LA STRANA ESTATE CHIUSINA, TRA PAURA DEL VIRUS E MOVIDA RITROVATA (IN PARTE)

sabato 22nd, agosto 2020 / 11:56
LA STRANA ESTATE CHIUSINA, TRA PAURA DEL VIRUS E MOVIDA RITROVATA (IN PARTE)
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CHIUSI – “Piccola città, bastardo posto… ” cantava Guccini 50 anni fa (o quasi). Beh, Chiusi è una piccola città e un posto bastardo, perché non è né carne, né pesce. E’ in Toscana ma in odore di Umbria. Ha una grande storia alle spalle, ma un futuro assai incerto.  Poi diciamolo, più che città, che è un titolo conferitole da Mussolini, è un paese. Di 8000 abitanti, poco più. Un paese che non è turistico, e nemmeno industriale. Per  qualche decennio Chiusi è stata un polo commerciale, adesso non lo è più. E’ stata un nodo di trasporti e, dopo un lungo periodo di declino anche su questo versante, adesso sta piano piano piano recuperando terreno, centralità, ruolo…

Ma ancora resta né carne, né pesce. “Correva la fantasia verso la prateria, fra la via Emilia e il West…” cantava ancora Guccini. Da Chiusi la via Emilia è lontana. Il west no. Da Chiusi la via per il west si chiama Cassia. E tra la Cassia e il West le praterie sono fatte dei calanchi della Valdorcia, sono i tornanti di Radicofani e della Foce… sono le curve che da Montalcino scendono a Paganico e poi verso il mare di Maremma… Chiusi è una “piccola città” che sa di occidente. Che parla la stessa lingua dei grossetani che stanno sulla costa e nell’entroterra, sempre guardando a ovest, da Sorano a Manciano, da Scansano a Ribolla, fino all’Isola d’Elba.

Chiusi è un posto bastardo, dicevamo… perché è un posto di confine e tutti i posti di confine sono posti bastardi. Ibridi. Chiusi Scalo che negli anni ’70-80 era una specie di Las Vegas, adesso la sera è un deserto che quello dei tartari a confronto è Mirabilandia. 

Chiusi città anche dopo il festival Orizzonti e nonostante il covid, sta vivendo invece una strana estate. Con più gente del solito. Più gente nei musei, alle tombe etrusche, alle catacombe paleocristiane, ma anche nei bar e nei ristoranti. Non siamo ai livelli di Pienza, Montepulciano, Cortona o anche Città della Pieve, ma tanta gente così, la sera a Chiusi non si era mai vista. Probabilmente l’emergenza covid  ha favorito i borghi minori e periferici, gli agriturismi, i luoghi appartati e tranquilli e anche Chiusi ha beneficiato di questa tendenza… Ma è anche possibile che si comincino a vedere gli effetti di una certa promozione e di iniziative come quella della partnership con Slow Food o la pubblicità sul portale del Frecciarossa. Per ora sono solo segnali minimi. Ma segnali incoraggianti che fanno ben sperare per il futuro.

Le presenze nel centro storico infatti sembrano essere non solo quelle della “movida” giovanile, ma piuttosto presenze legate al flusso del turismo slow, quello che cerca arte, buona cucina, paesaggio… quello che predilige le location secondarie, i percorsi ciclabili, le serate tranquille sotto una pergola… E a questo proposito il “Sentiero della Bonifica” e la possibilità di unire treno e bike sia in direzione Siena che in direzione Perugia, sembrano essere due molle importanti. Molle che fanno muovere la gente e portano gente anche a Chiusi.

Chiusi in queste settimane di calura, vive anche alcune fibrillazioni politiche impreviste, e nel marasma c’è chi soffia sul fuoco, come è normale che accada, dipingendo un paese alla deriva e in ambasce su tutta la linea. La città ha molti problemi, anche di identità, è e resta un “bastardo posto” per dirla con Guccini, ma non sta peggio delle altre dei dintorni e, anzi, mostra pure segni di risveglio e di vitalità imprevisti. Bettollini e la sua giunta da questo punto di vista chiudono il mandato non proprio con le mani tra i capelli.

Il post emergenza covid ci racconta una Chiusi diversa da quella di prima. Almeno una certa Chiusi, se non proprio tutta. Ma questo sta nell’ordine delle cose. Significa che la città ha imboccato la strada giusta? No. Non ancora. Bisognerà verificare se si tratta di una tendenza reale o solo di una tendenza contingente, dovuta all’emergenza covid.

Di sicuro i numeri incoraggiano a osare di più, a investire di più sulla valorizzazione dei “giacimenti culturali” locali, sulle risorse umane presenti nel territorio, insomma sull’argenteria di famiglia, che non è da buttar via. Tutt’altro.

Però, c’è una cosa che non tona: tra la gente che affolla la sera il centro storico, sono pochi i chiusini. E pochi anche i cittadini dei dintorni.

Un paio di mesi fa, quando si profilava la fine del lockdown, da queste colonne lanciammo la l’idea degli spettacoli nei cortili, nelle piazzette, e nei piazzali, per rispondere alle esigenze di sicurezza e ai protocolli anti covid, ma anche quella del “turismo a km zero” cioè di fare i turisti a casa nostra, cominciando a scoprire o riscoprire luoghi e bellezze dimenticati o ignorati proprio perché troppo a portata di mano. Ecco, se ai giovani e ai turisti degli agriturismi si aggiungessero anche i residenti e gli abitanti dei paesi limitrofi Chiusi potrebbe decollare e scrollarsi di dosso l’immagine di paese dormitorio.

Certo, la paura del covid, che tra l’altro sta risalendo, non aiuta, “si esce poco la sera, compreso quando è festa” (questo è Dalla, non Guccini), si preferisce evitare la possibilità di assembramenti, ma è anche vero che non possiamo chiuderci tutti in casa preventivamente, prima che ce lo impongano, non possiamo farci dettare la linea dalla paura, che poi diventa paura dell’altro, anche del vicino di casa che chissà dove è andato in vacanza, del runner che suda, dei ragazzi che al bar non tengono a mascherina…

La ripresa del virus consiglia prudenza e attenzione, ma per ora, almeno a livello locale, non sembra tale da scatenare il terrore. E forse un po’ di socialità in più, ma anche solo di presenza in piazza può essere l’antidoto per tante malattie. O fobìe.

Chiusi per molti anni ha sofferto di solitudine e di desertificazione, si è assuefatta al declino, al silenzio, al clima desertico. Adesso mostra segni di risveglio, anche se parziali e solo in certi contesti. Ma sono segnali che andrebbero assecondati, prima di tutto dai cittadini, dai residenti che dovrebbero essere i primi turisti, i primi promoters della città, i primi clienti dei locali, i primi spettatori degli eventi teatrali musicali, culturali che si tengono in città. Ovvio che i locali, gli organizzatori di eventi, le associazioni e gli enti culturali dovrebbero fare la loro parte.

Solo così forse i segnali di risveglio potrebbero aumentare e allargarsi anche altri contesti (a Chiusi Scalo per esempio).

Tra meno di un anno Chiusi voterà per il sindaco e per il Consiglio Comunale e a nostro avviso questo dovrebbe essere uno dei temi caldi della campagna elettorale: come risvegliare i chiusini e farli uscire di casa.

m.l.

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