CETONA, QUEI DUE FUNERALI UGUALI E DIVERSI PER MARCO E SANDRA
“Domani alle tre nella fossa comune sarà, senza il prete e la messa perché d’un suicida, non hanno pietà”. Così cantava De André 50 anni fa ne “La ballata del Michè”. Per secoli la Chiesa non ha avuto pietà dei suicidi, cui non tributava neppure l’onore del commiato. Niente funerale in chiesa, niente messa, e sepoltura fuori dalla terra consacrata dei cimiteri. Ora no. Anche la Chiesa si è piegata. I suicidi sono morti come gli altri, anche se hanno deciso da soli, senza aspettare la sentenza del padreterno, su come e quando andarsene dal mondo e dalla vita.
Ieri pomeriggio a Cetona si sono svolti i funerali di Marco Del Vincio il quarantenne che venerdì 6 luglio ha ucciso la moglie Ines Sandra Tapperi e poi l’ha fatta finita a sua volta impiccandosi ad un albero in una cava abbandonata. E c’era praticamente tutto il paese. Chiesa gremita, gente in piazza davanti al sagrato. Posteggi tutti esauriti. E applauso della folla quando la bara portata a spalla è uscita dalla chiesa. Come si fa per gli attori, i politici, gli sportivi. Insomma per gli eroi…
Molta più gente di quanta ce n’era il giorno prima, nella stessa chiesa, ai funerali di Ines Sandra, la vittima dell’omicidio. Non è che non ci fosse nessuno, ma se si escludono gli amici e parenti della ragazza appartenenti alla comunità sudamericana della zona, una associazione di donne che ha lavorato per favorire la partecipazione e la giunta comunale al completo, per il resto la presenza della comunità cetonese e dei dintorni è apparsa tutt’altro che oceanica.
Certo, Marco del Vincio era cetonese doc, il paese l’ha visto nascere e crescere come tutti i ragazzi del posto, era conosciuto per la sua attività, aveva sicuramente molti amici e parenti. La moglie Sandra invece era sudamericana, con sangue venezuelano e peruviano. Arrivata da anni ormai, anche lei era conosciuta, ma era comunque un “corpo estraneo”. Un corpo bello e appetibile, ma estraneo… Per non dire un elemento di disturbo.
Quindi la maggiore partecipazione alle esequie del marito può apparire normale, scontata. Ma…
C’è un “ma” grosso come una casa, grosso come la tragedia che si è consumata una settimana fa. Perché Sandra, il corpo estraneo, in questa vicenda è inequivocabilmente la vittima. E’ la persona che è stata uccisa, soffocata con un cuscino da un marito che non era un delinquente conclamato, ma in un raptus di follia l’ha ammazzata, per affermare la sua supremazia di maschio, secondo una logica di possesso e di prevaricazione che non è molto lontana da quella tante volte criticata e vituperata dei talebani e dei fondamentalisti islamici che lapidano le adultere in piazza e uccidono le figlie che si vestono alla occidentale o vogliono sposarsi con un “infedele”…
Poi, certo, Marco Del Vincio, forse rendendosi conto della nefandezza che aveva compiuto e forse per evitare il giudizio della legge, si è processato e condannato da solo, eseguendo pure una sentenza capitale non prevista dall’ordinamento giuridico italiano. Una chiara ammissione di colpa, una confessione di fatto e un tentativo, il più estremo e definitivo, di espiazione immediata: “ho sbagliato e pago con la mia stessa vita”. Quasi un modo per non lasciare strascichi. O dubbi. Come abbiamo già scritto l’umana pietà (o una preghiera, per chi crede) non si può negare, neanche a Marco. Il quale però resta l’assassino della moglie. Un uomo, giovane che si è comportato nel modo più arcaico nei confronti della donna che aveva sposato e forse temeva di perdere. Ma non c’è crisi familiare, amore conflittuale o in dissoluzione che possa giustificare un atto di violenza, tantomeno un omicidio. Né il suicidio conseguente, l’espiazione, estingue e cancella l’omicidio. In questi casi il “pari e patta” purtroppo non vale.
La comunità cetonese, che è e resta una comunità molto civile, democratica, aperta, in questo caso ha fatto un passo indietro, ha scritto, tra ieri e l’altro ieri, una pagina oscura, non edificante, della propria quotidianità: di fronte ad una tragedia immane che tra l’altro lascia un bambino di 9 anni da solo ad affrontare la vita che verrà e ci auguriamo che il tempo gli consenta di farlo, la comunità cetonese si è stretta più intorno al carnefice che alla vittima. E anche qui, non c’è “appartenenza” o familiarità, o amicizia che tenga e possa giustificare un atteggiamento del genere.
Alcuni cetonesi lo hanno fatto notare sui social. Imbarazzati, delusi per quei due funerali diversi. E per quell’applauso quantomeno inappropriato.
Noi crediamo che Cetona avrebbe fatto bene ad abbracciare prima di tutto la giovane madre privata della vita, riempiendo la chiesa e la piazza, dimostrando che i femminicidi si condannano sempre, non solo quando avvengono lontano da casa nostra. Poi avrebbe anche potuto salutare, più sommessamente, quel ragazzo del posto che ha perso prima la testa e poi la vita, anche lui. Sottolineiamo: più sommessamente, però. Perché i ruoli dei due in questa tristissima e tragica vicenda non sono uguali o equivalenti, nonostante l’epilogo alla fine sia stato lo stesso per entrambi.
E’ andata esattamente al contrario. O comunque in modo diverso. Molta gente a salutare Marco, meno a salutare Sandra. Applauso a Marco, silenzio per Sandra. Le istituziooni c’erano, al completo in tutti e due i casi. E questo è importante.
Al funerale di Sandra abbiamo visto delle donne abbracciarsi, davanti alla bara. Erano la madre di Marco e alcune parenti sudamericane della ragazza. Quello è stato un bel gesto. Di coraggio, di sensibilità e di dignità, di condivisione del dolore. Un esempio per tutti. Altri non lo hanno fatto. La cosa ci rende più tristi. E dispiace che proprio Cetona sia caduta in questa trappola, rispondendo d’istinto, sulla base della familiarità e non della ragione. Ieri, proprio dopo le esequie di Marco Del Vincio, prendeva il via la rassegna Cetona Verde Poesia e verrebbe da dire che in questa vicenda la poesia ha lasciato il posto ad altre cose. Siamo però convinti che la reazione che ha avuto Cetona sarebbe stata la stessa anche altrove. Perché è l’Italia che è così. Adesso.
m.l.
il punto di caduta di questa vicenda è l’applauso al femminicida suicida .
Mi vergogno profondamente per chi ha applaudito d’altronde erano in tanti accorsi dai paesi limitrofi per “godere dello spettacolo ” che pena…..
Condivido e sottoscrivo quanto scritto da Marco Lorenzoni che apprezzo per aver avuto il coraggio civile di scrivere quanto ha scritto e per aver saputo trovare le parole adeguate ad esprimere la complessità di sentimenti che accompagnano questa tragica vicenda e a circoscrivere e distinguere i ruoli, sempre tuttavia restando nell’alveo dell’umana pietà.
Si, sono d’accordo l’italia è cosi. Ma se è così non lo è casualmente e dentro la sua anima pesa soprattutto la storia delle sue genti. Lasciamo stare la storia secolare dove ha influito il cieco dominio delle classi agiate su quelle subalterne soprattutto in un area dove è pesata l’economia agricola ed il modo di pensare anche costruito su tale materialità della vita, ma hanno pesato anche la diversità di atteggiamento della Chiesa,la sua educazione e direzione che hanno avuto delle forti componenti nel modo di pensare degli individui, e Cetona non è un luogo a parte che esuli da tutto questo.Ecco perchè secondo me la politica dello stato c’entra e pesa molto su tale problema e finchè non si avrà un indirizzo diverso che parta dall’educazione, dalla scuola, dalle relazioni con gli altri, sarà sempre uno sforzo grande poter superare tali momenti, tali impostazioni.Ci vorrà molto tempo, poco non di certo, poichè questa è l’evidenza che ha radici profonde nel modo di come ci mettiamo in relazione rispetto a tali fatti.Non dimentichiamo che esistono anche talebani moderni, magari con cellulare all’ultimo grido, e che pensano che queste cose facciano parte solamente delle relazioni individuali e che nessuno abbia il diritto di parlare su quanto possa comportare un fatto come questo per una intera comunità. Finchè i fatti, anche quelli più gravi ed incresciosi, rimangono rinchiusi dentro la sfera dell’assoluto personale della gente- e la sfera strettamente personale deve essere perorata e difesa sono io il primo a dirlo) occorrerebbe però anche capire che la valenza sociale di fatti come questo và considerata, criticata e deve produrre atteggiamenti diversi da ciò di cui ci si lagna, perchè se così non fosse tutto rimarrebbe ristretto ad un fatto solo personale. Il solo fatto di come ci siano state persone che abbiano notato l’abbraccio fra donne che c’è stato, è un segno di sensibilità al quale per chi possegga un minimo di intelligenza e di morale e di etica umana, dovrebbe rappresentare un punto fermo di riferimento, quindi è la cultura che deve cambiare, ma se non la fa cambiare la gente, l’italia non cambia.
Hai reso giustizia a Sandra.hai detto cose giuste vere e spero tanto che arrivino al Cuore di chi sa solo giudicare.
Bravo Marco questo andava detto ! Applaudire cosa?? Un omicida. Gli amici quelli più stretti forse hanno tutte le ragioni nel voler perdonare, nel portarlo a spalla all’ultima dimora , o quanto altro l’emozione forte del momento induce a gesti oramai liberatori inutili e ripetitivi, ma il pubblico cosa cazzo aveva mai da essere emozionato tale da buttar fuori quell’applauso liberatorio?? Hai ragione te forse questa comunità non si meraitava questo evento e dopo averlo subito “la gente local” lo ha pure mal gestito.
Condivido pienamente ogni riga e parola che ha scritto Marco Lorenzoni. Cetona ieri ha scritto una pagina nerissima della sua storia. Dovrebbero riflettere soprattutto i giovani. A prescindere se uno sia o no credente in Dio o ateo.
Ieri, domenica 15, il sindaco di Cetona Eva Barbanera, con un post sul suo profilo istituzionale di Facebook (“Eva sindaco”) è intervenuto sulla vicenda.Si tratta di un intervento ponderato, fatto volutamente a posteriori, cioè dopo i funerali… Ci sembra un intervento importante, non solo perché in sintonia con quanto scritto su queste colonne, ma perché fa chiarezza su quale sia la linea da seguire di fronte a tragedie del genere, anche da parte di una comunità scossa e addolorata. Ecco il testo di Eva Barbanera:
Lettera aperta, scritta pensando a quando i bambini vorranno sapere.
È mezzanotte passata, è già nuovamente domenica.
Veniamo da giorni bui a Cetona, di cui è difficile parlare senza sentire la responsabilità pesante del rischio che ogni parola scritta si trasformi in una intrusione sguaiata nel dolore di chi piange la morte dei propri cari, col pensiero che qualcuno delle famiglie interessate legga queste righe trovandovi un nuovo motivo per aggravare lo sconforto. Chiedo loro perdono.
Venerdì 6 luglio ha qui avuto luogo una catena di fatti gravissimi. M. ha ucciso S. poi si è tolto la vita. Avevano un figlio di nove anni, che dovrà d’ora in poi condividere con i nonni e gli zii la sua forzata solitudine.
Dal primo pomeriggio del 6 e per tutto il sabato sono stata contattata numerose volte da giornalisti che chiedevano informazioni sull’accaduto, sulla coppia di sposi. Ho fatto muro, anche difronte a chi, insistendo per avere notizie, dopo l’ennesimo silenzio mi ha accusato di tenere un atteggiamento omertoso, scambiando per omertà la preoccupazione di non agitare il clamore, di non dare la stura a quel tipo di giornalismo che, non sarebbe stata una novità, più che di verità si alimenta di dubbi e insinuazioni.
Con lo scorrere dei giorni però il problema vero non è stato la stampa, siamo invece stati noi, è stato il nostro modo di commentare i fatti all’interno della comunità. Sono iniziati i post sui social seguiti spesso da animate discussioni, le chiacchiere in piazza. Che non si sono placate nemmeno dopo aver seppellito i poveri corpi dei due.
Sono persona diretta e franca, mi spetta arrivati ad oggi non tacere su quello che ho visto e sentito, se è vero che in qualche maniera il sindaco rappresenta la propria comunità quasi con il ruolo di un padre di famiglia.
L’affetto che molti provavano per M. dopo decenni di amicizia non può in nessun modo dar luogo alla rimozione di quello che è successo nelle ultime ore della sua vita. Le colpe di S., se ce ne sono state, non devono mai portare nessuno nemmeno a sfiorare l’idea che in qualche modo siano una giustificazione per quello che è successo. S. ha perso la vita per mano di un altro essere umano. Non ha avuto possibilità di scelta. Il fatto che il marito sino a quel momento sia stata un’ottima persona non cambia e non giustifica il fatto che ha scelto di togliere la vita alla moglie, prima di scegliere di toglierla anche a sé stesso. Sono state dette e scritte parole che hanno tutelato la memoria dell’uno con molta più pietà di quanto abbiano tutelato la memoria dell’altra. Le frasi dette con il tono del ‘si è vero lui, ma però lei … ‘ sono state troppe.
Le dita puntate verso di lei sono state troppe. Quelle mani giudicatrici usatele per frugare nella vostra coscienza. Non trovate nulla di sbagliato? Non trovate il nome di nessuna persona a cui avete fatto del male o comunque che non avete aiutato a dovere? Beati voi, io nei miei ricordi trovo decine di parole che ho sbagliato a pronunciare, accanto ad altre decine che avrei dovuto dire e non ho detto, trovo i volti di persone che non ho aiutato e amato con maggiore intensità in momenti delicati della loro vita.
Inoltre, non posso che sottolineare negativamente la volontà che è emersa plasticamente di dare un giudizio sulle due persone utilizzando i due momenti dei funerali. Partecipazione minore per S, in parte dovuta all’orario mattutino lavorativo deciso, ma sappiamo tutti che non è stato questo il solo motivo. Alcune assenze sono state volute, a rimarcare chissà quale distinguo. Non siamo stati capaci di prevenire e aiutare, mi chiedo allora chi siamo tutti per ergerci a giudici di questo dramma.
Si è discusso sul gesto dell’applauso alla bara di M. all’uscita di Chiesa. Penso che non andava fatto, non si applaude al funerale di una persona che ha ucciso. E se posso comprendere magari l’incipit di un movimento istintivo, ma l’istintività in alcuni momenti andrebbe controllata, non comprendo affatto chi si prodiga in giri di parole per giustificarlo. Non si fa. Punto. Se non si capisce il motivo di quanto sto dicendo, è chiaro che emerge la necessità di una lunga riflessione.
Mi dispiace non potere ora, mentre scrivo, farvi percepire l’immagine che ho scolpita nella mente di M., il babbo di M., mentre accompagnavamo al cimitero la bara di S.. Forse aiuterebbe tutti noi a capire la delicatezza con cui avremmo dovuto agire.
Questo è lo schifo più totale, addirittura si sono permessi di applaudire? Io sono stata al funerale di Sandra e non c’era nessun personaggio del paese. Sono fatti che dovrebbero uscire in televisione, perché questa gente dovrebbe vergognarsi di quello che hanno fatto. L’assassino non avrebbe dovuto avere neanche il funerale in chiesa. È una storia che mi ha sconvolto, non solo perché conoscevo Sandra, ma anche per il comportamento delle persone. Sandra è la vittima non dimenticatelo!Voleva vivere! Non ha deciso di morire!
Come è scritto nell’articolo, anche al funerale di Sandra c’era la Giunta al completo.E c’erano anche altri “personaggi” (ex sindaci, presidenti pro loco ecc…). Questo per onore di cronaca…
L’intelligenza è stata pari all’ignoranza, se solo avessero preso esempio dalla madre di Marco, che conta più della presenza della giunta, come esempio a come avrebbero dovuto comportarsi. Che in un solo atto hanno alimentato il femminicidio e razzismo, con l’applauso e il riempimento della piazza.L’Italia non è questa! Basta vedere gli altri casi, dove si sono organizzate fiaccolate per la vittima! Sono solidali difronte dove ci sono state vittime e SANDRA era una di queste, è stata una vittima, l’essere umano non è come ammazzare un cinghiale o una pecora. Quindi per me, c’è solo da vergognarsi difronte all’umanità intera, di fare differenze attraverso un funerale, esprimendo e alimentando altri assassini che potrebbero commettere reati simili. Dici bene nell’articolo evidentemente SANDRA era diventata un disturbo, ma gli è stata levata la vita e non gli viene levato il merito di vittima, è lui l’assassino
Io non mi riferivo alla giunta comunale, ma agli abitanti di questi paesini, che hanno voluto onorare un loro cittadino e non una straniera, dovevano prendere esempio dalla madre di Marco. Penso che il tuo articolo parli da solo, sei l’unico a sottolineare la realtà, quello che c’è stato. Però sono indignata che queste persone hanno elgiato un assassino solo perché era un loro paesano. L’unica cosa che secondo me non torna nel tuo articolo è che l’Italia è così! No è sbagliato! In altri posti dove sono successe queste tragedie la gente ha organizzato fiaccolate e sono stati solidali con la famiglia della vittima. Lei era una estranea, una forestiera, forse hanno alimentato anche un po’di razzismo. Oh forse io, vedo cose con la mente arrabbiata, perché una ragazza solare e piena di vita è stata uccisa, e non potrà più godersi quello che amava, il figlio e la famiglia.
Sono d’accordo che si debba ben distinguere la vittima dal colpevole di un delitto. Credo però che non si sia trattato di un femminicidio.
Mi spiego meglio.
A mio avviso ci sono gli omicidi, più frequentemente commessi da uomini. Un omicidio dove il colpevole è un uomo e la vittima una donna non è necessariamente un femminicidio.
Poi ci sono le violenze di genere. Anche questi commessi per lo più da uomini.
Leggendo le statistiche le vittime maschili di omicidi sono il doppio di quelle femminili. In molti casi l’uomo risolve ancora i conflitti con la violenza. Risolvere questo problema non è semplice. Di sicuro più armi in giro, come suggerisce Salvini, non aiuta.
Per quanto riguarda la violenza di genere, che avviene all’interno della coppia, spesso è caratterizzata da un prolungarsi nel tempo di violenza fisica, psicologica, economica, sociale. Attenzione, questa non è unidirezionale. Spesso avviene anche da parte della donna verso l’uomo. Frequentemente, quando l’attore della violenza è maschile, è presente la componente di violenza fisica.
A mio avviso il femminicidio è un omicidio a culmine di una violenza di genere. In questo caso si sommano due comportamenti violenti.
Sarebbe opportuno essere ben informati prima di fare accuse di violenze di genere.
Sono invece pienamente d’accordo sul fatto che siamo soliti evidenziare l’identità dello straniero solo quando è carnefice. Ci interessa meno quando l’ospite straniero è vittima di un italiano.
Sono d’accordo con Paolo e la sua analisi mi appare molto equilibrata in un contesto dove spesso si rende a generalizzare.Anche con Forty sono d’accordo sostanzialmente ma non nella sua analisi dell ‘Italia nella quale specifica che non sia vero che l’Italia “sia così “.Di questo io ho i miei dubbi poiché per fortuna la gente che reagisce a questo esiste e scende in strada con fiaccolate e prese di coscienza,ma codesta è una esigua minoranza in confronto alla popolazione nella quale permane nell’anima una cultura che contribuisce a far si che alla fin fine permette che venga messa in atto la violenza alla quale si giunge perché c’e un viatico che inevitabilmente poi qui conduce.In questo come in tanti altri casi che influenzano il comportamento delle persone i media assumono una funzione fuorviante facendo vedere le persone che scendono in strada .Per ogni cento persone che scendono in strada c’è ne sono almeno settecento che stanno rintanate a casa e quasi nessuno che manifesta le loro idee scrivendo.Quindi l’Italia è veramente così poiché la maggior parte degli italiani sono individualisti e scelgono con le loro pulsioni di stare al coperto.Da diversi anni a questa parte ai funerali in queste occasioni è uso applaudire, ma prima si rimaneva in silenzio.E’anche questo forse un segno di quanto ll complesso mediatico abbia conquistato le menti e le spinga ad esternare la “supposta riconoscenza” ma spesso anche a farne fare un uso secondo me eticamente non dovuto.
Invece io credo che proprio di femminicidio si tratti. Purtroppo. Gli ingredienti ci sono tutti. E non è vero che ai funerali si usa applaudire: Si fa solo per i cantanti, gli attori, gli sportivi e anche per i politici. Non per le persone comuni… In questo caso, purtroppo, l’applauso ha avuto un significato, anche perché tributato a chi ha ucciso e non alla vittima. E non ci sono ragioni di familiarità, appartenenza, conoscenza che tengano. Ma mi sto ripetendo, mi scuso..
Lungi da me voler difendere chi possa aver applaudito, ma sottolineo il fatto che l’uso dell’applauso non è affatto vero che venga fatto solo in occasione di funerali di persone note in politica, arte o cultura ,sport e via dicendo ma anche ai funerali delle persone comuni per sottolinearne l’apprezzamento e la collocazione valoriale del defunto quando era in vita e la condivisione di tale idea.Prima non era d’uso, oggi è diventata cosa normale. Ed è in tale anormalità divenuta normale che l’etica umana plasmata dai media impone i suoi marchi e divide le persone,sia quelle che vivono la cosa come dovuta è doverosa sia coloro che la ritengono cosa abominevole.Ambedue gli schieramenti hanno le loro logiche,ma ritengo chiaro e doveroso che quando tali logiche di esternazione diventano sociali ed influiscono in un comportamento sociale contribuendo a formare le coscienze,sia doveroso riflettere e saper collocare tutto questo sulla scala dell’evoluzione culturale delle persone,che debba trovar posto necessariamente nelle nostre critiche.
Non mi era mai capitato prima di assistere ad un applauso al funerale di una persona comune… Dico mai… (e io ho più di 60 anni)..
Ho apprezzato la lettera della Sindaca di Cetona e le sue parole di sconcerto per quell’orribile applauso al funerale dell’assassino. E’ un testo che mitiga il senso di sconforto per la reazione gretta e ignobile di chi non ha saputo riconoscere la vittima nella giovane moglie assassinata, e il carnefice nel marito autore del femminicidio. Un mix di ignoranza e maschilismo, che la Sindaca con il suo gesto ha stigmatizzato, ridando ai Cetonesi dignità. Grazie.
Non ha dato dignità ai Cetonesi, si è esclusa dalla massa, si è esclusa da un atto vergognoso. Era del paese, era brava e tutto quello che volete, però è un assassino. Ha commesso un femminicidio.
A me per la verità moltissime volte,anche a Chiusi più che a Firenze.Nei piccoli centri si forma una condivisione esistenziale comune con le persone che quasi sempre vivono gomito a gomito con gli altri componenti di una comunità.Devo a tal proposito notare che questa differenziazione fra piccoli paesi e città produce anche forme affettive di attaccamento alla comunità specialmente da parte di coloro che hanno vissuto nelle città e che hanno speso tutta una vita in queste e che adesso sono per scelta o per necessità ritornati a vivere nei nostri paesi circonvicini.Questo succede più spesso nei paesi dell’Umbria che’ in quelli della bassa Toscana
od in provincia di Firenze. Nelle città tutto questo è molto più rarefatto, quasi inesistente se non negli amici più stretti.Tale forma di ossequio o diciamo di estremo saluto viene perlopiu’ tributato anche a vittime di incidenti della strada, morti comunque violente e più che altro giovani di età deceduti prematuramente o persone comuni vittime da parte di associazioni delinquenziali. È un costume che ha cominciato a diffondersi e che ha preso origine con le esequie comunque di persone che socialmente ed inizialmente sono state largamente conosciute.A Città della Pieve per esempio sono state applaudite persone comuni che nella loro vita hanno ricoperto ruoli pubblici da semplici impiegati,ruoli di funzioni ed assistenziali legati al sociale ,ma persone comunque comunissime come c’è ne sono a centinaia e centinaia.Tale forma di estremo saluto quindi oggi esiste ma la necessità di esprimerla da parte del pubblico è e rimane una necessità più che altro INDOTTA da componenti mediatiche che assurgono alla nostra mente e che fanno assumere comportamenti che non ci appaiono massificati e che invece lo sono.Ma la realtà cambia anche e soprattutto in funzione di questo.Nel vivere moderno di scelte individuali vere c’è ne sono sempre di meno soprattutto su quelle che comportano la produzione e l’espressione di valori sociali.Sembrerebbe strano a dirsi ma sempre più spesso il comportamento esteriore dei nostri pensieri non lo decidiamo noi.
No hai justificazione per toglierle la.vita a nessuno lei era una donna bella una bella mama, non che nessun diretto a elogiare al uomo che a tolto su vita.