ECCO COSA SIGNIFICA “CHIUDIAMO TUTTO! QUANDO IL COVID SEQUESTRA LA SANITA’, LE PERSONE E GLI AFFETTI FAMILIARI
CHIUSI – Questa mattina in un luogo pubblico mi sono trovato in una piccola discussione con un amico (conoscente, più preciso) che, vista la ripresa dei casi di contagio da covid (una decina negli ultimi 3-4 giorni) a Chiusi e l’esplosione di alcuni focolai rilevanti nei comuni limitrofi, pontificava sulla necessità inderogabile chi chiudere tutto: scuole, uffici, ristoranti, bar e pure certe strutture sanitarie che sono fonte di diffusione del virus…
Ho pure alzato la voce e mi dispiace, ho chiesto scusa. Ho avuto la sensazione nettissima che l’amico dicesse “chiudete tutto!” (più che chiudiamo, molti dicono chiudete!) perché lui è comunque tranquillo, senza un familiare anziano in casa, senza figli o nipoti a scuola e con una bella e sostanziosa pensione che ogni mese gli arriva sul conto corrente. Le cose, per tanta gente, invece sono più complicate.
Io, per esempio, ho mia madre ricoverata all’ospedale di Nottola dal 13 gennaio. Non per covid, ma per altra patologia. Anche perché l’ospedale di Nottola non è un struttura covid. Dal 13 gennaio però io non ho più visto mia madre, l’ho vista l’ultima volta quando è entrata nell’ambulanza sotto casa. Poi non più. Né durante i due giorni in cui è rimasta nel reparto Pronto Soccorso, né dopo, quando è stata trasferita nel reparto di Medicina.
Non mi è stato possibile fare una visita, neanche di 5 minuti. Mia sorella ci è riuscita, una volta per 2 minuti, una settimana fa… Si può telefonare al reparto, ma solo a giorni alterni e una volta al giorno… Da qualche giorno il reparto è completamente chiuso agli estranei e sono sconsigliati anche i colloqui diretti con i medici. Solo per telefono. E’ difficile insomma avere anche le minime notizie sulle condizioni del paziente. Io non so se mia madre è ancora cosciente o no. Ha 90 anni e uno scompenso cardiaco grave… e sicuramente se è cosciente, non vedendo nessuno di famiglia, si sentirà abbandonata in un ambiente estraneo e diverso da casa sua. Ma nessuno lo sa, e nessuno può far niente per evitarlo.
Medici e infermieri fanno certamente del loro meglio e tutto il possibile per curare i ricoverati, ma la frammentarietà delle notizie e l’assenza di qualunque contatto rende la situazione umanamente molto pesante, non solo per il malato, ma anche per i familiari.
Di fatto il reparto di Medicina di Nottola (ospedale non covid) viene gestito come una Rsa, per direttiva della Asl, della Regione e del Governo. Così dicono ogni volta che si riesce a parlare con qualcuno per telefono, medici e caposala. I quali gentilmente, ma abbastanza perentoriamente invitano a chiamare il meno possibile. E si può comprendere. Devono lavorare.
Di fatto il covid, anche dove non c’è, ha sequestrato la sanità e le persone, gli affetti familiari, con conseguenze devastanti e un senso di impotenza lacerante.
La possibilità che qualcuno entrando in reparto da fuori porti il virus è concreto e siccome lì dentro ci sono soggetti molto fragili, è giusto limitare il rischio. Le misure restrittive sono dunque comprensibili, ma sono anche disumane. Gran parte dei pazienti del reparto medicina sono anziani, molto anziani, con patologie gravi e senza girarci troppo intorno è facile intuire che qualcuno di loro non tornerà a casa e se ne andrà senza aver avuto nemmeno il conforto di vedere una persona di famiglia… Anche questo significa l’emergenza da pandemia e il “chiudete tutto!”
Ma la discussione di questa mattina con il conoscente verteva più che altro sull’aspetto economico dell’emergenza che – secondo il signore – deve rimanere in secondo piano rispetto a quello sanitario. Ci mancherebbe altro, ma… anche qui ci sarebbe da discutere.
A primapagina per esempio, due giorni fa abbiamo ricevuto comunicazione da uno degli inserzionisti, che per il 2021 la nostra testata è stata “tagliata” come altre, causa razionalizzazione della spesa per la crisi da emergenza pandemica. L’inserzionista è di quelli importanti e il taglio è strano, perché si tratta di una di quelle aziende che non hanno mai chiuso né durante il primo lockdown, né durante la seconda ondata, anzi è una di quelle aziende che sono state sempre aperte, anche quando le altre erano chiuse, e che hanno pure beneficiato – per dirne una – del divieto di spostamento fuori regione. Nonostante questo però ha tagliato le inserzioni pubblicitarie, facendo mancare linfa vitale a primapagina e ad altri giornali. Per carità, la pubblicità non è mica obbligatoria… e non è obbligatorio sostenere la stampa, ma l’impressione è che l’emergenza covid venga utilizzata per ridurre costi, senza subire conseguenze. La pubblicità è l’anima del commercio, si dice, ma se la tua azienda è una delle poche che può stare aperta, mentre tutto il resto è chiuso, quindi i clienti ce li hai comunque e pure più del solito, che bisogno hai della pubblicità? Quale ristoro compenserà a primapagina e ad altre testate quella mancata inserzione nel 2021?
Ecco, ho fatto due esempi, diciamo così personali, per far capire a chi legge e a chi urla “chiudete tutto!” che c’è qualcuno che con le chiusure e le restrizioni ci sta facendo i conti sulla propria pelle. E non solo per una questione di cambio di abitudini o di libertà di fare un’aperitivo… Per questione di vita reale. Di sopravvivenza.
Marco Lorenzoni