E’ MORTA ROSSANA ROSSANDA. MI RICORDO ANCORA QUELLA BRUTTA PAROLA “RADIAZIONE”

domenica 20th, settembre 2020 / 16:13
in Cronaca
E’ MORTA ROSSANA ROSSANDA. MI RICORDO ANCORA QUELLA BRUTTA PAROLA “RADIAZIONE”
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CHIUSI – Del ’68-69 io ricordo molte cose: il secondo scudetto della Fiorentina, il maggio francese e in Italia l’autunno caldo, l’invasione di Praga da parte dei carriarmati sovietici, l’assassinio di Bob Kennedy e Martin Luther King e una vicenda di cui sentivo parlare in casa, ma che francamente, da ragazzino di 12 -13 anni non capivo bene… Si trattava di una “radiazione”, parola che non avevo mai sentito prima, ma che in casa, una casa di comunisti militanti, non era considerata una bella parola. Significava che che qualcuno  era stato allontanato, cacciato, privato di qualcosa… Un po’ come la degradazione per i militari, quando ti strappano le mostrine davanti al plotone… Una roba triste. Amara.

In casa, i miei erano comunisti e allora essere comunisti voleva dire che il partito veniva prima di molte altre cose, se non di tutte, e i miei erano comunisti fedeli alla linea, come quasi tutti. Ma quella storia, quella “radiazione” non l’avevano presa bene, sembrò anche a loro una ferita di quelle che lasciano il segno e sanguinano per anni, che non si rimarginano mai…

Era la vicenda del gruppo del Manifesto, radiato, appunto, dal Pci. Dirigenti di primo piano, amati e stimati, cacciati dal partito. Una cosa che era già successa ad altri negli anni ’30 e ricordava le “purghe staliniane”…

Di quel gruppo facevano parte Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino parlato, Lucio Magri, Luciana Castellina e sopratutto Rossana Rossanda, partigiana, chiamata da Togliatti al ruolo di responsabile della politica culturale del Pci, deputata dal 1963.

Rossana Rossanda è morta la note scorsa a Roma. Aveva 96 anni. E a 96 anni la morte è nell’ordine delle cose. Ma per la politica e la cultura italiana, per la sinistra e la cultura di sinistra di questo Paese (ma non solo) la scomparsa di Rossana Rossanda è comunque una perdita grave. Enorme. Perché per 70 anni è stata una figura di spicco del pensiero antagonista, ma anche del pensiero libero, lontano, lontanissimo dal pensiero unico dilagante. Una mente lucidissima, anche nella vecchiaia, che non ha mai fatto mancare le sue riflessioni, talvolta complicate, ma sempre profonde e puntuali, sulle dinamiche del mondo del lavoro, sulla sinistra, sull’universo e le tematiche femminili.

E’ stata, Rossana Rossanda, tra i fondatori  e direttrice de il Manifesto ed è stata una delle voci femministe più autorevoli, in Italia e on Europa.

Politica, giornalista, scrittrice, ha scelto per anni di vivere a Parigi, segnando un distacco anche dal suo giornale, che martedì le dedicherà un’edizione straordinaria… Certe rotture avvengono, ma poi alla fine rimane sempre un filo rosso (in questo caso rosso si può dire con ragione) che tiene acceso un legame. Come il gruppo de il Manifesto lo ha sempre tenuto in qualche modo, con il Pci, nonostante tutto. Tante volte il Pdup (il partito del Manifesto) ha stretto patti elettorali col il Pci; Luciana Castellina all’epoca della radiazione era la moglie di Alfredo Reichlin;  Berlinguer una volta diventato segretario del Pci, disse di Pintor suo conterraneo e amico, che era il miglior giornalista italiano. E Rossanda non era da meno.

Meno tranchant, meno “giornalista” di Pintor e Parlato, ma forse più dirigente politico, “donna di pensiero”, un pensiero lungo. Una “ragazza del secolo scorso” (come si è definita in una autobiografia) che è rimasta al pezzo anche nel secolo attuale, fin oltre i 90 anni. Per quelli della mia generazione, anche quelli che stavano nel Pci e non nel partito del Manifesto, Rossana Rossanda è sempre stata un punto di riferimento e una voce da ascoltare.

Marco Loerenzoni

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