ARMI ALLA RESISTENZA: MA L’ITALIA LE HA PROMESSE O LE HA FORNITE?
E’ notizia di ieri che il Parlamento di Kiev ha vietato l’importazione di musica e libri russi. Il Parlamento ucraino ha approvato un disegno di legge che vieta l’importazione e distribuzione di libri e prodotti editoriali da Russia, Bielorussia e «territori temporaneamente occupati» dalle forze russe in Ucraina. Lo hanno riferito i media di Kiev. Limiti sono stati decisi anche per la musica, con il divieto di esibizioni pubbliche, proiezioni, concerti di cittadini russi”. Molti media europei hanno rilanciato la notizia, che circola anche sui social.
In realtà questa “derussificazione” era già cominciata. Alcuni ne avevano già parlato. Già dall’inizio di giugno Oleksandra Koval, direttrice dell’Istituto del Libro Ucraino, ha deciso di far mandare al macero “libri di propaganda” custoditi nelle biblioteche ucraine e utilizzarne la carta come “riciclo”. Tra questi libri nocivi sono comprese le opere di Dostoevskij e Puškin. Dei libri russi saranno conservate le fiabe di era sovietica e i romanzi d’amore perché, a detta della Koval, serviranno agli specialisti (perché solo gli specialisti potranno leggerli) per “studiare le radici del male e del totalitarismo”.
Agghiacciante, solo a pensarci. Chi non ricorda Farenheit 451 di Ray Bradbury, romanzo di fantascienza del 1953, ambientato in un ipotetico futuro, intorno al 2022 e in una società distopica (contro l’utopia) in cui leggere o possedere libri è considerato un reato, per contrastare il quale è stato istituito un apposito corpo di vigili del fuoco impegnato a bruciare ogni tipo di volume? E’ un classico, ormai, come 1984 di Orwell.
La messa al macero dei libri russi depriverà le biblioteche ucraine di ben cento milioni di volumi. E verranno mandati al macero anche i due più grandi autori ucraini, Gogol e Bulgakov, che scrivevano in lingua russa. La decisione del Governo Ucraino ricorda oltre al romanzo di Bradbury anche un fatto realmente accaduto, nel 1933 a Bebel Platz a Berlino: il rogo dei libri ordinato dai nazisti di Hitler. Per “purificare” la cultura. Insieme alla razza
A Bebel Platz c’è pure un monumento: un buco per terra e una biblioteca virtuale proprio nel punto in cui i nazisti bruciarono i libri. Un monito a futura memoria. Affinché ciò non si ripetesse. Mai più. E invece ecco che la storia si ripete, oggi, nel 2022, in Ucraina, mentre quel Paese è sotto assedio da parte della Russia. E mentre i sldati e i volntar (e i mercenari) combattono a Severodonesk, a Karkiv contro i russi, con armi inviate anche dall’Italia , dagli Usa e dagli altri paesi europei, perché la resistenza ucraina va aiutata, il governo ucraino di Zelensky manda al rogo 100 milioni di libri… Come fecero i nazisti e questo per “derussificare” l’Ucraina, come se la cultura fosse all’origine dl male, come se Puskin, Gogol, Dostoevsky, Tolstoy, Majakowskij, Esenin fossero colpevoli, in qualche modo, delle manie imperialiste di Putin…
Intanto però i russi avanzano e l’esercito ucraino mostra sempre più evidenti segni di cedimento strutturale. Il rogo dei libri in un quadro del genere sembra una mossa disperata, assurda, perfino controproducente per la resistenza ucraina, perché avvalora la tesi che l’Ucraina non solo non abbia fatto i conti con il suo passato filonazista, ma abbia ancora geni nazisti nel proprio Dna. I libri li bruciavano i nazisti, non altri. E anche i pompieri specializzati nel bruciare i libri di Bradbury sono chiaramente un riferimento alle fobìe naziste…
A proposito delle armi inviate dall’Occidente agli ucraini, in Italia si sta rischiando una clamorosa spaccatura nel Movimento 5 Stelle, con il rischio che possa anche cadere il governo… Ma emerge anche che al di là della propaganda che passa h24 in Tv, in effetti l’Italia di armi ne abbia fornite poche. Meno dell’Estonia e della Lettonia. E anche altri Paesi come la Germania pare abbiano fatto lo stesso.
Quindi anche la narrazione che senza le armi inviate agli ucraini la Russia si sarebbe già presa ciò che voleva, subisce un drastico ridimensionamento. E ormai lo dicono anche esponenti da sempre favorevoli all’invio. Ieri sera nella trasmissione di Rete4 condotta da Veronica Gentili, Federico Rampini ha accusato l’Italia di “ipocrisia” e di sostenere e finanziare Putin con il gas che acquista, non gli ucraini ai quali di armi ne ha mandate davvero poche. Carmen Lasorella invece ha citato lo scarso apporto della Germania, domandandosi se in ciò non si sia lo zampino dell’ex cancelliere socialdemocratico Shroeder che era nel Cda di Gazprom fino a pochissimo tempo fa.
Insomma anche questa sporca guerra in mezzo all’Europa finora i grandi media ce l’hanno raccontata a senso unico e in modo assai parziale. Adesso molte verità vengono a galla e anche la propaganda comincia a vacillare e a sgretolarsi. Anche l’appoggio morale e pure materiale alla resistenza ucraina pare essere molto minore rispetto a come è stato sbandierato. Così come allo stesso tempo, l’Ucraina stessa si dimostra sempre meno un paese democratico pronto per essere accolto nell’Unione Europea (può stare nell’UE un paese il cui governo ordina il rogo dei libri?) e con molti scheletri e fantasmi nell’armadio.
“Chi brucia i libri prima o poi brucerà anche le persone” scriveva nell’Ottocento il poeta ebreo tedesco Heinrich Heine. In effetti con i nazisti è successo proprio così. In Ucraina in realtà si sono portati avanti col lavoro: cominciarono a bruciare le persone nel 2014 (rogo alla casa dei sindacati di Odessa, 2 maggio 2014), e solo in un secondo momento hanno continuato coi libri.
m.l.
Credo che basterebbe osservare da parte di una qualsiasi mente reputata ”normale” e non embedded, che ogni intervista,ogni filmato fatto agli abitanti dell’Ucraina che ci è arrivato nelle nostre case dal momento degli inizi della guerra ad oggi ci ha mostrato tutti gli ucraini solidali con il loro governo.Vi sembra possibile questo in una nazione di 40 milioni di abitanti che tutti siano solidali ed approvino il governo Zelensky? A me no, eppure non ce ne hanno mostrato uno di numero di dissidenti o di gente che non era d’accordo con i fatti del Donbass a partire già dal 2014.Chiedetevi perchè e chiedetevi di rimando come venga manipolata l’informazione che chiamano libera tutti quei partiti che sostengono il governo nel Parlamento a Roma.Non entro nel motivo del rogo dei libri ma basterebbe riflettere che da parte di quelle autorità non sia stata usato quel metro culturale e politico che stia dietro alla libertà. Come si puo vedere non bisogna essere pro Putin per capire e dire quanto ho detto, ma pensare che in Ucraina c’è la legge marziale ed una buona fetta di popolo è stato zittito dagli agenti di chi faccia tenere loro il bastone in mano e che affibbi colpi per conto di altri d’oltre oceano questo si di certo.E l’ Europa al seguito.Forse-ma non è detto- parecchi iniziano ad essere un pò’ disorientati da un certo verso che stà prendendo la situazione mondiale a cominciare dal vecchio continente che ha visto la sconfitta di Macron proprio fra l’altro nel periodo che la Francia assume la Presidenza Europea(non credo che questo fatto possa passare inosservato) proprio per il fatto che la gente comune ne ha abbastanza del continuo rincaro del costo della vita e parimenti anche valutata la nuova condizione affermatasi in Colombia.Le politiche keneysiane nel mondo globalizzato hanno fallito e quelle che ancora esistono grandemente stanno fallendo proprio per una crisi sistemica del capitalismo i cui effetti credono i governanti di poterli moderare e di regolarli a parole,come hanno sempre fatto. Oggi il mondo non sopporta più questo sistema ed è la storia che se la osservassimo un po’ meglio ci dice che le cose cambiano davvero solo con gli scossoni forti purtroppo, ma tutto questo è la prerogativa di questo capitalismo che fino a che può rimagiarsi le concessioni che è stato costretto ad applicare giocoforza, se le rimangia il più possibile.Quando non lo può più fare produce e scatena la guerra e riassesta il mondo credendo che ancora un po’ di fiato ce lo possa avere e trovando su tale terreno milioni e milioni di coloro che spesso acriticamente per convinzione od a maggior ragione per opportunismo personale o di gruppo gli dicono di si,ma che difficilmente invertono la parabola discendente a ciò che hanno stabilito come ” l’unica occasione che meriti la loro fiducia”.Ora c’è l’Ucraina,domani o la Russia, o la Cina ma anche senza dover bruciare i libri, basta maneggiare il controllo di quella scatolina a colori che entra dentro le nostre case tutte le sere e che è sempre più insufficiente- se Dio vuole- a segnare la verità.
Carocarlo,sono pienamente d’ accordo con te !
Io ho conoscenti Ucraini e quasi tutti non sono d’ accordo con Zelensky ! Loro non lo possono dire ufficialmente per le ritorsioni che i parenti potrebbero subire in UCRAINA! Addirittura dicono che sta portando gli Ucraini in una strage senza fine pur di portare avanti una sua politica scellerata ! Tutto questo perché, tramite gli U.S.A. Zelensky pensa di diventare un grande dei paesi ex URSS !
Ieri, con una PREPOTENZA inaudita ,ha minacciato l’ Europa per farsi dare armi e miliardi !
Gli Usa e i potenti hanno creato un mostro…drogato !
È solo una pedina ! Una pedina mossa ,non tanto da BIDEN,che a sua volta è manovrato dai soliti ” potenti “, ma del N.O.M. !!
Di questi Ucraini pochi dissentono dal fatto che Zelensky sia un drogato nazista !
Dicono,e dico ” dicono ” ,che i filmati delle stragi e delle fosse comuni,siano filmati costruiti come quelli che gli inglesi diffondevano per le famose esalazioni di gas che avrebbe ordinato Assad in Siria !
Dicono anche che l’ elezione di Zelensky sia stata Una truffa ordita dagli Usa e dai soliti potenti !
Ma questo non si può dire altrimenti uno PASSA per filo-Putiniano!
A me personalmente di Putin non me ne frega un c.. piffero !
Mi incavolo perché fra tutti i paesi europei quelli che ci RIMETTONO di più siamo noi Italiani ! Draghi,come al solito,continua a fare il servo sei potenti fregandosene degli interessi e del benessere degli Italiano……che lo pagano !!
Ennesima volta dove noi Italiani facciamo la figura del branco di pecore guidate da giornalai e telegiornalai proni al POTENTE di turno !
Carocarlo,se tutto va bene ,siamo rovinati !! Ma deve andare proprio bene anzi,di lusso !!
Ma Zelensky, e chi con lui, vuole davvero la pace?
Zelensky la pace non la vuole !
NON gli conviene !
Con la pace tornerebbe ad essere un signor nessuno !
Con la pace sarebbe la prima testa a saltare !
Vogliamo pensare che gli USA e i potenti,si tengano fra le balle uno come lui ?
Alcuni suoi connazionali sperano in un attentato o in una pallottola ” vagante ” ! Magari sparata dallo stesso fucile usato per far fuori Kennedy !
Gli USA e i soliti potenti,non vogliono ne soci,ne testimoni,ne complici fuori controllo !
Di chi è la mia lingua
Oggi ho comprato una splendida edizione rilegata delle “Dvenàdtsat stùljev” (“Dodici sedie”, 1928) di Il’f e Petrov, la celebre coppia di scrittori di Odessa: pensate probabilmente di non conoscerli, ma avrete visto almeno uno dei tanti film che ne sono stati tratti, compresi Mel Brooks e Carlo Mazzacurati. Non leggo il russo e solo decifro il cirillico, ma un buon libro è sempre un affare. E mi chiedo che cosa succederà ora del mercato ucraino di libri in russo: una mecca, forse, per i veri affaristi.
Sui social circolano notizie grottescamente forsennate sulla distruzione forzata di biblioteche e testi russi, e si procurano un’adesione così credula da lasciare increduli. Ma sulla cultura si gioca una partita che pesa quasi quanto quella sul campo di guerra, e che potrà essere decisiva per il mondo che ne verrà fuori. Alcuni giorni fa il parlamento di Kyiv ha votato a larghissima maggioranza una legge che impone restrizioni drastiche su pubblicazione e importazione di libri in russo di autori successivi al 1991, e sull’uso pubblico di musica di autori russi dopo quella data. Il ministro della cultura, Oleksandr Tkachenko, soddisfatto della legge (che sarà controfirmata da Zelensky) ha usato un’espressione forte e sconcertante sul pubblico ucraino, che “dopo l’invasione russa non riesce più ad accettare a livello fisico nessun prodotto creativo russo”. E secondo la vicepresidente del parlamento, Olega Kondratyuk, “dal primo gennaio 2023, i libri saranno pubblicati e distribuiti solo nella lingua ucraina di stato, nelle lingue dei popoli indigeni dell’Ucraina e nelle lingue ufficiali dell’Unione Europea”.
In realtà si sta svolgendo, nel mezzo di un conflitto spietato, una battaglia analoga a quella che, a gran distanza e in tempo di pace, ha segnato la “cancel culture” americana rispetto allo schiavismo, alla segregazione, al culto dei valori e degli stivali confederati. L’analogia è spesso esplicita. Nel marzo scorso Volodymyr Sheiko, musicista e direttore dell’Istituto ucraino, intitolava: “Cancel Russian Culture come un mezzo per sopravvivere”; definiva “neocoloniale” la guerra russa, e la resistenza ucraina come un capitolo di liberazione coloniale. “La questione: ‘Che cosa fare con la Russia dopo la guerra?’ sarà una grande sfida per gli studi postcoloniali. La Russia è un infelice anacronismo che non è passato attraverso il doloroso processo della decolonizzazione, e però per qualche ragione le istituzioni occidentali non sono pronte ad accettarlo”. Si citano le tepidezze delle istituzioni francesi, o del motto del PEN tedesco, “il vero nemico è Putin, non Pushkin”. (Ben trovato, ma ieri sono passato davanti al Pushkin della gran strada omonima, e ho pensato che forse ero stato l’ultimo a fotografarlo con un mazzo di fiori freschi a fargli onore). Ha una sua forte efficacia l’accusa a grande istituzioni occidentali – il MoMA, la Royal Academy a Londra, il Palais Royal – di aver ospitato splendidamente l’ “arte russa”, come nel 2017, senza distinguerne le componenti, senza indugiare sui nessi col totalitarismo, e soprattutto senza badare a spese riguardo alle risorse investite dal regime per propagandarla.
Monumenti e nomi di città paesi e strade sono l’oggetto primo del ricambio, tanto più in un paese in cui l’avvicendamento di erezioni e abbattimenti (o confinamenti in magazzini o in mostre della mostruosità) è stato ininterrotto, quanti i dominatori e le vittime di turno. Sono gli aspetti più vistosi e fotogenici. Monumenti di liberatori abbattuti. Statue colpite a morte dallo stesso invasore, come il grande Pushkin bombardato davanti al teatro di Mariupol, o come il busto del poeta nazionale Taras Schevschenko, un foro sulla fronte, bersaglio del tiro a segno dei soldati frustrati a Borodjanka. L’epurazione, la “derussificazione”, non si ferma nemmeno davanti ai grandi nomi che sembravano aver meritato immortalità e universalità. C’è a Kyiv una piazza Tolstoi e una stazione del metro Tolstoi in attesa di essere rinominati, con un sondaggio fra la popolazione – salvo che sia già avvenuto. Il Lev Nikolàevič Tolstòj, ha ricordato qualcuno, per il quale il patriarca Kirill aveva confermato la scomunica del Santo Sinodo del 1901.
C’è e ci sarà gran materia di attenzione e discussione, soprattutto, o forse solo, fra chi solidarizza con l’Ucraina aggredita e violata e con la sua resistenza. Mi sembra indubbio che la questione cruciale sia la lingua. Cruciale è stata già dopo la cosiddetta rivoluzione arancione nel 2004 e poi la rivoluzione di Euromaidan del 2014. Fino alla presidenza di Yanukovich, il candidato quisling di Putin, vigeva il sistema bilingue. Le proposte per fare dell’Ucraino la lingua ufficiale riscossero in un sondaggio del 2017 il sostegno di una maggioranza del 61 per cento; nei territori prevalentemente russofoni dell’est e del sud, compresa Odessa, una equivalente maggioranza favoriva invece il sistema bilinguistico.
Risale comunque alla discussione parlamentare fra l’ottobre 2018 e l’aprile 2019 la “Legge per assicurare l’Ucraino come lingua di Stato”, approvata dopo il voto su 2 mila emendamenti, e firmata da Poroshenko, al suo ultimo atto, così da entrare in vigore nel luglio 2019. Il successore, Zelensky, commentò allora criticamente che si sarebbe impegnato a garantire “i diritti costituzionali e gli interessi di tutti i cittadini ucraini”. (Zelensky, sappiamo, è lui stesso russofono all’origine).
La legge prevedeva una Commissione Nazionale per le modalità esemplari di uso dell’Ucraino, e la verifica della sua conoscenza per l’accesso alle carriere militari, diplomatiche, legali, mediche, educative. (C’è un’eco continua di vicende sudtirolesi…). Sui mezzi a stampa si prevedeva l’uso di qualsiasi lingua, a condizione che un numero equivalente di copie uscisse in ucraino. Per i libri, la pubblicazione di almeno la metà dei titoli in ucraino. Per le trasmissioni, un 75 per cento in ucraino, così come nei servizi, trasporti, sanità, salvo desiderio diverso degli utenti. All’insegnamento pubblico del russo erano riservati asili e scuole elementari. Nelle relazioni pubbliche – bar, per esempio, negozi – il russo era previsto quando fra i parlanti ci fosse accordo; e nessuna restrizione toccava le conversazioni private.
Le cose sono molto cambiate. Il ripudio del russo dagli stessi suoi parlanti è enormemente cresciuto. Il proposito di compiere il ricambio entro una generazione è ora condiviso da Zelensky – “Lo state facendo. In una generazione, e per sempre”. Si moltiplicano, in effetti, i corsi gratuiti di ucraino. Epiteti come “orchi” o “rushist” – crasi di russi e fascisti – sono comuni.
Sui muri di Odessa costellati di manifesti, disegni, poster, di chiunque voglia, uno ha il ritratto di Nikolaj Gogol’, col suo nome cancellato e riscritto in ucraino, Mykola Hohol’: qui (oltre che a Roma) scrisse Le anime morte, e il suo è un caso esemplare: suo padre era traduttore e scrittore in ucraino…
La persuasione sottintesa, o dichiarata, è che la nazione sia la lingua. Ci abbiamo creduto tutti, più o meno, prima o poi. Tuttavia si rischia di perdere molto, troppo. Gli ucraini che hanno parlato e ascoltato parlare in russo dall’infanzia sono forse un terzo. Si chiama Surzhyk, in Ucraina, la lingua parlata che mescola ucraino e russo: è singolare che il termine derivi da una mescolanza di grano e altri cereali.
Chi ha frequentato persone ucraine in questi mesi sa che un’espressione come quella del ministro, “non riesce più ad accettare a livello fisico nessun prodotto creativo russo”, lascia sgomenti ma corrisponde alla realtà. Ci sentiamo dire: Non potete capire. Ne avemmo un sentore alla Via Crucis romana. Tuttavia non è inevitabile lasciare che una lingua, quando la si sia amata, e tanto più quando la si sia parlata, venga sequestrata da un nemico. Nel 1944 Leone Ginzburg (che era nato a Odessa) a Regina Coeli, torturato e presso a morire, disse: “Guai a noi se domani non sapremo dimenticare le nostre sofferenze, guai se nella nostra condanna investiremo tutto il popolo tedesco”.
Penso che una gran parte della posta della guerra imperialista contro l’Ucraina stia qui.
L’articolo che ho postato è di Adriano Sofri