LO “SPOSALIZIO” DEL PERUGINO TORNA A CASA DOPO 200 ANNI… MA QUELL’ANELLO ANCORA GRIDA VENDETTA

LO “SPOSALIZIO” DEL PERUGINO TORNA A CASA DOPO 200 ANNI… MA QUELL’ANELLO ANCORA GRIDA VENDETTA
0 Flares 0 Flares ×

PERUGIA – La mostra “Il meglio maestro d’Italia. Perugino e il suo tempo”, organizzata dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, inaugurata il 4 marzo scorso e aperta fino all’11 giugno 2023, vede esposte circa 70 opere del pittore nato a Città della Pieve, tutte realizzate prima del 1504.

Tra queste ce n’è una, grandiosa che ha una storia particolare e tornerà a Perugia, eccezionalmente e solo per tre mesi, dopo più di 200 anni.

Si tratta dello “Sposalizio della Vergine” dipinto da Perugino tra il 1501 e il 1504. L’opera è famosissima, anche perché è spesso messa a confronto con quella contemporanea del suo allievo Raffaello, sullo stesso tema.  E’ proprio questo dipinto il gioiello più prezioso della grande mostra della Galleria Nazionale perugina per il cinquecentenario della morte dell’artista.

L’opera è famosa anche perché ha una storia particolare. E’ infatti tra quelle che presero la via della Francia, portate via dalle truppe napoleoniche, dopo la Campagna d’Italia e  il “Trattato di Tolentino” del 1796  che autorizzò le spoliazioni delle opere d’arte dei territori occupati dai francesi, compreso lo Stato Pontificio.

Il viaggio dello “Sposalizio” del Perugino verso la Francia  fu lungo e tormentato: il trasporto avvenne per mesi su un carro trainato da buoi, una coperta come unica protezione, poi in nave. A Parigi arrivò in condizioni pietose nel 1801. Tre anni dopo l’opera, una pala d’altare, olio su tavola di 234 x 186 cm, venne smistata a Caen, in Normandia, come altri capolavori considerati minori spediti nelle province affinché fossero di ispirazione per i giovani artisti locali. Da allora è sempre rimasta lì. Si salvò dai bombardamenti seguiti allo sbarco del D Day nel 1944 che martellarono gli edifici e distrussero 500 opere d’arte custodite nel museo comunale perché dal 1939 era stata messa al sicuro nel castello di Baillou. Comunque dal 1804 lo Sposalizio della Vergine di Pietro Vannucci è rimasta a Caen, dal 1970 al Musée di Beaux-Arts di cui è considerata l’opera principale e più importante.

L’Italia ha potuto riaverla solo due volte, l’ultima nel 2016, a Milano, per metterla a confronto con la rielaborazione della stessa scena realizzata da Raffaello.

Originariamente l’opera il Perugino la concepì per la Cappella del Santo Anello presso il Duomo di Perugia. Il dipinto gli era stato commissionato proprio per celebrare l’esposizione del Santo Anello, ovvero l’anello originale che San Giuseppe mise al dito della vergine Maria, arrivato a Perugia in maniera “truffaldina”. O meglio a seguito di un furto bello e buono, commesso probabilmente su commissione da un frate tedesco infedele, nel convento di San Francesco a Chiusi.

Il frate si chiamava fra Winterio di Magonza e una trentina di anni prima rispetto al dipinto del Perugino, esattamente nel 1473 di notte trafugò la preziosa reliquia custodita a Chiusi dal tempo delle Crociate e si dileguò, portandola a Perugia, dove da allora è custodita all’interno del duomo, dentro una teca chiusa da 14 chiavi.

Papa  Innocenzo VIII (pontefice dal 1484 al 1492), forse non volendo dare torto a chi commissionò il furto assegnò con sentenza pontificia l’anello a Perugia, che due volte l’anno lo espone con magno giubilo, incurante e sorda alle legittime richieste dei chiusini per riaverlo…

L’infedele e traditore fra Winterio fu arrestato e non si sa che fine abbia fatto. Probabilmente non una bella fine, considerando che le prigioni vaticane nel 1400 non erano certo luogo di villeggiatura.

Erano anni duri e complicati quelli: mentre Pietro Perugino dipingeva lo Sposalizio a Perugia, nel castello di Magione, a poche miglia, un gruppo di capitani di ventura – Vitellozzo Vitelli di Città di Castello, Oliverotto da Fermo, Giampaolo Baglioni di Perugia, Paolo e Francesco Orsini, nipoti di un potentissimo cardinale, Ermes Bentivoglio di Bologna e Antonio Giordano da Venafro per conto di Pandolfo Petrucci capo della Repubblica di Siena – si riunivano per ordire una congiura contro il duca Valentino, alias Cesare Borgia… che poi uno ad uno li fece fuori quasi tutti: Vitellozzo e Oliverotto a Senigallia dopo una cena cui li aveva invitati “per chiarire” (era il 31 dicembre 1502), Paolo e Francesco Orsini, invitati anche loro invece li fece trasferire a Città della Pieve, dove li tenne a pane e acqua per 18 giorni chiusi nella rocca e poi li fece strangolare dal fido Michelotto Colella… Giampaolo Baglioni che alla cena non ci era andato campò fino al 1520 quando il Papa lo tradì e lo fece assassinare a Castel Sant’Angelo…  Un altro Baglioni, Ridolfo, signorotto di Perugia, lasciò le penne proprio a Chiusi, la notte del venerdì santo del 1554. C’era andato insieme ad Ascanio della Corgna e duemila armati per occupare la roccaforte senese e, sempre a seguito di un tradimento, rimasero scornati. Uno morto insieme a 500 dei suoi e l’altro preso prigioniero…

Il secolo del Perugino, tra il 1450 e il 1550, se da un lato si può ricordare come il secolo dei più grandi dell’arte (Michelangelo, Leonardo, Perugino, Raffaello, Pinturicchio, Botticelli, ma anche di Machiavelli, che stava con Cesare Borgia, e Guicciardini, del Poliziano e dell’Ariosto, dall’altro è anche il secolo delle congiure, dei capitani di ventura e di sventura, delle guerre continue tra stati, staterelli, repubbliche e ducati che si trovano al centro di contese e scontri epocali tra le grandi potenze del tempo, il secolo di papi armati, cinici e traditori, il secolo in cui nasce il capitalismo e nel quale la politica si fa spesso a… fil di spada. Un secolo bifronte insomma, strabiliante e fecondo sul piano artistico, quanto terribile, oscuro e sanguinoso sul piano politico.

Comunque la mostra sul Perugino alla Galleria Nazionale di Perugia fino all’11 giugno e quella successiva da luglio a settembre a Città della Pieve, saranno due occasioni irripetibili per ammirare opere straordinarie.

Il ritorno provvisorio dello “Sposalizio” del Perugino a Perugia sarà anche l’occasione per i chiusini per immaginare quell’anello sottratto da Fra Winterio e se mai anche per riaprire la diatriba… Del resto una volta accertato che si trattò di furto (e su questo non ci piove) la refurtiva avrebbe dovuto (e dovrebbe) essere riconsegnata al legittimo proprietario. Ma sono 550 anni esatti che ‘sta storia va avanti e tutti i papi, vescovi arcivescovi e cardinali che si sono succeduti si sono ben guardati dal prenderla in considerazione, la restituzione. Se mai hanno provato a metterci una pietra sopra (e 14 chiavi) per tenere l’anello dove è…  Poi, che sia o no il vero anello dello “sposalizio della vergine” è tutto da dimostrare ed è più facile che sia una bufala. Ma questa è un’altra storia.

M.L.

* Per saperne qualcosa in più sul furto del Santo Anello, sulla congiura di Magione e sullo smacco di Chiusi ad Ascanio Della Corgna e Ridolfo Baglioni: “Voce del verbo tradire” edizioni Primapagina, 2021

 

 

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
Consorzio di bonifica
Mail YouTube