L’ITALIA SDOGANA I POST FASCISTI. PER LA SINISTRA (TUTTA) LA PEGGIORE SCONFITTA DAL 1948. LETTA & C. “TUTTI A CASA”

lunedì 26th, settembre 2022 / 11:39
L’ITALIA SDOGANA I POST FASCISTI. PER LA SINISTRA (TUTTA) LA PEGGIORE SCONFITTA DAL 1948. LETTA & C. “TUTTI A CASA”
0 Flares 0 Flares ×

Ieri sera mentre nei seggi ci si avviava verso la fine della giornata elettorale, in questo territorio, che un tempo era un “fortino” della sinistra, si è scatenata una pioggia torrenziale e sono caduti muri, franate strade e scarpate… Un presagio drammatico, metafora di un tracollo annunciato, che in molti avevano sperato di mitigare. E invece anche il voto è andato come si temeva, come anche noi andavamo scrivendo da settimane: debacle epocale, sconfitta senza appello, errori madornali tattici e strategici che sono venuti al pettine. Ha vinto come ampiamente previsto Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia è il primo partito. Alcuni giornali stranieri titolano, oggi “L’Italia avrà il governo più a destra dopo Mussolini”, oppure “In Italia vincono gli eredi di Mussolini”. E in effetti questo è. La fiamma sul simbolo del partito vincitore sta lì a dimostrarlo e a ricordarlo a tutti. 43,94 al centro destra; 26,18 al Pd e cespugli; 15,30 al Movimento 5 Stelle; 7,76 al Terzo Polo di Calenda-Renzi.

Degli altri nessuno entra il parlamento. Per il centro sinistra si tratta della peggiore sconfitta politica ed elettorale dal 1948. Dopo la debacle rovinosa di Renzi nel 2018, il Pd non è riuscito a fare neanche mezzo passo avanti. Tra centro destra unito e Pd ballano 5 milioni di voti. Non è grande consolazione, per il centro sinistra, il fatto che anche Salvini abbia subito pure lui un tracollo clamoroso. Né il discreto risultato di Verdi e Sinistra Italiana, con il 3,6% può compensare la batosta rimediata dal partito di Letta. E’ andata male, molto male anche a Unione Popolare, il rassemblement De Magistris, Potere al Popolo e Rifondazione, che si ferma ad un misero e pressoché insignificante 1,43. Il tentativo, pur lodevole, di rimettere insieme un po’ di cocci della sinistra dispersa non è andato a buon fine. Peggio ancora hanno fatto i due partiti comunisti. La frammentazione non piace agli elettori.

Il M5S, che molti davano per morto, rimane saldamente il terzo partito dopo F.d’I e Pd, e il primo partito al Sud, ma rispetto al 2018 ha dimezzato i propri voti. E Di Maio con il suo partitino aggregato al Pd scompare dalla scena.

Un accordo Pd, Sinistra Italiana, M5S e magari anche Calenda avrebbe potuto fronteggiare l’onda nera, era l’unica opzione politica anche in virtù della legge elettorale, che con il sistema uninominale – 30% dei seggi assegnati a chi prende un voto in più – darà una maggioranza molto più ampia in seggi al centro destra rispetto al 44% ottenuto in voti.

Non ce l’hanno fatta, sul piano locale Enrico Rossi nel collegio Siena- Grosseto e nemmeno Francesco De Rebotti nel collegio di Perugia a vantaggio di Fabrizio Rossi e Raffaele Nevi.

Dopo una sconfitta di queste proporzioni il centro sinistra e soprattutto la sinistra dovranno ripensarsi. Non basteranno aggiustamenti o soluzioni ponte. Chi ha servito su un piatto d’argento l’Italia a Giorgia Meloni e, dopo 80 anni, ad un partito post fascista, non può rimanere al suo posto. Dopo una retrocessione si va a casa. Non c’è altro da fare. Letta non ha aggiunto niente, non ha invertito la rotta,  si è appiattito sull’Agenda Draghi e a nulla sono valsi i discorsi – tardivi – “di sinistra” di Elli Schlein o dello stesso Enrico Rossi. Hanno provato a serrare le fila, non ci sono riusciti. Ora il Pd o trova una nuova identità, una linea chiara di taglio socialdemocratico in economia, o rimarrà in un limbo senza fine. Il “campo largo” andrà recuperato come prospettiva. Ma serviranno altre teste, altri dirigenti. A Roma come in periferia. Il democristianismo, la rincorsa al centro, le frasi del tipo “siamo i migliori” si è visto che non sono argomenti convincenti.

Un ragionamento però lo dovranno fare anche partiti, partitini e movimenti a sinistra del Pd. Ripartire dall’1% ciascuno fa venire il magone. Azzerare tutto please. Resettare e provare a unire l’area alternativa e antagonista, cercando di superare gli orticelli, ripartendo però dai territori, dalle battaglie vere. Con la consapevolezza che l’Italia è un paese di destra. Lo è sempre stato. Ora è ancora più chiaro, i post fascisti sono sdoganati ufficialmente, con il timbro del voto del popolo sovrano.  In Francia Marine Le Pen non c’è mai riuscita, Giorgia Meloni sì. Evocare la Marcia su Roma a 100 anni di distanza forse è eccessivo, ma che l’Italia possa diventare come l’Ungheria, la Polonia o la Croazia, non è del tutto escluso. Del resto Giorgia Meloni ha amici anche nell’ultra destra americana, tra i neo-franchisti in Spagna, tra i sovranisti austriaci. Non è una compagnia rassicurante.

Ultima nota: alle elezioni di ieri ha votato il 64 (scarso) degli aventi diritto, più di un terzo ha disertato le urne. Per la democrazia non è una bella prova. Da notare che gli ultimi trionfatori, prima Renzi, poi il M5S e la Lega di Salvini, nel giro di una legislatura si sono rimangiati tutto il maiale o quasi. Vincere è più facile che ripetersi. Ma questo lo dicono anche gli allenatori di calcio, vedasi Mancini che ha vinto gli Europei, poi non è andato neanche ai mondiali.

m.l.

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
Consorzio di bonifica
Mail YouTube