MONTEPULCIANO, IL MESSAGGIO DI LUIGI TENCO SECONDO STEFANO GIANNOTTI & FRIENDS

mercoledì 26th, aprile 2023 / 11:16
MONTEPULCIANO, IL MESSAGGIO DI LUIGI TENCO SECONDO STEFANO GIANNOTTI & FRIENDS
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MONTEPULCIANO –  Ha senso, a 56 anni dalla morte, parlare del messaggio lasciato da Luigi Tenco? Dal punto di vista musicale senz’altro sì, perché il cantante morto suicida (ma qualcuno sostiene che non sia stato un suicidio) durante il Festival di Sanremo del 1967 non era solo un cantautore, malinconico e impegnato, era anche un musicista che portò nel cantautorato italiano echi di jazz e di blues di tutto rispetto… Ma ha senso anche e soprattutto, perché il “messaggio” di Tenco, può sembrare strano, ma è ancora molto attuale. Sembra quasi più adatto all’oggi che all’Italia del ’67.

Proprio di Luigi Tenco parlava lo spettacolo teatral-musicale andato in scena sabato scorso, 22 aprile, alla sala ex Macelli di Montepulciano. Sul palco tre attori diciamo così storici dell’Arteatro Gruppo (Giovanna Vivarelli, Franco Rossi e Marco Giannotti) e un bravo ed eclettico musicista, Stefano Giannotti (fratello di Marco), per l’occasione in versione one-man-band o se volete da “pianista di pianobar”. Voce, chitarra e pianoforte. Stop. Qualche base preregistrata, ma giusto in un paio di canzoni…

E Stefano Giannotti ha punteggiato, accompagnato, “illustrato” con la sua voce e le sue note il racconto dei tre readers, che si alternavano e si spalleggiavano nella narrazione. Una narrazione sulla vita, gli amori, le delusioni, i retroscena della breve, ma intensa carriera del cantante più “beat” della scena musicale italiana. Una carriera che poteva dare ancora molto e che invece finì con quello sparo in una camera dell’albergo Savoy di Sanremo il 27 gennaio del ’67. 

Dicevano, del messaggio contenuto nelle canzoni di Tenco, più adatto alla situazione di oggi, che non a quella di allora.

Quella era l’Italia del boom economico, si stava avvicinando il ’68, la grande contestazione, che però ancora non c’era stato. Così come non c’era stato l’autunno caldo del ’69… Né la strage di Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi successive e della strategia della tensione. Era l’Italia di Gimondi che vinceva il Giro, di Gigi Meroni la “farfalla gratata” finito sotto una macchina nel centro di Torino… Il campionato di calcio nel ’67 lo vinse la Juventus, la squadra della Fiat, che però trionfò con una formazione che i giornali definivano “operaia” (Anzolin, Gori, Leoncini, Bercellino, Castano, Salvadore… Il centravanti era De Paoli, lo aveva preso dal Brescia, non dal Real Madrid.

Le canzoni di Luigi Tenco sembrano e sono attuali anche oggi perché oltre che di amori complicati, parlavano di emigrazione, di povertà, di discriminazione e razzismo strisciante anche sui banchi di scuola… e parlavano dell’assurdità della guerra, della corsa agli armamenti…  Tutte cose che c’erano, anche nel dibattito politico e sociale del ’67, ma che ci sono ancora oggi, addirittura acuite. 

Andare via lontano/A cercare un altro mondo/Dire addio al cortile/Andarsene sognando/poi mille strade grigie come il fumo/In un mondo di luci sentirsi nessuno“.. oppure “Non saper fare niente in un mondo che sa tutto/E non avere un soldo nemmeno per tornare…”. Sono versi che allora disegnavano e raccontavano l’emigrazione dal sud verso le città industriali del nord…
Azzeccata la scelta degli autori dello spettacolo di Giannotti & friends (Franco Romani) di aprire la scena con “E se ci diranno”, che è un inno contro il fanatismo, contro la guerra, contro l’arrogaza del potere… “E se ci diranno/ Che nel mondo la gente/ O la pensa in un modo/O non vale niente…”  La canzone Cara Maestra, anche questa eseguita magistralmente da Stefano Giannotti, echeggia la Lettera ad una professoressa di Don Lorenzo Milani (gli anni son quelli) e anche l’altra lettera di Don Milano ai cappellani militari. Il testo infatti è un j’accuse alla scuola classista, alla chiesa affarista e alla politica dei voltagabbana.
I testi di Tenco rimangono pietre miliari, anche quelli più intimi, dove traspare anche un filo di speranza colme Vedrai vedrai (“Vedrai, vedrai/Vedrai che cambierà/Forse non sarà domani/Ma un bel giorno cambierà…Vedrai, vedrai/Non son finito, sai/Non so dirti come e quando/Ma vedrai che cambierà…) o Lontano Lontano..
Insomma le canzoni e le parole riproposte dall’Arteatro Gruppo, sabato scorso alla sala ex Macelli di Montepulciano, locale adattissimo a spettacoli di questo genere, non sono state solo un “tuffo nel passato”, una strizzatina d’occhio a chi ha più di 60 anni, ai nostalgici della canzone d’autore e dei vinili… Sono state anche un modo per far riflettere gli spettatori su una cosa che negli ani ’60-70 avveniva molto più frequentemente di oggi, e cioè su come la musica interpretava e sapeva interpretare e spiegare meglio dei giornali, ciò che avveniva nel Paese e nel mondo…
Come Primapagina abbiamo apprezzato molto l’idea di Franco Romani, Stefano Giannotti & C. di parlare di Tenco (così come  in precedenza hanno fatto con Modugno), perché anche noi ci siamo divertiti a portare in scena canzoni e digressioni a margine sulle canzoni. Nel 2010 facemmo “Bisogna saper perdere” sulla scoperta del rock anche in aree sonnacchiose e periferiche come la nostra, nel 2015 con “4 amici al bar” mettemmo insieme, con lo stesso format usato a Montepulciano, proprio Luigi Tenco e altri 3 amici suoi: Sergio Endrigo, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber…  Sul palco Gianni Poliziani e Francesco Storelli, e una band composta per l’occasione da Ornella Tiberi, Luca Camerota, Marco Pasquariello, Gianluca Lorenzoni, Pierluca Cupelli e Marco Canestrelli special guest…
Stefano Giannotti regge tranquillamente una serata anche da solo, è un professionista… Di solito nelle sue performance canta e suona e spesso gigioneggia come fanno gli chansonnier navigati… stavolta ha dovuto seguire diligentemente un testo e adattarsi a quello, senza troppi voli pindarici, ma con la chitarra, il piano e la voce sa come si fa e lo fa bene.
m.l.

 

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