SABATO 9 MARZO, MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA PER LA PALESTINA. RIBELLARSI ALLA FOLLIA DELLE GUERRE E DEI GENOCIDI E’ GIUSTO E INDISPENSABILE

martedì 05th, marzo 2024 / 14:54
SABATO 9 MARZO, MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA PER LA PALESTINA. RIBELLARSI ALLA FOLLIA DELLE GUERRE E DEI GENOCIDI E’ GIUSTO E INDISPENSABILE
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Dopo le manifestazioni simultanee in 120 città italiane ed europee  del 24 febbraio, l’Italia torna in piazza. Sabato prossimo, 9 marzo, a Roma si terrà una manifestazione nazionale per chiedere di fermare TUTTE LE GUERRE e per il diritto a manifestare senza essere arestati, manganelati, identificati come è successo di recente a Pisa, a Firenze, a Torino, a Napoli, a Milano, a Roma…

L’iniziativa è promossa dalla COALIZIONE ASSISIPACEGIUSTA. Hanno aderito CGIL, ACLI, ANPI, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Emergency, Fondazione La Pira, Pax Christi, Portico della Pace, Fondazione Basso, Coordinamento nazionale Comunità di Accoglienza.

La “piattaforma-Ordine del giorno” è soprattutto sulla gravissima situazione in Palestina. Questi gli obiettivi della manifestazione che prenderà il via alle 13,30 da Piazzale della Repubblica per concludersi a Piazza del Popolo intorno alle 17,30: difendere il diritto e la libertà di manifestare; chiedere il cessate il fuoco immediato e la fine del genocidio dei palestinesi; garantire gli aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza; la liberazione degli ostaggi israeliani in mano ad Hamas e dei prigionieri palestinesi; la fine dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, il riconoscimento dello Stato di Palestina sulla base delle risoluzioni ONU; una conferenza per la pace e la giustizia in Medio Oriente.

E’ lì in questo momento la situazione più dura e complicata. La strage con più di 100 morti tra civili mitragliati mentre cercavano di assicurarsi pane e farina dai camion degli aiuti umanitari, avvenuta qualche giorno fa a Rafah, unico valico (sempre più chiuso) per far entrare gli aiuti nella striscia di Gaza, è solo uno dei tanti episodi che fanno gridare al genocidio, perché quando si spara su civili inermi in fila per i viveri, di questo si tratta, non ci sono altre parole (se non carneficina o massacro) per definire episodi del genere anche se i giornali mainstream, la politica e anche Facebook le ritiene parole sconvenienti che violano gli standard… Una vergona nella vergogna.

In Italia, in Europa e in tutto il mondo, compresa Israele, si manifesta molto contro il genocidio e per il cessate il fuoco. Ma è ancora troppo poco, e ciò avviene soprattutto nelle grandi città. Nei paesi, nelle cittadine di provincia c’è un silenzio cupo. Ai tempi del Vietnam, del Cile, ma anche più tardi per la minaccia nucleare dei missili Pershing e Cruise a Sigonella o Rapolano, per le guerre in Iraq e Afghanistan si fecero marce della pace, veglie, cortei, sit-in… Eravamo tutti i giorni in piazza. Oggi anche di fronte ad una strage infinita che somiglia purtroppo molto a quelle perpetrate dai nazisti durante la seconda Guerra Mondiale o di Pol Pot e somiglia anche agli assedi cinquecenteschi dei Lanzichenecchi, riuisciamo a malapena a pornnciarla la parola genocidio. E c’è sempre qualche “ma anche” di contorno. “Ma anche Hamas, però”… “ma anche gli arabi”… “ma anche i russi”…

E allora la manifestazione di sabato prossimo a Roma può fare da “sveglia”. Può suonare come la campanella che richiama tutti a tornare al pezzo, a “dissentire” dalla deriva bellicista, all’assuefazione alle stragi e al sangue di done e bambini oltre quello dei soldati, che sono ragazzi pure loro…

Dicevamo che il corteo di sabato sarà soprattutto per la Palestina. Per chiedere una soluzione al conflito israele -Hamas e alla crisi in Medio Oriente. Ma non può non essere anche contro la corsa al riarmo propugnata da Ursula Von der Leyen, da Macron, dai generali Usa, contro la “guerra ala Russia” messa sul piatto come ipotesi possibile se non ineluttabile. Come se non bastasse la guerra in Ucraina, come se una guerra dell’Europa e degli Usa contro la Russia si potesse combattere in un campo di battaglia come a Waterloo, come se una guerra contro la Russia non volesse dire uso di armi nucleari che in 6 minuti potrebbero spazzare via Mosca, ma anche Londra, Parigi, Roma e Berlino e Warsavia e Stoccolma e Helsinkj…

Tra l’altro a proposito della guerra in Ucraina anche da noi, qualcuno comincia a dire che la guerra noi, noi Italia e noi europa, la stiamo perdendo. E a dirlo non sono i soliti “pacifisti” o “pacifinti” tacciati di essere filoputiniani. Lo dice tra gli altri Lucio Caracciolo, direttore di Limes, autorevole rivista di geopolitica. Il quale mette in guardia noi italiani rispetto anche all’appiattimento sulla linea filo Usa, ribadito anche nel recente incontro Meloni-Biden: “La routine di Meloni nel rapporto con l’America è sempre stato quello degli altri governi italiani: dove stanno loro, stiamo noi. Il problema è che rispetto a quello che è sempre stato uno sport nazionale, cioè stare con gli americani a prescindere, è che adesso– spiega Caracciolo– gli americani non stanno più con se stessi. Cioè, se io voglio essere schierato totalmente con gli americani, dove vado? Uno dice una cosa, un altro ne dice un’altra, Kamala Harris dice ‘cessate il fuoco’, Joe Biden non si capisce che cosa vuole. Insomma, il problema è che l’America non sa dove andare e questo è un grosso problema per noi, perché c’è una perdita di credibilità del nostro protettore strategico. Quindi, è un pericolo“.

Sull’ultimo numero di Limes che porta in copertina il titolo:‘Stiamo perdendo la guerra’ si legge: “L’Italia sta perdendo la guerra sia in Ucraina, sia a Gaza. Questo volume di Limes cerca di guardare ‘la grande guerra’, quella in cui si confrontano le grandi potenze in Ucraina, in Israele e in Iran come parte di noi, perché non siamo estranei. Noi abbiamo sostenuto, armato, difeso diplomaticamente, finanziato l’Ucraina. E l’Ucraina sta andando in malora e sta veramente rischiando il collasso, ma sembra che la cosa, tutto sommato, non interessi molto”. 

Insomma, leggendo le riflessioni di Lucio Caracciolo, viene da dire che l’Italia si è infilata mani e piedi dentro due guerre, ma ha tutto da perdere e niente da guadagnare. Alzare la voce e il volume, scendere in piazza per dire no a questa rincorsa alla follia è l’unica cosa che noi, cittadini comuni, possiamo fare. E siccome la politica sembra più incline ad assecoindare la follia, che a metterci un freno, tocca a noi, non ad altri fare argine. E’ sempre stato così, tra l’altro. Ribellarsi è giusto, si urlava nelle piazze del ’68. Oggi, ribellarsi alla follia è indispendabile.

m.l.

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