I 70 ANNI DI TEX WILLER, UN EROE SPICCIATIVO MA ANTIRAZZISTA E NEMICO DEI POTENTI

Era il 30 settembre 1948 quando nelle edicole italiane uscì il primo albo a striscia di Tex, il personaggio creato da Gianluigi Bonelli e realizzato graficamente da Aurelio Galleppini destinato a diventare il più amato eroe del fumetto italiano e uno dei più longevi del fumetto mondiale. Sono passati 70 anni. E il ranger è certamente un po’ invecchiato. Ma come canta Guccini nella sua Locomotiva, “gli eroi son sempre giovani e belli”. E Tex è un eroe senza tempo. All’inizio, nel ’48 Galleppini lo disegnò facendolo somigliare a Gary Cooper, il divo dei western del cinema. Una moda, questa, che è continuata negli anni, tanto che Berardi e Milazzo gli autori di Ken Parker, altro eroe del west con venature socialisteggianti, lo fecero a immagine e somiglianza di Robert Redford nei panni del trapper Jeremiah Johnson nel film Corvo Rosso non avrai il mio scalpo di Sidney Pollack. Tex con il tempo ha cambiato sembianze è diventato via via più somigliante a Clint Eastwood o a George Clooney… Ma è rimasto il ranger sempre pronto a intervenire per ristabilire la legalità e la giustizia, per affermare i diritti delle comunità locali contro lo strapotere delle compagnie minerarie, o dei magnati delle ferrovie, di banchieri e latifondisti senza scrupoli.
In questo senso, se Ken Parker legge il Capitale di Marx e ogni tanto lo cita o tende ad applicarlo, Tex è meno “teorico”, ha modi spicci, un po’ come Salvini, non disdegna menare le mani e metter mano alla pistola, se necessario, ma è ancora più “radicale” di Ken Parker. E contro i prepotenti, gli sfruttatori, i mercanti (di armi, di schiavi, di whisky…), contro i politicanti di Washington non usa mezze misure. E’ sempre contro mano. Come i comunisti. Come i No Tav. E’ un uomo di legge, ma poco incline ad assecondare le logiche del potere. E’ un bianco. Amico delle “giacche blu” e delle Giubbe Rosse, ma non è nemico degli indiani. Anzi li difende. E’ addirittura il capo di una tribù, o di una “nazione”, quella dei Navajos. Si fa chiamare “Aquila della Notte”. Tra i suoi fedelissimi pards insieme a Kit Carson c’è anche il navajo Tiger Jack, suo “fratello di sangue”, tipo taciturno, e anche lui di pochi complimenti, abilissimo nel seguire tracce e ad usare tutte le armi, più o meno convenzionali, dal Winchester, alla pistola, al coltello, all’arco.
Tex è un eroe diverso da quelli dei film con John Wayne e Gary Cooper degli anni ’40, ’50 e ’60. Non è un “alfiere del progresso”, sterminatore di pellerossa brutti, sporchi e selvaggi. E’ fieramente antirazzista, e in qualche modo Tex Willer è stato un precursore degli eroi “buonisti” e più politicamente corretti raccontati da certi film dagli anni ’70 in poi, come “Soldato Blu”, “Il piccolo grande uomo”, “Un uomo chiamato cavallo”, “Balla coi lupi” e il citato “Corvo Rosso” di Pollack.
E forse rileggere un po’di Tex (che non è il Capitale di Marx e nemmeno “Stato e rivoluzione” di Lenin”, ma è comunque lettura istruttiva) farebbe bene ai giovani governanti di oggi che in quanto a letture – anche quelle di gioventù – sembrano un po’ sprovvisti. E farebbe bene anche a tanti segretari di partito, sindaci e assessori. Perché pur con modi spicci e senza tanti complimenti o giri di parole Tex ti fa capire da che parte bisogna stare. Tex e i suoi amici ce lo dicono da 70 anni esatti. Da quando l’Italia si diede la Costituzione che è alla base della Repubblica, da quando la Dc vinse le elezioni contro il Fronte Popolare Pci-Psi e determinò la scelta dell’Alleanza Atlantica…
Da allora ha continuato a dircelo tra scazzottate e revolverate, cavalcate tumultuose e litigate feroci con politici e banchieri. E con le sue avventure ci ha fatto conoscere i panorami dell’America profonda, dai deserti dell’Arizona e del New Mexico alle paludi della Lousiana, dalle città della east e della west coast alle nevi del grande nord… Paesaggi che generazioni intere hanno cominciato poi a conoscere e ad amare attraverso il cinema certo, ma anche attraverso le canzoni dei Creedence, dei Buffalo Spingfield, lei Lynayrd Skynayrd o di Bruce Springsteen. Tex è arrivato prima, anche in questo caso.
I 70 anni di Tex saranno celebrati con una mostra, a Milano, presso il Museo della Permanente. La mostra si intitola, appunto “Tex, 70 anni di un mito”, rimarrà aperta dal 2 ottobre fino al 27 gennaio 2019. ed è curata da Gianni Bono, storico e studioso del fumetto. Una bella occasione per ripercorrere l’epopea del West (con le sue contraddizioni) e seguire l’evoluzione anche grafica del personaggio, attraverso i vari disegnatori che lo hanno raccontato. La consigliamo. Tra l’altro da fine anno ci sarà anche il “Frecciarossa” con fermata a Chiusi. Sarà più facile e più veloce fare un salto a Milano…
m.l.
Ho letto anch’io Tex da ragazzetto ma sinceramente se ci ripenso non mi sembrava proprio anti-razzista come dici tu.Che si facesse chiamare “aquila della notte” visto oggi non vuol dire che fosse il difensore di tribù indiane pur essendo fratello di sangue navajos.Dico questo se penso a quanti indiani abbia messo sottoterra eche in quanto a maneggiare le armi ricordo che non scherzava proprio, anzi sparava sempre per primo uccidendo, e ne faceva fuori parecchi, sia di banditi, gente di malaffare, ma anche di indiani.A tal proposito ricordo che un altro fumetto ancor di più di Tex Willer passasse proprio per fascista ed era l’Intrepido che credo continuo’ le pubblicazioni iniziate sotto il fascismo anche nel dopoguerra, ma poi verso la metà degli anni ‘50 credo avesse chiuso le pubblicazioni.Comunque questo per dire che è cosa vera che Tex fosse un giustiziere dalla pistola facile, ma che tale prerogativa al tempo che lo leggevamo noi era ben lontana da inficiare relazioni etiche del fascismo od almeno noi ragazzi non le avvertivamo semmai ci fossero state, ma quanto al razzismo, la concezione del diverso che veniva fuori dalle sue avventure era quella che un diverso rappresentasse sempre un pericolo latente e come era meglio che fosse tenuto sempre a distanza di tiro utile In pratica si validava la cosiddetta legge della jungla dove è il più forte a prevalere, nel qual caso il più svelto a maneggiar la pistola.E Tex Willer era vivo perché era più svelto degli altri sparando per primo.Se rapportato ad oggi ogni ladro o probabile ladro che entrasse in casa d’altri per rubare ,sarebbe un uomo morto,anche se poi diano del fascista al proprietario della casa che ha sparato chiamandolo Tex Willer.
Mi sa che l’hai letto poco, o troppo alla svelta…(le cose che ho scritto io le dice, più o meno, anche il testo della presentazione della mostra di Milano. Quindi mi sento in buona compagnia)… E comunque sono pronto a qualsiasi confronto sul tema…Senza pistole, naturalmente
Beh, può darsi sicuramente che mi ricordi male, ad ogni modo non lo o come un benefattore di poveri quando sparava per primo e quando metteva parecchi indiani sottoterra.Che il far est fosse il far west, un luogo dove dominava la forza ed il si salvi chi può lo sappiamo tutti, anche dalla letteratura che dai film,ma la sostanza era 3 rimane quella che gli indiani erano in casa loro e gli intrusi fossero i bianchi.Quando da ragazzino andavo a vedere i film al Cavallino Bianco di Chiusi, quando “ arrivavano i nostri all’ultimo momento per salvare i ranch od i fortini assediati dagli indiani,da parte della platea si sollevavano applausi scroscianti.Io ero fra i pochi che non applaudivo ma non mi dirai che la nostra generazione e quelle che ci hanno seguito,fino a circa la fine degli anni ‘60 si sono formate con quell’etica e quella cultura, perché soprattutto a scuola nessuno ci ha mai detto che quella che era considerata l’epopea del far west era una saga di violenza che soprattutto seguiva l’occupazione delle terre da parte dei bianchi, ed il ventre profondo dell’America tale storia ha avuto anche se la condanna poi postuma del Generale Custer e’ stata stigmatizzata tardi.Alla nostra epoca ed età nessuno capiva che gli intrusi erano i bianchi e che la loro storia nel west era una rottura di un equilibrio quasi naturale degli uomini con la natura stessa.Ecco che a Tex Willer molti anni dopo con la retorica diciamo di un certo stampo revisionista come in avvenimenti importanti della storia si è cercato di dare un volto più umano, ma anche se beninteso trattavasi di un fumetto, la realtà che rispecchiava non credo che fosse proprio quella che hai detto te. Ecco perché mi sono sentito di dire che quasi tutti della mia generazione sono stati cresciuti a “ pane e America” dai film prima 3 dalla televisione per ragazzi poi, del tipo Rintintin”. Diventava normalità vedere un forte di camicie azzurre ed i soldati a difesa dei cowboy s che si erano insediati in quei territori e non ci domandavamo se la cosa fosse stata giusta o meno, vedevamo ciò che ci veniva presentato ed era assunta come normalità.Ecco anche perché se si guardasse la storia, la conquista selvaggia del far west e l’occupazione delle terre, la corsa all’oro nel klondike e le comunità dei villaggi nel west rispecchiavano il detto che gli Stati Uniti nella formazione della loro storia qualcuno poi li abbia definitili per capire da dove veniva quella gente come “british penal colony alias come derivazione “ colonia penale britannica”.Forse tutti i torti non li aveva, Tex Willer a parte. Se guardiamo al mondo ed alla carica di violenza che esiste, non solo quella portata volutamente dall’invasione delle potenze coloniali all’epoca ma anche dall ‘odierno colonialismo con le guerre elettroniche e dove non vi sono queste come ultima ratio da quelle economico-finanziarie imposte al resto del mondo, non mi sembra che nella sostanza sia cambiata la situazione. Le sorti del mondo si sono avvitate intorno al sistema dei soldi ed anche al tempo di Tex Willer chi si ribellava opponendo violenza alla violenza era considerato un bandito.In Indochina ed in Cina, chi si ribellava al sistema senza tanti scrupoli veniva giustiziato mentre a Londra o a Parigi si leggeva nei giornali che questi erano chiamati “Pirati”.Questo per dire che la direzione del comportamento del dominatore era sempre la stessa:sottomettere con la forza,amministrare in combutta con i regnanti di quel paese e garantire loro protezione ed assistenza contro il loro popolo in miseria quando si sarebbe ribellato. Questo è quanto continua anche oggi sulle falsarighe delle ”Countriies of Freedom” del nostro libero Occidente.Ed a pensarci bene non è poi tanto difficile risalire da Tex Willer alla politica…
Infatti, Tex ci aiuta da 70 anni a capire da che parte stare (con gli indiani, per esempio, contro le compagnie minerarie, contro i latifondisti, contro i politicanti di Washington che decisero l’occupazione militare delle terre degli indiani e il genocidio dei pellerossa…). Tex è un fumetto western, non un trattato di economia politica, ma rispetto alla cultura dominante, a certi film, e anche ad altri fumetti è sempre stato molto diverso. Anche quando somigliava a Gary Cooper. Più tardi tale “diversità” si è ancora più accentuata. In sostanza Tex, per come spara sembra uno di destra, e invece, per come agisce e per quello che pensa è di sinistra. Poi, Carlo, se questa lettura non ti convince prova a rileggere qualche albo. Oppure chiedi a Gianni Poliziani che ne è un appassionato collezionista e gli albi di Tex ce li ha tutti stipati nella libreria…
Tex é amtiideologico e ha sberle per ogni prepotente di qualsiasi colore. per questo riesce a piacere quasi a chiunque abbia un minimo di senso della giustizia. In 70 anni hanno sempre cercato di dargli un colore politico. Ma se non ci sono riusciti negli anni ’70, quando si politicizzava ogni virgola, figuriamoci se si può oggi definire di sinistra o di destra. ogni catalogazione è semplicemente oziosa
Quindi sembrerebbe quasi come Salvini e Di Maio rapportati ad oggi quando dicono i politologi che destra e sinistra non esistono più e sono due concezioni superate….ma io credo che lo dicano perché convenga alla politica il rimestare le acque estremizzando i concetti, perché serve al sistema che li ha a libro paga.E la forza del sistema esiste anche negli angoli più reconditi ed è pronta ad essere usata in ogni momento quando c’è ne sia necessità,facendo come si suol dire anche l’orma del rospo affinché i fatti evocati strumentalmente rendano con i consensi.E questo lo fanno tutti.Fra l’altro dal momento che hai nominato Gary Cooper e John Wayne come metro di misura di quei tempi esemplificativi dell’Italia diciamo post fascista,mi piace ricordare come i due attori di Hollywood venivano ingaggiati e tirati in ballo durante quel clima di guerra fredda che invece era caldissima ed apparivano In tutti i rotocalchi italiani facendo professione di anticomunismo viscerale nella loro vita reale e personale. Il Maccartismo non scherzava e creava le ragioni di violenza anche dello stato, tanto per ricordare Julius ed Ethel Rosemberg mandati sul patibolo della sedia elettrica.Tutto era funzionale all’accanirsi contro chi professava idee legate a quella del comunismo nei liberi stati dell’unione a stelle e strisce e spesso anche i fumetti servivano a preparare il terreno sui cervelli , influenzandoli e rendendoli materia da plasmare.
Ricordo che qualcuno mi piaceva davvero,come l’uomo mascherato ovvero l’ombra che cammina, ma in genere li leggevo di nascosto perché in casa mia tanto contenti non erano e Tex era fra quelli.Ne avevo una serie infinita conservati in soffitta e conservati tutti in ordine dentro a scatoloni, ma qualcuno me li rubo’ evidentemente perché ricordo che non li trovai più con mio grande dispiacere, ma si parla della seconda metà degli anni 50…più di mezzo secolo fa.
ecco è interessante l’evoluzione o involuzione censoria che ha subito il termine razzista nei 70 anni di Tex Willer. il quale è certamente antirazzista perché non fa nessuna differenza tra bianchi neri gialli e rossi. Difende chiunque dai malfattori di ogni colore perché crede nell’uguaglianza degli uomini. Si schiera con indiani e con gli antischavisti. Eppure qualche fanatico del politicamente corretto lo bollerebbe come razzista giudicandolo, come spesso fanno i fanatici, non dal comportamento ma dal linguaggio politicamente scorretto. Tex parla infatti di negri, musi neri, palle di neve, cioccolatini, musi gialli, limoncini e anche di musi rossi senza per questo venir meno al suo antirazzismo autentico e sostanziale che non è quello dei radical chic che le persone di colore le vedono esclusivamente nei propri salotti ma rigorosamente vestite da camerieri in guanti bianchi