LO “SPOSALIZIO” DEL PERUGINO TORNA A CASA DOPO 200 ANNI… MA QUELL’ANELLO ANCORA GRIDA VENDETTA

PERUGIA – La mostra “Il meglio maestro d’Italia. Perugino e il suo tempo”, organizzata dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, inaugurata il 4 marzo scorso e aperta fino all’11 giugno 2023, vede esposte circa 70 opere del pittore nato a Città della Pieve, tutte realizzate prima del 1504.
Tra queste ce n’è una, grandiosa che ha una storia particolare e tornerà a Perugia, eccezionalmente e solo per tre mesi, dopo più di 200 anni.
Si tratta dello “Sposalizio della Vergine” dipinto da Perugino tra il 1501 e il 1504. L’opera è famosissima, anche perché è spesso messa a confronto con quella contemporanea del suo allievo Raffaello, sullo stesso tema. E’ proprio questo dipinto il gioiello più prezioso della grande mostra della Galleria Nazionale perugina per il cinquecentenario della morte dell’artista.
L’opera è famosa anche perché ha una storia particolare. E’ infatti tra quelle che presero la via della Francia, portate via dalle truppe napoleoniche, dopo la Campagna d’Italia e il “Trattato di Tolentino” del 1796 che autorizzò le spoliazioni delle opere d’arte dei territori occupati dai francesi, compreso lo Stato Pontificio.
Il viaggio dello “Sposalizio” del Perugino verso la Francia fu lungo e tormentato: il trasporto avvenne per mesi su un carro trainato da buoi, una coperta come unica protezione, poi in nave. A Parigi arrivò in condizioni pietose nel 1801. Tre anni dopo l’opera, una pala d’altare, olio su tavola di 234 x 186 cm, venne smistata a Caen, in Normandia, come altri capolavori considerati minori spediti nelle province affinché fossero di ispirazione per i giovani artisti locali. Da allora è sempre rimasta lì. Si salvò dai bombardamenti seguiti allo sbarco del D Day nel 1944 che martellarono gli edifici e distrussero 500 opere d’arte custodite nel museo comunale perché dal 1939 era stata messa al sicuro nel castello di Baillou. Comunque dal 1804 lo Sposalizio della Vergine di Pietro Vannucci è rimasta a Caen, dal 1970 al Musée di Beaux-Arts di cui è considerata l’opera principale e più importante.
L’Italia ha potuto riaverla solo due volte, l’ultima nel 2016, a Milano, per metterla a confronto con la rielaborazione della stessa scena realizzata da Raffaello.
Originariamente l’opera il Perugino la concepì per la Cappella del Santo Anello presso il Duomo di Perugia. Il dipinto gli era stato commissionato proprio per celebrare l’esposizione del Santo Anello, ovvero l’anello originale che San Giuseppe mise al dito della vergine Maria, arrivato a Perugia in maniera “truffaldina”. O meglio a seguito di un furto bello e buono, commesso probabilmente su commissione da un frate tedesco infedele, nel convento di San Francesco a Chiusi.
Il frate si chiamava fra Winterio di Magonza e una trentina di anni prima rispetto al dipinto del Perugino, esattamente nel 1473 di notte trafugò la preziosa reliquia custodita a Chiusi dal tempo delle Crociate e si dileguò, portandola a Perugia, dove da allora è custodita all’interno del duomo, dentro una teca chiusa da 14 chiavi.
Papa Innocenzo VIII (pontefice dal 1484 al 1492), forse non volendo dare torto a chi commissionò il furto assegnò con sentenza pontificia l’anello a Perugia, che due volte l’anno lo espone con magno giubilo, incurante e sorda alle legittime richieste dei chiusini per riaverlo…
L’infedele e traditore fra Winterio fu arrestato e non si sa che fine abbia fatto. Probabilmente non una bella fine, considerando che le prigioni vaticane nel 1400 non erano certo luogo di villeggiatura.
Erano anni duri e complicati quelli: mentre Pietro Perugino dipingeva lo Sposalizio a Perugia, nel castello di Magione, a poche miglia, un gruppo di capitani di ventura – Vitellozzo Vitelli di Città di Castello, Oliverotto da Fermo, Giampaolo Baglioni di Perugia, Paolo e Francesco Orsini, nipoti di un potentissimo cardinale, Ermes Bentivoglio di Bologna e Antonio Giordano da Venafro per conto di Pandolfo Petrucci capo della Repubblica di Siena – si riunivano per ordire una congiura contro il duca Valentino, alias Cesare Borgia… che poi uno ad uno li fece fuori quasi tutti: Vitellozzo e Oliverotto a Senigallia dopo una cena cui li aveva invitati “per chiarire” (era il 31 dicembre 1502), Paolo e Francesco Orsini, invitati anche loro invece li fece trasferire a Città della Pieve, dove li tenne a pane e acqua per 18 giorni chiusi nella rocca e poi li fece strangolare dal fido Michelotto Colella… Giampaolo Baglioni che alla cena non ci era andato campò fino al 1520 quando il Papa lo tradì e lo fece assassinare a Castel Sant’Angelo… Un altro Baglioni, Ridolfo, signorotto di Perugia, lasciò le penne proprio a Chiusi, la notte del venerdì santo del 1554. C’era andato insieme ad Ascanio della Corgna e duemila armati per occupare la roccaforte senese e, sempre a seguito di un tradimento, rimasero scornati. Uno morto insieme a 500 dei suoi e l’altro preso prigioniero…
Il secolo del Perugino, tra il 1450 e il 1550, se da un lato si può ricordare come il secolo dei più grandi dell’arte (Michelangelo, Leonardo, Perugino, Raffaello, Pinturicchio, Botticelli, ma anche di Machiavelli, che stava con Cesare Borgia, e Guicciardini, del Poliziano e dell’Ariosto, dall’altro è anche il secolo delle congiure, dei capitani di ventura e di sventura, delle guerre continue tra stati, staterelli, repubbliche e ducati che si trovano al centro di contese e scontri epocali tra le grandi potenze del tempo, il secolo di papi armati, cinici e traditori, il secolo in cui nasce il capitalismo e nel quale la politica si fa spesso a… fil di spada. Un secolo bifronte insomma, strabiliante e fecondo sul piano artistico, quanto terribile, oscuro e sanguinoso sul piano politico.
Comunque la mostra sul Perugino alla Galleria Nazionale di Perugia fino all’11 giugno e quella successiva da luglio a settembre a Città della Pieve, saranno due occasioni irripetibili per ammirare opere straordinarie.
Il ritorno provvisorio dello “Sposalizio” del Perugino a Perugia sarà anche l’occasione per i chiusini per immaginare quell’anello sottratto da Fra Winterio e se mai anche per riaprire la diatriba… Del resto una volta accertato che si trattò di furto (e su questo non ci piove) la refurtiva avrebbe dovuto (e dovrebbe) essere riconsegnata al legittimo proprietario. Ma sono 550 anni esatti che ‘sta storia va avanti e tutti i papi, vescovi arcivescovi e cardinali che si sono succeduti si sono ben guardati dal prenderla in considerazione, la restituzione. Se mai hanno provato a metterci una pietra sopra (e 14 chiavi) per tenere l’anello dove è… Poi, che sia o no il vero anello dello “sposalizio della vergine” è tutto da dimostrare ed è più facile che sia una bufala. Ma questa è un’altra storia.
M.L.
* Per saperne qualcosa in più sul furto del Santo Anello, sulla congiura di Magione e sullo smacco di Chiusi ad Ascanio Della Corgna e Ridolfo Baglioni: “Voce del verbo tradire” edizioni Primapagina, 2021
Talvolta però la storia è proprio ”strana”. Dico questo perchè spesso a seconda di come si svolgono i fatti, questi prendono rilevanza a seconda di quanta acqua portino in casa dei contendenti. Non stà scritto da nessuna parte che l’anello pur appartenendo a Chiusi dop ben oltre 500 anni debba essere riconsegnato a Chiusi. Sapete in quanti musei del mondo ci sono opere provenienti da altre parti del mondo che non sono state mai riconsegnate ed anche non reclamate ai paesi di originaria appartenenza ? In quasi tutti i musei, quelli più grandi del mondo come il Louvre, il Metropolitan di New York, il British Museum di Londra,la National Gallery od all’hermitage di San Pietroburgo od il Museo Puskin di Mosca, si trovano reperti storici ed opere d’arte provenienti da altri paesi che non quelli dove adesso sono conservati. E’ la storia del mondo che ha decretato questo e spesso ed anche per fortuna tantissime di queste opere sono state salvate dalla distruzione che se fossero state nei luoghi di appartenenza originaria sarebbero oggi scomparse, vendute o facenti parte di case di ricche famiglie in ogni parte del mondo. Discorso a parte invece quello del’investimento perchè forse non tutti dsanno che le opere d’arte fanno parte degli investimenti più redditizi che possano esistere e certamente più di quelli che ci vengono detti dalle borse delle City delle capitali mondiali in proporzione al capitale investito ogni giorno non raggiungono livelli di valore simili a quelle delle stesse opere d’arte.
Sono quindi un ”patrimonio dell’umanità” e dovrebbero essere classificate tali opere d’arte e reperti storici quale patrimonio insostituibile della storia dell’uomo, epitaffi che tracciano il valore e l’etica del vivere di una specie che ha abitato la terra nell’ultimo milione di anni ( e che fra l’altro purtroppo – e questo bsogna dirlo senza riserve- le stà facendo correre il rischio vero della totale distruzione….). Se guardassimo alla storia che rappresentano gli oggetti presi in considerazione allora vedremmo come la stessa storia si sia imperneata attorno al possesso ed alla fruizione della bellezza delle opere d’arte che fanno inscindibilmente parte- forse quella più prominente- della stessa storia dell’umanità, poichè tutto è girato attorno a ciò di cui le generazioni tendenzialmente si sono circondate in tutti i tempi.Ed allora le tenzoni sull’appartenenza di tale anello riportate sul piano del localismo dell’appartenenza sono classificabili in visioni periferiche e ristrette della realtà, tipiche di coloro che ancora credono che le diversità dei vari mondi debbano essere prioritarie. E questa idea non deve confondere se applicata e collocata attorno ai temi della ”ricchezza della diversità” tanto in voga nelle analisi culturali dei tempi moderni che vogliono mettere tutto e tutti alla stessa stregua e che non sono certamente indice di grande cultura se non quella deleteria della globalizzazione. La tendenza alla globalzzazione non c’entra con quello che si stà dicendo poichè è proprio quella che cancella tendenzialmente le differenze e le uniforma sotto le caratteristiche di ”QUELLA CHE E’ LA CULTURA DOMINANTE” che è quella che spinge al vedere come prioritario il raggiungimento degli scopi prettamente economici poichè lascia intuire che con i soldi e lo sviluppo in senso capitalistico si possa avere tutto e quindi anche la cultura oltre che il benessere individuale.Ma da qui a quello generale ci corre un bel po’ anche perchè è proprio tale cultura che si è insinuata nella nostra mente che si spinge a pensare che il benessere individuale sia l’aspetto vincente che concatenato al sociale possa se realizzato investire di conseguenza tutta la società e la trasformi in una società di benessere. Non funziona così e la dimostrazione è quella della situazione e della condizione dove si trova il mondo attuale, che solo osservandolo dal punto di vista della diversità culturale, vediamo che l’imprinting della nostra società condiziona il modello di tutte le altre che vorrebbero uniformarsi al nostro.Proprio ieri sera nella trasmissione ”Piazza Pulita” il Fisico Carlo Rovelli ha dato la dimostrazione di come posssa essere limitante, errata e fuorviante l’impostazione della politca e del suo contenuto del nostro mondo occidentale rispetto ai problemi del’umanità. Ed ha accompagnato tale dimostrazione con un disegno di due cerchi-uno più grande che conteneva uno più piccolo- dove quello più piccolo era il nostro e quello più grande rappresentava il punto di vista dei problemi della restante parte del mondo di più di 6 miliardi di persone. Le problematiche quindi- fra l’altro facendo riferimento all’attuale guerra Russia- Ucraina dovrebbero essere analizzate con occhi diversi da come le osserviamo noi in maniera schematica secondo la quale ce ne viene perfettamente utilità alla fine del discorso, utilità che si riversa poi in una condizione di dominio da parte nostra di tutto il resto del mondo inteso proprio sia come modello di sviluppo, modello culturale, modello di comando. Mi è sovvenuta allora sentendo le sue parole,ciò che il conduttre Formigli di Formigli di certo ha dimostrato che tale visione non se l’aspettava espressa in quel modo come gli è stata riferta e prospettata dalle parole di Carlo Rovelli e quando si trovano a mal partito cercano- come la maggioranza dei conduttori- di ”glissare” sui concetti”.Stavolta gli è riuscito solo in piccola parte e dall’espressione un po’ diciamo corrucciata per la sorpresa relativa all’angolo visuale dal quale si possono osservare le cose e gli avvenimenti,mi ha fatto ricordare un celebre detto che suona così : ”…purtroppo oggi sul palcscenico del mondo noi occidentali siamo gli unici protagonisti ed i soli spettatori”. E che al’interno del nostro limitato mondo possa sempre valere tale visione e tale etica, la dice lunga sulla nostra coercizione verso l’altra parte più grande del mondo, coercizione politica, economica ed anche ”morale” da noi stessi decretata. Al riparo da tutto questo la nostra etica esistenziale ci mette al sicuro da qualsiasi altra propensione a considerare che il nostro punto di vista potrebbe essere anche non preminente rispetto a quello di altri. Ed è qui la spiegazione che la lotta per la validazione di tale egemonia passa indiscutibilmente per la valutazione ed il concepimento che il livello culturale possa essere nel futuro il metro di giudizio per la salvezza dell’umanità nella quale la lotta per l’accaparramento delle risorse ha fatto sprofondare le nazioni e dividerle in nazioni ricche e nazioni povere senza curarsi di quanti esseri umani siano destinati a portare il peso di tale croce sulle loro spalle.Questa croce si chiama ”sistema economico capitalista” ed alla cui alternativa oggi nulla è all’orizzonte, non perchè non vi siano stati e continuino ad esserci dei critici intelligenti, ma perchè tale sistema tende con la forza dell’economia e della politica ad eliminare le alternative a se stesso.Ed allora il futuro dovrebbe essere organizzato in modo tale che dopo un passo in avanti vi siano le strutture affinchè non se ne facciano due indietro. Perchè fin’ora negli ultimi 30-40 anni così è stato e su tale piano gli opportunismi della socialdemocrazia occidentale all’interno del capitalismo hanno giuocato un ruolo pianamente soddisfacente per tale unico sistema economico e mentre l’alternatva del socialismo è fallita nel giubilo di chi non voleva rimettere in discussione nulla o quasi che no fosse funzionale alla fine del sistema del capitalismo mondiale (il progressismo socialdemocratico promulgatore del liberalismo economico e delle libertà individuali sul metro di chi ha e possiede è libero e chi non possiede non è libero e perciò cazzi suoi… ed allora di conseguenza la visione soprattutto all’interno del nostro mondo occidentale ritengo che debba essere cambiata in maniera seria ).Ciò che ci raccontano le reti televisive mainstream sulla Meloni e sulla Schlein facendoce apparire l’una alternativa all’altra spesso caricano il nostro pensiero di falsi imput perchè alla fine-come dice Diego Fusaro- l’una fervente osservante della dottrina aziendalista ed atlantista, l’altra fedele osservante della Green Economy quale futuro impulso alla produzione capitalista dell’economia a cui hanno stesso il tappeto rosso tutte le strutture economiche italiane ed europee che si preparano alla fruizione dei miliardi di euro per il ”risanamento globale e democratico della società” non sono altro che le due facce della stessa medaglia dalla quale sembra proibito libersene e cioè delle due facce della stessa medaglia, quella del capitale.
Chiusi vive lo stesso anche senza l’anello. Ma.. di solito e per legge la refurtiva, una volta accertato il furto, viene riconsegnata al proprietario o no? Una volta mi rubarono una macchina, Il ladro fu preso ad Arezzo, la macchina, accertato che era la mia, mi venne restituita. Quindi anche l’anello dovrebbe essere restituito. Qualcuno dirà, ma allora lo Sposalizio” del Perugino perché si trova a Caen? La spoliazione delle opere d’arte fatta da Napoleone, riguardante anche lo “Sposalizio” del Perugino, portato a Parigi e poi a Caen, è una questione diversa: perché fu consentita da un trattato di pace tra Francia e Stato Pontificio. Non fu esattamente un furto. Quello dell’anello sì. Poi, come è scritto nell’articolo,che si tratti di una vera reliquia o di una bufala è altro discorso. Solo che la Chiesa di Perugia la celebra, quella reliquia, due volte l’anno in pompa magna, pur sapendo che l’ebbe con un furto. Ammesso anche qualche anno fa (2016) dal Cardinal Bassetti allora arcivescovo di Perugia e Città della Pieve e poi presidente della Cei. E’ questo che non torna…E inoltre le opere d’arte e i reperti conservati in grandi musei, ogni tanto, per occasioni speciali, tornano anche a casa, vedi lo Sposalizio del Perugino che per tre mesi è visibile a Perugia, non a Caen.
Il furto ormai è prescritto.
X Marco Lorenzoni. Allora se tutto fosse come dici e che si rispettassero le prerogative delle origini sia dell’arte sia dei reperti storici, penso che ci sarebbe un andi-rivieni che non basterebbero intere flotte a riportare a casa i reperti sottratti. Anche perchè nel libero occidente si parla tanto di etica e di democrazia ma tutto quello che hanno sottratto alle popolazioni di tutto il mondo a cominiciare dal medio evo e via via in sù nel tempo , sarebbe una eredità del colonialismo che ha fatto sì che al nostro interno si spandessero sia le ricchezze sia le conoscenze,sia la storia e le sue elaborazioni, concorrendo a formare una visione del mondo eurocentrica dalla quale dipende il dipanarsi della cultura che abbiamo noi occdentali spalmato sopra tutte le altre.Prendiamo per esempio una regione del mondo immensa ed una civiltà molto più antica ed espansa della nostra a cominciare dai tempi della preistoria: Quella della Cina, nettamente precedente ed anche contemporanea a quella egizia. Pochi sanno e credo anche tutt’oggi nella stessa Cina sappiano-parlo come ” conoscenza di massa” che nel nel Novembre del 1948 quando Chang Kai Shek scappò a Taiwan inseguito da quello che sarebbe diventato poi nel 1949 l’esercito della Repubblica Popolare Cinese di Mao Tse Tung e di Chu-Teh factotum della fatidica Lunga Marcia,il generalissimo Chang sotto protezione militare americana fece caricare su tre grandi navi ben 2000 casse di oggetti preziosi e storici provenienti soprattutto dalla Città Proibita di Pechino ma anche dal resto della stessa Cina ,inventariati nel numero di quasi 700.000 reperti certificati fra i più importanti di tutta la Cina.E’ come se dalla Cina ben più immensa di Taiwan e ben più popolata si fosse asportata l’anima della popolazione cinese. Oggi tutti sanno che il Museo Nazionale di Taiwan a Taipei contiene le più importanti opere d’arte di tutta la Cina e non è che attualmente in Cina non abbondino le opere d’arte ,ma se ci pensiamo bene a ciò che la storia ci mette di fronte, tali opere si sono paradossalmente comunque salvate ed hanno potuto sopravvivere perchè in quel caso sono-almeno una parte- scampate alla distruzione della Rivoluzione Culturale che per un periodo ha infiammato la Cina e che ha prodotto la distruzione sulle pubbliche piazze di reperti antichi considerati retaggio del passato e vecchiume culturale.Oggi per fortuna anche la Cina stessa ha superatio l’ideologizzazione del suo processo di sviluppo e sarebbe anche da consderare giusto che le opere ritornassero nei luoghi dove erano ospitate pochè appartengono al popolo cinese, ma siccome ancor oggi e soprattutto oggi l’arte attira i flussi turistici e perciò anche la presenza continua di denaro in entrata nel paese che le ospita,credo che finchè le cose vanno in un certo modo il Museo Nazionale di Taipei sarà il contenitore che giocoforza sarà deputato ad avere al suo interno tutta questa grande ricchezza.Se nel futuro si riunirà Taiwan alla Cina come i cinesi credo giustamente possano pretendere (basti non solo osservare la carta geografica e leggere la storia della Cina e quella di Taiwan e cosa produsse l’epopea nazionalista di Chang all’interno della Cina stessa) forse un giorno i cinesi della Cina continentale sia quelli di Taiwan saranno considerati un solo popolo. Tutto questo per dire che il furto di un anello può andare anche in prescrizione ma in prescrizione non dovrebbero andare le opere d’arte e la ragione umana che le amministra proprio perchè rappresentano l’anima e la cultura di un popolo.Ed oggi-se la cultura e la conoscenza- sono arrivate al punto di considerare la diversità culturale ,etnica e storica, un punto di partenza necessario per il progresso umano,tutto questo dovrebbe rappresentare un patrimonio osservato e fruito da tutti ed utile per la conoscenza del mondo dove viviamo e della quale conoscenza non ne possa fruire solo una parte ristretta ma l’intera civiltà umana.
L’andirivieni c’è anche adesso. Tantissime opere preziose vengono “date in comodato” per mostre ed eventi particolari, per periodi limitati e concordati. Anche alla mostra di Città Della Pieve, a luglio, arriveranno opere custodite altrove, anche all’estero. Chiusi nel 2016 richiede la restituzione del Santo Anello, per il periodo della festa patronale… Il card. Basetti intervenendo nella cattedrale di San Secodiano sull’argomento si disse possibilista. Anche se i furto è ormai prescritto, come sottolinea Palmiro Giovagnola. In effetti lo prescrisse pochi anni dopo, il Papa Innocenzo VIII in persona, evidentemente più sensibile agli interessi della Chiesa che alla giustizia.
X Marco Lorenzoni. A proposito di Innocenzo VIII : ”Nova……questa”. A quel tempo la globalizzazione la decidevano loro come doveva essere condotta…A proposito dell’anello a me provocò un divertente riso l’intervento di Bistarini su quel tema di qualche anno fà,anche perchè un po’ conoscendo il suo modo di pensare non credevo che il tema l’avesse affrontato con i toni accesi che dimostrò invece avere.
Il problema credo sia posto male. A quel tempo e per i secoli in cui la reliquia fu a Chiusi, prima a Santa Mustiola, poi nella Cattedrale e infine a San Francesco, il culto dell’Anello portò a Chiusi flussi consistenti di pellegrini, anche di rango, tanto più attirati dalle asserite proprietà taumaturgico, in particolare per le malattie degli occhi. Di qui la rilevante importanza anche economica, oltre che di prestigio, per la città, tanto che per esempio la pala del Perugino poteva allora essere commissionata per Chiusi. Quanto al ritorno a Chiusi, con questi presupposti storici, potrebbe essere ipotizzato come evento temporaneo accompagnato da tutta una serie di manifestazioni anche espositive e di studio sulla chiesa di S. Mustiola, sul Duomo e su S. Francesco quando ospitavano l’anello e più in generale su Chiusi a quel tempo, monumenti e una storia ancora da scoprire. Sono sicuro che Perugia risponderebbe di sì
Leggete la mia ricostruzione documentata del furto sacrilego del Santo Anello (Sacrilego doppio perché effettuato da Frà Wintherius Roberti da Magonza su pagamento del cortonese Jacopo Vagnucci – vescovo di Perugia. Quì non si tratta di una restituzione, ma di un trasferimento provvisorio annuale( da Pentecoste a l 4 Luglio) dell’anello tra Perugia e Chiusi con consegna reciproca alle Torri. Il libro lo trovate in biblioteca a Chiusi, a Siena, a Perugia, a Roma, a Firenze e nei relativi archivi di Stato. Tra l’altro vi è la dimostrazione degli enormi falsi che sono stati fatti dai Perugini compreso il falso decreto di Innocenzo Vii che è una di queste scritta dal Lauri.
A proposito della storia e delle storielline raccontate per interesse di chi le sventolava davanti agli occhi del popolo bue, quella dell’anello del quale tu giustamente ti chiedi .”bufala o non bufala ”, io dico solo una cos che è la seguente: ma ci rendiamo conto della quantità delle mano nella quali siano passati i reperti sacri, i testi sacri, l’uso comunque di tali esposizioni in duemila anni di storia ‘.Ci rendiamo conto di tutto questo e di quante cose siano successe, interpretazioni, fuirberie, approfittamenti che si sono manifestati intorno ad oggetti come le reliquie ? Vi ricordate di Medugorje ? dei suoi pellegrinaggi ‘ Mi sembra che ultimaente nessuno ne parli più e che si sia ridimensionato il flusso turistico-religioso che ruotava intorno all’apparizione della madonna in quel luogo poi subito divenuto ”sacro”…e nel XXI secolo ancora a noi tutti, alle nostre comunita sia di credenti sia di non credenti non bastano esempi simili di quanta malversazione si sia concentrata attornoa queste novelle inventate spesso di sana pianta per poter fruire del potere che ne derivava e noi stiamo qui a criticare spessissimo le stregonerie dei paesi del terzo mondo, dei selvaggi della nuova guines o dell’africa nera.ben sapendo che la mente umana ed il genere umano si nutrono anche di tale cibo nemico storico del cibo della ragione ? Proprio ieri ho acquistato un bellissimo libro edito dalla Taschen dal titolo ”Il libro dei miracoli” in edizione trilingue che parla di tutte le apparizioni di cui si ha tracciaa partire all’incirca attorno dell’anno 1100 dopo cristo e che riguarda i fenomeni inispiegabili registrati soprattutto nell’eurtopa del 1400-1500,soprattutto fenomeni celesti inspiegabili come pioggie di sangue dal cielo, sfere luminose, proiezioni celesti di animali mitologic e mostri deformi e via via insomma parti della mente umana registrati e facenti parte di cronache perlo più tedesche dell’epoca. Queste storie tracciano il bisogno della mente umana di trovare uno sfogo ed una panacea alle domande di incognito chenaturalmente gli uomini come eseri limitati si fanno.ecco, allora si pensa veramente che in un contesto culturale dominato da chi se ne serviva della religione e delle credenze si vivesse una libertà piena e democratica della formazione del pensiero ? eppure nonostante questo ancor oggi c’è gente che ha bisogno di evocare tali fantasmi, tali fantasie,che danno indubbiamente la misura che l’umanità ha attraversato epoche fosche dove bastava poco a dover penetrare nelle menti dei poveri terrorizzati da coloro che rappresentavano il potere temporale e quello ”divino” per loro stessa autoproclamazione di detentori della verità e se qualcuno la metteva in dubbio od osava solo far balenare all’esterno un pensiero contrastante, come si dice oggi- stava bene e spendeva poco”.eppure tutt’oggi vi sono frotte di milioni di persone che accecate dalla credulità hanno bisogno di ricercare uno sfogo mentale in certe manifestazioni e difendono con le unghie e con i denti tali etiche per il motivo principale che fin dalla loro nascita le stesse famiglie a cui appartengono hanno insegnato loro che è bene dar valore a tutto quello che potrebbe ritorcersi contro se non riconosciuto, ossequiato e valutato.Ancora l’umanità purtroppo è molto lontana dalla propria liberazione e in tale stato dove versa si assiste a strutture organizzative secolari che tracciano nelle menti delle persone sin dalla loro nascita la ragione dei problemi e delle paure e delle disperazioni che dovranno affrontare nella loro vita, spesso non aderendo a dei pricipi sani e di impegno per cambiare le storture di tali società. e siccome non parliamo di casi individuali e singoli ma parliamo di comportamenti di massa se andassimo ad esaminare i paesi che noi consideriamo ”terzo mondo” osserveremo che la reattività a tutto questo viene smorzata nelle persone in proporzione alla quantità di contenuto e di etica religiosa con la quale loro spiegano il mondo. Il veleno spesso, anzi quasi sempre è trasversale ad ogni società, anche perchè le menti che amministrano tali comportamenti sanno bene che l’unico comun denominatore è la naturale reazione della mente degli uomini i quali -creature limitate nei confronti della trascendenza- diventano plagiate e manovrabili con il normale esercizio del rifugio nel credo religioso. Secondo il mio pensiero da tutto questo( ed è comune a tutto il mondo) derivano le tragedie sociali, economiche e di contrasti che fanno arretrare la spinta genuina e naturale e razionale al cambiamento. Fino a quando l’umanità non si libererà di tutto questo si dibatterà nel bisogno e nei contrasti ma il lucchetto che impedisce alla porta di aprirsi è dentro di noi e spesso la chiave di tale lucchetto non è in mano nostre ma nelle mano di chi si approfitta della limitatezza umana.In pratica nelle mano di coloro che essendo uomini in carne ed ossa come noi si avvalgono della nostra limitatezza per il perenne ricatto morale al quale siamo sottoposti. L’anello quindi non è che un piccolo esempio di tutto questo sia nella luce di ieri chè in quella odierna.