DETENUTI DEL CARCERE DI CAPANNE SVOLGERANNO LAVORI SOCIALMENTE UTILI PER IL COMUNE DI CITTA’ DELLA PIEVE
CITTA’ DELLA PIEVE – Nei giorni scorsi è stata sottoscritta una convenzione tra l’Istituto penitenziario di Perugia “Capanne” e l’amministrazione comuale di Città della Pieve in base alla quale i dtenuti svolgeranno lavori socialmente utili, per conto del Comune.
Questa collaborazione coinvolgerà i detenuti ammessi al “lavoro all’esterno”, ai sensi dell’art. 21, comma 4 ter della legge 354/75, per attività sul territorio comunale non retribuita e in favore della collettività. “Il Comune di Città della Pieve ha dimostrato da tempo di credere fortemente nella ‘cosa pubblica’ intesa come ‘bene comune’ – spiega il sindaco Fausto Scricciolo– lo portiamo avanti come un credo civico che ci ha visto collaborare con i ragazzi del Ceis, così come con i giovani richiedenti asilo ospitati da Arci e tantissimi privati cittadini che nel capoluogo come nelle frazioni si sono spesi in molteplici attività a scopo sociale. Città della Pieve ha una tradizione fortissima di volontariato e accoglienza. Oggi con questo atto sentiamo di aver rafforzato la nostra identità”.
“Siamo particolarmente grati nei confronti dell’Amministrazione pievese – dichiara la direttrice del carcere perugino Di Mario – per essersi resa disponibile ad attuare una previsione di legge che è, al tempo stesso, opportunità di reinserimento sociale per il cittadino detenuto e condizione che contribuisce a perseguire gli obiettivi di sicurezza sociale. I progetti di pubblica utilità sono, quindi, parte dell’impegno che l’Amministrazione penitenziaria tutta propone alle componenti sociali perché si utilizzino al meglio le risorse.”
I detenuti verranno impiegati in prestazioni volte al miglioramento della qualità della vita, alla protezione dei diritti della persona, alla tutela e valorizzazione dell’ambiente. In particolare: prestazioni di tutela e cura del patrimonio culturale con particolare riferimento al trasferimento degli archivi e sistemazione magazzini comunali, cura e manutenzione del verde, azioni coordinate di tutela del patrimonio ambientale, recupero e pulizia del patrimonio comunale (giardini, alberi, sentieri ed itinerari culturali), manutenzione e decoro delle strade pubbliche e dei muri della città ivi compresi immobili privati, in particolare lavori di rimozione di graffiti e scritte e in altre prestazioni di lavoro di pubblica utilità pertinenti la specifica professionalità del detenuto. Verranno impiegati non più di 4 detenuti per un massimo di n° 20 ore settimanali pro-capite.
Il Comune di Città della Pieve predisporrà, previo accordo con la Direzione del N.C.P. di Perugia “Capanne”, il programma di lavoro con cadenza mensile, indicando tipologia ed orari di lavoro, luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, il funzionario responsabile per l’impiego proposto, luogo ed orario per l’eventuale fruizione del pasto, numero di ore previste per l’eventuale formazione/affiancamento che potrà rendersi necessario per l’utilizzo di strumentazioni particolari.
citta della pieve, fausto scricciolo
tutti devono lavorare
Per Barbara Baldoni.Vorrei capire quale sia il principio etico per il quale dato che la legge italiana dice a chiare note che la pena detentiva debba fornire al detenuto occasione per la propria riabilitazione, perché lo Stato ed i suoi organismi non assegnino ai disoccupati lo svolgimento retribuito delle mansioni a cui vengono adibiti i carcerati.Credo che l’espiazione della pena possa essere un fattore chiamiamolo educativo ma nello stesso tempo si preferisce far svolgere dai carcerati un lavoro al quale potrebbe essere adibito un cittadino che non abbia commesso reati e che per di più abbisogna di essere retribuito. Allora alla fine è tutta questione di soldi e di quanto un cittadino comune possa economicamente pesare alla pubblica amministrazione per il lavoro che dovrebbe svolgere.Allora per favore non riempiamoci la bocca di belle intenzioni come riabilitazione del condannato, educazione all’osservanza delle regole di convivenza civile da parte di un recluso. È lo stato e la sua organizzazione che a seconda di come gli convenga che crea dei veri e propri schiavi che lavorano gratis al fine della loro redenzione.Se sono stati condannati al carcere è la struttura carceraria che dovrebbe provvedere alla loro riabilitazione ma non togliendo il lavoro a disoccupati che si trovano nell’indigenza economica e che avrebbero bisogno di lavorare per vivere.Ma questi costerebbero ed allora ecco che entra in funzione il largo manto dello Stato che avviluppa tutti e che fa vedere che i condannati possano essere educati alla responsabilità sociale e per questo-sempre per questione di soldi-si preferisce far lavorare da schiavi le persone facendo così pensare agli altri che anche quello sia un modo per rieducare le persone. Incominci lo stato a rieducare le persone creando lavoro per chi non c’è l’ha e poi nello stesso tempo a pensare anche a coloro che si trovano in carcere facendoli lavorare e facendo loro avere una retribuzione idonea per il lavoro che potrebbero svolgere.Cosi si educano le persone, non creando degli schiavi che prestano la loro opera pensando di far espiare loro il rincrescimento che possono avere per ciò che hanno compiuto durante la loro vita civile in mezzo agli altri.In quel modo da una parte lo Stato appare uno stato democratico agli occhi dei cittadini poiché la pena viene raccontato che debba concorrere alla rieducazione del condannato, ma dall’altro quei cittadini che sono in carcere vengono ricattati facendo far loro un lavoro non retribuito e perdi più’ lo stesso stato colma una parte del suo deficit economico col lavoro di cittadini obbligati a lavorare senza compenso è che fra l’altro nega il lavoro ad altri che avrebbero bisogno di lavorare.Sembra questa civiltà giuridica e sociale? Che vuol dire”tutti devono lavorare”?