PANICALE, RIAPRE LA CAVA DI CERRETO? CITTADINI SUL PIEDE DI GUERRA: “E’ UNA FERITA AL TERRITORIO!”
PANICALE – Due mesi e mezzo fa, esattamente l’8 marzo scorso, l’Amministrazione Comunale di Panicale scriveva di aver ricevuto notizia “del probabile acquisto del compendio della cava di Cerreto da parte di un privato, all’esito della procedura fallimentare aperta ormai da anni” e a tal proposito faceva sapere che “nel rispetto delle normative vigenti e dei diritti che la legge garantisce all’eventuale acquirente, l’amministrazione stessa pone particolare priorità alle tematiche ambientali, e pertanto ad un adeguato riambientamento della cava in questione, e soprattutto alle comunità che vivono in quella parte di territorio…”. E, detto questo, il Comune di Panicale dichiarava l’intento di aprire “un confronto pubblico sui territori con apposite riunioni per recepire le indicazioni della cittadinanza e costruire assieme il futuro di quella parte del territorio, senza prendere decisioni che la comunità locale non abbia vagliato e sulle quali ci si sia confrontati approfonditamente, qualunque sia il tempo che questo processo richieda”.
L’amministrazione auspicava che a tale processo di condivisione pubblica partecipasse anche l’acquirente, per trovare “tutti assieme” una soluzione “per il definitivo riambientamento della cava chiudendo una ferita nel paesaggio del Trasimeno rimasta aperta da ormai molti anni”.
E’ insoma il Comune a parlare, solo due mesi fa, di ferita nel territorio, di necessità di riambientamento della cava e di processo di partecipazione e condivisione delle scelte con gli abitanti del territorio.
Qualche giorno fa si è tenuta nella frazione di Casalini una assemblea pubblica in cui si è parlato proprio della cava. Perché la notizia dell’acquisto nel frattempo è stata confermata. E con essa anche la volontà dell’acquirente di riprendere e ampliare l’atttività di escavazione. Singolare però, che, dopo le dichiarazioni “guardinghe” di marzo, adesso l’Amministrazione si trova di fatto sotto accusa. E l’accusa è quella di consentire un nuovo scempio, fermandosi di fronte ai “diritti acquisiti” della proprietà della cava che avrebbe in mano una vecchia autorizzazione ancora valida.
Si tratta di una cava per l’estrazione di materiali lapidei che costituisce anche visivamente una evidente ferita alle colline che fanno da corolla al Lago Trasimeno, nei pressi, tra l’altro del Castello di Montalera (FOTO). Si parla di una autorizzazione ad estrarre altri 750 mila metri cubi di pietra, oltre i 110 mila già estratti, per arrivare nell’arco di 10 anni a 860 mila metri cubi di materiale grattato via dalla collina. E’ sorto un Comitato di cittadini che si oppone alla riapertura della cava e chiede al Comune di valutare bene i pro e i contro dell’operazione. Dove i contro sono più dei pro, secondo il comitato.
L’architetto Severpaolo Tagliasacchi, che è di Milano, ma ha lavorato molti anni con i comuni del Trasimeno e passa nella zona di Panicale lunghi periodi ogni anno, è tra i più critici:
“Sarà un’altra enorme dentata nella collina a sud del Lago Trasimeno! La poca lungimiranza delle Autorità consente in questo modo di apportare un ulteriore aggravamento del danno ad un “bene comune” del patrimonio sociale della comunità del Trasimeno: il suo paesaggio. La fase partecipativa è stata, per ora, fatta con le solite tecniche di finta partecipazione, evitando di entrare nel merito del progetto di escavazione. Forse ancora a qualcuno, ma comunque a troppi, sfugge l’idea che il paesaggio storico e ambientale serva a vendere sul mercato nazionale ed internazionale, la merce “Lago Trasimeno”; il che è importante perché comporta una voce significativa nella formazione di molti piccoli redditi sul territorio. E’ inutile investire cifre enormi per realizzare una pista ciclabile intorno al lago – dice Tagliasacchi – per poi deteriorare i beni che dovrebbero essere apprezzati dalla comunità locale ed oggetto di attenzione ed interesse da parte dei visitatori che percorrono il territorio”.
L’architetto milanese continua richiamando l’Amministrazione comunale, ma anche quelle superiori di Provincia e Regione ad una “maggiore considerazione di tutti i fattori che concorrono alla creazione della “qualità della vita” di questo luogo. Spero che la comunità locale si renda conto di ciò che le viene sottratto, pensando anche al futuro dei propri figli e delle future generazioni”.
Secondo Tagliasacchi, “gli Enti Pubblici farebbero bene, al posto di concedere autorizzazioni perniciose nei confronti dei beni della comunità, a promuovere la cultura del paesaggio fin dalla prima infanzia e in età scolastica al fine di implementare la consapevolezza sociale dei suoi valori e rafforzare così il proprio senso di appartenenza a questo luogo. Tenendo presente la Convenzione Europea del Paesaggio firmata dall’Italia nel 2000 a Firenze, che assegna un ruolo di rilievo alla relazione tra popolazione e paesaggio”.
Si augura Tagliasacchi che “vengano costituiti presto, dalla Regione dell’Umbria, gli Osservatori Locali del Paesaggio come sta avvenendo in molte regioni italiane, la cui organizzazione in Umbria, per ora, è affidata ad un’unica struttura regionale, per come non previsto dalle leggi nazionali e dai regolamenti della Comunità Europea“.
E da tecnico quale è, spiega perché è importane Una ‘cultura del paesaggio’: “Da un lato il paesaggio è sempre più considerato una componente del benessere delle persone, poiché promuove il consolidamento dell’identità territoriale (diritti), ma dall’altro lato esso richiede un elevato livello di consapevolezza, comportamenti competenti e prudenti e la disponibilità ad assumersi responsabilità nelle azioni dirette ed indirette (doveri). L’educazione pertanto è una “driving force” per il cambiamento che è sempre più necessario. Con riguardo alle strette connessioni tra le questioni del paesaggio e della sostenibilità, l’Educazione al Paesaggio, rappresenta oggi una delle migliori opportunità per realizzare l’educazione allo sviluppo sostenibile. Per di più il paesaggio contemporaneo non è solo l’aspetto visivo dei luoghi, in un approccio strettamente estetico, ma è la superficie di una Entità Territoriale, in cui numerosi e diversi fattori naturali e antropici, agiscono e interagiscono. Il paesaggio quindi, dovrebbe essere considerato uno strumento per la comprensione dei processi territoriali e per la scoperta di ulteriori elementi che compongono i paesaggi stessi, all’interno dei diversi contesti ambientali. Tutti i paesaggi, non solo quelli eccezionali, meritano quindi di venire conosciuti ed indagati, al fine di cogliere ciò che sta apparentemente sotto alla superficie, invece di premurarsi per manometterli se non addirittura irreversibilmente rovinarli”.
CAVA CERRETO, PANICALE, SEVERPAOLO TAGLIASACCHI
Le cave dovrebbero essere autorizzate solo in zone non visibili nel piano paesaggistico e sotto la quota del terreno, così da poter ripristinare il terreno originario.
Non è possibile che sul Trasimeno, uno dei posti più belli d’Italia, si facciano dei lavori così invasi, distruggendo territorio e paesaggio circostante.