LE NUOVE MISURE ANTI-COVID: GIUSTE O SBAGLIATE? L’OPINIONE DI UNA OPERATRICE SANITARIA IMPEGNATA NELLA CORSA AI TAMPONI

LE NUOVE MISURE ANTI-COVID: GIUSTE O SBAGLIATE? L’OPINIONE DI UNA OPERATRICE SANITARIA IMPEGNATA NELLA CORSA AI TAMPONI
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CASTIGLIONE DEL LAGO –  La curva dei contagi da covid 19 sale in tutta Italia. Il Governo ha emanato un novo DPCM con nuove misure restrittive: ristoranti e bar aperti fino alle 24, feste private in casa con non più di 6 persone; stop a calcetto e a tutti gli sport di contatto a livello amatoriale (restano invece praticabili quelli riconosciuti da Coni e CIP, ovvero i campionati federali, anche se dilettantistici).
Molti contestano la linea del governo. C’è chi la vorrebbe più dura e restrittiva chi al contrario la vede come un tentativo di chiudere tutti in casa di nuovo, per di più con il bavaglio. La destra più becera sposa la linea NO mask e grida all’intrusione nelle mure domestiche… Certo, qualche problema c’è. Soprattutto se si confida nella “delazione” o nelle segnalazioni dei vicini di casa di eventuali trasgressori… Lo scrivemmo quando un appello del genere lo fece il sindaco di Cetona. E c’è un problema irrisolto anche sul versante trasporti pubblici. Inutile prevedere e applicare protocolli rigidissimi nelle aule scolastiche, se poi nei pullman e treni che portano gli studenti a scuola non c’è il minimo distanziamento, e si viaggia affollati come un anno fa… Idem nelle fabbriche o nelle metropolitane delle grandi città.
Ovvio, inoltre che non possa essere la ministra Azzolina che si è occupata delle scuole, ad assicurare la sicurezza anche nei trasporti. Così come è ovvio che la risposta all’aumento dei casi di positività, non può arrivare solo dagli ospedali, ma anche dalla medicina territoriale. Almeno laddove ancora c’è e in linea di massima funziona.
Anche nel nostro territorio, a cavallo tra Umbria e Toscana, i casi sono in aumento. Sono 28 a Chianciano, 15 a Montepulciano, 11 a Sarteano, 4 a Chiusi, 4 a Città della Pieve, 7 a Castiglione del Lago. Chiusi, che nell’emergenza di marzo-aprile fu la cittadina più colpita, adesso è stabile nella parte bassa della classifica, nonostante sia anch’essa sede di scuole di ogni ordine e grado, mentre sono altre le località in prima linea in questa seconda ondata… La dura esperienza da “epicentro” della pandemia nella zona, della primavera in lockdown, forse è servita.
A proposito della sanità territoriale e dell’iter che gli operatori devono seguire, nel tracciamento dei casi e nella profilassi, riportiamo di seguito, una nota scritta da Elena Sciurpa, una operatrice del Distretto Sanitario del Trasimeno e affidata a facebook. Ci sembra pertinente e interessante da leggere, perché spiega molte cose e dà pure un giudizio (dal di dentro) delle nuove misure governative, consigliando di rispettarle. Ecco il testo:
Troviamo più positivi perché facciamo più tamponi?
In parte sì. Ma in buona parte anche no: basta vedere la % dei test positivi sul numero dei test totali!
Bene, ora che abbiamo districato questo importante nodo posso procedere.
Reduce da mesi di duro lavoro, a livello territoriale, che mi ha visto coinvolta proprio nel fronte “’emergenza coronavirus” permettetemi di esternare un paio di riflessioni,che come al solito spero potranno essere utili a chi avrà la pazienza di leggere e che non vogliono significare ” dato che io so di cosa sto parlando e voi no, state zitti” perché amo il confronto e le diverse prospettive.
Doverosa premessa: Ovviamente, al netto dei numeri dei contagi, che sono simili (intorno ai 4/5 000 al giorno) nessuno vuole paragonare la situazione attuale a quella di marzo/aprile- tanto è vero che oggi possiamo uscire/viaggiare/ andare a lavoro/ andare al ristorante e non siamo tappati in casa a fare le tagliatelle.
Dal mio punto di vista trovo comunque appropriate, seppur dolorose e decisamente imperfette, le regole contenute nel nuovo DPCM:
Sono in realtà delle regole non basate sul nulla ma sulle evidenze che, chi lavora presso i dipartimenti di prevenzione, ha ogni giorno sotto gli occhi.
Vado a spiegarmi:
Cosa significa “trovare un positivo”?
Significa che un medico di sanità pubblica, una volta ricevuta notifica dal laboratorio, dovrà chiamare l’interessato e iniziare quello che viene chiamato “contact tracing”; banalmente chiederà alla persona in oggetto di riferire quali siano stati i contatti che ha avuto dalle 48 precedenti l’inizio dei sintomi.
Spesso questo vuol dire, allo stato attuale, iniziare a stilare una lista di circa 50 persone (contatti di lavoro/ cena tra colleghi/ cena in famiglia con 15 persone/ partita di calcetto) che diventano anche 70 quando il caso è un bambino/ragazzo in età scolare, in cui minimo solo tra compagni di classe e insegnanti arriviamo a 30 contatti.
Tutti queste persone vanno contattate/ correttamente informate/ poste in isolamento/ va programmato il tampone/ va fatto il tampone/ il tampone deve essere analizzato.
E se si trova tra questi un nuovo positivo il gioco ricomincia da capo.
Ogni giorno, nelle due ultime settimane, al distretto in cui lavoro (distretto del Trasimeno, decisamente poco popolato) ci sono stati notificati in media 15 nuovi positivi al giorno.
Tutto ciò che ho spiegato prima va moltiplicato per 15. Capite quante persone sono coinvolte? E quante risorse messe in campo?
Capite che tempo 2 giorni il sistema si congestiona (le risorse, i medici, gli infermieri,le disponibilità dei tamponi, la capacità del laboratorio di analizzarli sono purtroppo non infinite).
E questo porta a ritardi che non consentono tempestività nella presa in carico dei pazienti. Sappiamo ormai che, come in molte altre emergenze, la tempestività è fondamentale per poter isolare gli infetti ed evitare che questi, inavvertitamente, possano, a loro volta contagiare altre persone.
Limitare, o cercare di limitare il numero delle persone che ogni giorno vediamo è davvero qualcosa che può diventare determinante per la gestione dei mesi che ci aspettano.
È un compromesso che davvero però potrà permetterci di evitare possibili ulteriori aggravamenti.
Che poi non tutta la responsabilità possa essere addossata sulle spalle dei cittadini non ci piove.
Che si poteva fare di più e meglio, che, nonostante il tanto parlare, non sono stati potenziati minimamente i servizi territoriali è un’atroce verità.
Ma questo è un altro pezzo di questa storia strampalata, che vi racconterò quando avrò un altro giorno libero.
quindi forse a Natale? Se non ci si rivede auguri!!
Una testimonianza in presa diretta, che non fa sconti a chi ha determinato la politica sanitaria negli ultimi anni (lavorando più per depotenziare che per potenziare la medicina di territorio, più per i privati che per la sanità pubblica) ed evidenzia le condizioni di chi si trova ad operare sul campo, non necessariamente in una terapia intensiva, ma anche laddove si fanno i tamponi. Cosa questa che richiede tempo, spazi, addetti, che deve essere fatta in fretta perché  se no può anche essere inutile e perché altrimenti chi è infetto e non lo sa, può continuare ad infettare altre persone…  E’ un richiamo al realismo, ma anche alla responsabilità, al senso civico… Ci è sembrato utile condividerla.
m.l.
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