LA TEMIBILE RAZZA DEI BUONISTI. CHI SONO E COME RICONOSCERLI
I Buonisti sono una razza numerosa e, pare, in rapida espansione nel nostro paese. Federico Faloppa, docente di Storia della Lingua Italiana e Sociolinguistica, ne fa risalire i primi insediamenti in Italia al 1993 circa, quando il duo lessicale Buonista/Buonismo apparve per la prima volta con riferimento alla politica di tolleranza (verso gli avversari) adottata dal loro leader Walter Veltroni.
Invero, da quel dì, hanno fatto passi da gigante. Oggi, infatti, sono largamente rappresentati nella sfera politica, ben inseriti in quella sociale e ampiamente collocati nel mondo del giornalismo. Non esistono dati ufficiali (vedi Censis) che attestino l’esatto numero di Buonisti presenti nel paese, ma a giudicare dalla frequenza e regolarità con cui vengono nominati, sembra che la percentuale sia piuttosto alta.
Ma chi sono veramente? Una razza perniciosa, sembra. A dispetto della stessa radice dell’aggettivo buono/a, i Buonisti non hanno, ahimè, niente a che vedere con la bontà intesa come nobiltà d’animo. Al contrario, sono responsabili di molti dei mali della società moderna tra cui le devastanti conseguenze dell’immigrazione nel paese, la diffusione della piccola criminalità, il terrorismo internazionale. Una pericolosità, peraltro, ben nota. Come ricorda Faloppa, ad aprile di quest’anno, un titolo del Giornale, testata di comprovata autorevolezza, attribuiva al Buonismo ben settecento morti.
Attenti al lupo, quindi: teniamo cioè presente che, oggi come oggi, sono buoni solo il papa, Madre Teresa di Calcutta e alcuni bambini a natale. Tutti gli altri sono Buonisti, ovvero soggetti che “ostentato benevolenza e buoni sentimenti”, per usare la definizione del vocabolario Treccani. A titolo informativo va detto che gli scopi di detta ostentazione sono oscuri. Il Treccani non lo spiega. E nemmeno le intelligence si sono mai pronunciate. Ma siamo fiduciosi.
In attesa di un Buonistileak però, non abbassiamo la guardia. Occhio anche all’operato di Amnesty International, Save the Children ed Emergency . Si sospetta che siano organizzazioni buoniste pure quelle, ma, tranquilli, è ancora tutto da verificare.
Insomma, siamo pratici: come si riconosce un temibile Buonista? È presto detto. Basta fare riferimento al movimento degli Anti-Buonisti, nato proprio per contrastare l’avanzata degli Unni del duemila.
In termini di accezione, la grande differenza tra i due gruppi, è che buonista è un insulto (ovviamente), anti-buonista no.
L’altra grande differenza è che mentre i Buonisti sono un po’ confusi, non hanno capito bene in cosa peccano e si sentono in dovere di giustificarsi ogni volta che vengono chiamati in causa, gli Anti-buonisti non si giustificano mai per niente, hanno le idee molto chiare, sanno sempre cosa è giusto e, soprattutto, pagano le tasse, quindi hanno il diritto di inveire contro tutti, incluso il nemico Buonista, che invece forse non le paga, ma neanche questo è chiarissimo.
Se il Buonista si interroga, dubita, analizza, legge con attenzione e si ingegna, meschino, a capire contesti e situazioni prima di esprimere un’opinione, l’Anti-buonista non sente la necessità di approfondire alcun argomento. Spesso, gli basta una fugace occhiata al titolo di un giornale (uno qualunque) per sapere esattamente di cosa si parli ed è in grado di verbalizzare un giudizio netto con la rapidità di un fulmine.
Così, mentre l’infido e melenso Buonista si trastulla nell’appellarsi alla legge, ai diritti umani, alla storia c’insegna, all’andiamoci cauti prima di, l’assennato Anti-buonista in men che non si dica ha liquidato l’avversario con un deciso “basta con questo buonismo!” e sparato due o tre soluzioni infallibili. Il problema degli immigrati? Facile, frontiere chiuse e tutti rispediti a casa nei barconi (gli Anti-buonisti sono convinti che la più alta percentuale di immigrati arrivi in Italia via mare)
C’è stato un furto nella pubblica piazza? E che problema c’è. Si dà addosso al ladro e lo si pesta allegramente tutti insieme. La polizia? Macchè, buonista pure quella.
Terrorismo Internazionale? Colpa dei Buonisti, ça va sans dire (ma si dice. Gli Anti-buonisti amano reiterare). Bombardiamo a tutto spiano e la cosa è risolta.
Va da sé che la tecnica oratoria di Buonisti e Anti-buonisti si fonda su basi diverse. In occasione di dibattiti, il reo Buonista spiega il perché e il percome della sua posizione (e dei suoi presunti reati); l’integerrimo Anti-buonista no, non perde tempo, tanto ogni argomento del Buonista è, appunto, buonista. A che pro discutere?
Di fatto, nell’arte dell’oratoria il Buonista è un emerito sprovveduto, mentre l’Anti-buonista è un navigato arringatore. Si avvale, infatti, della fallacia ad hominem, una strategia della retorica che Faloppa spiega così: “prendersela con qualcuno invece di contrastarne, discutendole, le idee. Lo facevamo da piccoli: «Sei cattivo perché hai il naso storto!», «sei piccolo e brutto, non puoi parlare».
Eh, sì. Brutti e cattivi questi Buonisti (sporchi non saprei). Strano però che non abbiano meritato la definizione di Cattivisti. Sembra più appropriata per un flagello di Dio no?
Sempre brava e sempre simpatica Elda. Detto da un sedicente buonista.
Grazie assai Raffaello, molto umano. Attento però, ti sei appena autodenunciato;)
Io non sono buonista. Ma mi hanno iscritto d’ufficio a questo club certi “antibuonisti”, dopo un paio di articoli sulla “rissa” alla fiera di Chiusi Scalo del 6 dicembre… Pare che gli antibuonisti siano anche mooolto attenti alla grammatica e alla sintassi. Forse perché hanno problemi di comprensione del testo e se uno sbaglia pure le virgole è finita… si perdono.
Brillante ed ironica analisi che non mi trova d’accordo su due o tre cose; nell’elenco delle differenze, il punto che riguarda eventuali giustificazioni su scelte ed opinioni, non credo che i buonisti siano confusi, tutt’altro. Decisioni politiche, giornalistiche o di altro genere, prese con intenti definibili buonisti, sono frutto di scelte ponderate ma che (per definizione) lasciano un ampio margine d’azione e/o d’interpretazione che possono pendere, a mo’ di bilancia, dove la situazione lo rende più necessario. Quindi “l’impaccio” non lo attribuirei ad un’innocente sorpresa quanto alla fatica di trovare giustificazioni esaustive.
L’altro punto, che prevede un’innocenza quantomeno sospetta, riguarda il fatto che, fra dubbi e perplessità, il buonista si documenti e gli altri no.
Attribuire l’uso della fallacia ad hominem agli anti buonisti li renderebbe esenti dal dover far uso di arringhe articolate, visto che tanto basterebbe “tagliar la testa al toro”. Piuttosto, detto così, le orazioni sembrerebbero necessarie, invece, a chi tende a dover giustificare.
Io credo che sia gli uni che gli altri, al bisogno, si sappiano ingegnare riguardo l’esposizione delle proprie motivazioni. Basti vedere la sempre più cospicua presenza della plume nelle équipes dei politici di tutto il mondo.
Un saluto
Ciao Cristina, grazie mille per l’attenzione e per le acute osservazioni. Per confusione, intendo dire che i Buonisti, non riconoscendosi come tali (visto che non è un’autodefinizione), faticano a capire quali siano l’accusa e il motivo dell’insulto. La fallacia ad hominem, invece, secondo la chiave di lettura del pezzo, è una delle strategie della retorica utilizzate dagli anti-buonisti,ma non l’unica. La supportano generalmente con gli elenchi dei mali del mondo di cui sono responsabili i Buonisti e le proposte risolutorie, facendo per l’appunto arringhe. Poco brillanti ma sempre arringhe
Arringhe… Non saranno aringhe?
Ciao Elda, credo mi fosse chiaro l’uso dei due termini nell’articolo, se guardi bene il mio appunto riguarda le motivazioni. Rimane il fatto che trovo quello che hai scritto divertente…aringhe comprese!
Grazie Cristina. Apprezzo sempre il contraddittorio ( o l’avvocato del diavolo;) se espresso, come tu hai fatto, con garbo e se inerente ai contenuti. In verità io non amo le categorizzazioni perchè costruiscono e perpetrano il modello dicotomico NOI-VOI con conseguenze dannose alla comunità.Purtroppo però questo è il paese del bipolarismo e una delle provocazioni del pezzo riguarda proprio questo
Sono pienamente d’accordo, Elda, riguardo il fatto che la gente ami catalogare e contrapporre; è un modo comune di alleggerire le diversità, per renderle più sopportabili. Le provocazioni sono sempre stimoli che picchiettano la schiena spingendo ad andare oltre . E’ proprio questa competenza che leggo nei tuoi articoli.
Un saluto
Allora spero di “rivederti” presto su questi schermi;)
Per Cristina Cannoni. Relativamente al significato che ho creduto riconoscere nella Sua esposizione mi sento di dire osservare quanto segue: con tale metro da Lei esposto si potrebbe perfino dire di rivoltare il mondo e con esso il significato delle scelte degli uomini.La sua esposizione la posso accettare come critica e come ” casistica” la cui presenza è indice che arricchisce lo spirito critico, indispensabile al ragionamento da qualsiasi parte provenga.Seguendo ciò che Lei afferma mi sembra di capire che nelle prese di posizione degli uomini rispetto ai problemi (parlo dei buonisti) non vi sarebbe alla fine quasi nulla di sincero e di ”sentito” ma quasi solo una posizione egoistica mascherata da un preteso supposto ”bene verso gli altri”.Codesto si potrebbe essere spinti a definirlo-mi corregga se sbaglio- ”sano egoismo” poichè nell’equilibrio fra buonismo ed anti-buonismo il buonista ne potrebbe far uso a seconda di come gli convenga(parole Sue), andando in tasca all’onestà intellettuale cancellata subito al suo manifestarsi ed inserendola nell’oblio di fronte a ciò che senza alcuno scrupolo possa servirgli. .Alla fin fine con questo ragionamento ci si può spingere a tagliare la testa ad ogni opinione diversa, arrivando a validare solo l’equilibrio naturale dell’egoismo umano che alla fine si ritiene giusto che prevalga su ogni cosa, su ogni diatriba,su ogni ragione, e quando peggio su ogni oggettività. Scusi la limitatezza del mio pensiero, ho solo un diploma di ragioniere preso anche con appena la sufficienza,ma mi sembrerebbe doverosa di fronte a quanto sostiene la cosiddetta ”teoria del dubbio”, oggi abiurata da tante ” certezze” che guarda caso sono spesso per non dire sempre unidirezionali in senso valoriale ed etico soprattutto. Appunto quelle dei ” non-buonisti”.
Salve Carlo, diciamo che la sua analisi si lascia trascinare da una posizione da lei assunta. Il mio non voleva essere un giudizio, piuttosto un voler spostare l’attenzione su di un altro punto di vista, che non faccio necessariamente mio. Volevo mostrare un tallone d’Achille dell’esposizione di un pensiero pur sempre di parte.
L’avvocato del diavolo fa così, no?!
Questo vuol dire che per conoscere le intenzioni di qualcuno non serve attribuirgli una categoria; comunque non basta.
X Cristina Cannoni.Certo, è vero che la mia analisi si lascia trascinare da una posizione da me stesso assunta, è vero quanto dice, ma la mia posizione,almeno dentro di me non è nè casuale nè fatta a difesa di me stesso ma di un fatto od un soggetto/oggetto staccato ed indipendente da me,ma supportata da elementi che io stesso giudico necessari e validi da portare in una discussione.dal momento che tutto faccio tranne che barare con me stesso e giudico come veritieri e fra l’altro- forse presentuosamente- anche oggettivi.Non avrei problemi a riconoscere quanto Lei dice sul fatto che per conoscere le intenzioni di qualcuno ” non lo si debba per forza classificare come appartenente ad una categoria e comunque non basti”.Ma allora mi risponda perchè uomini come è stato Adolph Hitler hanno assunto una posizione e fama nella storia che si colora di ”male” e gli altri che a lui si opponevano di ”bene”(sempre relativo s’intende…).La storia la fanno e la scrivono i vincitori ma l’oggettività reale si basa su principi, valori, etica umana e risultati.Gli stessi valori quattro secoli più indietro non erano contemplati con lo stesso valore di oggi e questo è chiaro.Nell’epoca degi schiavi negri che venivano comperati dai mercanti arabi e venduti per essere trasportati oltreoceano nelle piantagioni di cotone il senso ed il significato dei diritti era tutt’altro che quello odierno.Eppure anche fra i loro padroni c’era anche chi li liberava (pochi per la verità)ma la stragrande maggioranza di questi li comperava da schiavi e li faceva morire da schiavi.Ecco le categorie, L’analisi del pensiero liberale alla quale lei indirettamente fa riferimento nel suo discorso si basa sul diverso ed anche probabile comportamento umano, talvolta anche imprevedibile sia in bene che in male.Come le stesse categorie dei buonisti od il loro contrario, ma ciò non toglie che le ” categorie” così come i popoli, anche essendo usati,siano stati element primari che da protagonisti hanno segnato profondamente la storia.Vede dove siamo arrivati col discorso? A parlare degli schiavi negri e delle piantagioni di cotone….La storia a quel tempo non classificava tanto ”cattivi” gli schiavisti e ”buoni”gli schiavi, successivamente attraverso” categorie”(chiamiamole così)
il giudizio è cambiato notevolmente.,anche se permane sempre l’elemento soggettivo di valutazione.quindi-come lei afferma- è bene sempre fare l’avvocato del diavolo per restare svegli di cervello ma ,da lì a sovvertire i contenuti sempre più oggettivi della storia ce ne corre….e la storia di fronte a noi parla semprepiù della fatidica divisione della torta.La moralità credo debba avere sempre il primato, e penso che ne convenga che non sia ” buonismo” od arrendevolezza, o addirittura come è stato scritto da qualcuno ”pusillanimità”.La saluto.
Carlo la sua argomentazione è più che legittima ma mi permetta un passo indietro. Il mio commento all’articolo non era rivolto ai contenuti espressi dalla Cannarsa; è probabile che il suo scritto sia frutto di esperienze personali o vissute da conoscenti, oltre che di uno sguardo sul panorama sociale e politico. L’articolo, però, ha una connotazione ampia; espone una tesi precisa sul comportamento dei buonisti e non e su come riconoscerli. Il mio appunto è proprio su questo; pur trovando quanto detto piacevolmente provocatorio, divertente e condivisibile, a me sembra che le argomentazioni non tengano conto di eventuali antitesi, come quelle da me esposte, che possono rendere meno efficace il messaggio del testo.
Lei ha colto prontamente anche un giudizio in quello che ho scritto, è probabile che trapeli ma, mi creda, non era mia intenzione focalizzare l’attenzione su quello. Arduo terreno, che richiederebbe lunghe dissertazioni che, vista l’ora, mi astengo dall’intraprendere.
Buonanotte
Me la permette una battuta simpatica senza volermene ? Spero di si :.” mica per caso lei lavora in una ambasciata o fa parte del suo personale ? Le chiedo questo in maniera divertente perchè dalle sue risposte si evidenzia un discreto livello di collaudata ” DIPLOMAZIA” che può essere volendo anche un complimento,perchè no, ma come lei stessa ha detto ”occorre fare sempre l’avvocato del diavolo” e ne sono d’accordo e questo è valido in entrambi i casi, sia mio che suo, anche tanto per dare il segno di come diceva Totò che : ”accà nisciuno è fesso”. Buonanotte anche a lei.
Ma l’articolo-riflessione di Elda riguarda i “buonisti” in sé o quelli etichettati come tali e quindi denigrati da chi invece preferirebbe risolvere le cose in altro modo,facendo valere magari a legge dei muscoli e del più forte, senza perdere tempo con le riflessioni e il confronto dialettico? (Precisazioone per gli “antibuonisti”: dialettico non significa in dialetto).
La traduzione popolare del termine andrebbe piu’ ampiamente articolata in un contesto sociale per farla meglio intendere ai piu’.
Tale traduzione o traslazione , ad esempio potrebbe bene essere ,nel contenuto, riferita ad una popolare novellazione campana:”chi ha avuto ha avuto ha avuto,chi ha dato ha dato ha dato,scordammuce o passato simm e Napoli paisa!
Quindi nella tradizione popolare regionale,come questa ,ACQUISITA DALLE NUOVE CLASSI DIRIGENTI di tutt’altra esperienza,come quelle in riva all’Arno,dove notoriamente ci si invece caratterizza per altra novellazione ,tipo,”chi prende e’ uno stimato furbo e che si fa turlupinare e’ un povero stolto”,(quind)i non stimato ,ne’ degno di reale considerazione,il termine buonista,auto assegnato piu’ che fatto proprio,assume il reale significato di “per ora te lo dico con le buone ,fatti i c….i tuoi e vedi di non rompere.
Se poi continui ad insistere………….uomo avvisato.
X Mario. Espandendone oltre il significato si potrebbe arrivare anche a definire che il contrasto fra i termini ”buonista” e ”non buonista” sia un-non il solo s’intende- rimasuglio della cultura fascista presente nel substrato culturale degli italiani.Tagliar corto per i ”non buonisti” vuol significare arrivare subito al sodo ed allo scopo tagliando tutte quelle ragioni ”accessorie” che caratterizzano l’espressione e l’uso concreto del cosiddetto”buonismo”. Questa condizione è permanente strutturalmente nella massima parte del popolo italiano e più che fascista come l’ho definita prima è una condizione che è usata per la formazione di un tale pensiero. ”Se mi si limita la libertà di poter vendere, fare ciò che mi serve, non stò a guardare tanto per il sottile, ma intervengo ed uso la forza” individuale od anche organizzata.Addentrandosi nelle definizioni si possono scoprire angoli più nascosti sia dell’etimologia sia dell’uso materiale dei modi di pensare della vita delle persone.Certamente ci stiamo allontanando dalle intenzioni originali dei casi che abbiamo esaminato nella fattispecie che ha dato origine alla nostra dissertazione, ma se si vede bene, tutti sono riconducibili ad una forma mentis, corroborata anche molto sapientemente e con savoir faire nei casi presi in considerazione L’espletamento di tutto questo flusso è alla fine ben definito e riassunto dagli interventi avutisi su i due Post pubblicati sul caso delle botte.Partendo da una serie di spiegazioni e ragioni dei singoli interventi qualcuno anche abbastanza stizzito e trucido per arrivare a quello più ragionato,sapientemente equilibrato ed onnicomprensivo di Cristina Cannoni del quale condivido l’analisi ma un po’ meno il punto di arrivo.Forse è un mio ”vizio” di modo di ragionare ma io credo che in tutte le cose per collocarle con il giusto peso occorra saperle vedere inserite anche e soprattuto in un contesto globale. I ” non buonisti” forse ritengono che tale azione sia quasi dissuasoria al fine di far prevalere il buonismo provocando così la fine delle regole che si dà una collettività.Queste regole in genere sono invocate quando toccano da vicino il nostro utilitarismo perchè quelle indirette e più grandi ( del tipo l’evasione fiscale massiccia) che però intervengono e segnano la politica, quelle si sà che ci sono ed alla fin fine nel cervello della gente possono benissimo essere tollerate ed attuate poichè cambiarle è quasi impossibile.Alla fine di tutta questa macchinosa e stancante dissertazione i due capisaldi rimangono quelli che sono e forse bisognerebbe saper andare oltre per leggere e vederci ciò che stà dietro.Senz’altro dietro al ” buonismo” non c’è una volontà di affossare il sistema -io almeno non ce la vedo-ma ci vedo molto più una volontà di consentire la fruizione di possibilità per i più sfortunati e disperati, di poter raggranellare quotidianamente di che vivere,tenuto conto della bolgia del sistema in cui si muovono ed anche tutti ci muoviamo.In pratica un più corposo lato dell’animo che perori l’umanità verso di essi.ma mi rendo conto che nella storia dell’uomo le regole ci sono sempre state per i più deboli, i più forti le regole se le sono sempre cucite addosso da soli……..ed è sempre il discorso di quella benedetta torta.