Eatsa, il fast-food completamente automatizzato all’insegna dell’alimentazione sana. Benvenuti nel futuro della ristorazione
Il fast food completamente automatizzato Eatsa nasce con l’obiettivo di democratizzare il cibo offrendo a tutti l’accesso ad un’alimentazione sana
Cancellate l’equazione dieta mediterranea uguale alimentazione sana. Scordatevi il sottile piacere del piatto servito a tavola al ristorante. Scordatevi pure di chiedere consigli sulla specialità del giorno al cameriere o di chiacchierare con il proprietario del ristorante su come e quando sono sparite le mezze stagioni. O di fare i complimenti al cuoco a fine pasto. O un qualunque contatto umano tra chi prepara il cibo, chi lo serve e chi lo consuma.
Il futuro della ristorazione si chiama Eatsa, è vegetariano, predilige la quinoa ed è completamente automatizzato. Sissignori. Niente interazione umana tra cliente e dipendente. Anzi, niente dipendenti proprio. Da Eatsa si entra, si ordina il piatto su un Ipad disposto su colonnina, si fa la fila davanti ad una serie di cubi vetrati. Quando appare il vostro nome, il vetro diventa nero (significa che il piatto è in preparazione), poi compare una finestrina che invita a picchiettare due volte sul vetro e voilà, il pranzo è servito.
Eatsa è una catena di fast-food statunitense, con, al momento, due ristoranti, uno a San Francisco e uno a Los Angeles, aperti nel 2015. Il primo fast-food completamente automatizzato, come dichiarano con certo orgoglio i fondatori – Scott Drummond e Tim Young, guru del software, in collaborazione con David Friedberg ex-dirigente Google – di cui uno fissato con la quinoa, cereale ad alto contenuto proteico. Per inciso, in controtendenza con la dieta all’ingrasso di molti(ssimi) statunitensi, i californiani in generale sono agguerriti praticanti dell’ alimentazione corretta. Abbondano i vegani, i vegetariani che però mangiano pesce e quelli che invece no, i gluten free anche se non sono allergici al glutine ma non si sa mai, quelli che latte e derivati per carità e anche quelli che se non è insalata è veleno . Ma comunque.
Conformemente alla fissa per la quinoa, il menu consiste in una varietà di piatti a base del supercereale, cui si possono abbinare a scelta funghi, mais, guacamole, formaggio, uova, noci, cipolle, patate arrosto, pomodori etc.
L’obiettivo, sostengono entusiasti i fondatori, è quello di democratizzare il cibo estendendo a tutti l’accesso ad un’alimentazione sana, i cui ingredienti rigorosamente bio, effettivamente, costicchiano. Una missione dunque, non un business. Fanno parte della missione alcuni Umani: uno o due assistenti che aiutano con l’uso delle varie macchine ( l’Ipad, i cubi di vetro, etc.) dei locali e i cuochi che preparano i piatti, almeno secondo quanto fa trapelare Travis Jones, responsabile delle operazioni culinarie. Per l’esattezza, tre cuochi per ristorante, che operano dietro porte chiuse. Lavoratori invisibili, un po’ come quelli portati alla luce in “Amazonie” da Jean Baptiste Malet.
E a proposito di lavoro. Contrariamente a quanto si possa pensare, e cioè che la sostituzione degli Umani con le macchine riduca le opportunità di impiego per i primi, gli entusiasti fondatori sostengono che no, anzi. Eatsa apre un nuovo, prolifico mondo a progettisti tecno, programmatori software e…coltivatori di quinoa (di sicuro più contenti dei produttori di olio di palma). Certo. Il progresso non distrugge, semmai crea.
E insomma, l’apparato così pensato permette di produrre cibo in tempi brevissimi (ogni ordine è smaltito tra i 90 secondi e i tre minuti) e a costi contenuti. Il che, a sua volta, permette di offrire i piatti a partire da 6.95 dollari ( 6.60 euro) molto democratici Mai la democrazia ebbe un costo così irrisorio.
A occhio e croce, in Italia un Eatsa non andrebbe oltre Roma e Milano mentre negli Stati Uniti pare che l’idea abbia avuto successo, tanto che è prevista l’apertura di altri dieci ristoranti. Se questo sia dovuto alla novità, ai prezzi bassi o a meglio una quinoa oggi che un McDonald’s di ieri, lo scopriremo solo vivendo, e piluccando quinoa
Elda Cannarsa
X Elda.Hai fatto bene a definirli così:”Umani” perchè sennò si farebbe un po’ di fatica a riconoscerli,sia per intenti sia per ”etica” in quanto a quest’ultima credo che bisognerebbe fare molti sforzi per esserne d’accordo, soprattutto quando si parla di ”democratizzazione” del cibo.
In un contesto mondiale dove si pretende che la funzione della guida la facciano le megalopoli cresciute a dismisura a causa di quella che negli anni ’50-’60 fu concepita come urbanizzazione da noi in occidente e nel terzo mondo concepita come ”migrazione e durbanesimo dei dannati della terra”,mi sembra che ” la democratizzazione del cibo” sia proprio una contraddizione.Forse è una contraddizione che noi in occidente non viviamo sulla nostra pelle perchè in ogni supermercato vi sono decine e decine di prodotti dello stesso genere e l’internazionalizzazione del cibo etnico soprattutto ha penetrato per ognidove,ma credo che occorrerebbe ragionare un po’ più nella maniera onnicomprensiva,avendo uno sguardo diretto sul mondo e capendo che il surplus di redditualità, unito in stretto connubio alla globalizzazione faccia approdare la mente umana a lidi dove oggi si scopre l’etnico,domani il vegano, dopodomani magari le pillole veicolate dal mercato, perchè non si dice nulla di nuovo, ma tutto questo è la derivazione prodotta dal mercato che induce a comportamenti che ieri ci apparivano da perfetti idioti e che oggi l’uso da parte degli ” umani” cerca di rivalutare….solo mper scopi di mero profitto. Oggi questo tipo di contestazione e di critica tende a non esistere più, e si celebra ciò che va in onda.Personalmente mi posso rallegrare solo di una cosa, che spero non possa scomparire mai nè dalla mente degli ”umani” che saremmo noi e non coloro che promuovono certi comportamenti che come si vede attecchiscono solo in chi ha perso la bussola dell”’umano”, e che è quel comportamento nei riguardi del cibo che tiene presente le vere necessità del corpo, ma anchye della mente a patto che questa sia sana.La mente può vagare quanto vuole, ma vuoi mettere la dieta mediterranea che tutti ci invidiano, un piatto di pici o dei porcini alla brace ? Senz’altro quest’ultima non è democratizzazione del cibo soprattutto per i costi, ma quando si parla di democratizzazione occorre vedere il processo industriale che ne stà a monte per avere dei costi ai quali l’accessibilità
sia resa verso masse umane enormi.Che in America vi siano già ristoranti di questo generte non mi meraviglia ma personalmente non mi esalta nemmeno, ed attenzione, la mia non è una critica spietata verso la qualità/non qualità e nemmeno verso i gusti e le abitudini a fruire di cucine diverse(Cinese, Indiana, Messicana, Sudamericana od altro.E’ un semplice ragionamento del rapporto spesa/qualità del cibo introitato dentro lo stomaco.Le schifezze ci sono anche da noi,ma fanno sempre riferimento al prezzo della produzione industriale del cibo e del rapporto qualità prezzo che ne viene fuori.Io credo che comunque non ci si dovrebbe discostare dalla qualità,tenuto anche conto che lo stesso ” biologico” da noi è sottoposto comunque ed in tutti i casi all’inquinamento di una catena che è connaturata con il nostro sviluppo ormai in essere da diverse decadi. Fondamentale invece credo che sia la nostra memoria, che debba registrare e tenere presente i fatti avvenuti, come Cernobyl, Fukushima,e tanti altri a noi tenuti segreti. Catastrofi immani per le quali ne risentiremo per secoli, catastrofi immani anche per il fatto che per prima la catastrofe è dentro al cervello delle persone, che non sanno più reagire quando con scopi di mero profitto si lavano i contenitori dell’acqua pompata dai lavaggi della centrale di Fukushima per esempio e si riversano in mare….( ma sai quante volte questi fatti ci sono stati e noi non li abbiamo saputi )se poi quando mangiate un gambero od un pesce vi si accende la pila se avvicinata allo stomaco senza pigiare il tasto d’avvio della pila, è inutile che passiate dal magazzino per cambiarla…..altro che la democratizzazione del cibo….ve l’hannno messo sotto la coda….e vsiccome ultimamente si cerca di limitare gli interventi della libertà di espressione restringendo parametri di rete e la politica guidata dagli stessi interessi è tutta logicamente d’accordo,riflettiamo un momento a chi serve quella che ci hanno spacciato per libertà.Ed è un discorso che dura da almeno quando è stato inventato il concetto di democrazia.
Se moriremo come le mosche vi sembra questa democrazia? A patto che non crediate di dover morire come le mosche…allora si parla d’altro…ma allora auguri….