro cita come esempio il caso recentissimo di Chiusi dove le opposizioni hanno votato contro un progetto privato per la realizzazione di un “tempio crematorio” comprensoriale presso il cimitero, anche lì accampando motivazioni sia di tipo ambientale (i fumi, il traffico, l’impatto su una zona vincolata…) oltre che economico-procedurali legate alla natura del contratto…

Quando c’è di mezzo il fumo c’è sempre qualche preoccupazione. Anche se pochi si preoccupano ad esempio dei gas di scarico delle auto, delle esalazioni industriali, delle mega stalle con migliaia di capi (e impianti a biomasse certamente più consistenti) come  quella di cui si sta ultimando la costruzione tra i laghi di Chiusi e Montepulciano, al confine tra i comuni di Castiglione del Lago (dove fisicamente è ubicata), Chiusi e Montepulciano. La proprietà è del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che aveva promesso frotte di turisti e per ora sta lavorando per portare mucche e vitelli. Che a stalla finita saranno qualche migliaio. Hai voglia quanto liquame ci sarà da “trattare”…

Quanto all’impianto di San Donnino a Città della Pieve, la ditta proponente si chiama Tecnologie Ambientali Srl, ha sede a Rimini e si occupa di impianti energetici e ambientali. Non è una azienda agricola che ha necessità (come la stalla di Brugnaro per esempio) di smaltire materiali di risulta dell’attività. Cerca un business con la produzione energetica. Sul terreno in questione ha un diritto di superficie. Resta da capire perché la centrale vuol farla proprio lì. E di dimensioni così ridotte. Quelli che contestano l’operazione temendo ricadute negative dicono che il business sta negli incentivi e le piccole dimensioni consentono di aggirare e facilitare l’iter autorizzativo.

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