RENZI A CHIUSI A PRESENTARE IL SUO LIBRO “LA MOSSA DEL CAVALLO”. MA E’ DAVVERO UN CAVALLO??

CHIUSI- Diciamolo subito, a scanso di equivoci: una folla così per la presentazione di un libro si vede raramente. Anzi, mai. Ma se l’autore del libro è un tipo che a 45 anni ha già fatto e ottenuto dalla vita il massimo che la vita può offrire, ovvero (parole sue ) “fare il sindaco di Firenze e il presidente del Consiglio”, allora la folla si può capire. Il giovanotto è stato anche segretario nazionale di partito, del maggior partito del centro sinistra. Questo non lo ha detto, forse perché adesso sta in un altro partito, fatto a sua immagine e somiglianza e che se va bene prenderà il 2%. Quindi meglio evitare.
Oggi a Chiusi, sotto la pergola dell’Hotel-ristorante Il Pino a due passi del casello autostradale a presentare un suo libro c’era Matteo Renzi. Il nome insomma c’era tutto. Si è trattato della terza volta di Renzi nella città di Porsenna e nonostante una partecipazione forse oltre le stesse aspettative degli organizzatori, niente a che vedere, neanche lontanamente con quella delle prime due. La prima al Mascagni ai tempi della campagna con il camper nel 2012… la seconda in treno, alla stazione, con i Podemos davanti a sbeffeggiarlo…
L’entusiasmo di allora oggi non c’è, neanche nella ex roccaforte renziana di Chiusi. E alla presentazione de “La mossa del cavallo” c’era Scaramelli a fare gli onori di casa, ma non c’era nessuno dell’amministrazione comunale. Istituzionalmente il Renzi scrittore è stato bellamente ignorato.
Diciamo che l’iniziativa è stata in qualche modo una sorta di “battesimo” della truppa di Italia Viva che da qui a tre mesi affronterà la campagna elettorale per le Regionali in Toscana. Elezioni che lo stesso Renzi ha definito epocali, decisive, perché Salvini le vuole vincere e invece la Toscana va difesa e.. rilanciata. In senso opposto alla linea Salvini. Da Chiusi, che è terra senese, e dunque storicamente mai filo-fiorentina, il fiorentino Renzi ha ribadito la fedeltà al centro sinistra in Toscana e una distanza abissale (parola sua) dal salvinismo e dalla cultura politica della destra. E a anche fatto un endorsement per Scaramelli, definito candidato di punta, che se il centro sinistra vincerà, farà l’assessore…
Certo, più che parlare del libro, ha fatto un comizietto dei suoi, Matteo Renzi. Che è uno che su un palco ci sa stare, sa come si usa un microfono, sa come muoversi, quando appoggiarsi ad un palo, quando alzare o abbassare la voce… Si vede che ha studiato recitazione. E sa anche come solleticare una platea…
Così come il titolo del suo libro “La mossa del cavallo” molto poco originale perché è anche il titolo di un romanzo di Camilleri del 1999 ispirato da un fatto di cronaca realmente accaduto a Barrafranca in provincia di Enna nell’800, dal quale è stato tratto anche il film TV La mossa del cavallo – C’era una volta Vigata trasmesso da Rai 1 il 26 febbraio 2018, con protagonista Michele Riondino, è stato poco originale anche il comizio.
E ora chi glielo dice a Camilleri? il padre di Montalbano lassù dove è ora avrà cominciato a rigirarsi nella tomba…
Renzi era partito bene citando una frase di Machiavelli utilizzata anche nel libro, per dire che “nessuno è come sembra o come lo dipingono gli altri”. Questo per dire che lui non è uguale a Salvini, per esempio. E che non è uno che senza potere non può stare… Ha sottolineato che “la mossa del cavallo” è smettere di piangersi addosso, di recriminare, di guardare e guardarsi indietro per cercare invece soluzioni per l’oggi e per il domani, rimboccandosi le maniche e attivando processi innovativi, guardando avanti..
Poi però ha cominciato la filippica con l’autodifesa sul Jobs act, sul referendum del 2016, sulle cose fatte (alcune buone) dal suo governo sul terreno dei diritti civili, ha difeso perfino la scelta di proporre e sostenere un governo coi 5 Stelle, pur non amando 5 Stelle, per salvare la legislatura e impedire che Salvini vincesse le elezioni e governasse per 5 anni. E ha gigioneggiato sulla pochezza di Toninelli o Bonafede, sul Pd che è un partito un po’ così… ha mandato saluti e abbracci, un po’ sarcastici, a quelli che lo hanno abbandonato o che non lo hanno seguito (e a Bettollini avranno fischiato le orecchie…)… Ma di proposte innovative, di nuovi paradigmi della politica neanche l’ombra. Li avrà scritti ne libro e forse non voleva svelarne il contenuto, per non inficiarne la vendita…
Ma a occhio e croce la mossa del cavallo pare la classica mossa furbesca per stare un po’ sui media e raccogliere un po’ di applausi qua e là, con le presentazioni. Poco altro. Magari il libro racconta bene certe sensazioni personali, certe tensioni, qualche intuizione, ma di nuovo ed esplosivo sul piano politico-programmatico, da quanto ha esposto l’autore, sembra esserci poco. Lo leggeremo e saremo più esaustivi. ma la prima impressione di solito è quella che coglie più facilmente nel segno.
Che Renzi sia un cavallino di razza e tra i politici attuali sia tra quelli più scaltri (anche se per trovarne uno che le ha perse tutte come lui c’è da faticare) è indubbio. Che la sua ultima mossa sia vincente è tutto da dimostrare e che il “cavallo” della mossa sia effettivamente un cavallo piuttosto che… un somaro, idem.
Ora, Renzi è fiorentino, o del contado di Firenze, e venire a parlare di cavalli e di mosse in terra di Siena, dove l’unica “mossa del cavallo” plausibile è quella tra i canapi del Palio è stato forse un azzardo. L’avrà fatto magari per amicizia e sostegno a Stefano Scaramelli, ma il rischio di essere preso per il culo è stato (ed è altissimo). Quanti avranno pensato agli scacchi?
m.l.
Mah, caro Lorenzoni a differenza di altri, io Renzi non l’ho mai sostenuto, pur rimanendo dentro il PD è non sono mai salito allora nel suo carro ! Che sia un animale politico è fuori dubbio ma che non l’abbia azzeccata mai una giusta per me è altrettanto fuori dubbio ! Dire che il suo tempo sia finito è da vedere ! La mia paura è che in questo tempo a Chiusi si inneschi una guerra intestina all’interno del Centrosinistra, quando sempre di più occorrono contenuti ed attuazione di questi e non prime donne. Invece io vedo anche a Chiusi troppo Glamour e la politica è altro ! C’è bisogno di pensieri lunghi, di disinteresse personale ed interesse collettivo ! Ci vuole cronaca seria e non i corridoi de passi perduti.
Caro Giglioni, tu li vedi ‘sti pensieri lunghi? Io, sinceramente no. E la cronaca racconta quello che succede, quello che è. Non quello che dovrebbe essere o vorresti che fosse…Ieri a Chiusi c’è stata la presentazione di un libro, con l’autore che è personaggio noto della politica. E difatti la cosa ha preso la piega del comizietto, furbesco, ammiccante, gigionesco, a tratti sarcastico, ma non arrabbiato. Probabilmente serviva a galvanizzare la truppa e ad accreditare un’immagine del personaggio e del suo nuovo partito. In questi casi il libro del resto è sempre un pretesto, un aggancio. Lo è stato anche ieri. Anche perché trattasi di libro che non è originale neanche nel titolo. Camilleri si rivolterà nella tomba.
Mah si tratta di crearli Lorenzoni o crederci di più !
Il primo pensiero lungo che ascolterò, lo racconterò molto volentieri…Aspetto fiducioso (ma non troppo)…
Negli scacchi, il cavallo non riesce mai a dare matto (magari ci da’); arriva a dare matto solo quando è “piazzato” e ha la complicità di due alfieri. Insomma, vince se sta fermo e manda avanti gli altri. Quindi, neanche il titolo del libro è intonato al personaggio che lo presenta (e che forse non l’ha neanche scritto): un tipo tutto mosse, ammicchi, saltelli e movimenti che, appunto, lo portano a sistematicamente a non riuscire. Sembra far parte di quella genia di poeti “brutte creature, ogni volta che parlano…” descritta da un famoso cantautore
Lorenzoni la Mossa del Cavallo di Camilleri l’ho letto ed il protagonista riesce a salvarsi quando cambia il modo di pensare e quindi i pensieri e le parole espresse in siciliano assumono altri significati e lui si salva perché riesce ad interpretare quel modo di pensare siciliano che precedentemente non aveva intuito. Nel caso di Renzi lui ha in parte interpretato un modo di pensare mentre per tanti altri aspetti ha continuato a pensarla come era il suo passato e lo ha fatto passare come novità ! I suoi adepti, quelli che molto spesso menzioni te per la “cronaca” non hanno questi pensieri.
Caro Lorenzoni i pensieri lunghi si cercano se vuoi, altrimenti aspetti Godot !
X Giglioni. Posso essere d’accordo sul salvarsi cambiando modo di pensare” ma siccome gattopardescamente parlando questa genia a cui ti riferisci è una genia statica,che pensa a rinnovarsi nella misura in cui possa sempre ”reggere” ed il cambiamento di pensiero è funzionale allo scopo finale.Quando sentono che non ce la fanno chiamano in ballo una diversità di soggetti perfino ad arrivare alla ”sovrastrutura”,perchè lo sanno bene che tutto questo è un arma che rende. E’ storia.Ed allora bisognerebbe chiarirsi sul significato delle parole, perchè dopo le parole c’è la realtà.E comunque questi non hanno inventato nulla, e storicamente si sono basati sempre sulla gente una volta inebriandola e l’altra quando c’era il rischio che non avessero ”retto” al divenire delle cose,hanno cambiato atteggiamento ma non pensiero. Il pensiero è una cosa seria ed amministrare la diversità oggi riesce sempre più diffficile, è per questo che ”cambiare tutto per non cambiare nulla” spesso arriva a non pagare.Fin’ora hanno solo incassato senza dare,ma la gente che ci va a sentirli un po’ queste cose le sà bene, l’altra parte è cooptata da sentimenti di simpatia in un certo qual modo molto irrazionali o da ciò che si pensa possa risolvere i problemi, ed anche dal ” sentimento di convenienza personale”. In quel modo non si cambia il mondo,sono solo chiacchiere.Non lo affermo io che sono il signor nessuno, lo afferma la storia.
Da un partito che, quasi al posto del simbolo, esponeva nell’insegna di una sezione la facciona del cavalliere 🙂 non c’è da aspettarsi pensieri lunghi, tanto più se si guardano ad alcuni numeri – spesso più loquaci dei discorsi -. Renzi aveva una percentuale di adesioni interna al partito che, identica, è passata a Zingaretti. Ora, non è pensar male se si ritiene che ci sarebbe da fare una riflessione su questi numeri. Se non altro per capire quanto di quell’eredità resta attiva e quanto possa portare a mosse “a L”. Il mio scetticismo nei confronti del pd è reso ancora più robusto da un’azione di governo timida, incapace di imporre a un interlocutore sbandato come i 5s un punto di vista forte (dai migranti, ai vaccini, alla politica economica) o, almeno, chiaro e senza tentennamenti. La stessa boutade sull’iva, nel momento in cui vai a contrattare con l’europa, sembra la classica pensata alla Conte Tacchia che magari crede di essere un marchese (del Grillo).
Mah qui non si tratta di difendere Renzo, figuriamoci ! Si tratta di capire chi viene dopo ! Con tutti i limiti denunciati non so se il Centrodestra abbia proposte realmente credibili.Ad esempio se la diminuzione delle tasse significa tagliare la Sanità Pubblica o meglio creare una Sanità del tipo lombardo, efficiente nell’Ospedaliero ma inesistente nel territorio c’è da preoccuparsi ! Nessuno neanche il Centro Sinistra è esente in questi anni pre Covid da privatizzazioni selvagge ! Io mi pongo questo tema del modello di sviluppo, qui non si sogna chissà cosa, io almeno spero che questa drammatica vicenda abbia insegnato qualcosa a tutti! Per cui se pensiamo che per vincere la Destra occorre farla governare, va bene ad altri ma io non sono convinto. Circa il voto copia incolla da Renzo a Zingaretti, della serie cambiano i musicisti ma la musica è sempre la stessa, io riflettersi un poco e le critiche di Gori, ex Renziano, Sindaco di Bergamo dovrebbero indurvi ad altre riflessioni, perché poi a forza di straccia’ non rimane niente ! Io ritornare ai tempi del Renzismo non voglio pensare.Poi i pensieri lunghi non sono esclusivi di una certa ed esclusiva sinistra disillusa !
I pensieri lunghi non ci sono da nessuna parte, purtroppo
Paolo, non si tratta di renzi o salvini. Qui il problema è di capire se ci sono spazi per un discorso che cominci a disarticolare il neoliberismo (di cui il pd è stato ed è ancora un portabandiera) e ad articolare una prospettiva che sappia tenere la politica dentro i fatti. Cominciamo a leggere i fatti e vediamo di isolare qualche linea di riflessione che consenta di fare politica senza commissioni di tecnici su cui scaricare le responsabilità. Facendo ricorso alle commissioni, si dimentica che la politica è sia conflitto (non è mica finito lo scontro di classe, si è spostato su altri piani; individuarli è uno dei problemi della sinistra) sia mediazione. E’ responsabilità. Proprio da qui partirei. Il politico di professione finisce il mandato insieme alla responsabilità. Proviamo a fare due richieste: abolire l’immunità parlamentare per fatti di rilevanza penale; far permanere la responsabilità degli atti compiuti durante il mandato almeno per la durata della permanenza nella carica. Inoltre, richiesta minima, accertare le competenze di chi arriva a comandare: che conoscano sia la macchina costituzionale (le bestemmie giuridiche che si sentono da ministri attuali ed ex gridano vendetta) sia la macchina amministrativa. Nessuno pretende che siano giuristi, ma che sappiano almeno quali sono i limiti di quanto possono fare, be’, mi pare necessario. Ricorrono i cento anni della morte di Weber. Fu lui a parlare di politica come Beruf: che significa sia professione sia vocazione. Proviamo a rileggerlo, ce ne verrà parecchio beneficio.
Nessuno di noi né tanto meno io è per il Liberismo né per il Renzismo, figurati e neanche voglio avere visioni fideistiche del PD e neanche posso accettare questa equivalenza PD uguale liberismo, no non è così che si può iniziare a ragionare. Io Weber lo devo leggere ma l’idea di politica è quella da cui molti di noi proviene, i temi della questione morale rimane un principio ma c’è anche la proposta di cambiamento ed una visione diversa di società.
X Sorbera.Si, ma vorrei far fare una riflessione breve e di natura valoriale sul fatto che la maggioranza adesso si sia spostata su Zingaretti,ed è una maggioranza che il giorno prima era renziana, ed ancor prima bersaniana.Sbaglio? Può darsi ma non credo di tanto e sostanzialmente è cosi credo. Ed allora quali garanzie siano quelle di un partito forte e deciso ho ancora da capirlo. Se non si ricercano le cause di tutto questo, ancora per anni andremo avanti di tale passo ed i 5 Stelle presi fra la loro indeterminazione e fra l’incudine e martello credo che possano produrre proprio poco.Tutto il resto-come si dice- è fuffa, ma se dal ”malato” non ci si aspetta che faccia da se stesso a curarsi, gli altri certamente contribuiranno a poco.E’ quindi sulla NATURA di quel partito che vanno ricercate e messe a fuoco le discrasie,ma l’interesse a non fare e ricercare questo credo che risieda proprio nella sua natura,anche dei suoi militanti che hanno abbracciato tale condizione.E’ secondo me un fatto politico-culturale che in certi periodi si presta molto ad essere mostrato per quello che non è, ma che nonostante tutto riceve il supporto di quell’Europa che sostanzialmente e peculiarmente presenta le stesse discrasie fondamentali e che nello stesso tempo non vuole che si cambi rotta.Si può forse pensare che se avesse governato il centrodestra le cose sarebbero andate meglio? Personalmente penso di no, ma di questo passo una cosa è certa: tenuto conto dei provvedimenti che sono stati presi e che l’inattività del coronavirus che ha contribuito non poco a velocizzare le discrasie credo che si possa dire che per il nostro paese sia iniziata e prosegua la cosiddetta ”decrescita felice” non procurata dalla sua volontà ma attuata dalle cose e dalle circostanze ed anche e soprattutto dal modo di essere della nostra politica.A cosa porterà non lo sò, ma la cosiddetta ”Starvation” (stagflation + depressione cronica dei consumi) sarà un periodo caratterizzato da bassi consumi, disoccupazione, impoverimento delle casse dello stato e fuga di aziende.La regola per la quale il capitale non desidera vincoli sarà ancora più fortemente marcata se non verrà messa in atto una severa politica verso le banche ed anche verso le aziende.E’ lo Stato, nella sua accezione e significato, che dovrebbe pesare di più sullì’economia e sulle decisioni, che sono sempre politiche.In un periodo di richiesta di minori vincoli che non debbano essere confusi con burocrazia,lo stato dovrebbe fare pienamente la sua parte, imponendo il controllo sui capitali ed impedendone con forza la loro mobilità,soprattutto intesa quella della migrazione verso altre fonti produttive all’estero.Il ricavato delle merci prodotte in Italia con lavoro e tecnologia italiane debbono essere re-investite in italia e non far parte di processi che contribuiscono fortemente a depauperarla.Il sistema keynesiano deve avere dei limiti e tali limiti devono poter assicurare una espansione dei consumi non una loro diminuzione a pannaggio della globalizzazione che è usata solo per dare maggior profitto ai produttori infischiandosene delle conseguenze.Fin’ora abbiamo vissuto e stiamo vivendo tale periodo e non esistono idee strutturali per mettere al riparo le nazioni e gli stati dalla rapacità del capitale.La coesistenza fra pubblico e privato che ha avuto un equilibrio durevole nell’ultimo secolo e soprattutto dalla metà del 900 in poi ha segnato profondamente lo sviluppo sulle nazioni e se siamo giunti a questi punti nei quali adesso ci troviamo, credo che occorrerà ricorrere ad ” altro” e mi sà tanto che sia ”un altro” che il capitale non desideri.Per adesso si limita a creare le condizioni perchè tutte quei fastidi che possano esistere, come vincoli, leggi e politiche antitrust non arrechino tanto danno alla sua teoria e visione,ma questo contrasta soprattutto con lo sviluppo futuro e la democrazia di un pianeta dove le risorse sono limitate mentre viene richiesto di produrre oggi meno di quello che sarà domani. E’ lì il dramma che tantomeno il Capitale,-inteso come entità di fattore della produzione-non può strutturalmente risolvere,se non in un modo: distruggendo le risorse e preparando nuovi conflitti.
X Sorbera. Chiaramente la mia risposta è stata data a quella tua di circa 7 ore fà e non a quella di due ore fa con la quale mi trovi abbastanza daccordo.
Carlo, non ho ricette da fornire, solo qualche riflessione. Il tuo ragionamento è molto lineare e stimolante, ma resta ancora legato a uno schema interpretativo insufficiente per la situazione in cui ci troviamo. Fai ancora perno sull’idea di Stato, sul problema di ritorno degli investimenti e su controlli burocratici ormai superati. Non che non siano necessari, ma abbiamo di fronte colossi con fatturati dell’ordine di tre o quattro volte il PIL del Canada. Sarebbe assai complicato fare controlli sulle loro azioni – non necessariamente malefatte -. Si può fare, ma abbiamo una situazione europea in cui molti partner sono paradisi fiscali (Olanda, Lussemburgo) che non hanno nessun interesse a disturbare questa gente. Il problema che ci si pone è quindi assai più complicato da affrontare per le sue dimensioni di scala. Inoltre, la dialettica servo-padrone/povero-ricco che anima alcune riflessioni va ripensata. Non abbiamo più di fronte un capitalismo manifatturiero, ma abbiamo assistito a una trasformazione che sta dislocando i mezzi di produzione a carico dei produttori estraendo plusvalore dal tempo libero e dal lavoro smart (uno studio americano ha calcolato un incremento di produttività di circa il 35% dal lavoro agile; significa che il lavoratore “agile” ha un incremento di produttività che non gli verrà riconosciuto – perché tanto sta a casa – e, insieme, paga luce, gas, riscaldamento, si deve dotare di computer, connettività e via andare). Sono problemi che non possiamo affrontare in maniera tradizionale, dobbiamo fare quello sforzo in più che però, isolati, non riusciamo a compiere e finiamo per produrre a nostra volta altro plusvalore. Si può uscirne? Si, a patto di invertire la rotta di alcune rappresentanze parlamentari – sula sponda della mediazione -, e appoggiando le conflittualità (apparentemente) marginali di chi non ha diritti (riders, lavoratori in nero, partite iva che sono state illuse di un’autonomia che le stroza, ecc. ecc.).
X Enzo Sorbera. E’ un dibattito interessante senza meno ,ma le ragioni che riporti-cosa corrispondente realmente alla realtà dei fatti-nella tua evocazione sono aspetti che da come concludi secondo me sarebbero sempre resi subalterni alla realtà ed alla forza del capitale.Tu dici nella tua conclusione che la via sarebbe quella di far pesare gli esclusi previo un ridimensionamento dei pesi parlamentari se comprendo bene? Mi dovresti spiegare però perchè quando si critica tutto questo schema( quello che evoco io per intenderci) si faccia riferimento all’inadeguatezza delle valutazioni dicendo che si portino a pesare schemi non più idonei ma sorpassati al giorno d’oggi. Pensi forse che il surplus del 35% del lavoro a distanza a cui tu ti riferisci possa essere un campo dove lo stato non possa per nulla intervenire? Se si scende a tali logiche si rinuncia a lottare politicamente e si subiscono, non c’è alternativa.Lo sò bene che il capitale manifatturiero è una parte anche minuscola del problema se si vuole ma fin’ora quali sono state le disposizioni dei governi affinchè lo stato pesi di più ed il capitale possa pesare di meno? Siamo arrivati a questa situazione che dici anche tu perchè è accertata la subalternità dello Stato di fronte al capitale.E che forse non è verò questo ? Si chiede o si spera che vi sia un ridimensionamento all’interno delle compagini politiche quando sono state proprio quelle che hanno portato nel tempo a tale subalternità.Tu mi potrai rispondere che sia l’unica speranza per il capitale non avere vincoli ed avere libertà di investire e/o disinvestire e spostarsi da uno stato all’altro a seconda di quello che ritiene possa essere la sua convenienza.E ulteriormente pensi che all’interno dello Stato non vi siano forze che assicurino queste libertà al capitale pena la disincentivazione degli investimenti e nel fornire lavoro?Ti faccio una domanda: ma le leggi che uno Stato possa mettere in campo conterrebbero forse degli aut aut alla rapacità del capitale se tutto questo stabilisse il controllo ferreo dello stato sulle banche le quali non potrebbero più inviare all’estero i soldi distolti dagli investimenti in Italia e che invece affluiscono copiosi negli stati che tu richiami come paradisi fiscali, ma non solo in quelli, ma di certo dove il lavoro-(come concetto risulta meno costoso che dentro il nostro paese) ed allora si pigia comprimendo appunto il lavoro interno e delocalizzando.Ti sembrano concetti superati questi? Da quando ho i pantaloni corti intere generazioni politiche nel nostro paese non hanno mai voluto e tantomeno prodotto i controlli sulle banche-perchè è anche lì il nodo- che indicassero dove fossero le vene che dissanguavano il corpo del paziente italia.Poi,ripristinare maggioranze capaci di governo come tu auspichi, cosa vorrebe dire? Insistere ancora in questo modello immagino, altrimenti nè io nè te individuiamo le possibili speranze di soluzioni.Questo-e sembra una legge alla quale nessuno possa sfuggire- è quasi una cosa atavica che pesa sulle nostre teste indebitate quando si immagina di ripercorrere le stesse strade che hanno portato allo sfascio che vediamo, secondo te significherebbe far pesare in modo diverso i partiti di una maggioranza in modo da produrre direzioni più decise, più forti, con minore vischiosità burocratica? Attenzione che siamo all’interno di un sistema e se guardiamo la storia i cambiamenti veri in senso democratico sono avvenuti tutti sotto l’egida di stati da noi-ripeto da noi- definiti autoritari. E mentre i nostri non sono autoritari ma hanno succhiato risorse al mondo anche con la violenza delle guerre,cosa facciamo al nostro interno? Ci si predispone a ridisegnare gli equilibri una volta che le classi meno abbienti sono ridotte allo stremo ed anche con esse il ceto medio? Ma a questa situazione ci siamo o no arrivati brandendo il modello di sviluppo soprattutto keynesiano e cercando di barcamenarci all’interno di esso ma nello stesso tempo producendo conflitti da esportare ? E’ complessa ma non è ”vecchia” la definizione di questa situazione che molti dicono che venga recitata con schemi inadeguati.Secondo me non c’è scelta al punto in cui siamo, o quegli esclusi di cui parli prendono coscienza della loro condizione e si organizzano per cambiare le cose oppure quello che attende a tutti è il soccombere a certe logiche della produzione e quindi alla legge del capitale.I cittadini organizzati attorno ad uno Stato che riconosca i loro diritti ed anche i loro doveri credo che sia la via da percorrere.perchè si possono dire tante cose ma una cosa è certa ed è quella che la via percora find’ora è totalmente insoddisfacente ed ha fatto la fortuna di quel capitale che avrebbe dovuto combattere ed imbrigliare.Se per te questo possa essere chiamata inadeguatezza di mezzi atti a combattere tale battaglia allora l’alternativa quale è? Continuare su tale strada levando di mezzo a livello di compagini di governo le disomogeneità dei partiti al governo ? E’ la storia dell’Italia che ci recita il contrario bada bene.Il regresso di oggi quando i poveri ed i diseredati sono destinati a soccombere perchè non servono alla logica del capitale,essi sono solo numeri attraverso i quali si certifica tale logica.E saranno molti di più domani ed ancora molti di più dopodomani.La domanda che tante volte faccio a me stesso è anche questa: ma come hanno fatto a scoppiare le rivoluzioni che hanno cambiato il mondo? Si pensa davvero che tali necessità si siano manifestate solo oggi e che quelle caratteristiche di spinte a sovvertire l’establishment di quelle epoche non abbia nulla in comune con la realtà odierna? Purtuttavia la via della novità è scaturita dalle contraddizioni, questo è innegabile.allora? Forse ancora non abbiamo raggiunto il fondo? Può darsi, ma senz’altro tale sovvertimento si impedisce da parte di chi detiene il potere dividendo e concedendo, per poi un attimo o stagione dopo,togliendo ciò che sia inteso come maltolto al quale hanno dovuto sottostare chi il poterte deteneva.E su tale piano caro Enzo non ci sono vecchiumi o estemporaneità di concezioni, perchè-ripeto- a questo ci siamo arrivati con i meccanismi che sono stati usati e che ancora continuano ad essere usati,facendo finta che non sia vero che riproducano la miseria e la guerra.E quando si parla di sinistra che tutto questo lo conosce ma non ne vuol parlare e che non si impegna di risolverlo nella maniera più chiara e concepibile,si diventa rotelline di trasmissione consapevoli dell’ingiustizia,anche a seguito delle divisioni interne che si colorano di quella tinta.
Carlo, scusa il ritardo: ho avuto due giorni di fermo (me ne sono andato in giro per albana e cabernet tralasciando l’internet) e leggo le tue considerazioni solo ora. Allora, brevemente, per evitare di trasformare un dibattito in una questione a due. Non dico che le analisi che proponi siano sorpassate, dico che si focalizzano su aspetti che sono macroscopici ma non centrali. Ad es., ritieni che lo stato possa disciplinare alcuni fenomeni (il surplus di produttività, la normativa sui migranti, ecc.): è possibile, ma lo farà solo per favorire una parte di quelle in conflitto (pensa alla regolarizzazione dei migranti: avviene perché marciscono i pomodori, non perché sia un gesto conveniente socialmente ed economicamente). E ti posso rammentare tute le renziate su job act e sull’art. 18; e prima ancora le dalemate della flessibilità del lavoro che ha finito per renderlo un fenomeno precario. La normativa interviene a regolare un conflitto, non a salvare i perdenti. Il lavoro agile, che Landini ad es. vorrebbe regolamentare e contrattualizzare (secondo uno schema ancora interno alla logica manifatturiera) sta producendo una riorganizzazione e ristrutturazione aziendale su co-working e meccanismi di brainstorming solo episodici. Questa trasformazione lascia il sindacato al palo, lo scavalca, perché è un sindacato ancora orientato all’idea di tutela. In realtà, il passo dirompente sarebbe quello di riorganizzazione i lavoratori in maniera da prescindere da questo sistema attuale per farsi imprenditori in prima persona. Questo è un processo che potrebbe essere intrapreso. Non è un soviet, ma gli assomiglia. La distruzione di un metodo di organizzazione per pensarne uno completamente diverso, in cui il lavoro sia effettivamente protagonista. E’ utopico? Proviamo a ragionarci, vedrai che sarà meno strano di quanto sembri.
X Enzo Sorbera.Certo,potrei essere d’accordo con la tua visione, ma la risposta è quella di chiedersi cosa farà a quel punto che tu immagini, il capitale? Ti rammento che ci sono masse di persone, milioni per la verità che attualmente sono senza lavoro e senza speranza di poterlo trovare e di poter cercare chi glielo offra.Il lavoratore che diventa imprenditore di se stesso nominalmente sarebe una bella cosa ma forse anche poter pensare ad una compartecipazione produttiva aziendale che possa fruire dei profitti sarebbe anche da auspicarsi.Non dò lezioni a nessuno dicendo così perchè sò bene che è materia questa di natura teorica ma da un sindacato che non debba andare a rimorchio delle decisioni imprenditoriali e legalizzare certa materia io credo che diverse situazionie condizioni potrebbero essere pretese.Appare pura fantasia dire come ho detto, anche perchè il capitale agisce sembre guardando la convenienza e nella creazione dei suoi prodotti dove sono contenuti sia l’aspetto sociale e l’aspetto del profitto e convivendo insieme nei suoi prodotti tali duplici aspetti, esso stesso tende sempre a validare quello che gli convenga e dotato di un fiuto in genere superiore a quello della struttura statale, si preoccupa sempre di evitare guai soprattutto verso se stesso.Ma qui la discussione entrerebbe in campi in cui le ipotesi andrebbero a rasentare quelle forse utopiche della concezione di stato padrone dei mezzi di produzione.E per fare questo mancherebbe la forza politica e l’intellighenzia politica.Molte altre cause sarebbero forse allora risolte e non sarebbe nè una compressione dell’individuo nè vorrebbe dire affidarlo alle teorie del mercato.Mi sembra-ma è teoria- che al di là della crina dei monti sorga a tal punto la vecchia intuizione e spiegazione razionale del superamento del capitalismo proprio perchè la caduta tendenziale del saggio di profitto si dipanerebbe in tutta la sua forza di fronte alla limitatezza delle risorse.Fin’ora altre intuizioni non le conosco, ma siamo giunti a questi punti perchè il sistema keynesiano ha funzionato con le regole dettate principalmente dal capitalismo.E la realtà la vediamo tutti i giorni intorno a noi.
Non riesco a fare esercizi di immaginazione. Dico solamente che dobbiamo uscire dalla logica del mercato, della vendita della forza-lavoro: se davvero “siamo noi a far ricca la terra”, dobbiamo aver la forza di ripensarci come autoorganizzati. Il fatto che ci facciano credere di non esserne capaci perché ci hanno diviso e ci tengono isolati l’uno dall’altro è un altro mito che dobbiamo smontare per riorganizzarci. Questa “mossa” può portare alla coesione sociale di cui abbiamo sempre maggiore necessità. Che cosa faranno i capitalisti, lo vedremo.
X Enzo Sorbera. Si sono d’accordo, ma come dici tu ”uscire dalla logica del mercato e dalla vendita della forza lavoro” codesto è quell’esercizio di immaginazione che dici che non riesci a fare.Sarebbe cambiare le regole della vita sul pianeta terra ma l’esperienza umana e della storia dice che per fare questo si debba avere la cultura politica di saper smontare il meccanismo senza poter creare troppe discrasie agli uomini ed a tutta l’umanità che sopra le spalle di discrasie ne ha già molte.Nella mia limitatezza concettuale noto -e correggimi se sbaglio- che almeno 2-3 volte nella storia moderna è stato tentato di fare questo come esperimento: La Rivoluzione Francese,quella Americana e la Rivoluzione Russa che chiaramente hanno dato un impulso a cambiare il mondo.Senza di loro sono sicuro di poter dire che il mondo oggi sarebbe ancora più arretrato rispetto a quello che era,perchè da tali rivoluzioni si sono prodotte altre conseguenze che si sono estese a tutto il globo.Sono le prime due ormai lontane e quella Russa che è implosa dall’interno perchè non ha retto all’impatto col capitalismo portato dal mercato e con la crescita delle spese militari( se in un regime socialista o sedicente tale, fabbrichi armi invece che frigoriferi poi alla fine il popolo di scalza dal comando..) ed abbiamo visto come si sia smembrato l’impero Sovietico,dove non c’era confronto sulla qualità della vita e della cultura col mondo del capitalismo occidentale e del terzo mondo.Se ne può discutere di questo ma occorre anche sapere il livello da dove sono partiti i regimi comunisti, un livello medioe vale che durava da secoli e distrutto poi anche dalla guerra mondiale e dal confronto est-ovest poi. Rimarrebbe da valutare nel confronto il concetto di libertà ma qui la cosa si fa più ardua per tutti sia all’ovest che all’ex est, ma credo che una misura di questo la si possa anche avere sul fatto del confronto che la libertà sia a misura di ciò che uno possegga e spesso per non dire quasi sempre al di là delle enunciazioni generaliste che lasciano il tempo che trovano(utili a riflettere ma mai veramente riuscite ad applicare) diventano caratterizzanti il concetto delle libertà individuali soprattutto in occidente permesse fino a che non inficino le fondamentalità del sistema.Ed allora diventano concetti molto elastici e malleabili quelli di libertà e di democrazia in tutto il mondo, anche nei paesi più avanzati dove la gente vive meglio come nel Nord Europa.In sostanza tu mi sembra da ciò che dici che auspichi una nuova politica che trovo giusta ma si scopre l’acqua calda che per realizzarla occorra cultura, determinazione e più che altro grande forza politica per imporla sul piano non sono della battaglia delle idee ma proprio anche sul piano pratico e materiale che ne consegue.Ed è per questo che rimango scettico guardando la società ed il pensiero degli uomini semprepiù dominati economicamente e politicamente indirizzati da chi ha il potere dei media.Il capitalismo vende cara la pelle e dove viene scalzato a forza dal popolo lì il capitalismo interno e soprattutto quello internazionale rendono la vita grama quel popolo per farlo rivoltare contro chi ha leso gli interessi di chi succhiava le materie prime anche se purtuttavia la storia è sempre aperta al divenire.Ti potrei fare un elenco quasi infinito di questi paesi ricchi di risorse che per secoli sono stati sfruttati dall’occidente e gli è stato impedito di organizzarsi per assurgere alla loro autonomia e molti di questi hanno fallito nelle loro rivoluzioni e sono stati ributtati all’indietro ma molti ci sono riusciti ad autodeterminarsi ma la fotografia attuale di questi ultimi è quella che stanno ormai da tempo ricadendo nelle braccia del capitalismo,anche quelli governati dai comunisti come Vietnam,Cambogia, Laos,Mozambico, Angola,Tanzania, Guinea Bissau,Madagascar e tanti tanti altri.Regge il Venezuela attraverso mille contraddizioni ma sta pagando caro lo scotto di aver fatto fare valigia alle multinazionali americane del petrolio, e lo scotto gli altri paesi che ho elencato sopra lo hanno già pagato a loro tempo con la devastazione della guerra civile.Allora vedi che la storia insegnerebbe- se lo si voglia capire- che è difficile liberarsi dal giogo economico quando tutto il mondo funziona con un certo sistema e l’unico messaggio che arriva a noi da questa storia è quello che se vuoi liberarti non devi abbracciare la falsa socialdemocrazia come dicono tanti nel mondo che funziona col capitalismo e col mercato perchè quella è lo stato che il capitalismo e la sua etica economica,politica e morale crea quando sente di rischiare ad essere scalzato.Come dici tu,” non ho ricette” ma la considerazione della condizione umana per la quale si reagisca alla limitazione di libertà ed alla limitazione della soddsfazione dei bisogni è una condizione che viene portata dalla compressione di questi e se non ci si organizza per far finire l’imbroglio della socialdemocrazia che è socialdemocrazia perchè nei secoli ha rapinato il mondo ed ancora lo rapina, lo sfruttamento non termina.In pratica la socialdemocrazia ha funzionato nel nostro occidente ma perchè c’è stato accumulato un quantitativo di ricchezza inaudita e soprattutto rapinata con la quale ci illudiamo di poter far funzionare il mondo con nostro modello di sviluppo applicandolo ad altri. Ci vorrebbe un meteorite che venga dallo spazio ma forse non basterebbe nemmeno quello ad azzerare le condizioni ed a ripartire su altri piani, figurati con le condizioni che auspicavi del mercato del lavoro sottratto al controllo del capitale oppure degli uomini che con la coscenza di cittadini si fanno imprenditori….la storia del mondo dice che il sovvertimento di ogni sistema purtroppo si è basato nella storia sulla violenza, rispondendo ad altra violenza precedente, Questa è la cruda realtà della condizione umana dove esiste la forza che non vuole che sia affermata la ragione e che per far questo ricorre ad ogni sorta di tentativi compresa la socialdemocrazia che vera socialdemocrazia non è stata mai perchè anche al proprio interno ha prodotto povertà, guerre,alienazione e non costruzione della vita ma costruzione della vita a seconda del sinusoide economico del sistema prettamente capitalistico,che in altre parti più povere ma anche da noi ha devastato il mondo e la natura..Basta vedere la nostra Italia per questo e forse due millenni sono proprio pochi, un inezia per cambiare la condizione umana.Ti saluto.