MACCABI HAIFA-FIORENTINA, COSI’ IL GENOCIDIO DI GAZA ENTRA ANCHE NEL PALLONE. UNA SQUADRA ESEMPIO DI CONVIVENZA, MA…
Domani, giovedì 7 marzo la Fiorentina giocherà a Budapest la partita di andata della sfida di Conference League contro il Maccabi Haifa. La gara si gioca nella capitale ungherese a causa del conflitto in atto tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Come le altre città israeliane anche Haifa è considerata in questo momento città poco sicura. Da qui la decisione della Uefa di disputare il match in Ungheria. Anche il calcio dunque entra in qualche modo nel conflitto.
Ma la cosa più interessante – sotto questo aspetto più politico che calcistico – è che Haifa, terza città di Israele per numero di abitanti è forse quella che più incarna la sfida della “convivenza pacifica” tra israeliani e arabi palestinesi, tra ebrei, cristiani e musulmani anche se nei quasi 80 anni dal 1947 ad oggi non sono mancati episodi di guerra e scontri anche molto drammatici. Soprattutto all’inizio, quando gli israeliani si insediarono nei territori palestinesi.
Nel ’47 l’organizzazione sionista Irgun lanciò due bombe in mezzo alla folla di palestinesi durante i lavori per la costruzione di una raffineria (6 morti), in seguito a tale episodio circa 2.000 impiegati arabi insorsero e uccisero 39 lavoratori ebrei e poco dopo, il 23 aprile 1948, l’esecito israeliano deportò circa 80 mila palestinesi espellendoli dalle loro case e dal loro territorio…
Oggi ad Haifa però il clima di convivenza è più forte che altrove.
La squadra del Maccabi Haifa che giovedì sfiderà i Viola a Bupaest e il 14 a Firenze, riflette lo spirito di questa realtà multietnica, multireligiosa e multiculturale. Molti suoi giocatori sono infatti arabi israeliani e considerano normale difendere i colori della bandiera d’Israele nelle competizioni internazionali. Tra gli altri il 19enne Anan Khalaili, talento offensivo che lo scorso anno ha trascinato la compagine Under 20 fino al terzo posto al Mondiale di categoria. Arabo è anche il 25enne difensore Mahmoud Jaber, già convocato in Nazionale. Suo fratello Abdallah è stato il capitano di quella palestinese, almeno fin quando la federazione locale non l’ha allontanato per aver firmato per un club israeliano.
E’ invece israeliano Dean David, 27 anni, attaccante che coi suoi gol ha contribuito in maniera decisiva alla conquista del campionato da parte del Maccabi, il 15esimo della sua storia.
A riprova che la guerra in atto a Gaza non sia un fatto indolore anche tra gli stessi calciatori si segnaa la vicenda di Dia Saba, uno dei giocatori più forti del Maccabi Haifa, arabo israeliano, ceduto a gennaio ad un club degli Emirati, dopo le proteste della tifoseria per un post pubblicato da sua moglie, post nel quale la signora Saba contestava le modalità dell’intervento militare ordinato dal Governo Netanyahu nella Striscia di Gaza.
Le due vicende di Abdallah Jaber e di Dia Saba riflettono il momento drammatico e di tensione altissima che sta vivendo quell’angolo di Medio Oriente, ma entrambe le decisioni riguardanti la loro carriera sono state prese da altri, non da loro: Federazioni sportive, dirigenti societari, ovviamente su pressioni delle tifoserie o delle autorità politico-militari.
Il calcio, come tutti gli altri sport, in momenti terribili può lanciare segnali importanti e positivi, può costruire ponti e non alzare muri, ma certo non deve essere facile giocare a calcio in situazioni simili, e anche per noi che osserviamo attoniti e smarriti quanto sta succedendo da 5 mesi a Gaza e magari scendiamo pure in piazza per protestare e per cercare di fermare il genocidio, non è facile parlare, scrivere e ragionare di calcio con Gaza e Israele sullo sfondo.
Segnalando il clima di “tolleranza e convivenza” che c’è nella squadra del Maccabi Haifa, ci auguriamo che sia di esempio e ciò possa essere un segnale nella direzione giusta anche per chi governa, chi fa politica, chi difende i massacri solo perchè siamo alleati degli alleati di chi li fa.
Non è un bel segnale invece quello che hanno dato ieri i tifosi della Lazio prima della partita con il Bayern Monaco. Alcuni supporter biancocelesti si sono ritrovati nella famosa birreria tedesca “Hofbräuhaus” , quella in cui, nel 1920, Hitler lanciò il programma del Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori. In questo luogo, i supporter laziali hanno intonato dei cori ed inni fascisti. In un video pubblicato dal Corriere della Sera si vedono i tifosi laziali che fanno il saluto romano, gridando “Duce, Duce, Duce!” Ecco, era meglio se erano rimasti a casa. Poi, a dire il vero ci ha pensato il Bayern a rimandarceli con la coda tra le gambe: 3-0 che ribalta l’1-0 Lazio dell’andata. Bayern avanti in Champions, squadra di Sarri eliminata. E ancora una picconata al motto “italiani brava gente”. Non sempre, non tutti.
m.l.
Tanto di cappello al Maccabi Haifa che in questo momento trovano la forza di giocare !
Loro sono consapevoli che è un genocidio voluto da Hamas che si fa scudo ,anche, dei bambini , così da poter scatenare ” i democratici PACIFISTI ” contro Israele e gli Ebrei che, tutto d’ un tratto sono diventati brutti e cattivi e bullizzano i bambini torturandoli con la circoncisione !
PER fortuna che Vanno i tre dell’ ave Maria a sistemare le cose : BOLDRINA, FRATOIANNI ( forse la moglie,I figli,I nipoti ,il cane,il gatto, la gabbia coi canarini e una bottiglia d’ olio,NON si sa mai ), È per finire portano anche San ignaro dell’ omofobia di Hamas !
……) e per finire portano anche……..
Ci sono palestinesi anche nella Knesset, parlamento eletto.
Io preferirei avessero un parlamento palestinese (come da risoluzioni Onu). Solo che ormai i territori palestinesi sono in gran parte occupati illegalmente dagli israeliani e una parte ridotti in macerie(striscia di Gaza). Lo spazio fisico per uno Stato palestinese non c’è più, se Isreale e i coloni non si ritiranoe non lasciano quelle terre.
Vede Niccolò quando Hamas ancora era lontana da esistere gli Isrseliani massacravano già i palestinesi e li rinchiudevano in quella sorta di lager che è Gaza. Per non parlare poi di stragi varie nei campi profughi, Sabra e Shatila per dire la più sanguinosa. Per favore si documenti.
X Marco Lorenzoni. Due popoli/due stati implica il riconoscimento di Israele nei suoi attuali confini e lo stato palestinese in Cisgiordania e Gaza. Il ritiro dei coloni ebrei dalla Cisgiordania sarà uno dei problemi da affrontare. Allo stesso tempo chi propugna un unico stato dal fiume al mare (quindi l’eliminazione dello stato di Israele racconta una storia che non esiste.
Posso essere d’accordo anche con lei ma, anche Zelensky massacrava da anni i russofoni del Dumbass ma,nessuno diceva nulla e, nessuno lo ammette e tutti giustificano l’ Ucraina e per giunta la finanziano ,e hanno montato un girone infernale intorno a Putin per farlo fuori ( ricordiamoci quanto detto dal ” Pievese ” : Putin deve perdere ! )
Io sono per uno stato Palestinese,con un governo Palestinese ma, assolutamente senza i trogloditi tagliagole di Hamas !
Marco, Israele fino a che non è sicuro di togliersi i terroristi di Hamas ,come ” frontalieri ” non si ritirerà, mai e poi mai !
E,……..Israele ha ragione !
Quanto sopra è rivolto, come risposta, al dottor Scaramelli !
Ribadisco che la politica di invasione e segregazione di Israele nei confronti della Palestina è sempre stata la stessa. Hamas non c’entra niente Israele non vuole uno stato palestinese. Gli insediamenti dei coloni israeliani, non a caso sono messi in maniera puntiforme per spezzare la continuità del territorio palestinese. L’esercito israeliano DA SEMPRE si comporta in maniera violenta anche con i cooperanti delle ong. Una cosa è ritenere Hamas dei terroristi un’altra essere miopi nei confronti di uno stato che mette in pratica in forma violenta una vera e propria apartheid e si definisce democratico.