FERROVIA PERUGIA-CHIUSI, QUANDO LA TRATTA FU AD UN PASSO DALLA REALIZZAZIONE
PANICALE – Parafrasando il grande Eduardo, “E’ passata la nottata in Val Nestore”, che per un lustro ha visto vari personaggi animati da troppo protagonismo, ma di nessuna consistenza scientifica e meno ancora politica. Ora, se i partiti e le amministrazioni locali lo volessero, si sarebbero ricreate le condizioni per tornare a parlare di progettazione territoriale e quindi di futuro del territorio della Val Nestore. Una questione che va ben oltre i confini dei due municipi, finendo per coinvolgere Città della Pieve, Marsciano e la stessa Perugia. Su queste pagine, ma anche in Consiglio regionale si è ricominciato infatti a parlare di un annoso problema e di quella che poteva e potrebbe esserne la soluzione. Sta infatti ricomparendo sullo scenario il vecchio progetto mai sopito, del collegamento di Perugia con il nodo infrastrutturale rappresentato da sempre dalla città di Chiusi.
E quando si parla di Perugia – Chiusi, la mente torna indietro ad anni lontani. Ma anche a ricordi nitidissimi. Ricordo er esempio quando mio padre mi portava, da ragazzino, a Perugia, da Tavernelle, con la Littorina… e ricordo anche che un giorno vidi smantellare i binari di quella ferrovia, proprio lì, dalla stazione di Tavernelle verso Ellera. Quella ferrovia creata in funzione della centrale di Pietrafitta ma che nelle intenzioni iniziali doveva “sfondare” poi verso Chiusi per collegarsi con la linea Firenze-Roma, non serviva più. Una locomotiva e un vagone con il braccio idraulico e degli operai intenti a svitare i binari dalle traverse. Era un giorno di primavera del 1965.
Della necessità di congiungere Perugia alla stazione della cittadina toscana se ne parlava già dalla seconda metà dell’Ottocento, quando nacque quella stazione. Obiettivo, appunto, creare una connessione tra la ferrovia Firenze-Roma e Perugia. Solo all’inizio del Novecento prese forma l’idea di una ferrovia a servizio delle miniere di lignite vicine a Pietrafitta; le comunità locali rinnovarono la richiesta di prolungare la ferrovia in direzione di Chiusi. Bisogna aspettare il secondo dopoguerra per vedere realizzato il prolungamento oltre Pietrafitta. Proprio per questo motivo la stazione di Tavernelle Val Nestore, fu costruita come stazione di transito, lasciando spazio verso ovest per il prolungamento della linea fino a Chiusi. E nel 1953 oltre ai treni carichi di lignite, cominciarono a transitare anche quelli passeggeri. Appena un anno dopo, nel 1954, il progetto del prolungamento si riaffacciò.
Nella seduta alla Camera del 15 giugno 1954 il deputato Filippo Micheli D.C. (l’ideatore del Piano umbro, un progetto indirizzato allo sviluppo territoriale della regione che prevedeva la realizzazione di una serie di opere infrastrutturali, quali appunto la Perugia-Chiusi), auspicava nuovamente il prolungamento della tratta fino a Chiusi. Queste le sue parole: «…Un altro punto dello stesso ordine del giorno tratta del prolungamento della ferrovia da Perugia a Chiusi. Finora si è realizzato il tratto Ellera-Tavernelle, con una spesa di un miliardo circa. Tale tronco però serve a poco se non si realizza l’intero tracciato, per cui occorre provvedere al completamento, anche per uscire fuori dalla anti economicità dell’esercizio.» (On. Filippo Micheli).
A quel tempo anche l’On. Lodovico Maschiella del Pci, si batteva per la realizzazione del tratto ferroviario in questione. Ma il sogno durò poco, perché, come dicevo, nel ’65 la Ellera-Tavernelle venne demolita e smantellata. Va detto, a ragion del vero, che quando iniziarono a circolare voci circa lo smantellamento del tratto ferroviario, ci furono molte proteste da parte dei cittadini in quegli anni, capeggiate dai sindaci dei due Municipi di Panicale e Piegaro. Il sindaco di Panicale Quartilio Fratini si beccò pure una denuncia per essersi posto in mezzo ai binari.
Decisione irremovibile e binari eliminati, tante volte a qualcuno fosse venuto in mente di rilanciare ancora il progetto.
A quel tempo i governi regionali ancora non c’erano, le regioni sono nate nel ’70. Con la Regione, forse le cose sarebbero andate diversamente. Da non dimenticare che su un altro versante, quello del trasporto su gomma, gli interessi che si stavano muovendo erano assai diversi. Non è un mistero che si fecero sentire e bene, dentro ai palazzi del potere.
Poi arrivarono gli anni ’80 e ’90. Un lungo periodo durante il quale nella Val Nestore si discusse molto della riconversione della centrale Enel di Pietrafitta (a carbone, con due gruppi da 75 MW e tecnologia a Letto Fluido), della sua vocazione industriale manifatturiera (agli inizi del 1900, a Tavernelle era già insediato un pastificio con 120 maestranze. La questione della ferrovia Perugia-Chiusi, tornò ad essere al centro della piattaforma programmatica del territorio. Nel 1989 fu affidato dall’Enel allo studio tecnico RPA di Perugia, un primo studio di fattibilità di un collegamento per Pietrafitta-Tavernelle, proveniente o dalla Terontola-Foligno, o dalla direttissima Firenze-Chiusi-Roma. “Terminato lo studio di fattibilità -ricordava in una intervista l’Ing. Romano Capurso al tempo Direttore del Gruppo Impianti Termoelettrici Enel Umbria- si optò sulla base di valutazioni economiche e dei tempi di realizzazione per la realizzazione della Perugia- Chiusi”. La proposta della ferrovia era supportata da una evidenza di notevole importanza: in 20 minuti da Perugia si sarebbe raggiunto Chiusi e la Direttissima. Ma anche da un fattore strategico, quello del collegamento Adriatico-Tirreno, da sempre auspicato dalle Regioni Marche e Toscana. Oltre che essere estremamente vantaggiosa economicamente per il trasporto del carbone per la nuova centrale, talmente piccola che non rientrava nemmeno nella valutazione di impatto ambientale europea.
Sulla stessa lunghezza d’onda, stava l’on. Maschiella, che fin dagli anni 50-60 aveva perorato la causa. Maschiella era anche consigliere d’amministrazione Enel, e aveva costruito con Capurso una vera intesa per la centrale a letto fluido. Maschiella rispondeva a quanti, tra questi il sindaco di Piegaro Bianchi, lo criticavano per il fatto che la nuova termoelettrica era troppo piccola, che la realizzazione dell’impianto con relativa ferrovia, permetteva al territorio di mettere un piede in mezzo alla porta, così da non essere più richiusa.
Gennaro Forlano ex perito Enel Pietrafitta, ricorda un episodio illuminante a tale proposito. “Ho sentito con le mie orecchie quando nella hall dell’hotel Beverly a Roma, il povero Maschiella con tono arrabbiato, ripete’ più volte a Capurso : “quando torni su parla a chiare note al sindacato, sindaci, ecc. che per Pietrafitta o prendete questo progetto o non prenderete niente….”. “La politica il suo commento – come sempre non ha avuto la capacità di capire e la corda a furia di tirarla si è spezzata”.
Sagge parole quelle di Maschiella, che non furono ascoltate. Lui si riferiva soprattutto alle rigidità dell’allora Sindaco di Piegaro Bianchi, che voleva si realizzasse una centrale a carbone da 300 MW, così da non perdere occupazione. L’illustre parlamentare venne a mancare nel gennaio del 1987 e per i progetti di sviluppo della Val Nestore fu un colpo durissimo. Nonostante questo della linea Perugia-Chiusi si continuò a parlare.
L’assessore regionale Vincenzo Acciacca disse sì al letto fluido e al tratto ferroviario. Infine arrivò la delibera del consiglio d’amministrazione dell’Enel del febbraio 1989, che stanziò un finanziamento per contribuire alla costruzione del tracciato ferroviario. Insomma, alla fine degli anni ’80, primi anni ’90, si giunse davvero ad un passo dalla costruzione della bretella ferroviaria, che avrebbe trasformato la Val Nestore in un corridoio verso la Toscana e il Tirreno. Argomenti robusti indubbiamente. Su Primapagina, all’epoca di carta e primo giornale ad avere Umbria e Toscana sulla medesima edizione, si scrisse molto del progetto. A rileggere gli articoli, le interviste dei protagonisti del tempo, si capisce bene che quel progetto è stato davvero ad un passo dall’essere realizzato. Ma non è mai stato realizzato.
Quali quindi, le motivazioni se tutto ciò non è venuto a compimento? Le motivazioni sono diverse, ognuna delle quali contiene un pezzetto di verità. Con la scomparsa di Maschiella, riaffiorò all’interno della classe dirigente regionale la volontà di non dare seguito a quel progetto. Il piano Perugia-Chiusi, fu sostituito da un progettino: la realizzazione di una bretella da Montemelino a Pietrafitta, per il solo trasporto del carbone. Infine con la privatizzazione dell’Enel, cambiò completamente lo scenario. Il colosso energetico pubblico, che fino a quel momento interloquiva con gli Enti locali, partecipava contribuendo alle vicende dei territori dove era presente, fu molto meno disponibile. Dopo l’abbattimento della ciminiera progettata per la centrale a carbone, si finì per costruire una piccola centrale a metano, meno inquinante, certo, ma una catastrofe sotto il profilo occupazionale. Fino a quel momento tra miniera e centrale, ruotavano ben 600 posti di lavoro, più l’indotto. Attualmente sono trenta i lavoratori occupati.
Oramai nelle classi dirigenti umbre, era già in vigore la logica della partitocrazia: galleggiare sugli equilibri raggiunti e gestire il potere. Nessuna progettualità per il futuro della Regione. Da qui una guerra intestina fra gruppi dirigenti per la spartizione di presidenze, fino alle degenerazioni ultime sulla sanità. Per gli abitanti della Val Nestore, per l’economia di un intero territorio che andava da Città della Pieve fino a Perugia, il dissolvimento del primo Progetto integrato di riconversione della centrale Enel, la mancata ricostruzione della ferrovia Perugia Chiusi, rappresentò senza dubbio un colpo mortale. Prova ne è, che da quel momento l’economia e l’occupazione sono andate sempre più in crisi. E La Valnestore che era una zona industriale rilevante, la più importante nel territorio a cavallo tra Umbria e Toscana, con aziende che occupavano centinaia di dipendenti ciascuna (Enel, Trafomec, Cisa, Vetreria, Coifer, Ciucci…) entrò in crisi e cominciò a perdere colpi, aziende, e posti di lavoro.
Le crisi aziendali che seguirono la riconversione della Centrale di Pietrafitta, come quelle della Trafomec unite ai processi di delocalizzazione come quello della CISA e di altre grandi aziende hanno determinato dai primi anni 2000 una destrutturazione che ha cancellato il passato industrialista di uno dei distretti manifatturieri in proporzione agli abitanti più attivi dell’Umbria. Panicale era considerato il terzo comune dell’Umbria più industrializzato, in rapporto agli abitanti. Ovviamente la crisi industriale si è portata dietro strascichi anche di altro tipo, come la lunghissima querelle sull’inquinamento (“la valle dei fuochi”) e anche un cambiamento della composizione sociale, con la scomparsa della classe operaia e di una classe operaia specializzata, anche femminile. In Valnestore adesso sono più i pensionati dei lavoratori attivi. Ma la ferrovia Perugia-Chiusi, o anche un collegamento stradale che dalla rinnovata Pievaiola “sfondi” verso Chiusi, trasformerebbero la vallata da cul de sac in disuso, in un corridoio veloce tra il capoluogo umbro e il nodo ferroviario e autrostradale di Chiusi. E mentre in Umbria, in regione, si chiede il raddoppio della Orte-Ancona (via Terni, Foligno, Perugia), si è tornati a parlare anche dell’aggancio verso Chiusi, in funzione del Frecciarossa, che è soprattutto turistico, ma non solo. Lo hanno fatto i consiglieri di opposizione Andrea Fora e Simona Meloni con due interviste proprio su questo giornale e poi con iniziative consiliari.
Il Provvedimento governativo che prevede opere pubbliche a go go per ripartire dopo l’emergenza Covid, con il potenziamento di strade, autostrade e ferrovie potrebbe anche dare una mano o una spinta. Certo anche la politica locale dovrebbe fare la sua parte, come lo fece 40 anni fa… L’occasione è ghiotta… Ricordiamoci che stiamo parlando di un’opera non faraonica: tra Ellera e Tavernelle il vecchio tracciato smantellato era di 14 km, la bretella per sfondare verso Chiusi all’altezza della stazione di Panicale sarebbe di altri 6… Idem per il collegamento stradale: la Pievaiola da Perugia a Tavernelle è quasi completamente ristrutturata, il tratto per agganciare la SR 71 nei pressi di Moiano o di Macchie-Sanfatucchio, sarebbe ancora di meno di 10 km. Il valore strategico invece sarebbe enorme, perché consentirebbe i entrambi i casi un collegamento Perugia-Chiusi nell’arco di 25-35 minuti, facendo diventare i due territori più vicini, ma anche più fruibili e appetibili pere eventuali investimenti. A Chiusi c’è anche la connessione diretta con Siena e Empoli, altra linea di cui si chiede il raddoppio e l’elettrificazione (lo ha fatto due giorni fa il sindaco di Chiusi). Perugia-Siena by train in un’ora e tre quarti non sarebbe una bazzecola dato che si parla di due delle più rilevanti città storiche e universitarie d’Italia, peraltro terre dei due santi patroni d’Italia.
Oggi la vecchia stazione di Tavernelle è un poliambulatorio e quel vecchio tracciato ferroviario smantellato tra Ellera e Tavernelle è un percorso ciclabile ed è bello pedalarci sopra, ma pensare a quello che poteva essere e non è stato per insipienza e miopia della politica fa rabbia. Scelte scellerate che gridano vendetta. Verrebbe da bestemmiare, ma non sta bene.
Renato Casaioli
Nelle foto: in copertina la Littorina in funzione tra il 1953 e il 1965 tra Ellera e Tavernelle. In basso la vecchia stazione di Tavernelle.
I miei più sentiti riconoscimenti , vanno a Renato Casaioli , che ha avuto la costanza e l’impegno nella ricerca di tanti dati storici , per la ricostruzione delle vicende verificatesi in Val Nestore , vallata dedita a molte attività industriali . Peccato per come sono state le scelte……!