TORNA IN BALLO LA DIGA DI SAN PIERO IN VALDORCIA?
RADICOFANI – Se in Valnestore (Comuni di Panicale, Piegaro, Marsciano, in Umbria) la secca del Tevere e dei suoi affluenti compreso il Nestore, sta facendo tornare d’attualità un progetto degli anni ’70, per un invaso sul torrente Ierna che potesse supplire ai periodi di siccità, nella più nota e celebrata Valdorcia, nel senese, terra dichiarata “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco, si torna a parlare della Diga di San Piero in Campo. Nel comune di Radicofani. Una diga che fu cominciata a costruire e fu in gran parte realizzata negli anni ’80 e che poi, in seguito agli scandali di Tangentopoli che coinvolsero alcune delle grandi imprese che la stavano realizzando, fu abbandonata a metà dell’opera. La diga mai nata è da allora uno dei tanti “monumenti allo spreco” del Bel Paese.
Nelle intenzioni doveva raccogliere l’acqua dell’Orcia e quella piovana e garantire acqua ad una vallata bella e superfotografata, ma da sempre siccitosa e arida, dove l’agricoltura è sempre stata fatica, sudore, lacrime e sangue, perché nelle crete e sui calanchi è difficile far crescere anche il grano… Una fatica che il Teatro Povero di Monticchiello, esperienza culturale e antropologica di prima grandezza, nell’arco di 55 anni ha raccontato tante volte.
Adesso, dopo più di 30 anni di abbandono, data la perdurante siccità, sembra che l’opera possa tornare in agenda. Da parte degli enti locali e della Regione ci sarebbe infatti la “volontà politica” di riprendere in mano il progetto e portarlo finalmente a termine. In questi 30 anni sulla Diga di San Piero in Campo sono stati scritti decine di articoli di giornale (anche si primapagina), sono stati girati cortometraggi, documentari…Quel mostro si cemento nel cuore della Valdorcia è stato portato tante volte ad esempio delle “ferite” impresse al territorio. In un Convegno a “Cronache italiane” il forum della stampa autogestita organizzato da primapagina, nel 2010, se ne parlò diffusamente, con tanto di mostra fotografica intitolata “Pezzi d’Italia, Italia a pezzi”…
Nei primi anni ’90, alla Commissione Tecnico-Politica che stava lavorando alla stesura del progetto del Parco Artistico Naturale della Valdorcia fu chiesto di esprimere un parere anche sulla diga di San Piero e quel parere fu positivo. A patto che fosse garantito lo scorrimento naturale e regolare del fiume Orcia e che la volumetria e il perimetro dell’invaso fossero ridotti rispetto a quelle elefantiache previste dal progetto originario. E oggi,, anche tra gli stessi comitati ambientalisti che negli anni si sono battuti per la tutela della Valdorcia e delle pendici dell’Amiata da interventi sconsiderati, c’è chi sostiene che il progetto può anche essere ripreso e la Diga si può anche portare a termine, purché si faccia “con tutti i crismi” riguardo alla sicurezza e alla tutela dell’ambiente e senza tante e inutili chiacchiere.
Del resto gran parte dell’opera, come dicevamo, è già fatta, così com’è non serve a niente se non a ricordarci uno spreco di denaro pubblico e una colata di cemento che non è servita a niente. L’acqua invece d’ora in avanti servirà. Immagazzinarla quando c’è, anche per i periodi di carenza, è una scelta intelligente e obbligata. Sono gli sprechi e i progetti faraonici che vanno evitati.
m.l.
Sì, storie del genere di ordinaria sciatteria nell’utilizzo di denari pubblici, solo in Italia. Di opere incompiute è tutto il territorio nazionale ad essere interessato. In nessun altro Paese europeo sarebbe consentito uno spreco di denaro pubblico così vergognoso. Noi avevamo una linea ferroviaria la Perugia Tavernelle, perfettamente funzionante e che doveva proseguire per altri 10 chilometri, fino ad incontrare Chiusi. Preferirono smantellare i 17 chilometri già funzionanti, piuttosto che aggiungerne altri 10. Risultato: oggi Perugia è ancora isolata e non saranno i Frecciarossa che da lì partono a collegarla in modo rapido e razionale all’Alta Velocità. Lo ha capito persino l’Assessore Melasecche.
Nel caso della Diga in val d’Orcia parliamo di cifre intorno ai 600 miliardi di lire… Alcuni spesi nell’opera incompiuta, altri finiti in tangenti e prebende… Non si tratta di un’operina locale
Caro direttore,al di là delle polemiche,bisogna pensare a ripristinare le dighe e fare manutenzione ai corsi d’ acqua !
Il Lastrone è poco più di un rigagnolo. Il canale maestro della Chiana ormai ha la portata di un Buttiglione d’ acqua !
Bisogna ripristinare le dighe che sono a monte del Lastrone poco sotto la diga di Chianciano. Finire in tutti i m9di la diga di San Pietro che fu un altro Bancomat nelle mani di P.C.I., D.C. e P.S.I.!
Ma per noi di Chiusi risulterà basilare il dragaggio del nostro lago !! Lo dico da anni !!
Bisogna stabilire delle regole per la regimazione dei fossi ! Gli agricoltori devono creare scoli che si congiungono ai corsi di acque che finiscono nel lago, nella chianetta,nel canale tra i laghi di Chiusi e Montepulciano !
Questa sarebbe veramente un opera di risanamento ecologico non tutte le ” pippe ” che vengono divulgate solo per ” pubblicità ” !
Lo potete immaginare di quanta acqua si disperde o viene assorbita dalla terra ?
Il ripristino e la realizzazione delle dighe sono cose fattibilissime e realizzabili in poco tempo !
Speriamo che qualcuno lo capisca !