CHIUSI: QUANDO C’ERA IL PASSAGGIO A LIVELLO. UNA CLIP TEATRALE DI ALESSANDRO MANZINI & C.
CHIUSI – Il vulcanico teatrante Alessandro Manzini (FOTO) con la sua compagna di vita e di avventura Irene Bonzi e gli allievi dei loro corsi teatrali, che stanno diventando di fato una compagnia, dato il lockdown e la perdurante impossibilità di fare teatro in teatro, live, hanno messo on line un video che ha l’idea di essere un trailer. Della serie “Racconti di territorio”. Ne fecero uno sulla Bonifica della Valdichiana, adesso il video citato è su quella che per decenni stata una “barriera” non proprio invalicabile, ma più chiusa che aperta, tra Chiusi e la vicina Umbria: il famigerato Passaggio a Livello. Delizia di baristi e commercianti e croce per gli automobilisti e i pedoni che dovevano oltrepassare la ferrovia per andare da Chiusi verso Città della Pieve o Castiglione del Lago (e Cortona e Arezzo) o viceversa.
La clip realizzata da Alessandro Manzini e dai suoi attori e prodotto dalla Fondazione Orizzonti che ha collaborato anche alla costruzione, ricorda con dialoghi in chiusino stretto o pievese-moianese il tempo in cui si poteva stare anche un’ora e passa in fila, prima di poter passare le “sbarre”… C’era gente che nell’attesa prendeva un caffè,, faceva colazione con cornetto e cappuccino al Bar del Cacciatore oppure si faceva “un quartino” all’Osteria Porsenna, storico locale appena di là del Passaggio a Livello, lato Umbria.
Stava chiuso 18 ore al giorno (dato Fs) il Passaggio a Livello di Chiusi Scalo. Era famoso in tuta Italia. Perché prima che arrivasse l’autostrada, nel 1964, per andare a Roma, dalla Valdichiana o si passava per la Cassia, salendo a San Casciano e Celle sul Rigo oppure per la Statale 71, per Città della Pieve, Ficulle, Orvieto, Montefiascone… E la 71 si prendeva, da Chiusi, appena dopo il Passaggio a Livello, a Po’ Bandino.
La stessa strada di Fondovalle, per Ponticelli-Fabro, non era come adesso, ma molto più stretta e pericolosa. Era ancora una strada interna, non di collegamento, per i camion ad esempio era piuttosto complicata. Non era ancora una buona alternativa alla 71. Lo stesso dicasi per il percorso in direzione opposta, dall’Umbria verso Siena o Firenze. Di lì, dal passaggio a livello di Chiusi si doveva passare per poi proseguire verso Chianciano, Montepulciano, Pienza, e San Quirico, sulla 146.
Comunque il passaggio a livello rimase attivo per parecchi anni anche dopo l’entrata in funzione dell’autostrada del sole. Più di 20. Ed ha accompagnato, con il rito del su e giù delle sbarre, tutto il periodo del boom economico e della crescita tumultuosa di Chiusi Scalo. E’ stato infatti superato ed eliminato solo nel 1986, quando fu realizzato il cavalcaferrovia attuale.
File interminabili, clacson impazziti, venditori di tutti i tipi e di qualsiasi cosa che stazionavano a bordo strada e approfittando delle auto in coda, provavano a piazzare coprisedili in paglia, adesivi con le scritte più improbabili, madonnine portafortuna, funghi, arance, carciofi, fazzoletti di carta, accendini, radioline e autoradio, giubbotti di pelle di provenienza dubbia, musicassette… prima quelle in “superotto”, poi quelle classiche da “mangianastri”…
Le bestemmie degli automobilisti che rischiavano di far tardi al lavoro o ad un appuntamento facevano da contrappunto puntuale e sistematico alla “campana” del lampeggiatore che annunciava l’apertura o la chiusura delle sbarre. C gente che nella fila sul lato Po’ Bandino bestemmiava a raffica tutto il tempo, poi quando si alzavano le sbarre e arrivava davanti alla chiesa faceva il segno della croce, per lavare i peccati…
Non di rado qualcuno rimaneva bloccato tra le sbarre, dopo aver tentato invano di passare all’ultimo tuffo… Qualche temerario ciclista o pedone la sbarra la prendeva sulla testa, sempre nel tentativo di passare dopo il gong. E non era cosa piacevole. La sbarra era pesante assai..
Diciotto ore di chiusura al giorno vuol dire 18 su 24, ovvero più di 2 minuti su tre. Normale che si formassero file interminabili. Un tizio, un giorno, vedendo che le sbarre non si alzavano pensò di legare proprio alla sbarra, una pecora che portava probabilmente al macello (a piedi), poi andò a farsi un “goccetto” alla trattoria Porsenna. Probabilmente un po’ annebbiato dal vino, non sentì la campana e quando uscì , la sua pecora penzolava belando in modo sgraziato a 6 metri di altezza, appesa alla sbarra alzata. Ovviamente tra le risate e gli sfottò degli automobilisti in fila…
La trattoria Porsenna era famosa in tutta Italia per gli “spiedi di uccelletti” e la cucina a vase di cacciagione. Nell’immediato dopoguerra c’erano anche parlamentari che venivano apposta da Roma a Chiusi, per mangiare da Porsenna. Ripartivano a notte fonda dormendo in treno, magari un accelerato che ci metteva tre ore ad arrivare nella Capitale… Si narra che due avventori del Bar del Cacciatore, vedendo due biondone nordiche, ferme in fila al passaggio a livello, su una spider, presero di corsa la macchina di uno dei due, forse una Lancia Fulvia HF e le inseguirono, da lì fino a… Parigi. Come finì l’avventura con le biondone nessuno lo ha mai saputo…
Nell’86, poco prima che il passaggio a livello fosse finalmente eliminato e sostituito dal cavalcaferrovia, a Chiusi ci fu una grave crisi idrica dovuta ad atrazina nelle condutture dell’acquedotto e molti chiusini cercavano di superare l’emergenza andando a rifornirsi di acqua nei paesi vicini, ai fontanelli pubblici. Ce n’era uno poco dopo il passaggio a livello davanti alla ex cabina della Terni. E una delle ultime immagini del passaggio a livello fissata nella memoria è senza dubbio quella delle auto dei chiusini, inconfondibili: avevano tutti delle taniche per l’acqua sul portabagagli… Nell’86 ancora non era arrivata la moda dei Suv. Per lo più la gente viaggiava con le 127 e le Ritmo della Fiat, le prime Panda, le Renault 4 o le Ford Escort, col portabagagli a vista sul tettuccio…
Insomma bella l’idea di fare del teatro, anche se in formato digitale e non live, per raccontare il territorio com’era. E oggi che a causa del covid non si può varcare il confine verso l’Umbria, nemmeno per fare la spesa alla Lidl o all’Eurospin, e la sera c’è il coprifuoco, tornare con la memoria a quando c’era quell’imbuto chiamato Passaggio a livello, fa sorridere: anche allora era complicato passare il fosso. Il Covid non si è inventato niente…
m.l.
Gli inseguitori delle biondone erano Poldino e Baiocco.Sembra una novella ma è storia vera.Una sera da una fila enorme di macchine che attendevano l’apertura del passaggio a livello ci fu chi si attaccò al clacson e che per due minuti o più non staccò la mano da quello. Gli avventori del bar del cacciatore incominciarono ad inveire la coppia che era in macchina, finchè il guidatore spazientito da quella chiassata uscì e si diresse fra i tavolini in maniera provocatoria dopo aver preso gli insulti degli avventori, fra i quali per sua somma sfortuna c’era anche uno dei due nominati all’ inizi che era abbastanza piazzato come stazza e forte come un toro,che lo prese per il bavero della giacca e lo rimise di forza dentro la macchina.A questo punto uscì l’altro che era a fianco ed in maniera minacciosa verso l’avventore incominciò a mettergli le mano sul viso. Non si scatenò una rissa perchè qualcuno separò i due contendenti prima che si facessero male,ed anche questi fu rimesso nella macchina a forza dall’avventore.Era troppo scorno che in due fossero rimessi dentro la macchina di forza da uno solo,ed a questo punto uno di questi due invitò l’avventore del bar dicendo che sarebbe stato meglio si fossero trovati in un luogo isolato e lontano da testimoni se chi li aveva rimessi in macchina avesse accettato di regolare i conti.A questo punto fra una sceneggiata di risate e di applausi e di gente che rivolta ai due li sconsigliava vivamente di dar seguito all’invito,i due seguirono l’avventore al campo sportivo con dietro una fila di macchine a far da spettatori ,dove dopo una scarica di legnate date dallo stesso contemporaneamente a tutti e due ,furono dall’avventore stesso rimessi in macchina di peso e se ne andarono dolenti fra un coro di applausi sarcastici. ”Piedone lo sbirro” con Bud Spencer dovevano ancora inventarlo.Per la Trattoria Porsenna è vero ciò che dici e tutti i giorni c’era la fila di camion posteggiati che arrivava oltre la cabina della ”Terni” dove era la famosa cannella di ” acqua ferruginosa” che ancor oggi non più alimentata, credo si possa vedere.Dico questo perchè la cuoca e moglie del titolare della trattoria era mio zia Bruna Sacco sorella di mio padre e di Solismo Sacco e madre del compianto geometra Bruno Rocchini che tanti hanno conosciuto , che armeggiava fra pentole e piatti con il locale costantemente pieno di avventori e camionisti. La mia infanzia l’ho passata da lei al dilà del passaggio a livello,quindi queste cose le ho conosciute tutte e ci potevi rimettere l’orologio nei giorni in cui gli stessi camionisti si alternavano a pranzo.Poi dopo anni ed anni la stessa trattoria fu ceduta quando ormai anziani i titolari non erano più all’altezza di accudire al proprio lavoro e da li con momenti alti e bassi di alternanza la famosa Trattoria Porsenna del ”Chielli”fu chiusa. ”Chielli” così si chiamava in gergo chiusino il titolare Angiolino Rocchini padre di Vittorio Mario Rocchini e padre di mio cugino Bruno Rocchini.In toscana nessuno ci batte per i soprannomi ma quello che ho nominato ”Chielli” deriva dal fatto che i passeggeri che scendevano dai treni venivano contesi dai vetturini di carrozze con i cavalli,che scatenavano una caccia all’uomo per accattivarsi le loro preferenze per il servizio e non venivano solo contesi da questi ma anche da coloro che avevano posti di ristorazione e difatti lo stesso Angiolino Rocchini portava alla stazione il figlio Vittorio(si parla dei primi degli anni venti del novecento) che da ragazzino provvedeva a sottrarre i clienti ed a metterli in fila per portarli alla trattoria Porsenna mentre il capofila Angiolino si rivolgeva al figlio ultimo della fila urlando ”Chielli, Chielli” che stava a significare ”tienili, tienili insieme e non li far dividere o sparpagliare” diversamente li avrebbero beccati altri che li stavano contendendo a loro.E da questo il soprannome ”Chielli”.Tutte queste storie le conosco o per averle vissute o per averle sentite raccontare dalle persone più grandi che oggi non ci sono più ed a livello di immagine fotografica restano le foto delle persone e dei luoghi che oggi fanno parte del mio archivio.Ma è passato un secolo e forse più.
Due domande per il sig. Carlo Sacco. 1. Solismo Sacco il partigiano? 2. Sto seguendo questa vicenda del passaggio a livello con interesse e curiosità (da straniero). Mi chiedo se lei da fotografo non abbia mai avuto occasione di fotografare il passaggio a livello perché al momento non sono stato in grado di trovare un’immagine… grazie.
Si, Solismo Sacco il partigiano era mio zio.Per quanto riguarda il passaggio livello, non credo-così su due piedi- di avere foto nel mio archivio che riprendano direttamente tale soggetto, ma semmai immagini di persone dove sul retro si scorge tale passaggio a livello.Dovrei guardarci ma così su due piedi non ricordo.Ho invece una cartolina degli anni ’30 dove in lontananza di circa 150 metri si scorge il passaggio a livello ma chiaramente lo stesso è visto in lontananza e risale a 90 anni fa,con la strada sterrata ed un carro di buoi.Quanto a me non sono stato fotografo,ma è una attività che ho fatto per sola passione.
grazie per le risposte