GIORNATA DEL RICORDO: LE FOIBE E I CRIMINI DI GUERRA DEGLI ITALIANI. I CAMPI DEL DUCE ANCHE VICINO CASA NOSTRA

lunedì 10th, febbraio 2020 / 13:01
GIORNATA DEL RICORDO: LE FOIBE E I CRIMINI DI GUERRA DEGLI ITALIANI. I CAMPI DEL DUCE ANCHE VICINO CASA NOSTRA
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Oggi 10 febbraio si celebra, come ogni anno dal 2005, il Giorno del Ricordo. Ovvero il ricordo delle vittime delle Foibe. Le cavità carsiche, in cui i partigiani di Tito gettarono migliaia di soldati e civili italiani nella zona che oggi è Friuli Venezia Giulia, Slovenia e nord della Croazia, durante la seconda guerra mondiale e anche nell’immediato dopoguerra. Una storia tragica, frutto dell’atrocità della guerra. Qualcuno dice oggi della ferocia dei comunisti. Perché i partigiani titini erano per lo più comunisti. Ma è errato definire quei massacri come la conseguenza di una ideologia politica o di odio etnico, quindi di una ideologia nazionalista e antiitaliana. Anche tra i partigiani jugoslavi c’erano ad esempio moltissimi soldati italiani del regio esercito, sbandati dopo l’8 settembre ’43 e passati con la Resistenza, c’erano civili italiani, comunisti, ma non solo. E c’erano soldati e civili anche di altri paesi.

Quella delle foibe è una storia rimasta a lungo dimenticata e taciuta. Ma non per fare un piacere ai comunisti, quanto, perché la questione di Trieste e del Confine Orientale è rimasta aperta fino al 1954, e perché quei massacri (si parla di circa 11 mila persone trucidate) traevano origini dalla politica italiana e dall’azione militare degli italiani nei Balcani. Prima dei partigiani del Colonnello Tito, la pulizia etnica in Slovenia, Dalmazia, Montenegro l’avevano fatta i militari del Duce, occupando quelle terre, annettendole al Regno d’Italia con la forza, deportando e massacrando migliaia di civili, comprese donne,vecchi e bambini. I generali Emilio Grazioli, Mario Robotti, Mario Roatta sono stati dei criminali di guerra, al pari dei nazisti che perpetrarono stragi come quelle di Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, le Ardeatine o Civitella in Valdichiana. 

Ma nessun militare italiano è mai stato processato da un tribunale per la pulizia etnica praticata nei Balcani.

L’Italia si è assolta da sola e l’amnistia del dopoguerra voluta da Togliatti, non ha permesso neppure di conservare la memoria giudiziaria dei fatti. Ma l’Italia non è senza peccato. E così come le stragi naziste e fasciste sono state spesso descritte come atti di rappresaglia per azioni partigiane, così i massacri delle foibe hanno avuto alla base lo stesso germe, la rappresaglia, la risposta ad azioni della parte avversa.

Alessandra Kersevan, ex insegnante di scuola media in Friuli, ricercatrice a contratto in didattica delle lingue all’Università di Trieste, ha pubblicato, con il contributo del Comune di Gonars, uno straordinario studio sul campo di concentramento fascista di quel paese, ricostruendo tutta la storia della “pulizia etnica all’italiana” in Slovenia e in Croazia.
Spiega la Kersevan: “Ho lavorato per 15 anni negli archivi sloveni a Lubiana, all’archivio di Stato di Udine e in quelli dell’Esercito italiano a Roma. Gonars è una faccenda tutta italiana. Tra il 1942 e il ’43 vennero internate migliaia di persone, rastrellate dall’Esercito italiano, donne, vecchi, bambini. Quasi 500 morirono in pochi mesi”.
Ma Gonars, come le altre decine di campi di concentramento fascisti, rimase invisibile nell’Italia del dopoguerra.

Spiega il professor Spartaco Capogreco, docente alla facoltà di Scienze politiche dell’Università della Calabria, il maggior esperto dei campi di concentramento fascisti: “E’ una storia di minimizzazioni e amnesie, che hanno offuscato gravi e precise responsabilità e che hanno contribuito all’affermazione di un pregiudizio, quello della naturale bontà del soldato italiano. Va anche rilevato il potente effetto assolutorio di Auschwitz nei confronti degli altri campi di concentramento. Ma ciò non giustifica l’oblio, né della politica di internamento fascista né della pulizia etnica all’italiana”.

Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942, Roatta, Robotti e Grazioli fanno circondare Lubiana con reticolati di filo spinato: la città diventa così un immenso campo di concentramento. Robotti spiega al Duce il suo “metodo deciso”: “Gli uomini sono nulla”, e comunica la sua intenzione di “arrestare in blocco gli studenti di Lubiana”. I rastrellamenti sono operati dai Granatieri di Sardegna. Il generale Orlando, comandante della divisione, prevede lo sgombero delle persone “prescindendo dalla loro colpevolezza”.
Alla fine di giugno Orlando comunica che con l’arresto di “5.858 persone si è tolto dalla circolazione un quarto della popolazione civile di Lubiana”. Scrive il tenente dei Carabinieri Giovanni De Filippis in un promemoria che Alessandra Kersevan ha rintracciato a Roma: “Continua caotico e disorientato il procedimento dei fermi… La popolazione vive in uno stato di vero incubo”.
La filosofia della pulizia etnica era stata indicata nella circolare “3C” del generale Roatta: “Internamento di intere famiglie, uso di ostaggi, distruzione di abitati e confisca di beni”.
Il 24 agosto 1942 Grazioli prospettava al ministero dell’Interno “l’internamento di massa della popolazione slovena” e la sua “sostituzione con la popolazione italiana”. Robotti spiega ai comandanti: “Non importa se all’interrogatorio si ha la sensazione di persone innocue. Quindi sgombero totalitario. Dove passate, levatevi dai piedi tutta la gente che può spararci nella schiena. Non vi preoccupate dei disagi della popolazione. Questo stato di cose l’ha voluto lei, quindi paghi”.
In un altro rapporto, Robotti lamentava: “Si ammazza troppo poco”. Roatta raccomandava l’uso dell’aviazione e dei lanciafiamme per distruggere i paesi.
Il campo di Gonars, allestito per gli arrestati sloveni, in poche settimane è pieno. In estate viene approntato in fretta e furia il campo di tende sull’isola di Rab: donne, vecchi e bambini sono ospitati in condizioni disumane.
Il vescovo di Krk, monsignor Srebnic, il 5 agosto 1943 in una lettera al Papa parlerà di più di “1.200 internati morti”. Alla fine del 1942 il sottosegretario all’Interno Buffarini dа notizia al Duce che “50.000 elementi sloveni” sono stati internati in Italia. La Diocesi di Lubiana fece intervenire anche il Vaticano che però minimizza…

La ricostruziojne della Kersevan, riporta anche la notizia che il segretario dell’arcivescovo di Zagabria Stepinac, don Lackovic, nel ’43 denuncia alla Croce Rossa italiana che a “Gonars si trovano oltre 4.000 croati, in maggioranza donne e bambine che soffrono molto e muoiono in gran numero”. E che il 27 marzo 1943 il prefetto di Udine impone all’Autorità ecclesiastica di bloccare i pacchi per evitare che “aiuti siano prodigati a una razza siffatta che non ha mai nutrito, né nutre, sentimenti favorevoli all’Italia”. E a Lubiana Grazioli ordina di “far cessare ogni assistenza in favore degli internati”.

Slavko Malnar, ex internato a Gonars, ha raccontato alla Kersevan: “Avevo 6 anni e pesavo 13 chili. Con altri bambini cercavamo il cibo nei bidoni della spazzatura. Se trovavamo qualche grosso osso lo spaccavamo per succhiare il midollo. Mia madre era incinta. Mio fratellino è nato il 3 febbraio 1943. E’ morto qualche mese dopo”. Poi c’erano le punizioni, le torture, insomma, l’orrore di ogni campo di concentramento.

Insomma, eccidi, deportazioni, fucilazioni di massa, uso di gas contro i civili. Solo nella provincia di Lubiana in 29 mesi di occupazione italiana vennero fucilati o come ostaggi o durante operazioni di rastrellamento circa 5.000 civili, ai quali vanno aggiunti 200 bruciati vivi o massacrati in modo diverso, 900 partigiani catturati e fucilati e oltre 7.000 (su 33.000 deportati) persone, in buona parte anziani, donne e bambini, morti nei campi di concentramento. In totale quindi si arrivò alla cifra di circa 13.100 persone uccise su un totale di circa 340.000. Questo in terra juogoslava… A Gonars, un sacrario allestito nel cimitero del paese ricorda 400 internati, che sono sepolti lì.. Ma la questione non riguarda solo ciò che successe nei Balcani con l’Occupazione italiana.

In un articolo del 10 febbraio 2014 su queste stesse colonne si parlava dei campi del Duce, ovvero dei campi di concentramento fascisti, sparsi in varie regioni italiane, nei quali vennero internati e deportati a migliaia soldati e civili jugoslavi. Il più famoso è quello di Fossoli in provincia di Forlì,ma ce ne erano alcuni anche in Umbria e Toscana. Anche in questo territorio. Ad esempio a Colfiorito, Pietrafitta, Tavernelle, Castello Sereni (oggi Castiglion della Valle nel comune di Marsciano,  ma a pochi chilometri da Tavernelle e Pietrafitta), Ellera

Parliamo di località a 15, 20, 40, 80 km da Chiusi. Un tiro di schioppo.

I prigionieri slavi internati in quest’ultimo e nei campi di Pietrafitta e Castello Sereni   furono impiegati per la miniera di lignite e per la costruzione della linea ferroviaria Ellera-Tavernelle, attiva fino agli anni ’60.  I campi di Tavernelle e Pietrafitta, nei comuni di Panicale e Piegaro, si trovavano nella zona in cui più tardi è sorta a centrale Enel. Gli abitanti più anziani del luogo ancora ricordano che  “c’era un campo di zingari… “. Non erano zingari, erano soldati e civili sloveni, montenegrini e croati presi prigionieri dall’esercito fascista durante l’occupazione del Balcani: nel settembre ’43, quando dopo l’armistizio i campi furono abbandonati, i prigionieri erano 103 a Castello Sereni; 274 a Pietrafitta e Tavernelle, 51 ad Ellera.  Secondo i dati della Croce Rossa Internazionale solo i civili slavi internati dall’esercito italiano furono più di 100 mila. Così, tanto per ricordare.

Tutti i protagonisti di questa vicenda non sono mai stati incriminati: Emilio Grazioli venne arrestato dopo la guerra per due eccidi commessi in provincia di Ravenna. Le accuse circa il suo operato a Lubiana non vennero menzionate. Tornato subito in libertà, sparì.
Dei vari comandanti del campo di Gonars solo l’ultimo, il capitano Macchi, noto per la sua ferocia, venne ucciso dai partigiani nel 1944. Il generale Robotti è morto ed è stato dimenticato.
Il generale Roatta riparò in Spagna. Poi usufruì di un’amnistia. Una sua foto è tuttora appesa alle pareti dell’Archivio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito

Giusto ricordare le vittime delle foibe e dell’assurda equazione italiani= fascisti fatta dai partigiani di Tito, ma ciò non deve costituire una mistificazione della storia. Quindi vanno ricordati anche i crimini di guerra degli italiani, che non sempre sono stati brava gente.

m.l.

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