MONTEPULCIANO, UN TUFFO NELLA MUSICA BEAT DEI PRIMI ’60…
SABATO 6 APRILE, SALA EX MACELLI, ORE 21,00
MONTEPULCIANO – C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones, cantava Gianni Morandi sulle note del senese Mauro Lusini… E c’era nell’aria una musica nuova in quegli anni. La chiamavano musica beat. E anche in Italia sull’onda della Swinging London e delle atmosfere californiane, cominciarono ad affermarsi i “complessi”. Allora si chiamavano così. Era l’Italia della Seicento, delle Mini Minor, delle prime minigonne e dei capelloni. Un’Italia che per la verità faceva solo il verso al mondo anglosassone. Per lo più scopiazzava. E riproponeva anche nella musica canzoni che erano quasi tutte “cover” di canzoni inglesi o americane. Senza Luce brano famosissimo dei Dik Dik era il rifacimento in italiano di A whiter shade of pale dei Procol Harum, per dire. Anche Città vuota di Mina era una cover… Ecco, l’epoca beat, che non c’entra niente con la Beat Generation dei poeti maledetti, che è un po’ precedente, sarà raccontata sabato prossimo, 6 aprile, alla Sala ex Macelli di Montepulciano nello spettacolo “Quando sognavamo la california”, titolo che echeggia un’altra canzone dei Dik Dik, cover di un brano dei Mamas & Papas… Sì perché in quegli anni, alla metà dei mitici ‘sixties’, si sognava davvero la California, anche se non c’era ancora stato Woodstock e ancora nemmeno il ’68.
Lo spettacolo è proposto dal “complesso” I Rivelati di Chiusi che cominciò suonare prorio in quegli anni lì, con le voci narranti di Francesco Storelli e Francesca Carnieri. Testo di Giorgio Cioncoloni. Un tuffo nei ricordi e nella nostalgia, per chi c’era ed era mlto giovane, ma anche un viaggio tra quei “complessi” che in qualche modo cambiarono la musica italiana, sebbene ancora senza i crismi dell’impegno politico, o ecologista. Che comunque cominciava ad affacciarsi con con le canzoni contro la guerra in Viet Nam, contro la minaccia nucleare (si pensi a Guccini) o contro i guasti di un boom economico tumultuoso e disordinato (“Il ragazzo della via Gluk” di Adriano Celentano)… I Rivelati proporranno brani dei Dik Dik, dei Camaleonti, dell’Equipe 84, dei Ribelli, dei Nomadi, dei Giganti, dei Rokes… Roba che all’epoca si ascoltava con il mangiadischi portatile, la domenica pomeriggio. E che i “complessini” locali suonavano nelle feste da ballo del sabato, sempre di pomeriggio.
Canzoni piuttosto innocenti, che in qualche caso però oggi potrebbero apparire addirittura maschiliste o antifemministe (“Una ragazza in due” dei Giganti o “il pomeriggio alle sei” dell’Equipe 84), ma d’altra parte il vento del cambiamento cominciò a soffiare un po’ più tardi…
Come Primapagina quello del teatro che usa la musica e della musica che diventa essa stessa teatro è un filone che ci ha sempre appassionato. E non a caso negli anni di spettacoli simili, anche nel format, a quello dei Rivelati ne abbiamo proposti più d’uno: “Bisogna saper perdere” nel 2010 con Gianni Poliziani, Francesco Storelli, Luca Morelli e gli Old LP sulla scoperta del rock in questo territorio e sull’impatto che quel tipo di musica ebbe sulla generazione di coloro che avevano 20 anni nel ’76 o giù di lì; “Quattro amici al bar” nel 2015, sempre con Poliziani e Storelli e una band creata ad hoc, che raccontava il boom economico e la migrazione sud-nord attraverso le canzoni di Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci e infine, nel 2019, “On the road. Again” nel quale si affrontava ancora il tema delle grandi migrazioni e la deindustrializzazione, stavolta però con l’apporto delle canzoni di tre grandi cantautori americani: Woody Guthrie, Bob Dylan e Bruce Springsteen. Quest’ultimo spettacolo, con Martina Belvisi, Alessandro Manzini, Luca Morelli, Massimo Giulio Benicchi e i Dudes, fu presentato a Chiusi pochi giorni dopo “Quando sognavamo la California”. Due spettacoli teatral musicali in buona parte sullo stesso momento storico e sul ruolo della musica sulla società contemporanea. Musica un po’ diversa certamente. E diversa forse anche l’angolazione del racconto. Ma quando qualcuno propone o ripropone qualcosa che vada in quella direzione, con noi sfonda sempre una porta aperta. E non è solo questione di nostalgia.
Di recente anche Stefano Giannotti, seguendo lo stesso filone, ha portato in scena una serie di spettacoli – tutti alla sala ex Macelli di Montepulcano – su vari cantautori italiani: da Modugno a Tenco, da Guccini e Gaber a De André, a De Gregori…
La musica che sia beat, rock, blues, jazz o quella dei cantautori è la colonna sonora della quotidianità e il contrappunto ai grandi eventi. Il problema è se mai che la musica che prende parte e si schiera contro le guerre, contro la violenza. contro la furia autodistruttiva dell’uomo e anche contro l’ottusità e la ferocia del potere sembra essere finita 40 anni fa… oggi purtroppo sono solo canzonette.
m.l.