ALLUVIONE NEL PRATESE: 3 MORTI. L’ALLERTA CONTINUA. PRESIDENTE GIANI, E’ LA STAZIONE IN LINEA LA GRANDE OPERA CHE SERVE?
Gran parte della Toscana è stata investita ieri e nella notte appena trascorsa da un’ondata di maltempo con esondazioni e allagamenti che hanno provocato 3 vittime, molti dispersi e danni ingenti. Stavolta è toccato alla zona centrale, tra Firenze, Prato, Pistoia. Qualche settimana fa toccò a Follonica sulla riviera grossetana. E più a nord alla Versilia. Ogni volta che piove un po’ più forte del normale succede il disastro. E non solo in Toscana. Due giorni fa è successo a Parma e anche a Milano dove è esondato il Seveso (ed è esondato perché negli anni è stato “tombato” e lui, il Seveso, ciclicamente si incazza e vomita fuori la sua acqua sporca). Nell’ultimo caso, martedì, è andato sott’acqua anche il quartiere Isola, cioè la zona bene, quella dove abitano i Vip, non solo la periferia.
L’Italia è un colabrodo e frana a vista d’occhio. Si allaga con facilità estrema. Ma non è fatalità. Non è il tempo che è impazzito. Tutto ciò è frutto di tre fattori: 1) il cambiamento climatico che favorisce fenomeno di tipo tropicale in aree che tropicali non sono; 2) la mancata o cattiva manutenzione dei corsi d’acqua e delle sponde, ma anche delle colline e delle scarpate; 3) la cementificazione spesso selvaggia e incontrollata di aree a rischio, alvei dei fiumi, fasce di rispetto. Quello di “tombare” torrenti, fiumi e canali è uno degli errori più gravi tra quelli che sono stati compiuti e una delle cause di maggiori danni.
Tornando alla Toscana, l’allerta meteo continua, l’Arno è in piena e il picco è atteso per oggi alle 12,00, e sono in piena anche quasi tutti gli affluenti. Il presidente della Regione Giani parla di situazione estreamente grave e invita tutti i cittadini a rimanere in casa, a salire ai piani alti, a evitare – se non per ragioni importantissime (il sindaco di Prato dice “di vita o di morte”) di mettersi in strada con la macchina, di andare a vedere la piena sugli argini e sui ponti, cosa invece piuttosto frequente.
Non è solo l’acqua a far paura, è anche il vento, che porta mareggiate, fa cadere muri pericolanti e alberi. E anche gli alberi che cadono sulle strade sono spesso causa di incidenti e di morti, oltre che di danni ad automobili ed edifici.
A Giani e a tutti gli amministratopri locali, di centro destra e di centro sinistra, che si sbattono per ottenere la fantomatica stazione in linea per l’alta velocità a Rigutino, a Creti o a Tre Berte, verrebbe da ricordare che non è quella la grande opera che serve e che, al contrario, la stazione in linea, soprattutto se realizzata in area delicata dal punto di vista ambientale, più che una soluzione, può diventare un problema in caso di eventi atmosferici estremi, che come dicevamo, sono peraltro sempre più frequenti. Questo concetto, su Primapagina lo esprimemmo anche dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna, lo ribadiamo a maggior ragione adesso che l’alluvione si è… avvicinata.
Per l’aggancio all’alta velocità le due stazioni esistenti di Arezzo e Chiusi sono adeguate allo scopo e bastano e avanzano, senza cementificare alcunché. Basta far fermare lì qualche frecciarossa tra le duecento al giorno che sfrecciano sulla linea. Fermare le piogge è più difficile, però si può operare per prevenirne i danni, facendo manutenzione sul territorio ed evitando colate di ferro e cemento dove non servono.
m.l.
Nella foto (Paese Sera): l’alluvione a Prato questa notte
La conclusione è condivisibile, ma sai com’è, la manutenzione ordinaria del territorio non dà visibilità al politico, quindi…
Chiusi Scalo- tanto per fare un esempio – è andata tante volte sott’acqua in passato. Molto pesante fu l’alluvione del 2006. Poi altri allagamenti con danni ci sono stati nel 2009, nel 2012… Con la realizzazione di alcuni lavori alla rete fognaria (in via Manzoni e in via Mazzini per esempio) e con la realizzazione di piccoli invasi a monte sia sul lato della vecchia Fornace, che in zona Porto verso Le Biffe, eventi gravi non si sono più verificati. Stessa cosa si può dire per l’invaso sul Gragnano per la messa in sicurezza di Montallese e per le vasche di espansione-decantazione sul Tresa in Umbria tra Moiano e Le Coste, opera quest’ultima utile a Po’ Bandino, ma anche a Chiusi Scalo. Questo significa che la manutenzione e le opere di prevenzione dei rischi se si fanno poi funzionano e danno risultati, anche se non si vedono o sono lontane dai riflettori. Credo che si debba dare atto a chi quelle opere le volute e poi le ha fatte.
Vale la pena citare la tenacia dell’allora assessore Fausto Bardini che riuscì ad attiva le prime risorse per la messa in sicurezza del nostro territorio.
Sì esattamente, sono quelle opere che non comportano telecamere, tagli di nastro e prime pagine sui giornali, ma funzionano.
https://www.primapaginachiusi.it/2023/11/alluvioni-quando-la-prevenzione-si-fa-da-risultati-il-caso-chiusi/