LA GUERRA NON E’ SOLO MORTE E GENOCIDI, PER ALCUNI E’ ANCHE UN AFFARE. L’ITALIA SESTO PAESE ESPORTATORE DI ARMI AL MONDO

sabato 16th, marzo 2024 / 14:36
LA GUERRA NON E’ SOLO MORTE E GENOCIDI, PER ALCUNI E’ ANCHE UN AFFARE. L’ITALIA SESTO PAESE ESPORTATORE DI ARMI AL MONDO
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L’Italia cresce dell’86% nell’export di armamenti pesanti. Si colloca al sesto posto a livello mondiale. L’altro dato sorprendente è che il 71% delle nostre armi va ai paesi mediorientali, Qatar, Egitto e Kuwait in testa. Gli Stati Uniti si confermano al vertice tra gli esportatori. Cala la Russia e precipitano gli acquisti africani. L’Europa raddoppia le importazioni. Lo scrive Gianni Ballarini su Nigrizia, la rivista fondata da padre Alex Zanotelli, citando il rapporto SIPRI, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma.

“Se qualcuno aveva dei dubbi sul fatto che l’Italia scommetta sempre di più sulla vendita delle armi il rapporto Sipri, glieli toglie definitivamente. Roma si piazza al  sesto posto al mondo come esportatore di sistemi di armamento nel quinquennio 2019-2023 dopo Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Germania. Al settimo l’Uk, poi la Spagna e al 9° Israele. Ultima della top ten la Corea del Sud” .

Ma il dato più eclatante, sempre secondo il rapporto Sipri, fonte dell’articolo di Ballarini, è “la crescita esponenziale dell’export: +86%, passando dal 2,2% al 4,3% dei volumi complessivi internazionali esportati. Già nel report dell’anno scorso il Sipri certificava una nostra  crescita del 45%”.

Il rapporto indica l’Italia copme il paese con la crescita maggiore. Per dire, la Francia al secondo posto è cresciuta del 47%.

Ma dove vanno a finire le armi esportate dall’Italia? Anche su questo c’è di che riflettere: al primo posto troviamo il Qatar (27%), poi l’Egitto (21%) e al terzo il Kuwait (13%). Ma siamo anche il secondo esportatore in Turchia (rappresentiamo il 23% delle armi acquistate da Ankara) e il terzo in Israele (0,9%). Complessivamente il 71% delle esportazioni italiane è stato destinato al Medioriente. Al Qatar (terzo più grande importatore di armi al mondo) abbiamo venduto 4 fregate. Due all’Egitto, per dire.

Forse però l’Italia ha venduto armi meno costose, perché il volume globale dei trasferimenti internazionali è comunque leggermente diminuito (-3,3%). Il giornalista di Nigrizia fa una considerazione a margine, piuttosro maligna: “Diciamo che con il governo Meloni e le guerre nel mondo hanno dato una spinta propulsiva nell’ultimo anno, per la gioia del ministro della difesa Crosetto” (che come è noto nella sua vita rivata è un imprenditore del settore, ndr)…

Altro dato che emerge dal rapporto Sipri è che le esportazioni statunitensi, francesi e, appunto, quelle italiane sono cresciute, mentre quelle russe sono diminuite drasticamente.

“Come facilmente prevedibile –  scrive ancora Ballarini –  è stata la guerra in Ucraìna a dare un’impronta ai nuovi dati, soprattutto nell’ultimo anno. Gli stati europei hanno quasi raddoppiato le loro importazioni (+94%) tra il 2014-18 e il 2019-23. Gli Stati Uniti hanno aumentato le esportazioni del 17%, mentre le esportazioni russe si sono dimezzate. Mosca è scalata di un gradino nella classifica, piazzandosi per la prima volta al terzo posto dopo la Francia. Nell’ultimo quinquennio le importazioni sono state superiori del 94% rispetto ai 5 anni precedenti. La parte del leone, come era facilmente prevedibile l’ha fatta l’Ucraìna che si è rivelata il più rilevante importatore europeo e il quarto al mondo: almeno 30 stati hanno fornito armamenti pesanti a Kiev a partire dal febbraio 2022. Dopo gli Usa, tra i principali esportatori ai paesi europei ci sono state Germania (6,4%) e la Francia (4,6%) delle importazioni. Allo stesso tempo, però, l’Europa è responsabile di circa un terzo delle esportazioni globali, compresi i grandi volumi diretti al di fuori della regione. Un dato che conferma la forte capacità militare-industriale dell’Europa. Le esportazioni di armi degli Stati Uniti sono cresciute del 17% e la loro quota sul totale delle esportazioni globali è aumentata dal 34 al 42%. Gli Usa hanno consegnati armamenti a 107 stati tra il 2019 e il 2023 più di quanto non sia avvenuto in qualsiasi precedente periodo e molto di più di qualsiasi altro paese esportatore. Washington e i paesi  dell’Europa occidentale hanno rappresentato, insieme, il 72% di tutte le esportazioni di armi nel periodo considerato, rispetto al 62% nell’arco 2014-18.  Gli Stati Uniti hanno rafforzato il loro ruolo globale come fornitori di armi, in un momento in cui il dominio economico e geopolitico degli Usa viene messo in discussione dalle potenze emergenti”

Le esportazioni di armi della Russia si sono più che dimezzate(-53%) in seguito alle sanzioni derivanti dal conflitto in Ucraìna. Il declino è stato rapido nel corso degli ultimi cinque anni. E mentre Mosca aveva esportato armamenti in 31 stati nel 2019, ne ha inviate solo in 12 paesi nel 2023. Le aree che hanno beneficiato dei suoi armamenti pesanti sono state Asia e Oceania (68%), con l’India che rappresenta il 34% e la Cina il 21.

La maggior parte delle importazioni di armi da parte dei paesi del Medioriente è stato fornito dagli Stati Uniti (52%), dalla Francia (12%), dall’Italia (10%) e dalla Germania (7,1%). Crolla invece il “mercato” africano: -52%  dei volumi di armi importate, dal periodo 2014-2018 al 2019-2023.  Ma l’Egitto è stato nel quinquennio il settimo importatore di armi al mondo ed ha acquisgtato 20 aerei da combattimento e 10 grandi navi da guerra… Ma si sono riarmate anche Nigeria, Angola e Senegal…

E Israele, che  esporta, ma importa anche.  Nell’ultimo trimestre del 2023 l’Italia ha esportato “Armi e munizioni” verso Israele per un valore pari a 2,1 milioni di euro. Solo a dicembre, ormai nel pieno dei bombardamenti da parte dell’esercito e dell’aeronautica militare israeliani sulla Striscia di Gaza, con catastrofiche conseguenze per la popolazione civile, l’export italiano ha toccato quota 1,3 milioni di euro, facendo segnare così il picco del periodo (contro i 233.025 euro di ottobre e i 584.511 di novembre). 1,3 milioni di euro, più del triplo del dicembre dell’anno precedente. Di questi, 373.821 euro fanno riferimento ad “Armi, munizioni e loro parti ed accessori” non militari, e perciò non “oscurate” dall’Istat. Ciò significa che quasi un milione di euro dell’esportato a fine anno dall’Italia verso Tel Aviv – la differenza tra la cifra complessiva e i materiali “in chiaro”- ha riguardato proprio armi e munizioni ad uso militare.

Da segnalare inoltre che dei poco più di 373mila euro non “oscurati”, 280.641 euro fanno riferimento alla categoria merceologica (non militare) di “Bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce ed altre munizioni e proiettili, e loro parti, inclusi i pallettoni, i pallini da caccia e le borre per cartucce”. Materiale delicatissimo, a Gaza così come nella Cisgiordania occupata, teatro, non da oggi e non dal 7 ottobre, di aggressioni armate da parte dei coloni ai danni dei palestinesi.

Insomma nella tragedia dell’Ucraina e nel genocidio in atto a Gaza, l’Italia lo zampino ce lo sta mettendo e non solo per aiutare gli aggrediti. Quanti mesi e quanti morti -già oltre 30mila, per non parlare dei 71mila feriti accertati – si dovranno attendere ancora per avere una risposta dal governo italiano, preferibilmente in Parlamento e non sui social o attraverso interviste-non interviste, rispetto, per esempio, alle forniture di armi e munizioni a Israele dopo il 7 ottobre?

Una delle più importanti aziende di Stato, Leonardo, il 23 febbraio 2022, giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina,  vedeva il suo titolo valere  6,4 euro, due giorni dopo 9 euro, il 6 ottobre ‘23 viaggiava a 12,94 euro, il 102 per cento in più, il 12 ottobre ha registrato un balzo del 123,5 per cento a 14,31 euro. È la guerra e la corsa agli armamenti a far crescere le aspettative degli azionisti, anche se non tutti se ne sono accorti:  il militare rappresentava il 49 per cento del fatturato di Leonardo nel 2013, cinque anni dopo era al 68 per cento e oggi il militare pesa per l’83%.

Quindi la guerra e i genocidi per alcuni sono un affare. Ma se questi “alcuni” sono lo Stato Italiano, qualcosa forse non torna. Leonardo ha una sua Fondazione e il presidente è l’ex deputato Pd ed ex ministro Marco Minniti. E qualcosa non torma soprattutto a sinistra.

Tutto ciò fa tornarte alla memoria un vecchio film di e con Alberto Sordi: “Finché c’è guerra c’è speranza”. 

Sordi interpreta Pietro Chiocca, uno spregiudicato venditore di armi nei paesi del terzo mondo. Vende armi, bombe, carri armati e aerei a dittatori africani. Dirotta voti parlamentari a suon di corruzione, permettendo così alla sua famiglia già benestante e residente nel centro di Milano di trasferirsi in una lussuosa villa immersa nel verde. Tutto procede per il verso giusto, finché un giorno, un giornalista del Corriere della Sera, sbatte il venditore di armi in prima pagina con titoli altisonanti: “Ho incontrato un mercante di morte”, “Il Cobra tra le sue vittime”. Davanti allo sdegno e al disprezzo dei suoi familiari, il protagonista Pietro Chiocca si offre di tornare al suo vecchio lavoro di commerciante di pompe idrauliche. Ma i familiari, posti di fronte all’alternativa di rinunciare alle comodità e ai lussi cui sono ormai abituati, preferiranno ignorare l’origine dei guadagni del loro capofamiglia e continuare così a vivere nel benesse. Il mono,ogo finale di quel film sembra scritto oggi. E ci dice che “Le guerre non le fanno solo i fabbricanti di armi”, ma le facciamo tutti noi con la nostra indifferenza e i nostri tornaconto. Illuminante:

“Perché vedete… Le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono, anche le persone come voi le famiglie come la vostra, che vogliono, vogliono e non si accontentano mai: le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto! E per procurarseli, qualcuno bisogna depredare, ecco perché si fanno le guerre!” .

Ah, per la cronaca il film è del 1974. Sono passati esattamente 50 anni. Allora c’erano il Viet Nam e l’Africa in subbuglio. Oggi c’è l’Ucraina, c’è Gaza, ci sono altre decine di conflitti e la minaccia della erza guerra mondiale, ovviamengte nucleare, con Macron e la Von del Leyen che parlano di guerra alla Russia come opzione possibile e probabile… Fermiamoli prima che sia troppo tardi. Fermiamoli, per carità…

m.l.

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