NON SOLO IL PERUGINO, ANCHE LUCA SIGNORELLI CI LASCIO’ 500 ANNI FA: IL SUO GIUDIZIO UNIVERSALE STREGO’ PURE FREUD

venerdì 13th, ottobre 2023 / 15:11
NON SOLO IL PERUGINO, ANCHE LUCA SIGNORELLI CI LASCIO’ 500 ANNI FA: IL SUO GIUDIZIO UNIVERSALE STREGO’ PURE FREUD
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Insieme al cinquecentenario della morte del Perugino, il 2023 è anche il cinquecentenario della morte di un altro grande pittore: Luca Signorelli. Anche lui figlio di queste nostre “terre mi di mezzo”, nato a Cortona (la data è incerta: tra il 1441 e il 1445) e morto nella città aretina il 15 ottobre. Tra due giorni saranno 500 anni esatti. Intorno ai 20 anni lavorò a Loreto e poco più che trentenne alle decorazioni della Cappella Sistina, come “aiuto” del Perugino… Dopo l’esperienza romana e liniziale soggiorno marchigiano, Luca Signorelli dipinse la Pala di Sant’Onofriuo nel Duomo di Perugia considerata una “summa” di citazioni di altri gramdi artisti (dal Perugino a Filippo Lippi, da Bottricelli e Piero Della Francesca, a Donatello…) coi quali era entrato i contatto. Più tard lavcirò a Volterra e a Firenze, con la Committenza dei Medici.  Con la morte di Lorenzo il Magnifico (1492) e la cacciata di Piero de’ Medici (1494), Signorelli, fortemente legato alla committenza del partito medicea lasciò la città, dedicandosi, senza interruzioni, a numerose commissioni in provincia: in Umbria, soprattutto a Città di Castello, nelle Marche (di nuovo a Loreto) e nel contado senese, dove attese a una parte del vasto ciclo nel Chiostro Maggiore del Monastero di Monte Oliveto Maggiore.È in questo periodo, la fine del ‘400, che Signorelli divenne anche titolare di un’efficiente bottega che in Italia era seconda solo a quella del Perugino. 

Di Città di Castello divenne cittadino onorario nel 1488, e nalla città dell’alto Tevere dipinse opere come   l’Adorazione dei Magi, oggi al Louvre  e l’Adorazione dei pastori, alla National Gallery di Londra, in cui domina un approccio più sbrigativo, in parte eseguito dalla bottega, ma reso accattivante da citazioni disinvolte di Perugino, dei Fiamminghi e di altri artisti.  Nella città umbra Signorelli dipinse anche una serie di ritratti dei Vitelli, signori locali, che permisero al pittore la più libera manovra, fino al passaggio di consegne a favore del giovane Raffaello, sul finire del secolo. Vedi lo “Sposalizio della Vergine” dipinto per la Chiesa di San Francesco dall’Urbinate.

Nel 1497 venne Signorelli venne chiamato ad affrescare il Chiostro Grande dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggire  pressp Asciano, nel senese, dall’abate e generale degli Olivetani fra Domenico Airoldi. Tem: le Storie di san Benedetto.

Ma l’opera più famosa e celebrata di Luca Signorelli è senza dubbio il “Giudizio Universale” dipinto nella Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto. 

Così ne scrive Vasari nel suo “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)”: Nella Madonna d’Orvieto, chiesa principale, finì di sua mano la cappella, che già vi aveva cominciato fra’ Giovanni da Fiesole; nella quale fece tutte le storie della fine del mondo con bizzarra e capriciosa invenzione: Angeli, demoni, rovine, terremuoti, fuochi, miracoli d’anticristo, e molte altre cose simili; oltre ciò, ignudi, scorti e molte belle figure, immaginandosi il terrore che sarà in quello estremo e tremendo giorno. Per lo che destò l’animo a tutti quelli che sono stati dopo lui, onde hanno poi trovato agevoli le difficultà di quella maniera. Onde io non mi maraviglio se l’opere di Luca furono da Michelagnolo sempre sommamente lodate, né se in alcune cose del suo divino Giudizio, che fece nella cappella, furono da lui gentilmente tolte in parte dall’invenzioni di Luca, come sono Angeli, demoni, l’ordine de’ cieli et altre cose, nelle quali esso Michelagnolo immitò l’andar di Luca, come può vedere ognuno. Ritrasse Luca nella sopra detta opera molti amici suoi e se stesso: Niccolò, Paulo e Vitellozzo Vitelli, Giovan Paulo et Orazio Baglioni et altri, che non si sanno i nomi. … Chiamato poi dal detto papa Sisto a lavorare nella cappella del palazzo, a concorrenza di tanti pittori, dipinse in quella due storie, che fra tante, son tenute le migliori: l’una è il testamento di Mosè al popolo ebreo nell’avere veduto la terra di promessione; e l’altra la morte sua.

Insomma Vasari indica in Luca Signorelli addirittura il modello cui Michelangelo ha “attinto” per dipingere la Cappella Sistina.

Pare che la scelta della Chiesa di Orvieto di affidare l’opera al Signorelli fu dovutaa ragioni economiche. Il prezzo proposto dal cortonese era infatti inferiore e “più discreto” di quello che aveva avanzato il Perugino, che notoriamenmte era piuttosto venale e che la tirò parecchio per le lunghe, perdendo alla fine l’appalto.

Nei “Racconti dell’ultimo giorno”, molti vi hanno colto un riferimento agli avvenimenti contemporanei fiorentini, con Savonarola, il “falso profeta”, che seduce la folla prima di venire smascherato e condannato al rogo: Orvieto dopotutto, da città papalista, non poteva che schierarsi con la decisione del Papa Alessandro VI e lo stesso Signorelli, già protetto dai Medici, doveva considerarsi un esule politico dopo la cacciata di Piero de ‘ Medici spronata dal frate ferrarese. Nella scena Signorelli si auto-ritrasse a lato, in piedi con lo sguardo fiero, “come un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere l’applauso” (così scrive lo storico dell’arte Antonio Paolucci ).

Nel 1502 stando al racconto del Vasari, Signorelli perse il figlio Antonio nel fiore degli anni per via della peste che infuriava a Cortona. Per quanto sconvolto della perdita, il pittore si sarebbe recato a vedere il corpo e, chiedendo di spogliarlo, lo ritrasse “con grandissima constanza d’animo, senza piangere o gettar lacrima […], per vedere sempre che volesse, mediante l’opera delle sue mani quella che la natura gli aveva dato e tolto la nimica fortuna”.

Alcuni hanno voluto vedere nel Compianto sul Cristo morto di Cortona e nella sua replica autografa di lì a poco nella Cappellina dei Corpi Santi sempre nel Duomo di Orvieto il ritratto del figlio morto nella figura del Cristo morto.

Verso i cinquant’anni Signorelli era nel pieno delle forze e all’apice della celebrità grazie al successo professionale degli affreschi orvietani. Rivestì ancche importanti ruoli nell’amministrazione politica di Cortona e tessendo proficui rapporti di amichevole confidenza con alcuni importanti personaggi, come i  Vitelli di Città di Castello, i Piccolomini e Pandolfo Petrucci del quale decorò il palazzo senese con Pinturicchio.

Insomma era amico e vicino ad alcuni di quelli che ordirono la famosa Congiura di Magione contro Cesare Borgia, finita nel sangue. Vitellozzo Vitelli ci rimise la pelle. I senesi si sfilarono appena in tempo…

Ma era amico anche di altri artisti quali Bramante, Perugino e Pinturicchio. Che all’epoca erano delle vere e proprie star.

Nel 1509 tenne battesimo il figlio del Pinturicchio. E con Michelangelo ebbe una piccola controversia legale, per un prestito non restituito, il che conferma che avesse rapporti familiari anche con lui. Vasari nelle “Vite”, descrive Signorelli quale uomo brillante, piacevole, estroverso, pieno di amici e amante del “vestir bene” e della vita agiata. In sostanza una pop star del ‘500.

Si narra che Sigmund Freud alla fine dell’800, osservando il dipinto del Signorelli nel Duomo di Orvieto, abbia trovato nelle scene del giudizio universale e in quel gioco di specchi (l’autoritratto stesso dell’artista che poi si ritrova in un demone, la prostituta prima pagata da un mercante ebreo e poi preda anche lei di un demone…) alcune intuizioni per le sue teorie. C’è pure chi nei dipinti di Luca Signorelli (soprattutto quelli del Duomo di Orvieto) ha voluto vedere il sarcasmo di un artista verso le nefandezze politiche del suo tempo.

Famosa una disquisizione che ne fece Palmiro Togliatti, storico segretario del Partito Comunista Italiano, negli anni ’50. All’epoca – negli anni ’50-60 – la politica amava disquisire anche sui dipinti del ‘500, vi trovava spunti di riflessione sul pensiero critico, sulla laicità dello stato, sull’arte come mezzo straordinario per parlare dell’attualità. E i politici come Togliatti o Mario Alicata lo facevano insieme agli artisti come Guttuso, ai poeti come Quasimodo e Montale, agli scrittori come Calvino, Vittorini, Pavese, Pasolini, Cassola, Bianciardi,  a scultori come Emilio Greco, che poco dopo, nel 1970 realizzò le porte del Duomo di Orvieto inseguendo Signorelli.

Difficile oggi pensare a Giorgia Meloni, Salvini, Elly Schlein, Crosetto  o Fratoianni immersi in una disquisizione sui dipinti della cappella di San Brizio o anche solo su un murale di Banksy.

m.l.

 

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