IL PRESIDIO “NO WAR” A CITTA’ DELLA PIEVE. SALE IL GRIDO DI PACE. MA LA GUERRA CONTINUA
CITTA’ DELLA PIEVE – Faceva freddo, molto freddo eppure c’era un bel po’ di gente ieri al presidio per la pace organizzato a Città della Pieve da una serie di associazioni cittadine (culturali, del volontariato, sportive, c’era in modo discreto anche il Pd). “Una piazza senza bandiere se non quelle della pace, senza condizionamenti, senza simboli di partito” hanno tenuto a precisare gli organizzatori, che – hanno detto – manterranno in piedi il presidio e continueranno a lavorare per la pace e per aiutare il popolo ucraino con raccolte e invio di generi di sostegno come medicinali, viveri, abbigliamento…
IL FREDDO E IL CALORE
“Il freddo pungente ci avvicina in qualche modo, alla sofferenza degli ucraini costretti a vivere nelle cantine, nelle stazioni delle metropolitane adattate a bunker, sotto l’incubo dei bombardamenti e anche sotto la neve e nel gelo dell’inverno ucraino che non è certo finito…” Così ha esordito Carmine Pugliese, uno dei promotori nel dare avvio alla manifestazione. Poi ha aggiunto: “il calore della solidarietà, questa partecipazione a sostegno di un popolo aggredito scalda i nostri cuori, non ci fa sentire freddo…”. Vero. Nonostante la temperatura gelida, la piazza di Città della Pieve si è dimostrata calda, anzi calorosa verso la popolazione ucraina. Ma noi tutti, dopo aver ascoltato le testimonianze, tutte molto accorate, le poesie di Rodari e Ungaretti, le canzoni di John Lennon, dopo aver espresso con la presenza e la partecipazione emotiva la nostra solidarietà, la nostra vicinanza agli ucraini sotto assedio, siamo poi tornati al caldo delle nostre case. Senza sirene che suonano, senza l’incubo di dover scappare di corsa nei rifugi, senza sentire il sibilo e poi l’esplosione delle bombe, il crepitìo dei colpi delle armi automatiche.
Qui da noi non si sente l’odore acre del fumo degli incendi, la puzza che fanno le macerie… C’è una bella differenza.
INCUBO MAI COSI’ VICINO
Ma l’incubo non è stato mai così vicino, dalla fine della seconda guerra mondiale. Sono passati quasi 80 anni dal “passaggio del fronte” in questo territorio e mai, da allora, neanche durante le guerre precedenti, si è avvertito così forte e così concreto il rischio di precipitare in un nuovo conflitto globale, addirittura nucleare.
Eppure, solo negli ultimi 40 anni di guerre scoppiate non lontano dai nostri confini o che hanno visto l’Italia in qualche modo coinvolta (perché erano guerre anche quelle che chiamavano “missioni di pace”) ce ne sono state parecchie: Iraq, Afghanistan, Libano, Siria, Libia, Eritrea, Balcani… Anche quella nel Donbass, sempre Ucraina, che dal 2014 ad oggi ha fatto più di 15 mila morti, soprattutto tra le popolazione filorusse e russofone di quei territori, è passata quasi inosservata, come un “incidente” locale che ci riguardava fino ad un certo punto. Adesso che quella questione è diventata una miccia che ha scatenato, insieme ad altre situazioni, la reazione russa e la guerra in atto vengono al pettine tutti i nodi. Lo ha ricordato, ieri al presidio pacifista di Città della Pieve, una cittadina ucraina che in perfetto italiano e con voce commossa ha portato la sua testimonianza e ha messo tutti in guardia dall’indifferenza, leggendo una poesia, proprio contro l’indifferenza: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare“. Il testo che molti attribuiscono a Bertolt Brecht, in realtà è un sermone del pastore Martin Niemoller sull’inattività degli intellettuali tedeschi in seguito all’ascesa al potere dei nazisti e delle purghe dei loro obiettivi scelti, gruppo dopo gruppo…
E’ Putin che ha scatenato l’aggressione armata all’Ucriana, che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa, è Putin che sta bombardando le città e quindi i civili in Ucraina, è Putin che minaccia l’uso della forza nucleare contro chi si metterà in mezzo, che considera paesi cobelligeranti tutti i Paesi, compresa l’Italia, che stanno fornendo armi alla resistenza ucraina, anche se le carte dell’Onu consentono l’aiuto militare a paesi aggrediti. Insomma è Putin che ha dato il via all’escalation. Ma non può essere la guerra totale la soluzione.
SIAMO IN GUERRA?
In queste ore, molti commentatori dagli schermi Tv affermano che “siamo in guerra” (ieri sera lo ha ripetuto più volte anche l’ex ministro Tremonti, alludendo alla decisione di fornire armi all’esercito di Kiev), ecco a nostro avviso dire “siamo in guerra” è una affermazione pericolosa e una lettura non precisa, non vera dello stato delle cose. L’Italia non ha ancora dichiarato guerra a nessuno, né è stato dichiarato lo stato di guerra. Abbiamo scritto anche noi, su queste colone che fornire armi all’Ucraina mentre sono in corso i negoziati, può rivelarsi un autogol pericoloso, un passo che va in direzione opposta al cessate il fuoco, ma d’altra parte anche i russi continuano a bombardare le città, mentre le delegazioni trattano. Anche quello è un atto scellerato. Il più scellerato di tutti.
QUALCUNO SPERA IN UN… 25 LUGLIO DI PUTIN
Oggi sono ripresi i negoziati, Biden e l’Europa annunciano sanzioni ancora più dure contro la Russia e i suoi oligarchi, forse sperano che mentre la resistenza Ucraina ritarda l’avanzata dei carriarmati russi, il popolo russo, messo in ginocchio dalle sanzioni si ribelli al suo zar e ne imponga la destituzione. Qualcuno, anche tra gli analisti di geopolitica, comincia ad adombrare difficoltà di Putin e crepe nel suo entourage. In sostanza si spera che avvenga qualcosa di simile al 25 luglio ’43 in Italia, quando il Gran Consiglio del Fascismo mise in minoranza Mussolini e lo fece arrestare. Poi però sappiamo come andò a finire…
CI PIACEREBBE CHE I CAPI DI STATO E D GOVERNO EUROPEI…
Ci piacerebbe vedere i capi di stato e di governo europei, i loro ministri degli esteri e magari anche il Papa andare nella cittadina bielorussa dove si tengono i negoziati. Fare loro un presidio per la pace, lì sul campo, chiedere che le delegazioni Russa e Ucraina negozino davvero, e al massimo livello, una soluzione che possa essere accettabile per tutti. Un’Ucriana libera e indipendente, libera di entrare nell’UE, ma neutrale e smilitarizzata quindi stato cuscinetto, come è la Finlandia e l’indipendenza su libera scelta delle repubbliche de Donbass potrebbe essere una soluzione praticabile. Potrebbe diventare una sorta di Svizzera dell’est Europa. Così rischia di diventare un cimitero. Anzi un deserto e di portarsi dietro tutto il continente.
LA PREGHIERA DEL PAPA
Papa Francesco la sua voce non l’ha fatta mancare in questi giorni drammatici. Ieri ha diffuso una preghiera, in italiano, inglese, russo e ucraino. Al presidio di Città della Pieve l’ha letta, in piazza Don Simone Sorbaioli: “Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: ‘mai più la guerra!’; con la guerra tutto è distrutto! Infondi in noi il coraggio di costruire la pace . Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione , perché vinca finalmente la pace. Amen”.