DOPO IL QUIRINALE I BRONZI DI SAN CASCIANO VANNO A NAPOLI. MA PERCHE’ NON ANCHE A CHIUSI? SAREBBE LA SEDE NATURALE
L’ESPOSIZIONE NEL TERRITORIO AIUTEREBBE LA CANDIDATURA DELLA VALDICHIANA SENESE A CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2026.
Come annunciato dal Direttore generale dei Musei del MiC Massimo Osanna, la mostra “Gli dei ritornano. I bronzi di San Casciano”, dopo il Quirinale, verrà allestita a fine gennaio negli spazi espositivi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Così il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “Questi reperti eccezionali, che ci parlano di un passato in cui i mondi romano ed etrusco si riconoscevano nelle medesime tradizioni, hanno la capacità di riconnetterci alle nostre più antiche radici. In attesa del loro ritorno nel luogo da cui sono emersi, dove verranno ospitati in un museo per il quale abbiamo già acquistato l’edificio in cui ogni tipo di pubblico potrà comprendere il significato di questa scoperta straordinaria, ora sarà Napoli ad accogliere ‘Gli dei ritornano’. I visitatori del MANN avranno così l’opportunità di ammirare questi tesori, restituiti a noi dalla terra e dall’acqua in cui erano celati”.
L’esposizione, curata da Jacopo Tabolli, direttore scientifico degli scavi al “Santuario Ritrovato” di San Casciano dei Bagni e professore di Etruscologia dell’Università per Stranieri di Siena, e da Massimo Osanna, Direttore generale dei Musei del MiC, resterà al MANN per tre mesi.
Bene, è una buona notizia, perché l’esposizione al Museo di Napoli farà conoscere i reperti di San Casciano ad una città importante e ad un pubblico vasto. Tutta pubblicità, verrebbe da dire.
Ma allora perché invece che a Napoli o meglio, oltre che a Napoli, i bronzi e gli altri tesori rinvenuti nello scavo del Bagno Grande, in attesa del Museo che li ospiterà in via definitiva, non vengono esposti temporanamente anche al Museo Nazionale Archeologico di Chiusi? Tra l’altro sarebbe non solo il “nazionale” più vicino al luogo del ritrovamento, ma anche la sede naturale, essendo il Santuario ritrovato un sito ricandente in quello che era definito dagli etruschi e dai romani l’agro chiusino, cioè il territorio dell’antica città di Chiusi.
Certo, a Chiusi, i reperti del Bagno Grande verrebbero probabilmente visti da un numero di persone inferiore a quello che potrà ammirarli a Napoli, è una questione artitmetica, di bacino di utenza, di dimensioni del contesto. Quindi come abbiamo già scritto, va benissimo Napoli. Ma non sarebbe un’eresia se poi venissero esposti anche a Chiusi.
Al contrario sarebbe un atto di giustizia verso il territorio, verso un museo importante come quello di Chiusi (i cui reperti sono in mostra a Tbilisi, in Georgia fin al 31 marzo), verso la storia di una città che dominava l’area che va da Orvieto a Cortona, dai confini di Perugia fino alla zona di Paganico sulla strada che da Chiusi porta al mare…).
Il sindaco e l’assessore alla cultura del comune di Chiusi, che di mestiere fa l’archeologo ed è uno degli artefici del ritrovamento di San Casciano Bagni e con loro il direttore del Museo, chiedano al Ministro Sangiuliano che dopo Napoli i bronzi di San Casciano facciano tappa anche al Museo Nazionale di Chiusi. E se il ministro dirà di no, dovrà anche spiegare il perché. Non sarà facilissimo… L’Unione dei Comuni della Valdichiana senese risulta tra le 10 finaliste per il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2026 (insieme ad Agnone, Alba, Gaeta, L’Aquila, Latina, Lucera, Maratea, Rimini e Treviso), data l’eco mediatica del ritrovamento di San Casciano, l’esposizione dei tesori del Bagno Grande anche a Chiusi potrebbe dare una mano a spuntarla. Ci vorrebbe che l’Unione dei Comuni sostenesse la richiesta…
m.l.
Sono d’accordo con la proposta fatta nell’articolo di provare a chiedere che i reperti di San Casciano vengano esposti anche a Chiusi. Se fosse possibile sarebbe veramente un evento notevole per il nostro territorio.
Proveremo a fare una proposta formale.
Grazie. Se esce fuori una proposta formale è meglio.
Concordo ovviamente con l’iniziativa, tanto più alla luce della vicenda di statizzazione del Museo di Chiusi, approvata con L. 31 dicembre 1962 n. 1847 (G.U. parte I n. 25 del 28 gennaio 1963) con cui il Comune di Chiusi trasferiva in proprietà allo Stato le collezioni del proprio museo civico ed in comodato perpetuo e gratuito l’immobile della sua sede; infatti nella convenzione sottoscritta tra il Sindaco di Chiusi Ilario Rosati ed il Soprintendente alle Antichità dell’Etruria prof. Giacomo Caputo, approvata con la suddetta legge istitutiva e ad essa allegata, l’art. 6 statuisce che “Tutte le cose ed oggetti di carattere artistico, archeologico, paleontologico, eccetera che saranno rinvenuti nella zona di Chiusi, sia in conseguenza di scavi, sia di scoperta casuale e non suscettibili di proprietà privata, saranno assegnati e sistemati nel Museo Nazionale Etrusco di Chiusi divenendo dotazione del medesimo”. Nell’occasione, in un contesto di per sé rigoroso come quello giuridico, per definire l’ambito territoriale dei ritrovamente che l’articolo disciplina non a caso si usa la dizione “zona di Chiusi” e non “territorio comunale”, ambito diverso da quello della giurisdizione archeologica, che tende a riflettere non tanto la realtà politico-amministrativa ma piuttosto quella di un’unità storico-culturale attestata dalle testimonianze archeologiche. Non è questa peraltro la sede per mettere in discussione le scelte che in un passato più o meno recente, con valide ragioni e tanto più in una accattivante prospettiva di rete territoriale, hanno portato alla nascita di più musei civici nei dintorni, a cui fra l’altro si sono legate le più clamorose scoperte dell’ultimo mezzo secolo nel territorio che nel passato fu quello della lucumonia e poi città romana e ducato longobardo di Chiusi. il mio intervento mira essenzialmente a offrire una motivazione anche sotto il profilo giuridico all’istanza volta ad ottenere l’esposizione temporanea nel Museo Nazionale Etrusco di Chiusi degli ormai famosissimi “bronzi di S. Casciano”. Voglio semmai sottolineare in chiusura che potrebbe essere opposta una ragione pratica con risvolti finanziari, cioè la mancanza di spazi attrezzati idonei ad ospitare la mostra.
Grazie Roberto, hai fornito una “pezza d’appoggio” interessante e sostanziale non solo a noi che abbiamo lanciato la proposta, ma anche a chi vorrà sostenerla a livello istituzionale. Se qualcuno lo farà.
J’espère! Potrebbe essere l’occasione per definire meglio i modi per promuovere meglio le risorse archeologiche del territorio mettendole a confronto col quadro di riferimento storico e artistico a cui il Museo Nazionale Etrusco di Chiusi è vocato e già offre e potrebbe offrire, ad esempio con gli scavi urbani. Un’esperienza dunque replicabile e, anche per la migliore logistica che Chiusi ha e possiede in potenza, capace poi di orientare e distribuire nei centri del territorio circostante e quindi ai rispettivi musei e contesti archeologici gli specifici flussi turistici. La rete museale della Valdichiana Senese fin qui sviluppatasi sotto l’ala della Fondazione Musei Senesi sarebbe più rete vitale e l’altra ora molto più spennacchiata della Fondazione MPS, potrebbe veramente la sua zoppìa di origine, che ha tenuto fuori il Museo Nazionale di Chiusi, magari per scelte politico-gestionali diverse di Stato ed Enti locali, anche se poi il museo nazionale di Chiusi col suo laboratorio di restauro ha fornito un contributo essenziale agli allestimenti dei vari musei locali. Senza il Museo di Chiusi, nato Civico, per iniziativa e gran parte delle risorse di propri cittadini, e consegnato già ricco di collezioni allo Stato e di una sede dignitosa che all’epoca fu il primo od uno dei primi esempi di Museo edificato per la specifica destinazione, c’è da pensare che anche le altre realtà archeologiche della zona sarebbero rimaste sotto terra (o sott’acqua…).
sono d’accordo con la proposta fatta dell’articolo. Mi auguro che ci riuscite.