13 MAGGIO ’74, L’ITALIA SI SVEGLIO’ MENO BACCHETTONA E MENO FASCISTA

lunedì 13th, maggio 2024 / 13:44
13 MAGGIO ’74, L’ITALIA SI SVEGLIO’ MENO BACCHETTONA E MENO FASCISTA
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Quella per il referendum sul divorzio del 1974 fu la prima campagna elettorale che feci da “militante”. Avevo 18 anni. E’ passato mezzo secolo, sembra un secolo intero. All’epoca simpatizzavo per l’estrema sinistra, quella che veniva definita extraparlamentare, anche se riconoscevo che senza “il grande partito comunista di Gramsci, Togliatti,Longo e Berlinguer” certe battaglie non si potevano vincere. E infatti quella referendaria fu una battaglia vinta grazie all’entrata in campo del Pci, con tutte le sue forze, accanto alla sinistra radical socialista e libertaria.

Ci mise un po’ il Pci a decidersi a fare quella scelta, perchè il Pci nel 1974 era ancora una specie di chiesa, con molti cattolici nelle sue fila. Il voto dei cattolici preoccupava i vertici del partito. Invece il 12 maggio, le urne fotografarono finalmente un’Italia meno bacchettona, meno retrograda, meno maschilista, meno fascista.

Non solo i cattolici del Pci e della “sinistra indipendente” ma anche una parte di cattolici della Dc votarono contro l’abrogazione della legge sul divorzio. Fu una vittoria di civiltà, delle femministe che per la prima volta si affacciarono prepotentemente sulla scena politica italiana, del mondo laico e liberal, del Partito Radicale di Pannella, anch’esso per la prima volta assurto agli onori delle cronache non più come una formazione marginale, di testate giornalistiche progressiste cone l’Espresso. Fu una vittoria di tutta la sinistra, almeno su questo tema non divisa e della destra liberale, non confessionale e non filofascista. I due firmatari della legge erano uno socialista e l’altro liberale.

A volere il referedum, il primo referendum abrogativo della storia repubblicana, contro la Legge Fortuna-Baslini che rendeva possibile divorziare, erano stati alcuni ambienti cattolici integralisti che mal avevano digerito il Concilio Vaticano II, la Dc guidata da Amintore Fanfani e la destra fascista rappresentata dal Msi di Giorgio Almirante.

La vittoria del NO al referendum del ’74 sul divorzio fu la prima di una serie di conquiste sempre sul tema dei diritti civili e sociali che fecero del decennio degli anni ’70 un periodo esaltante: il nuovo diritto di famiglia, i decreti delegati nella scuola, la riforma sanitaria, la legge 194 sull’aborto…  Nel 1970 c’era già stata l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori.

Ovvio che tutto ciò fu possibile anche perché la sinistrta e il Pci in particolare allora crescevano.

Ora si può dire: il Pci però non sempre si mostrò al passo con quelle “novità”, in qualche caso le osteggiò addirittura, capendone solo più tardi il valore. Si può dire anche che quelle conquiste erano in qualche modo conseguenza delle lotte operaie e studentesche del ’68 e dell’autunno caldo, della “liberazione sessuale” veicolata dal femminismo, ma anche di certe intuizioni del riformismo “liberal” dei governi di centro sinistra dei primi anni ’60…

Stupì che proprio Fanfani che di quei governi fu uno dei principali protagonisti, sul fronte Dc, sul divorzio si trovò ad appiattirsi sulla linea dei comitati civici e della parte più retriva del cattolicesimo italiano, mentre buona parte del mondo cattolico stava ormai guardando altrove, verso il progressimo,grazie a figure come Don Milani, La Pira, Dossetti da un lato e Pierre Carniti, Domenico Rosati e un certo sindacalismo Cisl e Acli dall’altro…  La stessa “sinistra indipendente” che in quegli anni portava in parlamento (a fianco del Pci) figure di primissimo piano della cultura, del giornalismo, del femminismo, della politica annoverava insieme a esponenti del mondo laico e socialista anche molti cattolici: Raniero La Valle, Adriano Ossicini, Mario Gozzini, Wladimiro Dorigo, Ettore Masina…

Quella del referendum sul divorzio fu un grande autogol per la destra italiana. Poi ripetuto quache anno dopo, nel 1981, con il tentativo di affossare la Legge 194 sull’aborto approvata dal Parlamento nel ’78 nel pieno del tumulto che seguì al rapimento di Aldo Moro.  Anche il quel caso il quesito “abrogativo” proposto dal Movimento per la Vita (e appoggiata da Dc e Msi) fu bocciato con il 68% dei voti. Oltre 21 milioni di persone si recarono ai seggi per difendere la legge 194, più del doppio di coloro che votarono a favore della sua quasi totale eliminazione.

Poi però l’uccisione di Moro, l’eplosione del terrorismo, le stragi di Stato, la morte prematura e improvvisa di Berlinguer nel 1984, fermarono quel processso riformatore che sembrava inarrestabile. Da allora è stata solo una lunga e inesorabile discesa all’indietro. Tant’è che oggi, a distanza di 50 anni dal referendum del ’74 e a 43 da quello sull’aborto, siamo ancora a discutere e a dover difendere leggi dello stato dagli attacchi forsennati della parte più retriva e fascista del paese. Con una differenza rispetto ad allora: che adesso la destra post fascista è al governo del Paese. E la sinistra che all’epoca cresceva elettoralmente ed era senza dubbio egemone dal punto di vista culturale non esiste più.

m.l.

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