CHIUSI SCALO, LA MORTE LENTA DI UNA CITTADINA CHE UN TEMPO PULSAVA E ADESSO BOCCHEGGIA
CHIUSI – C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui Chiusi Scalo sembrava… Firenze. Non per bellezze architettoniche, questo no. Per “movimento” sì. La stazione brulicava di gente, il piazzale antistante pure: viaggiatori in arrivo e in partenza, tassisti, ferrovieri, portabagagli, autisti delle autolinee, conduttori degli alberghi di Chianciano che tentavano di accalappiarsi i clienti. Poi la gente del paese che viveva la piazza come si vive la piazza in tutti i paesi: artigiani sull’uscio della bottega, commercianti, rappresentanti di commercio, albergatori, gente comune intenta a far compere… Trovavi di tutto a Chiusi Scalo e la gente ci veniva anche da fuori, dai paesi limitrofi, ma non solo, anche da Orvieto, da Corciano, da Torrita, da Abbadia San Salvatore e perfino da Arcidosso e Castel del Piano. C’erano anche dei pullman che portavano sul versante grossetano dell’Amiata.
Chiusi Scalo forse più che a Firenze somigliava a un quartiere di San Francisco. Era molto “american”, anche nelle insegne pubblicitarie. Del resto era nata come tante cittadine del Far West, alla metà dell’800, intorno ad una stazione ferroviaria. E un po’ quell’aria di paese di frontiera (al di là del fatto di trovarsi proprio sul confine tra Toscana e Umbria) l’ha mantenuta per parecchio tempo. Piazza Dante, la piazza della stazione, era il fulcro di tutto ciò. Tutto passava di lì. Nel mezzo c’era un birillo, e tutto ci ruotava intorno.
C’erano anche due bar sulla piazza. Uno, il Cavallino Bianco aveva anche il cinema (che nel ’65 si spostò un paio di isolati più indietro) ed era il “bar dei compagni”, l’altro, il Bar Italia era invece un po’ più d’elite e lo frequentavano i commercianti, gli avvocati, i commercialisti, i direttori di banca… Sopra (per un certo periodo) aveva la sezione del Msi e questo gli conferiva anche una nomea di bar di destra. In realtà ci andavano anche i socialisti. I comunisti meno. Pochi.
Entrambi i bar erano sempre pieni, dalla mattina a notte fonda. Entrambi avevano il biliardo e la sala per le carte. Un tempo al bar s tirava tardi giocando a stecca o a carte, appunto: al Bar Italia a scala 40, al Cavallino Bianco più a tresette.
Nella foto a destra il Bar Italia, all’inizio degli anni ’70. Di mattina. Ci saranno 20 persone sedute ai tavoli fuori. Tutte eleganti, in giacca e cravatta. Nella porta accanto il barbiere ad osservare il mondo. Sia il Cavallino Bianco che il Bar Italia erano punti di riferimento per i chiusini, ma anche per i viaggiatori che arrivavano o dovevano partire con il treno, con un bus o con un taxi, per chi veniva da qualche paese vicino e voleva prendere un caffè. All’epoca al bar andavano solo gli uomini. E da una certa età in su. I ragazzini under 20 no. Non erano posti per loro.
La costante era comunque la folla, dentro e fuori. E il fumo.
Chiusi Scalo è cambiata. Anzi è cambiato il mondo. Oggi il Cavallino Bianco è gestito da ragazzi cinesi. Il Bar Italia ha addirittura chiuso i battenti. Si spera momentaneamente. E’ aperto solo come tabaccheria. Come bar no, da un mesetto e mezzo. Non sappiamo le ragioni e non intendiamo sindacare sulle scelte della proprietà, ma certo anche questa è una “ferita dolorosa” che sanguina. Un colpo duro, allo stomaco, per la città. Vedere turisti e viaggiatori con il trolley che vanno diretti al bar, proprio davanti alla stazione, e poi trovandolo fuori servizio si guardano intorno increduli e delusi, fa male al cuore. Vedere quel marciapiede, da sempre affollato di tavoli, tristemente vuoto fa venire la tristezza.
D’altra parte, è noto, i bar, soprattutto quelli in prossimità di punti di approdo e nei luoghi centrali di una città, sono il primo biglietto da visita, il primo punto di accoglienza. Se vengono a mancare o sono inadeguati, l’effetto negativo è forte e può essere addirittura devastante.
Chiusi, come città, questo problema se lo deve porre. Non può far finta che non sussista. Negli ultimi 4-5 anni la città ha aumentato e migliorato l’offerta per quanto riguarda le strutture ricettive (alberghi, agriturismi, case vacanze, bed & breakfast…), con i ristoranti più o meno se la cava, ce ne sono abbastanza e tutti di buona qualità, alcuni addirittura eccellenti. Ci sono anche 4 pizzerie a taglio per i ragazzi, per chi va di fretta o vuole spendere meno.
Quanto ai bar e ai locali di intrattenimento invece è un pianto. Ne sono rimasti pochi: oltre al Bar Italia, nei mesi scorsi a Chiusi Scalo ha chiuso anche lo storico bar del Dopolavoro ferroviario, anche quello vicino alla stazione. Dei pochi rimasti alcuni chiudono alle 20, qualcuno anche prima. Un tempo solo allo Scalo ce ne erano una decina. Ora siamo sulla metà. I pub hanno resistito poco, adesso non ce ne è più nessuno. Né a Chiusi Scalo, né a Chiusi città. Ce ne sono un paio tra Querce al pino e Macciano. Ma è il cuore della città che soffre, sia quello storico che quello più moderno. Qualche paese dei dintorni con i “localini”, i bistrot, le enoteche, ha ritrovato appeal, non solo per i turisti, anche per la gente del posto e dei dintorni, vedi Montepulciano, vedi Chianciano paese, vedi Castiglione del Lago o Sarteano.
Chiusi invece è rimasta al palo. Sembra legata al palo. Non riesce a trovare una strada. Sembra una città rassegnata a diventare una ghost town, un dormitorio, perché così va il mondo. E invece non è così che va il mondo. In molte città italiane (ma non solo italiane) si sta sviluppando la tendenza ad un ritorno alle “osterie” di paese e ai negozi di vicinato, sia alimentari che di altre tipologie: prodotti del territorio, qualità più alta, ma anche beni che non si trovano nei supermercati. Insomma una tendenza ad abbandonare i centri commerciali per tornare nel cuore dei paesi, con una offerta commerciale “più umana”. E umanizzante.
Chiusi in questo campo è stata una città pilota negli anni ’20 del ‘900, un secolo fa e nel secondo dopoguerra fino a tutti gli anni ’80. E’ stata una locomotiva, non un vagone a rimorchio. Possibile che abbia smarrito del tutto la sua carica di innovazione e di fantasia e subisca il declino senza sparare un colpo?
Questa della mancanza (o scarsità) di locali di prima accoglienza o primo impatto, ma anche di servizio alla vivibilità dei residenti, è un’emergenza primaria. Una delle priorità da risolvere. Il problema se lo deve porre il Comune per primo, ma anche gli operatori del settore, le associazioni di categoria. Assistere inermi allo stillicidio di chiusure è come guardare l’erba che cresce inesorabile e si mangia le aiole, le panchine e i marciapiedi.
Qualcosa questa città che ha resistito agli assedi, ha fatto da apripista alla modernità, quando di modernità in giro ce n’era poca, che è stata per decenni un porto di mare, ma anche una realtà vivace sia dal punto di vista commerciale che da quello politico, quasi mai allineata e coperta, sempre refrattaria ai diktat dei piani superiori, oggi sembra il contrario di sé stessa: muta, allineata alla voce del padrone, intristita, con la faccia di chi è senza speranza e la saracinesca abbassata come quando c’è un lutto in casa.
Non è questo il verso, si dice da queste parti… Il verso va invertito, va ritrovata la voglia di stupire. Chiusi è sempre stata due città in una una. Una antica, gloriosa, un po’ decaduta, ma comunque ricca, forse solo un po’ sonnacchiosa come forse erano di indole gli etruschi; l’altra non bella, ma moderna, pulsante, spesso innovativa, vivace, talvolta fuori dalle righe e dagli schemi. Non può essere che adesso sia la somma di due deserti. E soprattutto non è possibile che nessuno se ne preoccupi. O cerchi una via di uscita.
Gli altri paesi dei dintorni, almeno su alcuni terreni, galoppano. Qualcosa si sono inventati. Chiusi galleggia a malapena, è un gommone mezzo sgonfio alla deriva, in balia dei venti e delle decisioni sbagliate di timonieri e capitani di vascello che non saprebbero guidare una scialuppa e navigano sempre in direzione contraria.
Serve una scossa, uno scatto almeno di orgoglio. Del sindaco, di qualche assessore, di qualche forza politica, di qualche giovane curioso e intraprendente. Serve soprattutto qualche idea che faccia tornare Chiusi e Chiusi Scalo quello che sono sempre state. Luoghi in cui ci devi venire perché certe cose le trovi solo lì. Possono essere piatti tipici, prodotti particolari, ma anche pezzi di ricambio per le moto o le bici, oppure eventi culturali (musica teatro, libri, arte), è sempre la specificità, la capacità di diventare punto di riferimento per qualcosa che fa la differenza.
Naturalmente la specificità va accompagnata dalla cura del luogo, dall’immagine che non può essere quella sciatta e trasandata che la città offre adesso con l’erba alta, le panchine e i cestini sgarrupati, gli alberi potati ad minchiam, le auto posteggiate anche anche nelle ztl e negli stalli per le bici elettriche mai comprate e mai messe in funzione.
Allargare le braccia e trincerarsi dietro il fatto che è cambiato il mondo è la peggiore delle risposte. E purtroppo è la più frequente.
m.l.
Io rivoterei il PD per vedere se migliora!
Purtroppo, tutti i sindaci che ha avuto Chiusi, non hanno assolutamente ascoltato mai nessuno
Non di co l’opposizione( sarebbe troppo difficile…), ma nemmeno cittadini e commercianti
Ma continuano a votarli, sperando che una volta risolto il problema del “Fascismo” ( vero ed unico problema di Chiusi), la gente torni a pullulare per le vie cittadine…
Auguri di Cuore
Diventa perfino inutile ripetere le stesse cose che ormai non da mesi ma da qualche anno vengono dette sul degrado progressivo di Chiusi e la realtà è lì a confermarlo ma credo che oltre alle responsablità di certo politiche vi sia una diretta responsabilità dei cittadini perchè la politica dipende anche da quanto scelgono i cittadini e da come scelgono.E negli ultimi anni questa facoltà si è anchilosata, incartapecorita e si è sormontata anche ad un carattere tipico dei chiusini rispetto alla politica che li ha amministrati ed è un carattere questo -mi sento proprio di dirlo- che definirei arretrato che ha fatto venire al pettine forme antiche di credenza e di natura di impegno basati comunque sulla conoscenza dei fatti e quindi sulla cultura di una popolazione che per un certo tempo al confronto con le altre dei paesi circonvicini mostrava un lustro superiore ed una iniziativa che scaturiva dalle condizioni storico-sociali di come Chiuisi era nel passato anche ai principi del secolo, ma che poi è rimasta chiusa nelle mura di un gretto individualismo non solo delle persone ma anche di gruppo riguardo alle persone che l’hanno amministrata e così è decaduta nei confronti e nei paragoni di un mondo che la circondava che comunque ha mostrato da almeno 30 anni la propria vivacità.Il mondo si è evoluto, Chiusi no, e si è continuata a cullarsi negli allori mostrando quel carattere tipico toscano tamente critico delle cose altrui per il quale si è ritirata in uno splendido isolamento che invece di essere splendido è stato veramente increscioso e non all’altezza della situazione.Questo dipende da molti fattori ma essenzialmente dal fattore della guida politica e della cultura politica con la quale la nostra cittadina è stata amministrata ed oggi i risultati si raccolgono in due maniere: una con il vuoto fisico di una animazione che manca e che invece dovrebbe mostrare vitalità e l’altra in sottocultura politica, quest’ultima molto più importante di tutte perchè è nella sottocultura politica che si afferma una reazione scomposta ed inconcludente, atta a produrre il mantenimento di un esistente che non ha prospettive perchè accetta ogni cosa trovi davanti a se non mostrando uno spirito critico ma solo una volonta di provvedere ai rattoppi, spesso peggiori del buco. La finisco nella mia giaculatoria che molti definiranno come denigratoria per una cittadina che ho vissuto nella giovinezza e nella quale per mia esclusiva scelta sono tornato ad abitare sperando che le cose all’intorno fossero nel tempo migliorate, ma stò vedendo il contrario. Forse come in tutte le cose prima di avere uno scossono forte occorra che venga toccato il fondo ma credo che a questo manchi poco e non dò-nonostante tutto- tutte le responsabilità alla politica ma in gran parte la rimetto ai cittadini che in piena democrazia hanno deciso di votare per schieramenti che appunto hanno mostrato da anni e danni una posizione insolvente rispetto ai problemi ed allora come suol dirsi: tale popolo tale politica, non c’è altra scelta. Bene la voglio finire, se non con il commento alla foto che hai pubblicato e che è una foto di mio padre Benito Sacco che negli ultmi degli anni ’60 ed i primi anni ’70 con una macchina a banco ottico ( una Linhof 13×18) ha realizzato questo scatto che vedo porta impresso sopra il marchio ”Foto Sacco” onde evitare la possibile riproduzione.Tale scatto fa parte oggi del mio archivio di lastre fotografiche e per la curiosità dei lettori ho deciso di pubblicare i nomi di quelle persone quasi tute riconoscibili che frequentavano il bar Italia, quello di cui tu parli e che prima era il centro di ritrovo di moltissimi chiusini ( poi mi risponderai solo per mia curiosità la fonte di dove hai preso detta immagine).Le persone riconosciute procedendo da sinistra a destra sono le seguenti:Betti (tassista),Cicaloni Emilio detto ”Vespa” con il suo cane sulle ginocchia al quale da New York inviò una cartolina indirizzata alla bestiola con scritto ”Al cane Pippo” Chiusi(Siena )Italy ed immancabilmente la cartolina arrivò a destino…Tiezzi Alfio del rione granocchiaio detto ”Pitale”, Cannoni Guerriero detto ”Spadino”, Timitilli detto ”Tille”,Simonti Euro,un figlio del Maresciallo Venditti della Polfer,Venditti, Sconosciuto, Ivana Mengoni in Paolucci coniuge del titolare del Bar Italia Francesco Paolucci, Fabrizzi Giancarlo barista del bar italia detto ”Alì”,Il Maresciallo Venditti della Polfer,Verrazzani,Del Balio(sensale),Pacchieri, sconosciuto,Santoni Pietro detto ”Babirri”,Luigi Pacciani,Renato Cupelli autista di autolinee dello ”la Nana”,sconosciuto, sconosciuto, sconosciuta. Ecco, solo da questa foto si può capire come il concetto del ”Bar” fosse un luogo di ritrovo di persone che si confrontavano, che giuocavano, un luogo dove sorgevano le più disparate iniziative,anche quelle talvolta non tanto come dire ”Urbane”che proiettavano comunque Chiusi a luogo di eterogenea popolazione al punto di far dire ai suoi abitant che la stessa cittadina fosse una ”buca” dove tutti prima o poi capitavano. Per chi ha vissuto quei tempi quando il mondo era diverso ed ha potuto assoporare quel clima che oggi spesso viene raccontato intorno ai personaggi che Chiusi popolavano da una parte è una reminiscenza che è utile ad un ricordo e che fa tener presente lo scorrere del tempo poichè senza di quello riesce difficile capire ed inquadrare i problemi da dove veniamo ma dall’altra è un vento triste che spesso serve ad inchiodare gli intenti delle persone in una aureola di passiva costrizione fatta da forze più grandi di noi verso e contro alle quali sarebbe opportuno organizzarci per poter reagire in maniera degna. Come del resto è la politica e senza tale parola non credo vi possa essere molta speranza di risultati perchè come sempre si dice : ” la politca o la fai o la subisci”….
Manco solo io ,che sono stata a quei tempi, la prima barista donna del bar Italia. Ivana
Tutto vero io non sono nato a chiusi ma sono molti anni che ci abito ,oltre che il ferroviere o avuto una attività (azzurro shop ) e adesso un BeB o toccato con mano i problemi di chiusi e dintorni e se permettete il problema maggiore e l’organizzazione di tutte le categorie compreso il comune .pultroppo non si guardano i meriti ma solo di chi sei amico . Ancora non sarebbe tardi per ritirare su il paese basterebbe che tutti si remasse nella stessa direzione . Grazie
Il problema di Chiusi sono i chiusini, la città si chiama Chiusi, ma hanno dimenticato di mettere ,la parola di testa.sono contenti quando riescono a farti dispetti, amministrativi,ti fanno dannare x dimostrare a se stessi che sono onnipotenti, io la medicina l’avrei ma non si può, saresti classificato come un balordo, mentre loro con i loro impieghi avuti grazie ai calci in culo sono semidei, ed ancora non hanno capito che grazie a loro Chiusi muore, e lo dice uno a cui hanno fatto perdere oltre un milione e duecento Milà euro.Speriamo in una bomba atomica, almeno si elimina la razza.