LA STRANA ESTATE CHIUSINA, TRA PAURA DEL VIRUS E MOVIDA RITROVATA (IN PARTE)
CHIUSI – “Piccola città, bastardo posto… ” cantava Guccini 50 anni fa (o quasi). Beh, Chiusi è una piccola città e un posto bastardo, perché non è né carne, né pesce. E’ in Toscana ma in odore di Umbria. Ha una grande storia alle spalle, ma un futuro assai incerto. Poi diciamolo, più che città, che è un titolo conferitole da Mussolini, è un paese. Di 8000 abitanti, poco più. Un paese che non è turistico, e nemmeno industriale. Per qualche decennio Chiusi è stata un polo commerciale, adesso non lo è più. E’ stata un nodo di trasporti e, dopo un lungo periodo di declino anche su questo versante, adesso sta piano piano piano recuperando terreno, centralità, ruolo…
Ma ancora resta né carne, né pesce. “Correva la fantasia verso la prateria, fra la via Emilia e il West…” cantava ancora Guccini. Da Chiusi la via Emilia è lontana. Il west no. Da Chiusi la via per il west si chiama Cassia. E tra la Cassia e il West le praterie sono fatte dei calanchi della Valdorcia, sono i tornanti di Radicofani e della Foce… sono le curve che da Montalcino scendono a Paganico e poi verso il mare di Maremma… Chiusi è una “piccola città” che sa di occidente. Che parla la stessa lingua dei grossetani che stanno sulla costa e nell’entroterra, sempre guardando a ovest, da Sorano a Manciano, da Scansano a Ribolla, fino all’Isola d’Elba.
Chiusi è un posto bastardo, dicevamo… perché è un posto di confine e tutti i posti di confine sono posti bastardi. Ibridi. Chiusi Scalo che negli anni ’70-80 era una specie di Las Vegas, adesso la sera è un deserto che quello dei tartari a confronto è Mirabilandia.
Chiusi città anche dopo il festival Orizzonti e nonostante il covid, sta vivendo invece una strana estate. Con più gente del solito. Più gente nei musei, alle tombe etrusche, alle catacombe paleocristiane, ma anche nei bar e nei ristoranti. Non siamo ai livelli di Pienza, Montepulciano, Cortona o anche Città della Pieve, ma tanta gente così, la sera a Chiusi non si era mai vista. Probabilmente l’emergenza covid ha favorito i borghi minori e periferici, gli agriturismi, i luoghi appartati e tranquilli e anche Chiusi ha beneficiato di questa tendenza… Ma è anche possibile che si comincino a vedere gli effetti di una certa promozione e di iniziative come quella della partnership con Slow Food o la pubblicità sul portale del Frecciarossa. Per ora sono solo segnali minimi. Ma segnali incoraggianti che fanno ben sperare per il futuro.
Le presenze nel centro storico infatti sembrano essere non solo quelle della “movida” giovanile, ma piuttosto presenze legate al flusso del turismo slow, quello che cerca arte, buona cucina, paesaggio… quello che predilige le location secondarie, i percorsi ciclabili, le serate tranquille sotto una pergola… E a questo proposito il “Sentiero della Bonifica” e la possibilità di unire treno e bike sia in direzione Siena che in direzione Perugia, sembrano essere due molle importanti. Molle che fanno muovere la gente e portano gente anche a Chiusi.
Chiusi in queste settimane di calura, vive anche alcune fibrillazioni politiche impreviste, e nel marasma c’è chi soffia sul fuoco, come è normale che accada, dipingendo un paese alla deriva e in ambasce su tutta la linea. La città ha molti problemi, anche di identità, è e resta un “bastardo posto” per dirla con Guccini, ma non sta peggio delle altre dei dintorni e, anzi, mostra pure segni di risveglio e di vitalità imprevisti. Bettollini e la sua giunta da questo punto di vista chiudono il mandato non proprio con le mani tra i capelli.
Il post emergenza covid ci racconta una Chiusi diversa da quella di prima. Almeno una certa Chiusi, se non proprio tutta. Ma questo sta nell’ordine delle cose. Significa che la città ha imboccato la strada giusta? No. Non ancora. Bisognerà verificare se si tratta di una tendenza reale o solo di una tendenza contingente, dovuta all’emergenza covid.
Di sicuro i numeri incoraggiano a osare di più, a investire di più sulla valorizzazione dei “giacimenti culturali” locali, sulle risorse umane presenti nel territorio, insomma sull’argenteria di famiglia, che non è da buttar via. Tutt’altro.
Però, c’è una cosa che non tona: tra la gente che affolla la sera il centro storico, sono pochi i chiusini. E pochi anche i cittadini dei dintorni.
Un paio di mesi fa, quando si profilava la fine del lockdown, da queste colonne lanciammo la l’idea degli spettacoli nei cortili, nelle piazzette, e nei piazzali, per rispondere alle esigenze di sicurezza e ai protocolli anti covid, ma anche quella del “turismo a km zero” cioè di fare i turisti a casa nostra, cominciando a scoprire o riscoprire luoghi e bellezze dimenticati o ignorati proprio perché troppo a portata di mano. Ecco, se ai giovani e ai turisti degli agriturismi si aggiungessero anche i residenti e gli abitanti dei paesi limitrofi Chiusi potrebbe decollare e scrollarsi di dosso l’immagine di paese dormitorio.
Certo, la paura del covid, che tra l’altro sta risalendo, non aiuta, “si esce poco la sera, compreso quando è festa” (questo è Dalla, non Guccini), si preferisce evitare la possibilità di assembramenti, ma è anche vero che non possiamo chiuderci tutti in casa preventivamente, prima che ce lo impongano, non possiamo farci dettare la linea dalla paura, che poi diventa paura dell’altro, anche del vicino di casa che chissà dove è andato in vacanza, del runner che suda, dei ragazzi che al bar non tengono a mascherina…
La ripresa del virus consiglia prudenza e attenzione, ma per ora, almeno a livello locale, non sembra tale da scatenare il terrore. E forse un po’ di socialità in più, ma anche solo di presenza in piazza può essere l’antidoto per tante malattie. O fobìe.
Chiusi per molti anni ha sofferto di solitudine e di desertificazione, si è assuefatta al declino, al silenzio, al clima desertico. Adesso mostra segni di risveglio, anche se parziali e solo in certi contesti. Ma sono segnali che andrebbero assecondati, prima di tutto dai cittadini, dai residenti che dovrebbero essere i primi turisti, i primi promoters della città, i primi clienti dei locali, i primi spettatori degli eventi teatrali musicali, culturali che si tengono in città. Ovvio che i locali, gli organizzatori di eventi, le associazioni e gli enti culturali dovrebbero fare la loro parte.
Solo così forse i segnali di risveglio potrebbero aumentare e allargarsi anche altri contesti (a Chiusi Scalo per esempio).
Tra meno di un anno Chiusi voterà per il sindaco e per il Consiglio Comunale e a nostro avviso questo dovrebbe essere uno dei temi caldi della campagna elettorale: come risvegliare i chiusini e farli uscire di casa.
m.l.
Pochi lo sanno o se ne ricordano, ma nella prima metà degli anni ’60 un geniale signore fiorentino di nome Carlo Fabre,fratello dell’ex co-titolare dell’ottica Fabre e Giangio di Chiusi, inventò letteralmente un procedimento di stampa delle fotografie che tramite modificazione chimica dello sviluppo e del fissaggio delle foto stesse, aveva come peculiarità quella che le immagini apparissero e scomparissero pochi minuti dal termine di tutto il processo di stampa.Al Salone Internazionale della Fotografia a Milano che allora chiamavasi SICOF fece ”folla” come suol dirsi di spettatori e di osservatori che meravigliati con gli occhi fuori dalle orbite osservavano che nelle foto appese al pubblico nel suo stand, le immagini contenute sulla carta fotografica apparivano e scomparivano in pochi minuti non lasciando minimamente il segno della loro precedente esistenza.Probabilmente Carlo Fabre era così geniale che nemmeno si curò di brevettare il procedimento perchè pensava ad altro.Comportamento questo tipico dei veri geni.E lui in quella materia lo era un genio.Dico questo perchè mi sembra che l’industria cinematografica sia arrivata a Chiusi senza che nessuno l’avesse compreso, interpretandone una realtà che non esiste.Talvolta quando non si condivide la realtà si dice:”scusa ,ma quale film hai visto?” E questa è la reazione al fatto che attraverso proposizioni a favore e successive smentite si dipinga una realtà che sostanzialmente non esiste,salvo poi mettere sotto la lente di ingrandimento fatti che di importanza marginale ce ne hanno da vendere,come il turismo mordi e fuggi di qualcuno che occupi un tavolo o due in piazza di sera e questo dà adito a pensare che tali segni-anche se deboli come del resto onestamente dichiarato perchè la realtà fotografica quella è, e non si potrebbe travisare- siano un qualcosa che lasci ben sperare se frutto di una realtà amministrata in un certo modo, cosa che però non si capisce quale possa essere tale modo.Almeno per il momento.Intanto però la notizia viene data e la gente ci crede. Poi si trova fra 20 giorni a ripassare sulla piazza e tutt’intorno vedere chiuso,ma si ricorda poco di quello che era stato detto.La realtà questa è mentre quell’altra non esiste purtroppo.E lo sanno e vedono tutti.Ma dalla realtà non bisognerebbe mai rifuggire sennò si imbastisce un processo come quello del geniale Carlo Fabre che fece quella cosa scevra da secondi fini e perchè restasse un esperimento e basta.
ma te la realtà l’hai presente e l’hai verificata oppure parli per sentito dire? No, perché quello che è scritto in questo articolo è verificato e certificato sul campo (quanto a presenze e clima): c’è l deserto a Chiusi Scalo e una certa vitalità, forse mai vista prima, a Chiusi città. Qualcuno mi dice addirittura più che a Pienza, per esempio. Questo è il dato di fatto. Se sia anche una tendenza lo vedremo. Le opinioni, le chiavi di lettura dei fenomeni e le proposte sono ovviamente altra storia. Ma sinceramente non ho capito se contesti il dato di fatto o la lettura che qui se ne dà… P.S. devo dire, ad onor del vero, che anche i altre realtà più glamour come Città della Pieve o Cetona di pievesi o cetonesi se ne vedano decisamente pochi, come i chiusini a Chiusi. Il che conferma che il problema è comune. E mal comune non è mezzo gaudio.
Per la verita li contesto-od almeno non sono decisamente del tuo parere- sia su quanto mi è apparso camminando per Chiusi Città ed anche la lettura che se ne dà in conseguenza di questo.Non mi è sembrata molto diversa la cosa dagli anni scorsi in questo periodo. Poi non sono lì a misurare col contapersone certamente ma la differenza con gli anni passati non mi sembra che ci sia.Anzi, ti dirò di più, nelle volte che ci sono stato e sedutomi al baretto davanti al Teatro(che fra l’altro è uno dei pochi aperto fino ad una certa ora ) ho notato che vi siano meno persone quest’anno che negli ultimi due anni nello stesso periodo. Probabilmente sarà per la ragione del covid o sono io che dovrò andare dall’oculista.Non parliamo di Chiusi Scalo perchè tranne il ”green bar” dove esiste l’animazione che vediamo ogni sera e che ha assorbito una parte di coloro che frequentavano Golosia,per il resto come dici tu il deserto dei tartari è più animato. Anche per Città della Pieve si nota una grande differenza fra quest’anno e l’anno scorso chiaramente, ma lì la spiegazione c’è ed è il fatto del Covid che comunque ha palesemente ridimensionato l’arrivo e la frequentazione di tutto il flusso che veniva dall’esterno e soprattutto da Roma e da chi ha le seconde case.E se è calato non poco tale flusso a Città della Pieve figuriamoci a Chiusi che di flussi di tale natura e in tale quantità non li ha mai conosciuti.Quindi la ”ripresina” secondo il mio parere è ben lungi da esserci e due tre tavoli con turisti di passaggio in Piazza del Comune su un ristorante non significano nulla. Almeno secondo il mio parere.
Forse non hai letto con attenzione: non si tratta di qualche persona in più al bar o per strada, si tratta anche dei numeri relativi alle visite ai musei, per esempio, alle prenotazioni negli alberghi e agriturismi (tutti pieni), ai ciclisti che arrivano in treno o dal sentiero della Bonifica e poi si fermano a mangiare e dormire… Segno che anche Chiusi comincia ad entrare in qualche circuito virtuoso e riesce ad intercettare qualche “flusso” che prima non intercettava. In queste sere d’agosto le piazze di Chiusi città non sono molto diverse dalla piazza di Città della Pieve o di Cetona o di Pienza. Gli anni passati sì. E’ che siamo tutti un po’ abituati a vedere l’erba del vicino sempre più verde e ad andare a frescheggiare altrove. E in ogni caso l’articolo mi pare tutt’altro che un panegirico di Chiusi. Anzi…
Se i dati del museo e degli agriturismi sono in aumento ne siamo tutti felici, credo però che il dato sia dovuto al fatto che è una tendenza che vale per tutta Italia, in molti rispetto agli altri anni hanno deciso di fare le vacanze in Italia. Per quanto riguarda le due piazze: piazza XX Settembre nonostante la chiusura al traffico è deserta, creare un’isola pedonale è servito solo per far aumentare qualche tavolo ad una attività di ristorazione, In piazza del Duomo ci sono le stesse persone di sempre, in gran parte famiglie di Chiusi con i bambini che giocano. I confronti con luoghi come Pienza o Città della Pieve lasciamoli perdere.
Luca c’è scritto anche nell’articolo che si tratta di una tendenza nazionale dovuta all’emergenza covid che ha fatto preferire a molti i luoghi periferici, tranquilli, appartati… Ma io ho visto a Chiusi presenze “esterne” che negli anni precedenti, anche senza emergenza, non si vedevano. E quest’anno il confronto con i paesi limitrofi non è così impietoso. Il problema, a mio avviso, è l’assenza dei chiusini, che se escono vanno altrove (a Città della Pieve, a Cetona, a C. Lago) e non nel proprio paese. Su questo, credo, la politica dovrebbe interrogarsi e lavorare. E’ vero che Chiusi è la cittadina dei dintorni meno “autarchica” da sempre, è difficile vedere un pievese o un cetonese o un poliziano fuori dalle mura dei loro paesi, mentre i chiusini si sono sempre mossi di più… A Pienza dopo le 21,30 non c’è più un’anima in giro e Cetona è una piazza (splendida, ma è tutta lì) e 100 persone in una piazza fanno certamente più figura che 200 sparse in 3-4 spazi come avviene a Chiusi città. Sullo Scalo invece occorre dire che la sera ci sono anche pochi bar aperti ed complicato anche prendere un gelato. E questo non favorisce l’uscita di casa e il passeggio…