ALLARME NESTORE: IL FIUME FAGOCITATO DALLA VEGETAZIONE. E IL RISCHIO ESONDAZIONI E ALLUVIONI AUMENTA
TAVERNELLE – Cambio di stagione e di nuovo disastri naturali che hanno coinvolto interi territori e città. Otto morti a Livorno. Un bilancio pesantissimo quello della prima “grande pioggia” dopo mesi di siccità. C’è da scommettere che nelle prossime settimane, se la stagionalità seguirà il suo andamento naturale, quindi pioggia, di allagamenti urbani e delle campagne ne vedremo ancora. E ancora dovremo fare la conta dei morti, degli sfollati e dei danni. I terremoti com’è noto non si impediscono, ma le alluvioni e altri disastri naturali, è facile prevederli con le tecnologie a nostra disposizione. Ma non basta però lanciare l’allerta sulla base delle previsioni meteo. Per prevenire i disastri bisogna attrezzarsi per tempo, ad esempio, con una buona manutenzione dei territori. E qui purtroppo casca l’asino. Siamo il Paese che a calamità avvenuta tira fuori una grande energia solidaristica, ma poi passate le prime settimane dall’accaduto, torna nella normalità, che in questi frangenti significa innanzi tutto tornare all’abbandono, fino alla prossima disgrazia.
Il governo Prodi emanò un provvedimento per la manutenzione dei territori, ma è rimasto lettera morta. Anche Livorno ha avuto fondi per la cura e la messa in sicurezza dal rischio idraulico. Dalle nostre parti si è investito molto – decine di milioni di euro – soprattutto dopo le alluvioni dell’ultimo decennio (2006 a Chiusi Scalo e Sinalunga, 2009 e 2012 in tutta la Valdichiana romana, tra Ponticelli e Orvieto). Sono state realizzate casse di espansione, opere idrauliche imonenti, rafforzamenti degli argini del Chiani e del Paglia, anche per evitare le “gallerie” delle nutrie che in caso di piena si riempiono d’acqua e fanno esplodere le sponde causando esondazioni. Solo nei pressi di Moiano è stata realizzata dal Consorzio di Bonifica un’opera da 5 milioni di euro che salvaguarda la frazione pievese, ma anche Chiusi Scalo e Po’ Bandino.
Ma è anche vero che la fine della “civiltà contadina” con l’abbandono ormai quasi completo delle campagne ha posto fine anche al presidio costante del territorio, alla manutenzione non solo dei corsi d’acqua maggiori e più pericolosi, ma anche delle colline, dei fossi, delle scarpate… E da molte parti, anche in prossimità di centri abitati, la natura si è ripresa i suoi spazi, è tornata egemone con l’unica legge che essa conosce: quella del più forte. Questo perché un tempo erano le coltivazioni a tenere insieme il territorio, e la manutenzione di campi e pascoli provvedeva ad evitare il rischio di cedimenti e dissesti idrogeologici. L’abbandono dei campi, degli oliveti, hanno fatto sì che le specie infestanti riprendessero il sopravvento. La mancata manutenzione dei fiumi e torrenti da parte delle istituzioni ha creato una situazione estremamente precaria e rischiosa sul nostro territorio, e se un tempo il rischio d’alluvione era limitato al gonfiarsi dei fiumi che scavalcavano gli argini e inondavano il territorio, adesso il rischio maggiore è costituito dagli smottamenti collinari, che con le piogge creano dei veri e propri fiumi di fango e detriti (le cosiddette ‘lave torrentizie’) che, oltre ad inondare, distruggono tutto ciò che incontrano.
Rischio, questo, molto presente anche in Umbria, territorio a forte vocazione collinare. Da un lato c’è l’esigenza di una maggiore manutenzione delle campagne, dall’altro però ci sono le norme (come quelle della Legge Regionale 10 del 2005) che in nome di un ambientalismo rigido e ideologico, rendono tutto molto complicato, soprattutto a quelle persone, anche hobbisti, che hanno piccoli appezzamenti d terreno e hanno bisogno di un minimo di infrastrutture.
Prendiamo ad esempio la Valnestore, nei pressi di Tavernelle. Qui, come si vede dalle foto (quella di copertina e l’ultima in basso) il fiume Nestore che in questo tratto è ancora poco più che un torrente e non ha le dimensioni che assume invece a Marsciano, è praticamente fagocitato dalla vegetazione. Non si vede quasi più. Ma dovesse gonfiarsi in caso di forti precipitazioni, quella vegetazioni farebbe da tappo, rendendo più difficile il deflusso, con conseguente rischio esondazioni molto elevato. E quanti altri fiumi e torrenti sono nelle condizioni del Nestore?
Di enti preposti alla tutela e alla manutenzione ce ne sono parecchi, forse troppi, il che provova conflitti e sovrapposizioni di competenze e costituisce talvolta un intralcio, pericoloso quanto i tronchi e gli arbusti che invadono gli alvei… La Regione Umbria ha legiferato molto. Ma se i risultati tangibili alla fine sono quelli che si vedono in queste foto, vuol dire che qualcosa non ha funzionato e le norme da sole non bastano. E’ troppo chiedere agli Enti presposti di legiferare di meno e agire di più?
Renato Casaioli
fiume Nestore, PANICALE, PIEGARO, Valnestore
No, non sarebbe troppo chiedere agli enti preposti di salvaguardare il territorio, legiferare di meno ed operare di più logicamente, ma il problema- e questo è indubbio- è solo uno : I SOLDI ! Se questi non ci sono per varie ragioni che sappiamo, per cattiva amministrazione, per sprechi, per mancanza di controlli e direttive nella direzione della spesa, ecc ecc., il tutto lo si deve all’inadeguatezza della macchina che stabilisce l’accettazione dei parametri europei della spesa, perchè -e lo capisce anche un bambino- stiamo parlando non solo dell’inefficienza di una macchina ma della presenza costante di un vincolo che mette in atto una teoria che si chiama quella DEI VASI COMUNICANTI, alla quale non quasi mai pensiamo o diamo importanza.Ed allora tutto questo che succede non è altro che il frutto di fiumi di parole che per dimostrare le teorie sulle quali si sorregge chi guida, mette in atto fornendo col contagocce risorse economiche, non badando nemmeno al lavoro che potrebbe essere fatto dando il lavoro a chi non ce l’ha per l’attuazione dei piani di salvaguardia del territorio.A Napoli dicono da secoli che ” o pesce feta da a capa”, ma io aggiungerei anche che tutto il corpo del pesce non è altro che il prodotto di chi l’ha voluto far crescere e svilupparsi così’. Troppo facile dire questo? Mica tanto…Facile è entrare in cabina, esprimere il proprio consenso ma poi disinteressarsi di quello che avviene intorno e sentire il fetore quando questo abbia preso il sopravvento, perchè si pensava che questo potesse non avvenire. Il controllo della base su chi mandiamo a governare ( vecchia abitudine questa sì POPULISTICA E CHE HA FRUTTATO DECENNI DI GOVERNI DAL DOPOGUERRA AD ORA, NON SI E’ MAI ESTINTA E CONTINUA A DARE I FRUTTI. UN FATTO PREVALENTEMENTE CULTURALE QUINDI ).Non si obbietterà spero che dal dopoguerra ad oggi quando non hanno governato gli stessi partiti, le isole regionali che si differenziavano non abbiano usato gli stessi strumenti delle autonomie volute e prodotte da loro stesse e frutto di ”inciucio” .Ed allora se la gente ha contribuito a tutto questo, tutto questo non è che il risultato che c’era da aspettarsi.