E’ MORTO DOM FRANZONI: QUELL’ABATE CHE PIACEVA AI COMUNISTI
ROMA – Me lo ricordo benissimo. Era il 1977, lo invitammo a Chiusi a fare una conferenza. I comunisti che invitavano un prete. Non un compagno dellla Federazione o del Comitato centrale. Un prete. Anzi un abate. Che da pochi mesi era stato “ridotto allo stato laicale”. Cioè sospeso dalle gerarchie ecclesiatiche, perché era un “non allineato”. Si chiamava Giovanni Franzoni, Dom Giovanni Franzoni. Dom , con la M, come si usa per i monaci benedettini. E’ morto ieri a quasi 90 anni. Ma da tempo si era eclissato in una comunità nel reatino. Si era fatto da parte.
Negli anni ’70 le sue omelie nella Basilica di San Paolo fuori le Mura fecero epoca. E scalpore. Come fece scalpore la scelta dichiarata di quell’abate sui generis di sostenere la battaglia prima per il divorzio e poi per l’aborto e di aderire al Pci. Era stato il più giovane prelato italiano a partecipare al Concilio Vaticano II, era molto ascoltato da Paolo VI e le sue omelie erano invettive contro il capitalismo e per un ritorno ad una chiesa dei poveri, un po’ come Papa Francesco adesso… Solo che allora faceva più effetto. Dom Franzoni si era spinto oltre le posizioni stesse di Don Milani, la dichiarazioone di voto per i comunisti di Berlinguer fece gridare allo scandalo e quando si dimise da Abate della basilica di San Paolo, in seguito alla pressioni dei piani alti del Vaticano, quelle dimissioni furono un atto di accusa vero e proprio nei confronti delle collusioni tra la Chiesa e i poteri forti. Fu il primo ad accendere i riflettori sulla finanza disinvolta del Ior… Era il 1974. L’anno del referendum sul divorzio.
Da allora Giovanni Franzoni fu estromesso dalla Chiesa ufficiale, ma mai scomunicato. Ha continuato, fino alla fine, a vivere e a celebrare il vangelo in una comunità di base, ricavata presso una fabbrica dismessa… Era un prete, anzi un frate strano. Che piaceva molto anche a noi comunisti di allora. Più di tanti dirigenti ingessati e ancora stalinisti dentro che circolavano nel partito. Quando sento parlare oggi Papa Francesco sui migranti, sul lavoro, sul capitalismo, mi tornano in mente Don Milani e Dom Franzoni, due figure di chiesa che hanno contribuito non poco alla mia personale formazione politica e culturale. E io in chiesa non ci vado. Non ci andavo allora e non ci sono mai andato.
Quando come comunisti di Chiusi invitammo Don Franzoni, era inverno. Era da poco uscito il “carteggio” tra Berlinguer e il vescovo di Ivrea Bettazzi, su Rinascita, il settimanale del Pci. Anche quello fece scalpore. E ci fece pensare, e discutere non poco. Come le omelie di Franzoni. Le due cose ci sembrarono in qualche modo collegate. Erano altri tempi e anche a Chiusi, nelle sezioni di partito non si discuteva solo di marciapiedi o di candidature…
Marco Lorenzoni
Chiesa, chiusi, DON GIOVANNI FRANZONI, Pci
Mi fa piacere che abbiate pubblicato questo ricordo di Giovanni Franzoni. Era un mio amico. Io sono chiusino e faccio parte della comunità cristiana di base di San Paolo a Roma (dove vive), riunita intorno a Franzoni fino a oggi.
Non sapevo del vostro invito a Chiusi nel ’77. Poi era venuto diverse volte a Chiusi a farmi visita a casa mia. L’unica inesattezza è che non si era ritirato in una comunità del reatino. Nel reatino, a Canneto di Fara Sabina, c’era la sua casa. Lui continuava ad animare la sua comunità a Roma. Fino alla fine. E a sostenere la causa dei diseredati di tutto il mondo: del popolo palestinese, degli iracheni, degli afghani, dei popoli indigeni dell’america latina,…
Marco, magari ci incontriamo a Chiusi questa estate. Ciao,
Stefano Toppi