GITE FUORI PORTA (2): CASTIGLIONCELLO DEL TRINORO, IL BORGO SALVATO DAGLI AMERICANI
Per la nostra rubrica “Gite fuori porta” iniziata con una puntata a Montisi, questa volta andiamo a scoprire un borgo che ha una storia antica, ma che ha rischiato di fare la fine delle ghost town americane e di tanti agglomerati montani anche nostrani e che invece è stato, di fatto, salvato proprio dagli… americani…
Parliamo di Castiglioncello del Trinoro, frazione del Comune di Sarteano. Del Trinoro e non “sul Trinoro” come qualcuno dice impropriamente. Non esiste una località Trinoro, né un altipiano, né un monte o un fiume… Il nome del luogo pare derivi invece dal latino Castrum trium latronum, ovvero castello dei tre ladroni. Sì perché da quelle parti passavano antiche vie di comunicazione dalla Tuscia interna verso il mare e viceversa, e i “ladroni” erano una presenza costante. Anche Pienza, che non è lontana, fu descritta dal Boccaccio come “Corsignan dei ladri” e da Castiglioncello si vede bene la rocca di Radicofani, che fu quartier generale del “ladrone” per eccellenza: Ghino di Tacco…
Salendo da Sarteano, per quattro o cinque chilometri, fino alla quota di 800 metri sul livello del mare, si arriva a questo tradizionale borgo medievale di tipo montano o appenninico: costruzioni in pietra, strade lastricate, mura di difesa, porte di accesso, scalinate, una chiesa romanica, antichi lavatoi comuni, e – da poco scoperte – anche le rovine di un castello con i resti di due torri di avvistamento sulla sommità della collina. Il tutto perfettamente conservato e immerso in un’atmosfera quasi surreale. E di una bellezza struggente. Sospeso tra cielo e terra, Castiglioncello offre una vista mozzafiato che spazia dal Monte Cetona alla Valdorcia e l’Amiata, tra boschi di faggi, olivi, cipressi…
Di Castiglioncello si hanno notizie fin dal 1100 e poi per tutto il medioevo, fino alla caduta della Repubblica di Siena di cui fu un baluardo, e conseguente annessione al Granducato di Toscana. E’ l’unica frazione vera del comune di Sarteano e sede della contrada di Sant’Andrea, una delle cinque contrade che si sfidano ogni anno nella giostra del Saracino, che è più antica di quella di Arezzo. A inizio secolo ci abitavano circa 300 persone, adesso gli abitanti sono 14, dieci “autoctoni” più o meno e quattro arrivati da non molto per lavorare in loco. Tutti e quattro stranieri.
Poi, qualche anno fa è sbarcato a Castiglioncello Michael Cioffi, un avvocato americano di Cincinnati. Il nome tradisce origini italiane e forse anche per questo Mister Cioffi si è innamorato del luogo e ci ha puntato forte. Sfidando una certa diffidenza degli sparuti residenti, ha tirato fuori 10 milioni di dollari e acquistato la metà circa degli edifici, per realizzarvi un “albergo diffuso”, un residence di lusso. Ma nel più assoluto rispetto delle caratteristiche architettoniche e ambientali del borgo.
Nel 2012 è stata inaugurata la Monteverdi Tuscany, con sette stanze da 250 euro a notte e tre residenze che ospitano da quattro a dodici persone ciascuna con un costo che va da 4 a 12 mila euro a settimana. Il residence include un’enoteca con una vasta selezione di vini soprattutto della Toscana, un ristorante di rustica eleganza, e una piccola spa di recente ristrutturazione.
L’investimento complessivo (20 milioni di euro circa), ha creato trentotto posti di lavoro nelle strutture ricettive, per la maggior parte ricoperti da personale locale, oltre al lavoro per le ristrutturazioni e i rifacimenti, compreso un restauro della Chiesa di Sant’Andrea che l’avvocato Cioffi ha voluto “regalare” alla comunità. Ma anche ai suoi clienti.
Proprio sulla facciata della chiesa campeggia una lapide che ricorda un episodio tragico avvenuto il 16 giugno del ’44. Quell’infausto giorno Castiglioncello, non ancora spopolata, rischiò di fare la fine di Sant’Anna di Stazzema o di Civitella in Valdichiana. Tutti gli abitanti rastrellati dai tedeschi furono messi faccia al muro, pronti per essere fucilati, per rappresaglia contro le azioni dei partigiani che si nascondevano nei boschi circostanti.
La strage fu evitata solo grazie all’intervento del militare Giuseppe Cecchini che parlava un po’ il tedesco e del parroco Don Enrico Bellucci. Ma due abitanti di Castiglioncello, Amerigo Bai e Quirino Salvadori, persero comunque la vita sotto i colpi dei fucili nazisti.
La lapide ricorda il loro sacrificio. Allora gli americani, insieme agli inglesi, ai sudafricani, agli indiani, ai canadesi, ai francesi del generale De Gaulle e ai partigiani salvarono il territorio dalla barbarie nazifascista, oggi un americano ha contribuito a salvare Castiglioncello dall’abbandono, facendone un resort di lusso, ma senza cambiarne i connotati esterni. Non è poco. A volte certe operazioni sono devastanti. Questa no.
Tra l’altro l’organizzazione Monteverdi, prevede anche mostre d’arte all’aperto e indoor, nello spazio di arte voluto da Mister Cioffi, concerti, eventi particolari, in modo che il paese possa vivere e pulsare e non essere solo un’oasi di pace.
Per la verità, Michael Cioffi non è il primo VIP a scoprire Castiglioncello del Trinoro. Negli anni ’80-90 il borgo aveva attratto alcuni personaggi della sinistra. Luigi Pintor, grande giornalista e fondatore del Manifesto, ne aveva fatto il suo buen retiro e lo potevi incontrare a passeggio per le stradine del borgo o a chiacchiere con l’artista sarteanese Gastone Bai che lì aveva il suo laboratorio.
Dopo Pintor, morto nel 2003, anche Pierluigi Sullo, altro giornalista del Manifesto, aveva scelto Castiglioncello come luogo di relax. Magari per scrivere. Andati via loro, il destino sembrava segnato, inesorabilmente. Con il numero degli abitanti sempre più esiguo e senza più attenzioni “esterne”, sembrava che non ci fosse altra prospettiva che il declino. Invece, all’improvviso la svolta. Roba per pochi ma buoni.
Dormire e mangiare al Monteverdi Tuscany infatti non è per tutti, ci vuole un portafogli di una certa robustezza. Però la qualità dell’offerta è elevatissima. E il borgo non è “chiuso agli estranei” come altri altrettanto belli e suggestivi in Valdorcia e dintorni. Insomma Castiglioncello val bene una gita, perché il luogo merita, per vedere come si fa un restauro non invasivo, per capire che il turismo di lusso può essere una risorsa economica per tutti. E val bene una gita anche con pranzo al sacco.
A poche centinaia di metri dal borgo ci sono faggete e pinete con spazi attrezzati per il pic-nic. Con una bella passeggiata si può attraversare la faggeta monumentale di Pietraporciana, fino al “podere dei partigiani”, uno dei poderi che la famiglia Origo de La Foce mise a disposizione della Resistenza nei nove durissimi mesi dall’8 settembre ’43 al giugno 1944. A proposito, anche Iris Origo, l’autrice di “Guerra in Valdorcia”, non era italiana. Era inglese e anche lei si era innamorata di questa terra come Michael Cioffi.
E.C.
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Ho da poco conosciuto la storia della rinascita diquesto paesino. Sarà il mio prossimo viaggio.
Io l’ho “scoperto” a luglio del ‘22; per caso avendo fatto un
trekking da Chiarentana nel caldo.
Ho pranzato sulla terrazza con vista mozzafiato, poi forse per un bicchiere di troppo mi sono addormentato sotto l’ombra del giardino.
Un posto stupendo! Sfoggia il più’ bello della Toscana.
Evviva l’America! e l’amore della terra d’origine!