PROGETTO ACEA: IL COMITATO LANCIA IL REFERENDUM. MA L’OBIETTIVO VERO E’ LA PARTECIPAZIONE O QUALCOS’ALTRO?

venerdì 20th, aprile 2018 / 23:25
PROGETTO ACEA: IL COMITATO LANCIA IL REFERENDUM. MA L’OBIETTIVO VERO E’ LA PARTECIPAZIONE O QUALCOS’ALTRO?
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CHIUSI –  C’era un buon numero di persone ieri sera all’assemblea pubblica sul progetto Acea convocata dal Comitato costituitosi il 19 gennaio scorso, per iniziativa di Paolo Scattoni e altri. La sala dell’ex cinema Eden non ne avrebbe potute contenere di più nei posti a sedere. Segno che una parte di cittadinanza vuole saperne di più. E soprattutto vorrebbe poter dire la sua e possibilmente decidere e non subire decisioni prese dall’alto. Quando si parla di industrie insalubri, di impianti per il trattamento di rifiuti o liquami, depuratori, inceneritori o centrali a biomasse la gente drizza le antenne. Sempre e comunque. Perché in Italia di casi in cui certe industrie o certi impianti hanno causato problemi serissimi ce ne sono stati a decine. E continuano ad esserci. Quindi l’attenzione e la consapevolezza su ciò che ci mettiamo in casa non solo è utile, ma necessaria, anzi indispensabile. Ogni iniziativa che vada nella direzione di una maggiore informazione e – appunto- una maggiore consapevolezza, non può che essere benvenuta e meritoria.

Detto questo, però, l’assemblea di ieri sera non ha aggiunto nulla a quanto già noto e dibattuto nei mesi scorsi. Salvo l’annuncio che il Comitato proverà a promuovere un referendum  sulla questione. Cominciando a breve a raccogliere le firme necessarie per ottenere la convocazione della consultazione popolare da parte del Comune. Che naturalmente sarà solo consultiva e avrà valore esclusivamente “politico” e non giuridico. Potrebbe essere però un supporto importante sia per chi è a favore, sa per chi è contrario e soprattutto potrebbe essere un’occasione di confronto aperto e approfondito tra le due posizioni. Così è stata presentata la proposta da parte di Romano Romanini a nome del Comitato. E messa in questo modo chi sostiene l’importanza della partecipazione democratica e attiva dei cittadini alla vita pubblica non può ravvisarci nulla di pericoloso, di strano o di “strumentale”. Quando la gente partecipa e si esprime è sempre un bene.

Di firme ne servono 500, non sono un’enormità, ma neanche poche, se si pensa che alle ultime comunali le due forze di opposizione che sono entrate in Consiglio, Possiamo e 5 Stelle hanno preso 600 voti ciascuna. Tra il voto e una firma una certa differenza ci corre.

E va detto che all’assemblea di ieri, né i 5 Stelle, né i Podemos si sono pronunciati in merito alla proposta di referendum. Per la verità non sono intervenuti nemmeno sull’argomento all’ordine del giorno. La consigliera comunale 5 Stelle Bonella Martinozzi ha detto qualche parola, ma solo per accusare il sindaco di averla “minacciata” in Consiglio Comunale. Sul progetto Acea ha detto che il movimento ha preso contatti con esperti e con istituzioni superiori (Regione), ma nulla di più. Chiaro che se la campagna referendaria venisse effettivamente lanciata e poi dovesse fallire, per il mancato raggiungimento delle firme, per il Comitato sarebbe un deprofundis. L’operazione dunque ha i suoi pro, ma anche dei… contro. In ogni caso il comitato sembra intenzionato a procedere.

Per il resto, nonostante toni tutto sommato pacati, si è capito che il Comitato è contrario al progetto Acea, perché ritiene il brevetto non sufficientemente sperimentato, perché il prodotto che dovrebbe uscirne fuori (la biolignite) è un materiale che presto, tra 5-6 anni, sarà messo al bando dall’Unione Europea; perché Acea è un colosso con il quale sarà difficile trattare e confrontarsi; perché Chiusi non può sbandierare velleità turistiche basate sull’arte, la storia e il paesaggio e poi riempire le zone industriali solo di aziende insalubri; infine perché su questa vicenda c’è stata poca trasparenza e poca informazione da parte dell’ente locale che vendendo il terreno dell’ex Centro carni ad Acea ha di fatto preconizzato l’operazione, precludendosi ogni possibilità di dire di no. Prima che venga presa una decisione che può incidere sul futuro della comunità, meglio valutare tutti gli aspetti del progetto. Ma prima ancora di valutare il progetto meglio sarebbe chiarirsi su quale tipo di sviluppo si vuol dare alla città.

E a proposito della mancata informazione, il relatore Scattoni ha ricordato che il comitato ha scritto al sindaco, chiedendogli di organizzare una assemblea pubblica, magari con la presenza di esperti. Ma – ha detto – “il sindaco non ha risposto, l’unico che ha risposto è stato il governatore della Toscana Rossi che però ha dichiarato che la questione riguarda il Comune e non la Regione”.

Magari Scattoni non guarda la posta elettronica tutti i giorni, ma il sindaco Bettollini  uan risposta alla sollecitazione l’aveva data, con una mail inviata proprio ieri, 19 aprile, prima dell’assemblea, a Scattoni, Romanini e Fiorani. Forse la mail è arrivata quando tutti erano già all’Eden, perché nessuno ne ha fatto menzione. Anzi, sulla “sordità” e sulla scarsa propensione al confronto dell’Amministrazione si è insistito abbastanza.

Vero che il sindaco ha aspettato proprio il gong, come si suol dire, per rispondere. Ma se ha risposto, perché non dirlo?

In ogni caso, Bettollini, ricordando i vari passaggi istituzionali, le 11 assemblee sul bilancio in cui ha esposto la questione e le sedute del Consiglio, citando la mozione del gruppo Pd-Psi approvata a maggioranza che gli dà mandato di attuare tutte le verifiche comunali e sovracomunali prima della presentazione del Piano Attuativo che produrrà la proprietà, afferma che le verifiche presso Arpat, Ufficio Ambiente della regione, Asl sono in corso e che al momento “siamo in una fase molto preliminare e dovremo lavorare ancora per avere un quadro più completo, preciso e dettagliato sulla bontà o meno dell’idea progettuale avanzata..” Bettollini aggiunge che il progetto “dovrà garantire l’esclusione, fin dalla fase progettuale, di qualsiasi rischio ambientale e sanitario. Diversamente da ciò – scrive – non potrò mai sostenere un parere favorevole al progetto”. Il sindaco fa comunque presente che al momento “nessuna richiesta autorizzativa è stata avanzata dai proponenti”. “La partecipazione richiesta dal Comitato, sulla base delle normative regionali, riguarda – scrive ancora il sindaco – il progetto dell’opera che in questo momento non è stato ancora presentato, né in Comune, né in altre amministrazioni”. “Rassicuro tutti voi – conclude Bettollini – che qualora vengano presentati gli atti progettuali di un’opera che necessiti l’attivazione delle procedure di partecipazione pubblica per giungere alla sua approvazione, essa sarà sicuramente svolta nei modi e nei termini previsti dal quadro normativo in materia”.

Ovvio che la scelta di avviare un processo di partecipazione pubblica non può essere inquadrato solo “nel quadro normativo”, ma è una scelta politica. Che l’amministrazione potrebbe/dovrebbe fare indipendentemente dal quadro normativo. Ma d’altro canto finché il Comune non avrà in mano il progetto esecutivo dettagliato, su cosa si aprirebbe il confronto? Su una semplice idea progettuale di massima? Un po’ poco. Si potrebbe discutere delle “vocazioni” della città e del territorio, del tipo di sviluppo, ma questo andava fatto prima, quando il Comune ha deciso di mettere in vendita e a bando i terreni dell’ex centro Carni… In quella sede, e in quel momento si poteva forse aprire una discussione sull’opportunità o meno di ospitare a nuove aziende insalubri… Adesso è un discorso tardivo e ozioso.

E non è vero, come è stato affermato ieri sera, che questa storia è venuta fuori casualmente, sfrucugliando in una delibera di bilancio il 4 dicembre, e che nessuno ne ha parlato. La stampa ne ha parlato e anche parecchio. Solo Primapagina ha pubblicato 11 articoli, 12 con questo, sull’argomento. Il primo è del 28 novembre. Quindi prima del 4 dicembre. E tutti sono stati letti da migliaia di persone e commentati da qualche decina. Basta cliccare “Acea” nella sezione “cerca” e sono tutti rintracciabili e leggibili. Ne ha parlato anche Chiusiblog, naturalmente. E la Nazione, Il Corriere di Siena, Tele Idea, Nti…  L’informazione non è mancata. Si può discutere sulla mancata assemblea pubblica promossa dal Comune. Ma sia in consiglio che nelle assemblee sul bilancio la giunta non si è sottratta a parlare della questione. Chiaro, che, così come il Comitato al di là dei toni pacati e discorsivi, è palesemente contrario al progetto, l’amministrazione comunale, a pelle, è favorevole. “Salvo il caso in cui dovessero emergere problematiche ambientali o rischi per la salute dei cittadini”, dice Bettollini.

Altra questione emersa nell’assemblea di ieri sera è quella relativa al depuratore esistente nell’area, gestito dalla società Bioecologia, che Acea ha già rilevato, con trattativa privata indipendente da quella per l’acquisto dei terreni dal Comune.  Secondo quanto fin qui dichiarato in Consiglio e in altre occasioni dal sindaco, il depuratore oggi lavora al limite della normativa, è obsoleto e l’intervento di Acea dovrebbe garantirne un miglioramento generale della situazione, adeguando la tecnologia dell’impianto ed eliminando alcune tipologie di liquami trattati come i fanghi industriali e il percolato di discarica, lasciando solo il trattamento dei fanghi di depurazione.  Non sarebbe cosa da poco visto che il depuratore tratta oggi circa 70 mila tonnellate l’anno di reflui (delle tre tipologie citate), che negli anni ha dato spesso dei problemi e che l’autorizzazione è prossima alla scadenza. Se restasse così com’è, tra non molto probabilmente dovrebbe essere chiuso. Ma che fine farebbero i reflui fognari di una parte di Chiusi Scalo che oggi finiscono lì dentro? Per dire…

Secondo il Comitato (lo ha detto Scattoni), non è così: il depuratore continuerà a lavorare come adesso, sotto nuove insegne. Non più Bioecologia, ma Acea, che avrebbe semplicemente una quantità di fanghi da trattare a km zero. Le presunte migliorie sono una fandonia. O peggio… (e questa affermazione appare quantomeno avventata e poco rispettosa: non si può chiedere confronto e partecipazione e poi offendere e dare del bugiardo a chi dice cose diverse. Viene il dubbio che l’obiettivo vero della mobilitazione – almeno per alcuni – non sia il coinvolgimento della gente, ma qualcos’altro).

Chi la racconta giusta, Scattoni o Bettollini? Di sicuro il depuratore in quell’area c’è. E’ operante. E’ ai limiti delle norme, quindi potenzialmente a rischio. Tratta liquami industriali, chimici, e percolato di discarica, che è una delle cose più inquinate e inquinanti che esistano. Per il Comitato è poco credibile una amministrazione comunale che oggi scopre il problema Bioecologia, ma per anni lo ha negato. E questa è una considerazione politica legittima. Ma per chi come noi ha denunciato per anni i rischi di quel’impianto, prendendosi querele e minacce; per chi come noi ha reso noto il caso dell’inquinamento da Nichel, emerso proprio da un controllo a quel depuratore, il fatto che il Comune oggi ammetta e certifichi il problema può anche essere motivo di soddisfazione. Una vittoria, diciamo. Vero che c’è continuità politica tra le amministrazioni che si sono succedute dal 2002 ad oggi, ma Bettollini non è Scaramelli e nemmeno Ceccobao. Può accadere che uno cambi idea, prenda le distanze da posizioni precedenti o si convinca di cose diverse. E’ successo anche per l’Alta velocità, o no?

E’ una posizione strumentale, quella del Comune su Bioecologia, per favorire il progetto Acea? Può essere. Anche se fosse, però, la sostanza- nel merito –  non cambia: il problema depuratore di Bioecologia esiste e non sono più soltanto i soliti rompicoglioni a dirlo. E potrebbe considerarsi strumentale anche la posizione inversa, cioè quella di non riconoscere all’Amministrazione di aver cambiato linea, dando ragione a chi aveva sempre denunciato il problema e il rischio.

Qualcuno si è chiesto, anche all’assemblea di ieri, quale interesse abbia il Comune nell’accogliere un progetto del genere. Romanini, per il Comitato, su questo è stato preciso: il Comune aveva la necessità di rimettere in produzione l’area dismessa del centro carni, di bonificarla e metterla in sicurezza dal punto di vista idraulico. In più aveva il problema di sistemare il depuratore esistente, che serve anche una parte di Chiusi Scalo. Ha messo in vendita quell’area e si è presentata Acea con una proposta – ancora di massima – che garantisce la messa in sicurezza, la bonifica, la rimessa in produzione dell’area e l’adeguamento e/o sostituzione del depuratore, versando nelle casse comunali 2 milioni e mezzo di euro e investendone complessivamente circa 30.

Altro che due piccioni con una fava. Qui i piccioni sono parecchi. E belli grossi.

Il nodo è capire se il progetto Acea comporta dei rischi ambientali e sanitari oppure no. E se è compatibile con le vocazioni, le peculiarità e l’idea di futuro della città e del territorio circostante. Certo è, però, che Acea, come qualsiasi altra impresa, una volta visto il bando comunale, aveva tutto il diritto di partecipare e acquistare l’area. C’è il dubbio che non rispetti i “paletti” prefissati? Identico dubbio sussisterebbe per qualsiasi altra azienda industriale. Anche per una fabbrica di scatolette di tonno. Acea ha come maggior azionista un ente pubblico, per la precisione il Comune di Roma. Ciò può rappresentare una garanzia in più. Tanto più che il Comune di Roma non è gestito dallo stesso partito di Bettollini. Sarà per questo che i 5 Stelle, ufficialmente, dopo un iniziale battage contrario, oggi sono molto silenziosi sulla questione?

m.l.

 

 

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