QUELLI DEL CLUB 27 E NON SOLO: MUSICA, PAROLE E COMPLOTTI AL TEATRO CAOS DI CHIANCIANO

domenica 13th, febbraio 2022 / 11:33
QUELLI DEL CLUB 27 E NON SOLO: MUSICA, PAROLE E COMPLOTTI AL TEATRO CAOS DI CHIANCIANO
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CHIANCIANO TERME –  Lo chiamano il Club 27. Ed è un circolo esclusivo. Tutti giovani, belli, ricchi, famosi. E… maledetti. Il numero 27 non indica il numero dei soci. Né il civico della sede. Ventisette sono gli anni che i soci avevano quando sono morti. I primi 4 a distanza di pochissimo tempo l’uno dall’altro, nel giro di due anni esatti: Brian Jones, polistrumentista e cofondatore dei Rolling Stones, fu trovato morto nella sua piscina il 3 luglio del 1969. Lo stesso giorno del 1971 moriva invece Jim Morrison, il re lucertola, leader dei Doors. Nel mezzo, tra le due morti se ne andarono anche Jimi Hendrix e Janis Joplin. Il primo affogato nel suo vomito dopo una notte di eccessi, il 18 settembre del ’70. La rossa di Port Arthur, due settimane dopo, il 4 ottobre…

Quattro musicisti che in quel periodo scatenavano le folle, che contestavano la guerra e la corsa agli armamenti, predicavano peace and love. Jimi a Woodstock con la sua magica chitarra mancina storpiò l’inno nazionale americano facendolo diventare una sorta di grido di dolore contro la guerra del Viet Nam, fatto di sibili ed esplosioni originati dal suono graffiante della Fender Stratocaster e diffusi dal muro degli amplificatori Marshall. E insieme alla pace e all’amore, i 4 predicavano anche altre cosette sconvenienti per l’establishment: sesso libero, droghe, disobbedienza…

Non solo stavano diventando “ingestibili”, incontrollabili, ma anche destabilizzanti per il sistema…

Ecco: di loro e di altri “soci” del Club 27, accomunati a Jones, Hendrix, Joplin e Morrison dalla morte alla stessa età di 27 anni, come Kurt Kobain e Amy Winehouse (altri due personaggi non proprio allineati e coperti sullo status quo), si parla nello spettacolo teatrale “Maledette canzoni d’amore”, andato in scena ieri sera al Teatro Caos di Chianciano. 

Sul palco l’attore one man band Nicola Pecci, con qualche intervento parlato dell’autore e regista Andrea Bruno Savelli.  Spettacolo godibilissimo e anche – soprattutto per la scelta delle canzoni – un po’… ruffiano. Si vince facile con pezzi del genere…  E se invece delle basi preregistrate, l’attore-cantante Pecci avesse avuto alle spalle una band dal vivo, avrebbe fatto tombola, perché canta bene. Ha una voce importante. Le basi, purtroppo danno un po’ l’aria el karaoke. Ma questo è un dettaglio. 

Quanto al testo, il duo Pecci-Savelli non si limita a riproporre la storia arcinota del Club 27. No, espone una tesi che gioca un po’ con la tendenza al complottismo, ma – visto come vanno le cose nel  mondo – non può considerarsi del tutto peregrina. La tesi è che i membri del club 27 e anche altri cantanti, musicisti e artisti scomodi siano stati in realtà eliminati o fatti eliminare dal potere. Un potere che non poteva tollerare che personaggi influenti potessero  mobilitare milioni di persone, orientare milioni di persone su argomenti “sconvenienti”.

A sostegno di questa tesi, lo spettacolo di Pecci-Savelli, parte da un fatto storico accertato. Il programma MKULTRA messo a punto dalla CIA negli anni ’50-60. Un programma di controllo mentale attraverso l’uso di “cavie” umane. La sottotesi della tesi di Pecci-Savelli è: uno stato che non si fa scrupolo a usare scientificamente cavie umane per controllare la mente dei suo cittadini e quindi magari indurli ad azioni utili all’establishment quanto ci mette a far fuori 4-5 rockettari scomodi? A tal proposito nello spettacolo Pecci cita il caso di John Lennon, ucciso nel 1980 dal giovane Mark David Chapman, che si fa prendere subito, non oppone resistenza, ma si fa trovare con in mano una copia de Il giovane Holden di J.D. Salinger. Quello poteva essere il “grilletto psicologico” usato per indurlo a compiere l’omicidio…

E  il duo Pecci-Savelli lascia intendere che anche per uno Stato che si fa pochi scrupoli non sempre l’omicidio è conveniente. In certi casi, se la figura da eliminare è un “influencer” è più conveniente distruggerne il mito. Se uccidi Jimi Hendrix ne fai un martire per l’eternità, se fai in modo che muoia soffocato dal suo vomito, al contrario ne dai un’immagine di esempio negativo…

La tesi è un po’ ardita. E forse viziata da complottismo, da dietrologia. Attore e autore non lo nascondono. Anzi ci giocano un po’ su…

Però è un fatto che tutti quelli del Club 27 siano morti in circostanze quantomeno poco chiare. E non solo loro: anche Elvis Presley, per esempio. Anche Bob Marley. E in qualche misura Luigi Tenco il più beat dei cantautori italiani, anche lui scomodo in quel momento perché cantava canzoni sull’emigrazione, contro il militarismo. Certo Tenco si sparò. Ufficialmente. Così come ad uccidere Lennon fu uno squilibrato. Però uno squilibrato strano. E quei riferimenti dello spettacolo ai “programmi” per il controllo della mente che la Cia prese a prestito dai sistemi usati dai nazisti, la riflessione sul rapporto tra scienza e potere, sull’etica di certi esperimenti e sulla ragion di stato che sacrifica i diritti umani in nome della sicurezza non sono discorsi complottisti. Sono ragionamenti che tutti dovremmo fare.

Al di là di questo, “Maledette canzoni d’amore”, è soprattutto uno spettacolo. Uno spettacolo fatto di musica e parole, molta musica, buonissima musica. Un canovaccio e un approccio non distante da alcuni spettacoli allestiti anche da primapagina (Bisogna saper perdere, 4 amici al bar, On the road. Again…), quel tipo di teatro che ci piace, che usa la musica per far riflettere e non solo per evadere e rilassarsi. Un tipo di teatro che rende benissimo e si adatta perfettamente a sale come quella del Teatro Caos di Chianciano. Il pubblico, piuttosto numeroso, ha apprezzato.

Marco Lorenzoni

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