28 OTTOBRE ’22: 100 ANNI FA LA MARCIA SU ROMA, IL COLPO DI STATO CHE PORTO’ IL FASCISMO AL POTERE

venerdì 28th, ottobre 2022 / 09:30
28  OTTOBRE ’22: 100 ANNI FA LA MARCIA SU ROMA, IL COLPO DI STATO CHE PORTO’ IL FASCISMO AL POTERE
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Dopo aver ottenuto martedì la fiducia alla Camera dei deputati con 235 voti favorevoli, e il giorno successivo quella del Senato il Governo Meloni, il primo governo a guida femminile e a trazione post fascista dell’era repubblicana può cominciare a lavorare. Ciò avviene a ridosso di una ricorrenza particolare: l’inizio del regime fascista, quello vero, esattamente 100 anni fa, il 28 ottobre 1922.

Il 28 ottobre del ’22 avvenne infatti il colpo di stato con cui Benito Mussolini e le sue camicie nere presero il potere: la Marcia su Roma. Una insurrezione armata o più precisamente intimidatoria che portò 40 mila squadristi fascisti ad “occupare” la capitale, ponendo fine alla stagione dei precedenti regimi parlamentari e liberali.

Il diffuso malcontento sociale, aggravato dal timore della classe media di una rivoluzione socialista, dopo la rivoluzione d’ottobre in Russia e il biennio rosso in Italia, e dalla delusione per le scarse conquiste dell’Italia dopo la prima guerra mondiale (la cosiddetta “vittoria mutilata”) creò un clima favorevole all’ascesa al potere di Mussolini e delle sue “squadracce” che già avevano messo a ferro e fuoco buona parte del Paese, dando l’assalto alle camere del lavoro, alle sedi politiche del Psi, del neonato Pci e del Partito Popolare. A Chiusi il 18 maggio del ’21 durante i funerali del figlio del sindaco socialista Oreste Venturini, un manipolo di fascisti perugini arrivati apposta con dei camion spararono sulla folla di contadini che si recava alle esequie: tre morti e due feriti. Per tutta la notte incendiarono le aie dei contadini di Montevenere, Montallese, Macciano, fino alle località umbre di Porto e Vaiano e presero di mira anche le case del paese in cui abitavano socialisti e comunisti, indicate dai fascisti locali…  Questo era il clima.  E fu così per tutto il 1921 e tutto il ’22 fino alla fine di ottobre.

Il 24 ottobre 1922, i capi del partito fascista programmarono un’insurrezione per il 28 ottobre, che consisteva in una marcia su Roma da parte delle squadre armate fasciste, note come camicie nere, e la cattura di luoghi strategici locali in tutta Italia.

In attesa a Milano dell’esito degli eventi, Mussolini lasciò il lavoro di organizzazione ai suoi subordinati. E secondo molte ricostruzioni storiche la Marcia su Roma partì da Perugia. Precisamente dall’Hotel Brufani. Tanto che Benito Mussolini avrebbe poi definito la città umbra come ‘la prima capitale d’Italia’, oltre che ‘città fascistissima’”. In realtà al Brufani c’era solo il “quartier generale” della Marcia, la cabina di regia, diciamo, che era composta dai Quadrumviri Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi.

Il grosso delle 40.000 camicie nere che raggiunsero la capitale venne concentrato a Tivoli, Monterotondo e Santa Marinella e nel capoluogo umbro vennero fatti affluire solo un migliaio di squadristi, a difesa proprio dei Quadrumviri. Un altro contingente di armati fu concentrato a Foligno (sulla linea ferroviaria per Roma) come riserva strategica pronta a intervenire in caso di bisogno. Perugia in quel periodo però presentava difficoltà logistiche, strade malmesse, linee telefoniche mal funzionanti, treni non ancora in orario e ci furono episodi da operetta… Ma questo è un dettaglio. La marcia alla fine ci fu lo stesso. E ci fu anche per l’ignavia e l’inettitudine del governo in carica e l’accondiscendenza (potremmo anche dire complicità) del Re Vittorio Emanuele III.

Il primo ministro Luigi Facta che si era dimesso, ma continuava ad operare, ordinò lo stato d’assedio di Roma, per rispondere all’arrivo delle milizie fasciste, ma il Re si rifiutò di firmare quell’ordine. Così, l’esercito, che avrebbe potuto fermare le camicie nere, non fu allertato, né schierato a difesa della capitale.

Mussolini non era al Brufani di Perugia, con i Quadrumviri, e nemmeno alla testa della marcia. A Roma arrivò in treno, da Milano, solo il 30 ottobre. Comunque prima che le avanguardie entrassero in città. E arrivò dopo che il Re, il giorno prima, gli aveva chiesto di formare lui un nuovo governo. Forse Vittorio Emanuele pensò di poter associare Mussolini ad un governo tipo quelli precedenti, ma sbagliò i calcoli. Mussolini e il quadrumvirato avevano in mente una soluzione diversa: la dittatura, i pieni poteri, legittimati dalla violenza e dall’intimidazione. Con il sostegno tacito (ma neanche tanto) della parte più reazionaria della borghesia agraria e industriale e del ceto medio impoverito, un blocco sociale che aveva paura dei bolscevichi da un lato e dall’altro temeva uno scivolamento a sinistra, verso il massimalismo, dei popolari e dei socialisti riformisti…

Formalmente però il colpo di stato fascista non ebbe bisogno dell’uso delle armi. La Marcia su Roma non fu la conquista del potere manu militari, che Mussolini proclamerà più tardi, ma piuttosto un trasferimento di potere nell’ambito della costituzione di allora, un trasferimento operato dal Re e reso possibile dalla resa delle autorità pubbliche (politica, esercito, Carabinieri) di fronte all’intimidazione fascista.

Le analogie con la resa della sinistra e dei 5 Stelle all’ascesa trionfale di Giorgia Meloni viene fin troppo facile. Anche se la nuova primo ministro non ha marciato su Roma e non ha scatenato le camicie nere.

Quanto alla Marcia su Roma del ’22 sappiamo come è andata, quanto è durato il regime fascista e cosa ha significato. E sappiamo anche che fine fece Mussolini, il quale però fu spietato e vendicativo con alcuni dei protagonisti stessi della Marcia su Roma. Dopo la caduta del regime e la costituzione della Repubblica Sociale, uno dei quadrumviri, Emilio De Bono, il più anziano, fu fucilato insieme al genero del Duce Galeazzo Ciano e altri il 21 gennaio 1944 in seguito al Processo di Verona intentato dalla Rsi contro i componenti del Gran Consiglio che votarono l’ordine del giorno Grandi il 25 luglio del ’43 decretando la caduta di Mussolini…

Altri invece come Cesare Maria De Vecchi (altro quadrumviro), Giacomo Acerbo, Giuseppe Bottai tutti  “marcia su Roma” ed esponenti del fascismo della prima ora, furono condannati a morte pure loro, sempre per aver votato l’odg Grandi, ma in contumacia. I repubblichini non erano riusciti a prenderli e a fucilarli. Tutti e tre riuscirono a sopravvivere a Mussolini, al 25 aprile e alla fine della seconda guerra Mondiale… Gli altri due quadrumviri Bianchi e Balbo morirono il primo per malattia nel ’32, il secondo abbattuto da fuoco amico mentre volava su Tobruk nel ’40. E per molti non fu esattamente un errore.

m. l.

Nelle foto: in alto la Marcia su Roma in un dipinto di Giacomo Balla (1932) e le camicie nere in marcia verso la capitale mentre oltrepassano un ponte… 

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