GRANDI MANOVRE TRA LE BCC: NUOVE FUSIONI IN VISTA? MA QUALCUNO ACCELERA E QUALCUNO FRENA

GRANDI MANOVRE TRA LE BCC: NUOVE FUSIONI IN VISTA? MA QUALCUNO ACCELERA E QUALCUNO FRENA
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C’è movimento nel sistema bancario locale. Entro il 2018 dovrebbe andare a regime la riforma del sistema Banche di Credito Cooperativo e i vari istituti cercano di arrivarci nelle condizioni più favorevoli possibili, con il massimo della forza contrattuale. Come è noto infatti la riforma prevede la costituzione di una holding nazionale a cui le varie Bcc dovranno aderire. Al momento però le holding sono tre quella che fa capo a Iccrea e quelle di Trento e dell’alto Adige. Già nel 2016 ci sono state fusioni importanti, proprio per rispondere ai parametri della riforma. E la tendenza ad accorparsi e a trovare nuovi assetti non si è esaurita. Anzi potrebbe aprire, a breve, nuovi scenari.

Tra la fine del 2017 e i primi giorni di gennaio per esempio sembra ci siano stati contatti tra alcune BCC “confinanti” per iniziativa di Bcc Umbria.  Precisamente con Banca Valdichiana di Chiusi e Montepulciano, Banca Cras Siena e Bcc Anghiari. Obiettivo, quello di unire le forze e creare una Bcc unica con un’area di operatività vasta: dalla costa tirrenica grossetana e livornese all’Appennino (Gubbio), dall’alto Tevere umbro-toscano alla Valdichiana senese e aretina, da Perugia a Terni, passando per l’Orvietano, l’Amiata, la Valdorcia e il Trasimeno.

Una Bcc che per dimensioni sarebbe la seconda in Italia dopo Roma. E una presenza forte anche all’interno della futura holding nazionale, con più voce in capitolo di quanta non possano averne le singole Bcc attuali. Perché il rischio insito nella riforma è che il sistema Bcc magari si rafforzi, ma perda alcuni connotati e alcune peculiarità, come la territorialità o l’aspetto solidaristico-sociale. L’operazione ipotizzata da Bcc Umbria e dal suo presidente Giovagnola andava dunque nella direzione di una Bcc robusta nel centro Italia, con due città storicamente e culturalmente importanti come Siena e Perugia, con presenze a Terni, Orvieto, Città di Castello e Gubbio che sono certamente piazze rilevanti, sfiorando anche Livorno e Grosseto.

Insomma un piccolo colosso. Ma neanche tanto piccolo. E l’idea – pare – era anche di fare presto. Magari stringere il patto entro giugno-luglio e renderlo operativo con l’inizio del 2019.

Dopo i primi ‘pour parler’ e anche qualcosa di più, però due delle “consorelle” coinvolte nel ragionamento, prima Bcc Valdichiana Chiusi-Montepulciano, poi Bcc Anghiari si sarebbero sfilate.

Banca Valdichiana non ha ancora metabolizzato del tutto gli effetti  della fusione tra Chiusi e Montepulciano, con la componente chiusina che si sente messa sotto accusa e “decapitata”come succede dopo un’annessione più che un accorpamento alla pari. Anghiari sembra invece aver preferito rimanere com’è e magari affrontare il problema in altro momento. Fatto sta che il progetto Bcc centro Italia (se così si può definire) per ora si è un po’ raffreddato. Ma Bcc Umbria e Banca Cras non avrebbero comunque smesso di parlarsi e non è detto che se la fusione a 4 non si può fare, non si possa fare una fusione a 2, che sarebbe comunque un asset non da poco nel panorama umbro-toscano e non solo. Delle 4 Bcc sarebbero infatti le due più consistenti a mettersi insieme costituendo la sesta Bcc d’Italia. Le altre due rischierebbero, oggettivamente, un maggiore isolamento.

Vedremo come andrà. Per ora poco trapela fuori dalle stanze dei bottoni.

Ma il presidente della Bcc Umbria Giovagnola è uomo di esperienza, anche nel mondo bancario, e tenterà di riprendere la trattativa cercando di arrivare ad uno sbocco. Di sicuro non si darà per vinto e continuerà a tessera la sua tela, per non farsi trovare impreparato o in condizioni di debolezza dall’entrata in vigore della riforma che da opportunità, per le banche più piccole potrebbe rivelarsi una sorta di capestro.

Quanto alle due Bcc che si sarebbero defilate dal ragionamento, almeno in questa fase, non è chiaro se la decisione è tutta dei vertici o anche della base sociale. Prima della fusione con Montepulciano, ad esempio, una buona parte dei soci di Banca Valdichiana (all’epoca solo di Chiusi) guardava all’ipotesi di fusione con l’allora Crediumbria (adesso Bcc Umbria) con favore e come la più naturale delle fusioni… Poi sappiamo come è andata.  Sono state prese strade diverse e qualcuno ancora mugugna…

Certo una fusione a 4, con la costituzione di una Bcc unica che – come dicevamo – sarebbe la seconda a livello nazionale, farebbe tabula rasa delle beghe di bottega e di campanile, proiettando il nuovo soggetto in una dimensione sovraregionale e nazionale, anche dal punto di vista della governance.  In questo quadro un accordo stretto tra Bcc Umbria e Banca Valdichiana assicurerebbe all’area Montepulciano-Chiusi-Città della Pieve-Trasimeno un  ruolo di centralità anche geografica.

E il rilancio dell’idea di fusione delle regioni Umbria e Toscana (e magari le Marche) fatto dal presidente della Toscana Enrico Rossi a Castiglione del Lago martedì scorso, con chiaro riferimento al ruolo di cerniera della Valdichiana e del Trasimeno, all’importanza del nodo ferroviario e stradale di Chiusi, ai rapporti tra Coop Centro Italia e Coop Firenze, a quelli tra Terni e Piombino sulla siderurgia, sembra andare nella medesima direzione. Anzi sembra spingere nella medesima direzione.

Le bcc, come le forze politiche o le amministrazioni locali a questo punto possono decidere di accelerare o di frenare per ciò che riguarda il loro percorso. Ma frenare quando il mondo intorno accelera è un po’ rischioso.

m.l.

 

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