LA PANDEMIA, LA DITTATURA DEL PROFITTO E LA PIETA’ DI ENEA
Il governatore della Liguria Toti si è scusato e ha dato la colpa al social media manager. Una toppa peggiore del buco. Sembra Berlusconi quando ogni volta che sparava una cazzata, si giustificava dicendo che era stato frainteso e dava la colpa ai comunisti. Quella frase Giovanni Toti l’ha scritta e l’ha pubblicata sui social. Non gli è stata estorta: «dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani», cioè «persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate». Non è che Toti sia un nazista, favorevole all’eliminazione fisica dei più deboli e non più “utili alla causa”. Ma che la sua cultura di fondo sia una cultura di destra, cinica e tutt’altro che solidale, che antepone il profitto addirittura alla tutela della vita, appare evidente.
Gli ha fatto eco, a dimostrazione che quella cultura nel centro destra italico è piuttosto diffusa, il leghista Borghi, in Parlamento, affermando che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sulla salute… Dimenticando che l’articolo 32 della Costituzione recita:”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Ricordo che durante la prima fase dell’emergenza covid, il Presidente Mattarella ebbe a dire parole di segno totalmente diverso: “L’Italia vede decimata la generazione anziana, punto di riferimento per i giovani e per gli affetti» e le disse quasi a voler stigmatizzare e stoppare l’aberrante e diffusa convinzione, espressa in maniera più o meno subdola e strisciante, che le morti così numerose non siano state poi così importanti perché riguardavano i vecchi, per di più già malati. Ricordate anche i discorsi sulla scelta di chi curare in caso di mancanza di posti in terapia intensiva?
Le frasi di Toti e Borghi, oltre a mettere in luce la cultura fascistoide dei due politici e dunque di una parte della classe dirigente del Paese, cozzano pesantemente con quella che è invece la “cultura di fondo” dell’Italia e che si è tramandata nei secoli anche attraverso l’arte.
C’è un episodio mitologico che molti pittori e scultori hanno ripreso e immortalato, proprio a sottolineare il legame indissolubile fra le generazioni. E’ la fuga di Enea da Troia con il figlioletto Ascanio tenuto per mano e il vecchio padre Anchise sulle spalle. Memorabile il gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini, ma anche il dipinto, noto anche quello, di Agostino Carracci, pittore e incisore bolognese di notevole ingegno, fratello maggiore di Annibale Carracci, che ritraggono e appunto Enea in fuga da Troia con Ascanio e il padre Anchise portati via tra le rovine della città in fiamme. Entrambe le opere si trovano alla Galleria Borghese a Roma.
La leggenda narra che Enea in fuga da Troia sbarcò nel Lazio e dalla sua stirpe nacque Romolo e quindi Roma… Cioè in quella fuga di un uomo con il figlio e il padre c’è il fondamento della storia d’Italia, e se vogliamo della cultura occidentale, europea: Enea decise di salvare tutto, di non lasciare indietro nessuno, nemmeno il padre ormai vecchio e certo non più utile alla causa con una spada in mano.
La dittatura del profitto, essenza del capitalismo, guarda solo al pil e alla produzione, all’utilità: i miglior produttori e anche consumatori sono i giovani, gli abili, i forti, non i vecchi, i deboli, i malati. Quindi non c’è da stupirsi se qualcuno, magari senza accorgersene, indulge ala barbarie. Ad una scelta di inciviltà, perché “più che ‘l dolor poté il digiuno”.
Il pensiero di Borghi e Toti nasconde una concezione della crisi da pandemia alla Conte Ugolino, non certo basata e ancorata sulla “pietas” di Enea. Questa pandemia, con tutti gli annessi e connessi economici, sociali, psicologici, ci sta spingendo verso l’individualismo e l’egoismo (i più accesi sostenitori del “chiudere tutto e subito” sono quelli che hanno lo stipendio o la pensione garantita e che già prima uscivano di casa di rado, facevano poca vita sociale, andavano raramente a teatro…). Invece, io penso che dovremmo ricordarci di Enea e mettere in campo il contrario dell’egoismo. Perché abbiamo sì il problema di evitare il contagio e rimanere vivi, ma anche quello di vivere da persone civili.
M.L.