19 GIUGNO ’44: LA LIBERAZIONE DI CITTA’ DELLA PIEVE NEL GIORNO DEI SANTI PATRONI GERVASIO E PROTASIO. IL MESSAGGIO DEL SINDACO RISINI
CITTA’ DELLA PIEVE – Oggi è il 19 giugno e per Città della Pieve è il 19 giugno è un giorno speciale. E’ la festa dei patroni San Gervasio e Protasio. E anche la ricorrenza della Liberazione della città dall’occupazione nazista e dalla dittatura fascista, avvenuta nel 1944. Il neo sindaco Fausto Risini non si è fatto sfuggire la coincidenza, che ha del prodigioso. A molti, anche sul momento, sembrò un segno del cielo. Ricordando il sacrificio dei due gemelli e martiri cristiani Gervasio e Protasio avvenuto nel III Secolo d.C. cui è intitolato il Duomo pievese, Risini sottolinea che fu “proprio il Duomo il luogo dove la popolazione pievese si riversò durante il terribile bombardamento aereo del 19 giugno 1944, invocando la protezione dei SS. Gervasio e Protasio. Una lunghissima giornata di Resistenza, in cui il coraggio dei giovani martiri patroni si riversò in tutta la sua forza nei cuori dei pievesi.
La lotta armata si coniugò con la resistenza non armata e, per la prima volta nella storia, uomini e donne di varie ideologie, di varie professioni e mestieri, si unirono nella stessa ansia di libertà e di democrazia. Insieme, fianco a fianco, reagirono contro la violenza del potere e nella notte del 19 giugno i tedeschi abbandonarono il nostro Comune. Città della Pieve era finalmente libera”.
Certo, la Liberazione nel giorno della festa patronale ha sapore di miracolo. Ma i miracoli non esistono (o esistono solo per chi ci crede): i tedeschi occupanti e i fascisti che li spalleggiavano non abbandonarono la città per intercessione dei santi, ma perché cacciati a fucilate e cannonate dai soldati alleati che avanzavano da sud e avevano già combattuto duramente nei pressi della chiesa di San Bartolomeo, vicino a Ponticelli e dai partigiani che diedero loro man forte e appoggio logistico.
Anche nel centro storico si combatté sanguinosamente. E dopo la liberazione di Città della Pieve, avvenuta appunto il 19 giugno, la battaglia infuriò di nuovo prima a Chiusi dal 21 al 26 giugno, poi da una parte sulle colline del Trasimeno tra Villastrada, Gioiella, Pozzuolo e Cetona e Sarteano dall’altra, e infine a Castiglione del Lago che fu liberata il 29, come Montepulciano.
Furono giorni terribili, di sangue e macerie. La gente sfollata nelle campagne, i tedeschi in ritirata che minavano i paesi, i ponti, le strade e quei ragazzi venuti dal Sudafrica, dal Canada, dall’India e dalla Gran Bretagna a rincorrerli e braccarli lasciando sul terreno centinaia di vite, così come altri ragazzi spesso neanche ventenni che si rifiutarono di arruolarsi nelle fila dei repubblichini e scelsero la strada della lotta armata, della Resistenza e diedero
Sono passati 75 anni tondi da quel giugno del ’44. Un giugno piovoso e tragico, ma al tempo stesso esaltante. Perché in quei giorni cominciò un’altra storia. E ha fatto bene il sindaco Risini a ricordarsene e a ricordarlo ai suoi concittadini. Nelle prime uscite con a fascia tricolore, Fausto Risini si è mostrato molto ecumenico. Non ha sparato sul passato e sugli avversari, si è mostrato in più occasioni in compagnia di figure di spicco della Lega, ma con questo messaggio sulla Liberazione ha voluto far sapere che quelli che animarono la Resistenza e la guerra di liberazione sono valori anche per lui anche se non ha usato mai nel suo messaggio il termine “partigiani”, non ha citato i fascisti né gli Alleati… Si è tenuto in equilibrio anche con il vocabolario ed ecumenicamente ha accostato la ricorrenza alla festa dei patroni Gervasio e Protasio, facendo senz’altro contenti i fedeli delle parrocchie pievesi.
Del resto la ricorrenza unica si presta. Non fu un miracolo, ma chi crede ed è devoto può anche legittimamente pensarlo. Magari qualcuno tra gli amici e sostenitori della lista Risini può pensare che invece fu una iattura. Ma questo è un altro discorso. (m.l.)
Nelle foto: truppe alleate in azione a Castiglione del Lago e Chiusi.
Il 19 giugno del ’44 alcuni partigiani della Brigata Simar si scontrarono con una pattuglia tedesca e fecero prigioniero un soldato. Il fatto avvenne nei pressi di Cetona.
La rappresaglia nazista fu durissima.
Non potendo colpire i partigiani, i tedeschi se la presero con chi non poteva difendersi.
Sette contadini rifugiati nei poderi dei dintorni vennero catturati e portati in località la Vecciarella dove alloggiavano i soldati della Hermann Goering. Lì, furono tutti selvaggiamente trucidati.
I loro corpi, abbandonati nella macchia, furono ritrovati il giorno dopo da alcuni vicini.
Il più “anziano” aveva 36 anni, il più giovane solo 16. Si chiamavano Giuseppe e Graziano Barzi; Silvio Ciani, Renato Faleri, Alfredo e Pasquale Lorenzoni, Sergio Mercanti. Un cippo fiori dell’abitato di Cetona ne ricorda il sacrificio.
Non mi dilungherò a parlare di quanto appare nello scritto nell’ultimo periodo del Post riguardante i sostenitori della lista Risini poichè nei giorni scorsi ne abbiamo parlato abbastanza, forse oltre il dovuto, ma voglio citare un avvenimento, anzi due, che riguardano l’arrivo degli alleati visto dalla parte partigiana e della popolazione e l’altro citato più volte nel passato riguardante la fine di Don Pompeo Perai a Città della Pieve. I fatti che causarono la morte di quest’ultimo sono ormai noti ed a conoscenza di tutti, soprattutto nell’ambito della popolazione ma soprattutto anche della chiesa attuale, ma sembra che tanto noti non siano stati per i sostenitori di una associazione cattolica di sicuro stampo neofascista (www.agerecontra)che annovera nel suo sitoweb delle volute distorsioni e falsità riguardanti appunto la fine del Parroco Pievese Don Pompeo Perai dove si legge testualmente”ucciso per rappresaglia partigiana il 16.06.1944”.Ho sollecitato qualche anno fa la rimozione di detta falsità storica da quel sito anche chiedendolo direttamente all’ANPI di Chiusi ma la solerzia delle istituzioni capitanate da partiti sedicenti di sinistra non si sono nemmeno curate di far rimuovere a norma di legge tale falsità; evidentemente conta molto di più lo scendere in piazza per pienare i media sulla presenza antifascista che poi viene sbandierata per attrarre chi ci si pasce come retorica ( i partiti in questo senso per i fini che sappiamo… ) che dare spazio ad una cultura che si interessa della verità storica e che spiega i perchè delle falsità ed a cosa tali falsità siano finalizzate. La fine di Don Pompeo Perai fu descritta da innumerevoli testimoni occupanti di un rifugio dentro l’abitato di Città della Pieve dal quale Don Pompeo si mosse durante l’infierire della battaglia al fine di dare l’estrema unzione ad un moribondo e per il quale fu fortemente sconsigliato di uscire dallo stesso rifugio da parte degli occupanti.Una di queste occupanti è stata la suocera di mio cugino Tito Tiberi rispondente al nome di Consilia Pulito morta qualche anno fa e madre di Andreana Tiberi tutt’ora vivente e di Lucia Pulito, che si ricordava benissimo cosa successe e che io stesso ascoltai con piacere quando descriveva l’avvenimento.Don Pompeo Perai fu falciato da una scarica di mitra da parte di un componente di un drappello di SS tedesche il quale non si è mai saputo se avesse sparato direttamente al povero prete resosi conto che tale era, oppure avesse voluto regolare con lui una questione relativa ad una ragazza della quale il soldato si era invaghito e che aveva progettato di portarla con lui nella ritirata compiuta dalla Wermacht verso la Germania e che alla qual cosa il prete si era opposto.Cose queste di una natura tale delle quali non si arriverà mai ad una conoscenza certa ma nel sitoweb che ho precedentemente citato la realtà è un altra ed è quella del tentativo di insozzamento dell’attività partigiana dicendo espressamente delle falsità che molti testimoni presenti ai fatti smentirono sia all’epoca sia fino a pochi anni or sono che fossero stati compiuti dai partigiani.Ed anche la stessa chiesa cattolica per voce autorevole delle sue autorità,ha da sempre dichiarato che Don Perai fosse perito per mano tedesca.Una fake news quindi, che ancora oggi perdura nel tempo e che nonostante i miei inviti fatti tramite l’ANPI ad essere rimossa, ancora permane e tenta di insozzare la memoria di chi ha combattuto per riscattare l’onore d’Italia. L’altro fatto è quello del quale si resero conto i partigiani della Brigata Risorgimento asserragliati nella cima del Monte Pausillo ai quali nei giorni precedenti la liberazione di Città della Pieve la Wermacht aveva tentato di dare l’assalto per eliminarne un presidio tenuto sotto controllo 24 ore su 24 da persone male armate e che senz’altro se la stessa Wermacht avesse voluto avrebbe spazzato via in un battibaleno.Questo non avvenne a causa di un incrociato fuoco di moschetti e di fucili mitragliatori che spararono continuamente dall’alto verso le truppe che volevano salire sulla cima e che dettero così l’impressione che la guarnigione partigiana fosse più numerosa di quanto realmente fosse.Il fatto che ne seguì e che riguardò il 19 Giugno 1944 fu quello che da quella cima del crinale che tutt’oggi si scorge dalla pianura sormontata dalla casa dei contadini della famiglia di cognome Manganello, dove furono ospitati anche moltissimi civili sfollati che dormivano ammassati nelle stalle delle pecore ( mia madre mi raccontava quando ero ragazzo che ebbe per settimane e settimane nelle narici il puzzo fetido dell’orina di quegli animali dalla quale il muro dello stallino era impregnato poichè era costretta a dormirci accanto )tutte notizie avute dalla viva voce di mio zio Solismo Sacco e mio padre Benito i quale con un binocolo ”Carl Zeiss-Jena” acquistato dai carristi tedeschi durante la loro ritirata e che ancora oggi posseggo, si resero conto che da Città della Pieve scendeva verso Moiano percorrendo la strada di Canale una lunga coda di carri armati inglesi ed autoblindo fra la polvere incredibile della massicciata di quella strada sterrata.Mia zia Palmira Fanelli moglie di Solismo fu la prima ad avvistarli ed iniziò ad urlare fra gli sfollati : ”Gli inglesi, gli Inglesi, arrivano gli Inglesi !! ”.A quel punto mio padre Benito Sacco ed Alfio Marchini che era al comando dei partigiani scesero a valle per incontrare quella colonna ed informarla dell’esistenza del drappello partigiano formata da circa 220 persone oltre ai civili,asserragliato sulla cima del Pausillo. Alfio Marchini oltre al mitra aveva portato per l’occasione indosso anche la sua chitarra e con gli altri partigiani alla vista di quella fila di militari fra la polvere di quella strada ed insieme a mio padre fra lo stupore dei soldati inglesi le cui teste svettavano dai carri armati, intonarono più volte ”Bandiera Rossa”….. Queste le notizie che mi hanno raccontato sia mio zio sia mio padre a viva voce di quel fatidico giorno 19 Giugno 1944 che oggi si commemora.Avvenimenti di ben 75 anni or sono descritti con estrema precisione e che appaiono anche sul libro ”Storia della Resistenza nella zona Sud Ovest Trasimeno” di Solismo Sacco,commissario politico della Brigata Risorgimento.Un cippo alla memoria della Brigata sorge oggi all’interno della pineta sopra Paciano alle falde del Monte Pausillo.
Permettetemi una considerazione personale, logicamente condivisibile o meno, ma che può essere un utile contributo nel gettare una luce migliore sulla Storia di quei giorni.
Al di là del fatto che il 19 Giugno è un “bene comune” di tutti i pievesi, senza distinzioni sociali, culturali e, soprattutto, politiche e che sarebbe d’uopo anteporne il valore a tutti i “personalismi”,
il ricordo di questa giornata non si dovrebbe limitare alla continua esaltazione di “miti smitizzabili”, ma necessiterebbe, finalmente, di una lettura più ampia, equa, approfondita e documentata.
Col rispetto dovuto alle persone ed a ciò che hanno vissuto, la Liberazione è stata anche, per qualcuno, e, per me, soprattutto, il “tritacarne” di tanti cittadini inermi, le loro storie, i loro drammi. Ed il loro essere indifesi di fronte agli schieramenti in lotta, senza nessuno che abbia tentato di interporsi in loro difesa.
Senza dimenticare il “dopo”, farcito, spesso, di camaleontiche “folgorazioni sulla via di Damasco”, vicende “ipertrofizzate” od, addirittura, benemerenze del tutto inventate.
Sulla pelle degli “anonimi” innocenti che ci han rimesso la pelle.
Credo che, dopo oltre 70 anni, si possa, finalmente, “separare il grano dal loglio” e ricondurre persone e vicende in una dimensione più realistica, senza per questo sminuire i grandi valori che nacquero dalle macerie fisiche e morali della nostra Nazione.
X Il Sig. Massimo Neri.Non credo in realtà che quanto ipotizza come ”giusto ed equilibrato” possa essere mai avvenuto nella storia e nelle vicissitudini umane e soprattutto quando da una situazione si passi da un estremo ad un altro, che prima e durante sono stati poli contrapposti.Figuriamoci in una vicissitudine di guerra totale.Quello che lei dice sarebbe comprensibile in una situazione di trapasso progressivo dove ci siano tentativi di rispetto umano e delle idee degli uomini, ma non in una guerra che devasta un territorio. Il tritacarne dovuto alla violenza dove lei dice si sono trovati in mezzo ” i cittadini inermi” provi un momento a pensare quando lo definisce tritacarne, nei momenti dove si erano trovati tutti quei cittadini che lei considera ” inermi ” prima che il fronte di guerra comparisse nel territorio cosa comportava per la vita di quei cittadini che inermi invece non erano.Non dimenticandosi chiaramente che l’uomo è un animale adattabile quantomeno.Il fatto della considerazione di essere ‘cittadino inerme” cosa vuol dire in tale storia ? Cittadini che durante il regime non avevano partecipato alle nefandezze imposte dal potere? Oppure cittadini che non avevano condiviso il potere e si erano organizzati per quanto possibile per ribaltarlo quel potere rischiando anche la pelle e la distruzione delle loro famiglie? Quando esiste un potere assoluto che domina in ogni campo per anni e che indirizza anche la morale della vita e la piega ai propri scopi cosa vuol dire secondo lei l’espressione ”cittadini inermi”? Forse coloro che sono stati presi fra l’incudine ed il martello e che fino all’ultimo non si sono resi conto che erano cittadini di un regime che li avrebbe condannati a morte? Oppure fenomeni di rifiuto di imbracciare il fucile e schierarsi col fascismo nel nostro territorio ci sono stati moltissimi e moltissimi sono andati al bosco per salvare la propria vita perchè il regime ormai era cosa manifesta che sarebbe caduto ma durante quel ventennio di ” cittadini inermi” come dice lei ce n’erano pochi.Anzi i maggiori erano cittadini piegati ai quali il regime aveva imposto di essere piegati e l’equidistanza aveva sempre più ragione di non esistere di fronte a quello che stava avvenendo.Ma non solo questo è successo a Città della Pieve e nel suo territorio ma in tutto il territorio dove due eserciti si confrontavano con migliaia e migliaia di morti.Quei cittadini inermi spesso erano inermi perchè speravano che di fronte ai disastri della guerra l’avrebbero potuta sfangare.Gli altri che spesso rischiavano la loro vita e che molte volte sono stati oggetto di rappresaglie e di stragi, spesso avevano compreso da quale parte stare.Il concetto di ”cittadino inerme” è un concetto che è stato sempre comune ad una concezione che è quella dell’obbedienza a qualsiasi regime ci fosse stato, bianco, rosso, nero o turchino.Ed è entrato a far parte delle peculiarità caratteristiche della diatriba così presente nella storiografia dell’immediato dopo guerra, che questa si è ripetuta allargandosi nella partecipazione politica dentro tutti i partiti nessuno escluso ed è stata una peculiarità tipica del popolo italiano e della sua cultura che poi ha portato ad avere un proseguo in lotte subdole ed intestine che hanno prodotto anche sangue da ambo le parti.In un paese arretrato che ha prodotto il fascismo come fenomeno sociale generale e profondo , non si può pensare che una gran massa di cittadini siano stati inermi durante venti anni che il regime è durato.Sono stati inermi e non hanno reagito di fronte alle ingiustizie che venivano compiute, ma oggi siamo spinti e si dice bene seduti attorno ad un tavolo od un simposio in tutta tranquillità davanti i microfoni degli studi televisivi a considerare il concetto di ”cittadino inerme” come qualcosa di estraneo alle due parti ideologicamente in conflitto , ma quando c’era da salvare letteralmente la pelle ed il futuro delle famiglie e dei figli dalle violenze di un conflitto nel quale erano i poveri che pagavano i prezzi più salati, questo si sà ma spesso ci si dimentica di dirlo.Ed è stata per certi versi come una lotta d classe nella quale i poveri che nulla possedevano se non le braccia per il lavoro stavano pagando un prezzo a causa dell’appoggio economico, politico, militare ad un establishement al quale interessava solo resistere per salvare la pelle al momento giusto, perchè poi i risultati si potevano già intravedere per tempo.Ed allora il tentativo di contrapposizione al quale hanno partecipato tutte le forze in campo, nessuna esclusa,dai partiti legati al regime, a quelli che poi hanno organizzato la resistenza, a quelli che poi instruiti bene bene hanno manovrato dietro le quinte e dietro il potere mlitare dei vincitori, il concetto di ”cittadino inerme” è un sofisma che vorrebbe servire a dimostrare che in fondo il bene o la verità stia nel mezzo, che debba servire al benessere del popolo guidato da forze pre-esistenti e che si sono camuffate dentro gli schieramenti dei vincitori ed anche dentro gli schieramenti di quelle forze che reclamavano giustizia. Forse era quel vecchio stato liberale dal cui declino era sorto il fascismo, che voleva riprendere piede, forza e forma, e che non si arrendeva neppure di fronte alla disfatta militare ma col trasformismo tipico che viene dalla forza di sopravvivenza e di digfendere il considerato proprio capitale di beni, avrebbe conquistato nuovi orizzonti-come disse Vittorio Meoni parlando di quella borghesia che prima forse aveva avuto in odio lo stesso fascismo di cui anche si era servita,ma che adesso si apprestava a ritessere la tela della propria supremazia di classe insieme a forze latenti e potentissime che si chiamavano allora Chiesa Cattolica, Massoneria, gia presenti nella cultura e nell’etica di quell’italia ma anche affatto sprovvedutamente portati dagli stessi alleati perchè consapevoli che il nemico da battere dopo lo stato autoritario fascista era il tentativo di dividere più equamente la torta.Quella torta che non era stata divisa venti anni prima per la quale si era arrivati a quei punti. Quei cittadini ai quali gli stessi alleati si erano guardati bene dal consegnare le armi durante il passaggio dei loro eserciti nel nostro territorio poichè si facevano chiamare partigiani, erano additati anch’ essi come il futuro possibile nemico ed allora occorreva contrapporsi con la forza alle loro organizzazioni e se possibile neutralizzarle sul piano della loro organizzazione.Non nascondo ed è concepibile che nel fervore della lotta il cittadino inerme abbia pagato ed anche ci siano stati dei casi come lei dice di amara realtà ed anche di terrore talvolta,ma tutto questo non lo si può combattere con l’equidistanza che non esiste mai, neppure nelle più grandi e buone intenzioni, soprattutto quando si parla delle vicissitudini di cui raccontiamo.L’invito suo a non personalizzare posso accoglierlo ma esaminandolo le rispondo che la storia la fanno le persone anche e soprattutto con la loro etica e le loro idee posto anche che ”il male” non stia tutto da una parte sola.Quando lei parla della necessità di ”separare il grano dall’oglio” non posso non concordare con lei,ma allora per dovere di giustizia secondo lei sarebbe logico incominciare a parlare che la violenza e gli scontri iniziano nella storia di quel ventennio che l’italia tutta ha subito quando chi aveva e possedeva si è opposto alla divisione della torta nei tragici fatti del 1921 e 1922 ? O si vuole riformare la storia dell’uomo dicendo che anche i poveri sia giusto che non si ribellino e che chiedano le riforme a chi li comanda e siano sempre così destinati ad essere spalmati con la vasellina? Perchè poi poi al fondo dei discorsi si parla di questo e si arriva a parlare di questo, visto che lei stesso parla di masse umane che si trovino a punti della storia a subire da tutte le parti e che nessuno si interessi a loro? A loro finora si sono interessati principi solo ed esclusivamente di natura predatoria e se ci sono stati dei momenti nei quali quei poveri hanno alzato la testa questi sono stati i momenti in cui organizzatisi hanno deciso di costruire qualcosa che non fosse respinto all’indietro, come sempre è successo nella storia.Ma era chiaro e sarebbe stato chiaro che il sistema avesse contrapposto tutta la propria forza. In fondo, al di la di tali diatribe e del benessere non solo di pochi che ha raggiunto la nostra civiltà occidentale, non le sembra che la situazione di oggi sia essa stessa paragonabile a quando succedeva 75 anni or sono nel nostro territorio ? Con la differenza che ancor oggi al diminuire della forza dei poveri aumenta quella dei ricchi, ed allora il ” separare il grano dall’oglio” io credo che dovrebbe essere fatto tenendo presente innazitutto tale principio e capire che a chi non interessa affatto tale separazione sono coloro che di grano ce n’hanno ben oltre le loro umane necessità.E chi vuol capire capisca come diceva qualcuno di mia conoscenza….
La sintesi non è mai stata nel bagaglio culturale del Sig. Sacco e questo certo non aiuta comprensione e confronto.
Quello che propongo è semplice: dopo un settantennio sarebbe finalmente ora di collocare la Liberazione in un contesto più equo ed ampio, affrontandola a 360°, dando una collocazione più realistica e sincera a tutti e personaggi, smitizzando talune vicende e rivalutando altre…
Scusi, ma rivalutare chi? i fascisti che ressero il sacco ai nazisti occupanti? Il tempo che passa non cancella le responsabilità, né il fatto che c’era chi stava e combatteva dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. E la retorica resistenziale (che sicuramente c’è stata per qualche decennio) ormai non si avverte quasi più. Però la memoria è giusto mantenerla e mantenerla viva. Dando alle cose, agli eventi, alle persone il giusto peso. A Chiusi, per esempio, anche quest’anno, come ormai tradizione dal 2014, il Comune e l’ANPI organizzano nel giorno della liberazione della città, il 26 giugno, una visita ad un cimitero di guerra del Commonwealth. Dopo Orvieto, Foiano della Chiana e Assisi, quest’anno tocca a Bolsena. La proposta iniziale la facemmo noi di Primapagina come giusto tributo a quei ragazzi venuti da altre parti del mondo a combattere e morire per liberarci dal nazi-fascismo. Negli anni della retorica questa cosa non si faceva, dando forse più peso all’azione dei partigiani, che ebbero certamente un ruolo, ma sul piano militare nulla in confronto a quello delle truppe alleate che lasciarono sul terreno centinaia di morti a Città della Pieve, a Chiusi, a Orvieto, a Cetona, Gioiella, Castiglione del Lago… Questo ci sembra un modo onesto e serio di coltivare la memoria. Riabilitare i fascisti, se è questo che intende, no. Non lo è.
https://www.primapaginachiusi.it/2019/06/chiusi-il-26-giugno-la-visita-al-cimitero-di-guerra-di-bolsena-rendere-omaggio-ai-liberators-una-iniziativa-buona-giusta-e-monumento-da-correggere/
Scusi, ma chi ha parlato di “chi” ?!
Ci sono situazioni, storie e contesti da “rivalutare”, soprattutto dalla parte dei “buoni” e dei vincitori.
Perché sarebbe ora che emergano i giusti ed i coerenti. I “veri”.
“Separare il grano dal loglio”…
Non voglio essere polemico e le dò veramente ragione per quando riguarda la mia prolissità,ma vede Sig.Neri che se lei se la cava con due aggettivi del tipo ”equo ed ampio” su un tale tema, è chiaro che emerga dalle due nostre posizioni una diversità di necessità interpretativa precisa se si voglia dirimere il valore del tema che va affrontato. Ora, posto che siamo in un giornale on line e che non scriviamo nè io nè lei testi di storia(Dioceneguardi) ma mi sembra che nel mio intervento abbia affrontato alla base le ragioni della sua affermazione ”cittadini inermi”. Ma già lo si sapeva che tanti cittadini fossero stati inermi perchè è così in tutte le vicissitudini storiche, no ?Ed allora quando si parla di rivisitazione e di sfrondatura io non ho difficoltà ad essere con lei ed a seguirla nonostante la mia prolissità, sul suo percorso di delucidazione e di ” potatura ”, ma questo non deve essere fatto secondo me svalutandone i valori perchè tali valori si basano sulla conoscenza e non si possono esprimere giudizi o richieste che tendano a scavalcarla ed infine nel tempo a relegarla al di fuori di una coscenza collettiva il cui scavalcamento è tanto caro oggi come ieri a coloro che sono stati la causa di quei nefasti avvenimenti e che oggi in quattro e quattrotto dietro frasi di supposta e ricercata equidistanza vorrebbero revisionare le basi valoriali che poi lei mi insegna sono parte del patrimonio etico ed umano della nostra cultura.Perchè così accade sempre tendenzialmente in ogni aspetto della critica storica, mentre le generazioni si rinnovano quelle che seguono tendono a brancolare semprepiù nella nebbia. Sono con lei quando parla delle ”benemerenze inventate” perchè questa è cosa pur vera ma questo si è avuto in entrambi gli schieramenti,anche da parte di coloro che per paura sono confluiti nelle file partigiane ed anche per coloro che durante il ventennio come ”cittadini normali” avevano compiuto atti di violenza verso altri cittadini altrettanto normali con il supporto delle autorità preposte.Vede Sig. Neri io non andrei a ritirare fuori come lei dice i personalismi che pur ci sono e li conosco bene anch’io non per averli vissuti perchè al tempo non ero nato ma per averli sentiti raccontare accoratamente nella mia stessa famiglia, al punto che gli amici di famiglia da decenni diventarono poi nemici e spie del regime ed erano coloro che mandavano a casa la feccia a compiere le violenze, sicchè da questo punto di vista i personalismi è bene non evocarli perchè tali spie ce l’avevo anche all’interno della mia stessa famiglia,tanto per parlare di ”tritacarne” e/o tragedie come lei dice e considero le vicissitudini che l’hanno toccata la mia famiglia, molto fortunate poichè ad altri che avevano avuto anche coinvolgimenti di natura politica minore emeno esposta gli andò anche peggio, fino alla perdita della vita. anche. Si figuri se poi andiamo ad esaminarli in maniera sintetica e concisa e sfrondata che sembra a lei un processo produttivo per la ricollocazione dell’argomento, possiamo dire che venti anni di dittatura abbiano prodotto qualcosa che è arrivata perfino a produrre la guerra, lo potremmo dire questo ? Non le fa piacere questo perchè le sembra che come si riferisce non citando casi personali anche lei dalle sue parole si è trovato nel ”tritacarne” come tanti, ma Sig. Neri è inevitabile che avvenga questo e penso che lo comprenda suo malgrado.Le storie personali o delle famiglie cerchiamo di lasciarle un momento da parte se veramente vogliamo ricollocare la resistenza in un fenomeno più globale.In altre nazioni contigue all’italia è avvenuto anche molto peggio come credo che sappia…personalmente non ho problemi a seguirla sul terreno della limitazione dei personalismi e quindi anche delle camaleontiche folgorazioni sulla via di Damasco.Tutto vero questo, ed allora cosa arriviamo adeterminare in tale direzione? Si può modificare una lettura generale e profonda di quel periodo perchè ci sono state tutte queste cose vere a cui lei si riferisce? Io credo proprio di no, se non vogliamo dare alle vicende un sapore ed una tinta valorialmente qualunquistica che cozza contro l’impianto generale della Resistenza su cui si basa la nostra Costituzione, che pensi un po’ gente come Berlusconi ma non solo lui, hanno avuto il coraggio di definirla ”Sovietica” e che la volevano modificfare insieme al partito più cospiquo della sedicente sinistra…pensi a quale punto siamo arrivati chiamandolo revisionismo giusto. E da qui si capisce quale spazio morale ed etico avrebbero dovuto avere ”i cittadini inermi ” che lei riporta e dei quali ed ai quali nessuno si è interessato a loro difesa.Una volta c’erano i partiti che la Costituzione la costruirono pezzo per pezzo, oggi i nuovi (pensi un po’ che il più vecchio in ordine di tempo è la Lega ed il che è tutto dire…)e molti cheb danno i loro consensi a questi partiti non conoscono quasi nemmeno l’ABC della Costituzione ed ecco perchè la fotografia della situazione è arrivata a produrre quello di cui siamo spettatori.Ma credo proprio che ciò possa dipendere molto più che dalla volontà di cambiamento( magari condotta in una strada scassata e piena di buche ma sacrosanta e doverosa a mio dire e sentire ) che dalla fallimentare politica del ” tentativo di amministrare la diversità” da parte di chi si è succeduto alla guida del paese in questi anni,che le responsabilità di tutto questo non sono uguali fino a prova contraria Sig.Neri. E guarda caso in quella schiera di cittadini inermi che una volta si trovarono fra l’incudine e dil martello anche pagando prezzi con la stessa vita, oggi questi sono terreno di caccia di consenso per coloro che i paletti li hanno sempre disdegnati, odiati ed se avessero potuto anche levati di torno poichè vissuti come limitanti della individuale libertà.Se questo in qualche misura non è avvenuto, lo si deve a quelle basi con le quali è stato impresso un marchio ”a fuoco” che ha suggellato il primo articolo della costituzione, che anche lei sà come termina. Quello che secondo certe forze che ho detto prima rappresentava la ”costituzione sovietica”.
Se fosse stato vero questo quelle forze oggi non esisterebbero più per legge.Prendiamola col ridere sig. Neri ma una recente del giornale satirico ”Il Vernacoliere” di Livorno, mostra in questo mese l’avviso a caratteri cubitali ”Ritornano i fascisti ! ” ma tale titolo lo fà seguire da una risposta un po’ sconcia come di solito è uso fare e mi perdonerà la maleducazione ” ritornano una bella sega, un se n’erano mai andati !!…”
Vede come al solito il mio è un problema di prolissità, ma che forse sottintende caratterialmente anche l’interesse per l’approfondimento delle questioni, cosa che tanti oggi tendenzialmente evitano e credo che questa sia per certi aspetti anche una patologia dei nostri tempi che proprio belli non sono anche per questo motivo.
X Il Sig. Neri. Visto che ha dato quella risposta a Lorenzoni e posto che tutte le cose che lei ha riferito come folgorazioni, cariche inventate ecc ecc inclusa la retorica della resistenza che sono tutte cose che ci sono state e delle quali sarà solo il tempo un giusto giustiziere, quali sarebbero coloro che lei definisce ”i veri” e se hanno pagato anche loro nel conflitto da quale parte stavano ? Faccio tale domanda perchè quando in un periodo storico le contraddizioni si acuiscono al punto da produrre ”gli uomini contro” fatico un po’ a pensare a quali debbano essere etichettati come ”cittadini inermi” che a vedere superficialmente la questione esistono e sono nel maggior numero, ma tale definizione alla fine in tal giuoco delle parti rischia di essere anche fraintesa o peggio non trattata nella dovuta forma.Con quella parola lei secondo me ha quasi disegnato una categoria che crede o si vuol far credere che non abbia preso parte a nulla, che sia stata per venti anni alla finestra a guardare quello che succedeva.E non è stato così, anche perchè chi cosi non era ha pagato sotto gli occhi di tutti anche per coloro che sono stati rintanati nelle loro case e che non si sono mai esposti. Il suo appello alla rivalutazione può essere benissimo accolto in ogni sua forma ma per farlo occorre partire da un piano di critica reale e capire le ragioni per le quali si sono raggiunte quelle rotture traumatiche nella società. Mi trova d’accordo quando dice che sia giusto che emergano ” i veri” ma se permette chi non lo direbbe ? Ma occorrerebbe vedere quali siano codesti veri e cosa hanno subìto per essere valutati ”i veri”. Che poi ci siano stati anche gli opportunisti a frote che prima erano in un modo e che subito dopo erano in un altro questo con me sfonda una porta aperta.Ma costoro purtroppo ci sono sempre stati quando succedono tali vicissitudini – e se mi permette ancora una volta- costoro ci sono sempre stati ma hanno ingrossato le fila che non stavano tanto a sinistra ma in ben altri partiti. Che poi dopo ci sia stata la propaganda che abbia contribuito ad acuire le questioni questo è certo, ma codesti ” veri ” se lo ricordi che in tutte le occasioni sono coloro che tranne i travestimenti che non sono da prendere in considerazione sono stati coloro che hanno pagato un prezzo più alto.
Prima, durante ed anche dopo.Solo così credo che si possa essere considerati ”veri”.E se si fanno certe somme mere mere- come si suol dire- codesti che proprio tanti non sono, sono stati più presenti in ambiti valoriali di sinistra che in ambiti centristi o di destra.Anche Edgardo Sogno nella storia d’italia oppure nella storia locale taluni militari come Silvio Marenco si sono trovati per vicissitudini dalla parte delle brigate partigiane ma il loro pensiero credo che fosse molto diverso dai partigiani della Brigata Garibaldi per esempio, oppure se vogliamo nel piccolo e nel localismo da quelli della Risorgimento.Ma sono tutti comunque espressione di una volontà precisa che può essere anche antitetica al proprio interno se ne consideriamo l’appartenenza politica fra le fazioni, ma le visioni politiche non si può certo dire che fossero state proprio omogenee e diciamocelo francamente: le finalità per le quali combattevano erano divergenti eccome se lo erano !! E se andiamo sul ”trito” e vogliamo enumerare la vastità e la grandezza della tragedia della guerra, da queste cifre possiamo capire chi abbia pagato un prezzo più grande in termine di vite umane alla disfatta del nazifascismo: la prima è stata l’Unione Sovietica cosa questa che non ha fatto parte tanto delle cronache nei primi 50 anni di storia della nostra repubblica chissà per quale motivo….: 20 milioni di morti, poi la Germania che la guerra aveva provocato, poi via via tutte le altre nazioni belligeranti; l’italia è uno dei paesi in coda in tale classifica per fortuna, ma come vede ancora proprio del tutto le contraddizioni interne non sono state superate su tali argomenti ed ancora affiorano e si fanno sentire su molti temi, non estraneo ed anche attualissimo quello delle foibe. In definitiva è’ l’italia che è fatta così,una nazione dove ancora sorgono i retaggi dei contrasti di quando era divisa in tanti staterelli e signorie, provincie e stati sovrani nelle sue attuali regioni,un paese anche di grande cultura e di grandi uomini che hanno fatto anche la storia del mondo, ma intrisa di una cultura prettamente individualista ed anarcoide,dove spesso il cemento che tiene insieme tutte queste diversità che molte volte ci appaiono come una ricchezza poichè così oggi tendono a farcele apparire i media, è invece l’ignoranza.A conferma di tutto ciò basta guardare i dati che escono dal nostro istituto centrale di statistica e che non sono obiettabili.
Comunicato ANPI Brigata Risorgimento, C.Lago:
“All’alba del 21 giugno 1944 iniziava la battaglia per la liberazione del castiglionese dall’occupazione nazista, che si sarebbe conclusa solamente otto giorni più tardi, con centinaia di morti ed enormi distruzioni. Le truppe alleate partirono all’attacco delle posizioni fortificate tedesche nel paese di Sanfatucchio e proprio in questi primi durissimi combattimenti veniva ucciso a 19 anni Walter Kipling, fuciliere del 2° battaglione del reggimento Lancashire Fusiliers, probabilmente tra i più giovani soldati alleati caduti in questa battaglia. Il suo corpo riposa ora al Cimitero di guerra di Orvieto.
Cogliendo l’occasione di questo 75esimo anniversario, l’Anpi sezione ‘Brigata Risorgimento’ lancia all’Ufficio scolastico regionale, all’amministrazione comunale di Castiglione del Lago e a tutte le associazioni del territorio la proposta di intitolare la Scuola dell’infanzia di Sanfatucchio, dove più aspra si svolse la battaglia, alla memoria di quel giovane ragazzo, in rappresentanza di tutti i caduti di guerra.
Questa decisione avrebbe un elevato carattere formativo e culturale perché avrebbe lo scopo di denunciare la barbarie della guerra, promuovere la pace e la cooperazione tra i popoli, permettere alla popolazione locale di conoscere la storia della propria terra, affermare il valore del sacrificio della propria vita per la libertà e ricordare i tanti ragazzi di tutto il mondo morti durante il secondo conflitto mondiale.
Frullano Alberto (6 anni) e Caterina (10)
Passeri Alcide (15 anni)
Mugnari Luigi (16 anni)
Manganello Mario (5 mesi)
Rossi Elena (1 anno)
Ciculi Renata (6 anni)
Peretti Floriano (16 anni)
Rossi Armando (13 anni)
Cagnoni Oreste (12 anni)
Morcellini Adelio (11 anni)
Quaglia Loris (12 anni)
Perché non a loro, invece?
Poco “inermi”, troppo “compromessi” ed “attendisti”?
Oppure, troppo sconosciuti, dimenticati, “persi” dentro una Storia che nessuno, per vari motivi, ha mai studiato veramente?
Loro non hanno frequentato nessuna Scuola per l’Infanzia, ma le loro vite e le loro storie possono fare scuola. E non solo all’infanzia.
Loro c’erano, ma non ci sono più, soprattutto nella nostra “memoria”.
Non ci trovo nulla di anormale e mi sembrerebbe giusta tale commemorazione con relativa memoria a rappresentanza di quello che è avvenuto, anche se peraltro costoro erano militari e cioè inquadrati sotto un altra concezione. Sempre vite beninteso,ma che hanno collaborato per l’uscita dell’italia dalla barbarie dove l’avevano cacciata. E se qualcuno allora si inalberasse e richiedesse come c’è stato il coraggio di richiederlo la commemorazione anche di coloro che sono morti a fianco del regime fascista come militari, mi premerebbe far sapere che di fronte alla morte l’ideologia non ha distinzione ma quello che hanno compiuto i militari italiani che per decenni sono passati nella retorica e nei media come soldati più ” umanizzati” di altri ( perchè tale concetto nell’opinione pubblica c’è ) sia nelle guerre d’Africa che nell’invasione della Grecia e dell’Albania e della Dalmazia è stato qualcosa di indicibile. Nel territorio un altro segno di ”allargamento della visuale” alla quale eticamente si riferva il Sig. Neri sarebbero anche da commemorare la famiglia Bruni che fu sterminata nella strage della Muffa( anche se come risulta dai documenti era una di quelle famiglie che appoggiarono il fascismo) e quindi ancor dipiù la cosa avrebbe valore,ma anche quella della famiglia trucidata a San Litardo dai tedeschi a causa sembra di una spiata procurata da elementi religiosi, uno di coloro che girava col manganello nascosto sotto la tonaca da mesi e mesi e del quale certi particolari non si raccontano. Come si vede, oggi si dice bene quando si pensa alle stragi del dopoguerra della ”cosiddetta volante rossa ” o simiili che pur ve ne sono state ,ma spesso le rivalse sono state tutte mirate verso coloro che si erano spesi e con le loro azioni avevano procurato anche vittime,barbaramente trucidate dai nazisti e dai fascisti repubblichini. Questo chiaramente non giustifica affatto che dovevano essere soppressi e per questo per fortuna c’è stata la legge,ma le menzogne su tali misfatti come sempre si poggiano e sono emanate a 360 gradi da un revisionismo becero ed interessato politicamente a far vedere che ”in fondo non tutti si meritarono di essere punitime che l’ingiustizia dei vincitori sia stata terribile. ricordo a molti che Palmiro togliatti Ministro della Giustiza nel dopoguerra dispose che venissero liberati purtroppo anche criminali di guerra militari all’ordine di casa savoia come Grazian, che dispose la gassazione di decine di milglia di civili in Etiopia e che appena fuori dalle patrie galere non si penti ma fu eletto nelle fila del Moviment Sociale Italiano. Questo è quanto ne esce dalla cultura politica che viene promanata,per certi aspetti anche oggi, spesso per fare soldi.E tali i libri li abbiamo letti tutti di quale genere siano.
Per Neri: a Chiusi per esempio nel 2017 è stata posta una “targa” a ricordo di alcune bambine della GILE (gioventù italiana lavoratori all’estero) del collegio Paolozzi che morirono a seguito di un mitragliamento alleato in un boschetto dove erano sfollate (strada per il lago vicino alla Tomba della Scimmia). Di vittime innocenti ce ne sono state a centinaia, alcune anche fucilate per rappresaglia dai nazifascisti, senza alcun motivo specifico. Credo che intitolare una scuola ad un ragazzo di 19 anni venuto a combattere in questo territorio da terre lontane, volontariamente (perché i 19enni erano volontari) sia invece un risarcimento giusto e dovuto. Chi è morto combattendo volontario contro il nazifascismo non può essere paragonato a chi è morto suo malgrado per l’idiozia della guerra… La proposta dell’ANPI di Castiglione del Lago non una piega. Senza nulla togliere, naturalmente, alle vittime innocenti e inermi tra i civili.
Con tutto il rispetto e l’imperitura memoria, era appunto un volontario, addestrato, ben armato ed inquadrato in un’imponente forza militare.
Quei ragazzi, invece, furono vittime involontarie di quelle forze militari (sfido chiunque a dire il contrario), indifesi, impreparati ad una simile tragedia e, certamente, estranei ai motivi ed alle ideologie che stavano dietro al conflitto.
Per gli eserciti in lotta, spiacevoli ma inevitabili “effetti collaterali”.
Preferibilmente destinati all’oblio. Ieri ed ancora oggi, per alcuni.
Buona giornata a tutti.
Concordo moltissimo con la sua ultima considerazione Sig. Neri ,ma è per questo che dei disastri della guerra in tutte le sue forme sono responsabili le classi dirigenti che sono al vertice della società.Quando c’è la guerra ( e perchè ci sia sia nel caso di una guerra di difesa sia nel caso di una guerra di aggressione) i primi a pagarne il prezzo sono le popolazioni civli.Si scopre l’acqua calda. Nel caso dell’italia guidata da si sà chi, guarda caso il suo sistema di alleanze produsse vittime civili al suo interno ma anche all’esterno( vedi con l’acquisizione dell’impero e l’aiuto dato a Franco dentro l’Europa nel 1936-1938.Le vittime civili furono migliaia.Forse sarebbe meglio imparare dalle lezioni della storia che portando le guerre offensive e d’intervento in casa d’altri ci si assume una doppia responsabilità verso le popolazioni di quei paesi che si assalgono e che devono contare morti civili spesso a centinaia di migliaia. Tutte le guerre di offesa hanno tutte la stessa faccia su questo piano.E’ per questo che normalmente vengono fatte anche chiamando il popolo alle adunate per sigillarne il consenso e per non perdfere il potere su di esso.Ma su tale piano non è che sia proprio tutto uguale nelle vicissitudini storiche delle quale le generazioni precedenti la nostra sono state testimoni, e spesso i pesi delle responsabilità sono diversi.Che poi la storia la facciano i vincitori anche questo è vero ma è vero solo in parte, sempre meno vero per fortuna.
Sig, Neri, anche il bombardamento della stazione di Chiusi avvenuto il 21 novembre del ’43 (primo atto di guerra vera subito dalla città e inizio della guerra di liberazione) causò delle vittime civili, inermi e incolpevoli: 8 per l’esattezza. Ferrovieri, passanti, viaggiatori. Anche una donna pievese.
C’è qualcuno – anche alla luce di quell’effetto collaterale tragico – che ritiene sbagliato o non necessario quel bombardamento? Chiusi ne subì conseguenze gravi e pesanti, ma da lì cominciò un’altra storia che nel giro di 7 mesi sarebbe finita…
2 pievesi. Per l’esattezza.
La vera “scoperta dell’acqua calda” è che, dopo 70 anni, ancora preferite celebrare le “classi dirigenti al vertice delle società” invece delle “popolazioni civili”. Che pagarono tutto lo scotto della guerra.
Duole ammetterlo, ma anche questo è uno dei “segni e sintomi” dell’inarrestabile scomparsa della nostra Sinistra.
Massimo Neri, quello che dice non è la verità: i soldati e i partigiani non erano classi dirigenti, ma figli del popolo. I militari – a parte i volontari – erano obbligati al servizio. Quanto ai partigiani, anche per loro la scelta fu spesso obbligata: o andare in montagna o arruolarsi, obbligatoriamente, nelle file della Repubblica di Salò. E anche tra le classi dirigenti, c’erano quelle che stavano dalla parte giusta e quelle che stavano dalla parte sbagliata. E credo sia giusto ricordare e celebrare chi morì per consentire a noi di vivere in una nazioine libera e di poter scrivere, oggi, a 75 anni di distanza, di scrivere queste righe. All’epoca in Italia, per dire, non era possibile.
Lorenzoni, è dal “partigianato” e dai CLN locali che sono sorte le prime “classi dirigenti” della nostra zona. Dopo un settantennio si continua ancora a ricordare e celebrare vicende perlopiù basate su una memorialistica soggettiva e personale, mentre i civili, le vere vittime del conflitto, sono finiti in maggioranza nel dimenticatoio.
Come dice Lei, è giusto, anzi, sacrosanto ricordare e celebrare chi morì per consentire a noi di vivere in una nazione libera e di poter scrivere, oggi, a 75 anni di distanza, queste righe. Facciamolo.
Come, a distanza di oltre 70 anni, possiamo dirci liberi di affrontare e “rispolverare” con spirito critico e “verace” gli “archivi” (post)partigiani, per emendarli da tante situazioni e personaggi diciamo “discutibili”, elaborando una rilettura che faccia rifulgere di una luce più “vera” quello che fu il movimento fondante della nostra Repubblica. E faccia scoprire, inoltre, combattenti, martiri, eroi che non hanno mai ricevuto la giusta celebrazione.
Perché non farlo?