DUE MORTI PER COVID A CITTA’ DELLA PIEVE. CRESCE L’ALLERTA E LA RICHIESTA DI ACCELERARE A VACCINAZIONE. CHIUSI, IL COMUNE LAVORA AI RISTORI
Ieri due morti per covid a Città della Pieve. Sono 6 i decessi dall’inizio della pandemia nella città del Perugino, che è di nuovo nell’occhio del ciclone e decisamente scossa. Nell’occhio del ciclone perché investita da una nuova ondata di contagi, salti – a ieri – a 104 unità, tanto che il sindaco ha mantenuto la chiusura delle suole elementari e dell’infanzia, nonostante una sentenze ne poteva consentire a riapertura.
Dallo screening di massa effettuato la settimana scorsa a Chiusi, dei 46 casi positivi accertati, 26 sono riferibili a persone non residenti a Chiusi, ma nei comuni limitrofi, e Città ella Pieve pare essere quello con la percentuale più rilevante. Poi ci sono altri 27 casi “a bassa carica virale” per i quali è stata decisa la ripetizione del tampone, che potrebbero far salire il numero. Il virus non si ferma al confine di regione e, evidentemente, viaggia molto tra l’area pievese e la vicina Toscana, e viceversa. E a viaggiare è il virus già mutato nella variante inglese e anche in quella brasiliana e sudafricana, che sembrano più contagiose, e anche – almeno nel caso della brasiliana – anche più resistente al vaccino…
L’allerta è massima. E non si esclude un nuovo lockdown totale e ferreo, come quello del mese di marzo 2020.
“Per me è necessario, ma non solo per me, fare un cambio di rotta con una strategia che non è quella della convivenza con il virus, che produce 300 mila casi al mese e 6000 morti al mese, ma un cambiamento di rotta che prevede una strategia no covid con tre pilastri.
Il primo è un lockdown limitato nel tempo, ma intensivo per riportare l’incidenza sotto 50 casi per 100mila, che è il limite massimo per il quale si può fare la seconda cosa ossia testare e tracciare per non farsi più sfuggire il virus. Il terzo pilastro della strategia no covid è la vaccinazione di massa a tutto spiano, che naturalmente in questo momento non può partire perché non ci sono vaccini, ma ad aprile ci saranno. Con queste tre attività tutte assieme potremo ritornare alla normalità come alcuni Paesi hanno fatto.” Così ha detto due giorni fa il consigliere scientifico del Ministero della Salute, Walter Ricciardi, a Che Tempo Che Fa e lo ha poi ribadito anche in altre sedi.
Sulla stessa lunghezza d’onda, la professoressa Antonella Mencacci, direttrice del Laboratorio di Microbiologia che, per prima, si accorse di un’anomalia in un reparto non-Covid dell’ospedale di Perugia e l’8 gennaio inviò i campioni dei due pazienti all’ISS poi risultati contagiati con la variante brasiliana. Quindi inviò per il sequenziamento altri campioni risultati positivi all’Inglese (18) e alla Brasiliana (12): “Abbiamo bisogno che le persone a rischio siano protette, quindi occorre aumentare il numero dei vaccinati, soprattutto dopo aver scoperto che qui circolano le varianti Inglese e Brasiliana. Per raggiungere l’immunità di gregge non possiamo fermarci al 65% di vaccinati, serve un valore molto più alto, sempre che ci siano le dosi”…
“Soluzioni nuove sul tracciamento di massa per riaprire gradatamente le scuole le attività culturali, le fabbriche, i trasporti in sicurezza, necessitano di una attivazione della cittadinanza e delle associazioni tutte. Per quanto riguarda le vaccinazioni bisogna superare e implementare il modello di vaccinazioni orizzontali con le aree test dei vaccini verticali e studiare in anticipo tutte le criticità dell’immunità di gregge e della durata dell’immunità” scrive sul suo profilo facebook Alessandro Lanzani, che si definisce “Medico da marciapiede”, ma che da mesi è impegnato a fare tamponi, lo ha fatto a Milano e anche allo screening d Chiusi. Tradotto significa fare vaccinazioni di massa in aree circoscritte, a livello territoriale e non solo per fasce di età o categorie, per poter studiare l’effetto, anche in relazione alle varianti del virus”,
Si muovono su questo tema anche le categorie economiche. I sindacati Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs, d’intesa con le associazioni datoriali del sistema Confcommercio: Federalberghi, Fipe, Faita, Fiavet e ResCasa chiedono “un piano vaccinale anticipato per tutti gli addetti del settore turistico, compresi gli stagionali, e un tavolo di crisi regionale per condividere le strategie di ripartenza del comparto, fondamentale per l’economia toscana, con 36.500 imprese, 250.000 occupati e un valore aggiunto di circa 10 miliardi di euro”. “Con la vaccinazione anticipata – dice Alessandro Gualtieri, segretario della Fisascat-Cisl Toscana – puntiamo ad un marchio ‘Covid free’ per la prossima stagione turistica, un’ulteriore garanzia che dia sicurezza a chi decide di passare le sue vacanze nella nostra regione. Poter certificare ai turisti in arrivo il pieno rispetto delle normative antiCovid all’interno della rete di accoglienza turistica toscana, dall’albergo al ristorante, dal campeggio alla casa vacanza, passando per guide turistiche e uffici informazioni, potrebbe diventare un elemento decisivo per accrescere l’attrattività toscana, anche dei luoghi come le città d’arte che nell’ultimo anno hanno più sofferto.”
Nel 2020 infatti le presenze sono diminuite complessivamente del 64%, con una perdita di oltre 6 miliardi di euro di fatturato. “Per raggiungere questo obiettivo – spiega Gualtieri – è importante includere nel piano vaccinale anche il personale stagionale, che invece non è previsto nei protocolli sottoscritti a livello nazionale. In Toscana crediamo che anche questi lavoratori vadano vaccinati in anticipo, perché fanno parte di questo sistema. Per questo – riprende il segretario Fisascat – abbiamo deciso di chiedere, tutti insieme, alla Regione Toscana di aprire uno specifico tavolo di crisi. Quanto il turismo sia importante per l’economia toscana e quindi per la vita e il sostentamento di decine di migliaia di persone, è di assoluta evidenza: speriamo che anche la Regione se ne ricordi e si muova presto. Non c’è tempo da perdere.”
Intanto a Chiusi, in attesa che la proposta avanzata dal sindaco Bettollini, per la vaccinazione di massa territoriale (e non per categorie o fasce d’età) e cpme test da studiare e non come corsia preferenziale, venga valutata dalla Regione, l’amministrazioine Comunale e le associazioni di categoria (Confesercenti, CNA, Confindustria Toscana Sud, Confartigianato, ANCE Siena, CIA e Confcommercio) hanno condiviso una lettera da inviare al Presidente del Consiglio regionale della Toscana Antonio Mazzeo e al Vicepresidente Stefano Scaramelli. Oggetto del documento il piano ristori a favore delle attività commerciali, imprenditoriali e artigianali rimaste chiuse a causa della zona rossa comunale indetta per lo svolgimento delle operazioni sanitarie di screening “Territori Sicuri”. “La nostra Città – sottolineano il sindaco di Chiusi Bettollini e la vicesindaca Sara Marchini – ha dimostrato un grande senso civico e di responsabilità trasformando una complessità in un’occasione e opportunità di esempio per tutto il Paese. L’interesse del singolo è venuto meno a favore dell’interesse collettivo, ma adesso è giusto pensare a come ripartire per scongiurare o quantomeno arginare una, altrimenti inevitabile crisi economica e di conseguenza sociale. La lettera, condivisa tra Comune e Associazioni di Categoria, indica 4 punti cardine per l’erogazione dei ristori: 1) superamento della erogazione tramite codici ATECO poiché dagli effetti della “zona rossa” non sono state colpite solamente le attività chiuse ma ne ha risentito tutto l’indotto a loro collegato; 2) valutazione per una erogazione del contributo all’amministrazione comunale che potrà poi trasferirlo sotto forma di contributo o di agevolazione sulle imposte locali; 3 istituzione di un fondo specifico per le piccole attività, unipersonali o familiari, costrette a periodo di sospensione dell’attività per positività a Covid-19; 4) un coinvolgimento e un supporto attivo tramite Toscana Promozione Turistica al fine di definire un’attività di valorizzazione del turismo, delle peculiarità storiche naturali e enogastronomiche del territorio.