LA TERRA DI MEZZO E I TRADIMENTI RACCONTATI DA LORENZONI, UN VIAGGIO NEI SECOLI TRA IL TORTO E LA RAGIONE
C’è qualcuno che non ha tradito, e da tanti anni, ormai decenni, custodisce nelle sue pagine, scritte una volta su carta e oggi su fasci di elettroni, la memoria di innumerevoli vicende che hanno visto come teatro del loro accadere quelle “Terre di mezzo” come con felice sinonimo le chiama lui, intendendo quella bellissima quanto variegata fascia d’Italia che dal centro dell’Umbria abbraccia le valli toscane dalla Maremma fino alle spiagge del Mar Tirreno, mentre Chiusi, città di nascita dell’autore, ne segna l’ideale baricentro.
Il tradimento è il filo rosso che lega le tante storie raccontate nell’ultimo lavoro di Marco Lorenzoni Voce del verbo tradire, e Lorenzoni ne è il fedele cronista che l’amore per quelle terre non ha mai tradito né rinnegato seppure conservando una buona e saggia dose di spirito critico, aliena da ogni retorica di età dell’oro o da “Borghi più belli d’Italia“ dove il male sembra non potere allignare. Perché di male nelle storie che il libro ci racconta, pur senza compiacersi troppo di particolari granguignoleschi, ce n’è molto, tutto male procurato per la via più subdola e dolorosa, il tradimento.
L’occhio dell’autore ricorda il potente obiettivo di una telecamera montata su un drone che a volo d’uccello sorvola le terre di mezzo nel tempo e nello spazio e le scansiona nei minimi particolari rievocati con lucida e partecipata narrazione.
Inizia cosi una cavalcata che dalle sponde del Trasimeno ci fa rivivere con ricchezza di particolari la storica battaglia del 217 A.C. tra le truppe del cartaginese Annibale e le legioni del console romano Gaio Flaminio Nepote, e sembra di vedere la polvere sollevata dai cavalli, gli attendamenti degli eserciti sulle colline di Passignano , lo scalpitare delle cavallerie, la ferocia degli scontri che fecero rossa di sangue l’acqua del lago, tanto è vivida la ricostruzione che ne fa Lorenzoni, con dinamiche narrative quasi cinematografiche.
Ma nel libro la Grande Storia si alterna all’altra storia, quella delle persone comuni, che di quella è figlia e madre, spesso negletta o travisata, degli uomini e delle donne che alla storia del loro tempo pagarono contributi di dolori e sofferenze, fino a sacrificare la stessa vita per vicende che oggi potrebbero sembrare assurde se avulse dai contesti storico-politici che l’autore tiene sempre ben presenti con la puntualità del giornalista consumato e avvezzo a documentarsi a fonti credibili..
Cosi scorrono sotto l’obbiettivo del drone che si libra nel cielo tosco-umbro vicende come quella di Davide Lazzaretti, (una delle più belle ed emozionanti), il Cristo dell’Amiata, un povero Cristo si direbbe oggi, caduto sotto una scarica di moschetto dei carabinieri del Regno perché colpevole di eresia, mentre guidava una innocua processione in una luminosa mattina di Agosto del 1878 alle porte di Arcidosso.
Oppure seguiamo le avventure di due garibaldini che, partiti dalla natia Chiusi, seguiranno l’Eroe dei due mondi e Nino Bixio nella spedizione dei Mille per poi disertare in Sicilia e finire addirittura negli Stati Uniti al seguito del generale Custer e a caccia della banda di Jesse James. A volte nelle ricerche pure ricche e documentate su tutte le storie narrate, Lorenzoni arriva inevitabilmente a perdere le tracce dei suoi protagonisti e allora gli viene in soccorso la fantasia esercitata non come libera associazione di idee, ma come ipotesi di lavoro, di esito probabilistico delle premesse documentate e la solidità del suo stile narrativo, sempre aderente ad un giornalismo d’inchiesta non le fa apparire meno vere, come se le trasferisse in un romanzo ben costruito.
Il volo continua attraverso il Medioevo, il Rinascimento, l’Ottocento, e mostra luoghi ben conosciuti da chi abita oggi le Terre di mezzo, ma con la fedele rappresentazione di come erano allora e di che pasta furono i personaggi che le abitarono. Tante sono le vicende narrate che non si possono qui rievocare tutte, ma ognuna di esse è rivisitata con la curiosità e la umana compassione che meritano i traditi e a volte anche i traditori.
Perché Lorenzoni stesso, oltre che esserne il cronista e il biografo, a volte, quasi sempre, si schiera apertamente per l’uno o l’altro dei suoi eroi o antieroi, ripescati dall’abisso della memoria, parteggia per l’una o per l’altra delle parti in questione, non fa mistero di essere egli stesso uomo di parte, come tutti in fondo siamo, ma non è mai veramente fazioso, mantiene sempre l’onestà intellettuale di saper distinguere tra torti e ragioni, tra vittime e colpevoli e questo , oltre a rendere la lettura di Voce del verbo tradire viva e palpitante, fa dell’essere di parte la parte nobile.
Vincenzo Bologna