LA TOSCANA, LE MAFIE E L’AUTOMERTA’… ALLARME DELLA FONDAZIONE CAPONNETTO
CHIUSI – Questa mattina, 18 giugno, l’Ufficio Stampa del Comune di Chiusi ha diffuso un video su facebook, sui lavori di “rifinitura e sistemazione esterna al Palasport. Lavori che si erano interrotti il 30 dicembre a causa di una interdittiva antimafia della Procura di Vibo Valentia nei confronti della ditta che li stava eseguendo. Adesso l’interdittiva è stata ritirata, la ditta sembra estranea a rapporti con organizzazioni malavitose e i lavori sono ripresi da un paio di settimane. E’ già stata realizzata ad esempio la prevista vasca per la raccolta delle acque e la messa in sicurezza idraulica della zona.
Ma quell’interdittiva, così come la confisca avvenuta qualche anno fa di un bel podere ristrutturato in loc. Mulino Astrone, sempre nel territorio di Chiusi, ad un ex deputato campano di Forza Italia, in rapporti con clan camorristici, immobile che il sindaco Bettollini aveva chiesto fosse assegnato al Comune, sono stati due campanelli d’allarme. Le mafie sono tra noi? Anche in una zona periferica e non proprio brillantissima dal punto di vista economico? La risposta è sì.
La Toscana non è una terra di mafia, ma la mafia c’è. Su primapagina cominciammo a parlarne nel 1992, quando sembrava che le cosche avessero cominciato a mettere gli occhi e le mani sugli alberghi di Chianciano, ma anche su aziende agricole e cantine. Ne parlammo dopo aver letto a relazione del Procuratore Generale Antimafia Piero Luigi Vigna al Parlamento. Ne parlava anche Vigna delle infiltrazioni mafiose in Valdichiana e dintorni. Soprattutto laddove c’era una certa vitalità turistica o economica. Nel 1992 Chianciano non era una ghost town come adesso. E il vino cominciava da allora a diventare un bel business.
Ma adesso la situazione qual è? Per la Fondazione Caponnetto, che è nata nel 2003 dopo la morte del giudice, a Firenze e si occupadi studiare proprio le infiltrazioni mafiose e lavora sulla cultura della legalità afferma che oggi il problema principale, in Toscana, riguardo a questo fenomeno si chiama “omertà”. Anzi la “automertà”. Il termine è di Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto che lo ha usato in una intervista uscita ieri su “Affariitaliani.it”.
“La Toscana oggi è una terra con alcuni punti deboli in un momento tra l’altro il cui quadro sociale è cambiato. Il principale punto debole è quello che in Toscana esiste la automertà, ossia la paura di affrontare la mafia in modo effettivo e non a parole. La paura di vedere che la mafia e la criminalità organizzata sono molto presenti. La paura di dover riconoscere che in Toscana si sversano i rifiuti”.
Ecco, dopo gli alberghi a Chianciano, a Montecatini e sulla costa, dopo le aziende agricole e le cantine, il core business delle cosche malavitose si è spostato sul terreno dei rifiuti. Così dice Calleri. E i riscontri di ciò che dice si trovano anche sulle pagine di primapagina. Ci son o state inchieste, arresti, denunce…
“Come già detto la questione rifiuti determina un cambiamento epocale nel disagio che subisce la Toscana. Nel 2013 la camorra sversava. Nel 2017 imprenditori locali sversano con intercettazioni choc di tipo paragonabile ai peggior camorristi “che muoiano i bambini non m’importa. Nel 2017 al mercato ortofrutticolo di Firenze un imprenditore locale si rivolgeva alla ‘ndrangheta per riscuotere un debito. Segnale bruttissimo. Negli ultimi anni vi sono state delle operazioni al porto di Livorno che hanno dimostrato l’interesse criminale della ‘ndrangheta che lo utilizza per i suoi traffici. Negli ultimi anni alcune inchieste hanno scoperto cartelli di imprese che usavano determinati programmi per truccare le gare e permettere la rotazione delle ditte.La situazione è quindi grave e da non sottovalutare. Niente camomilla cari miei e quindi oggi bisogna adeguare i parametri per essere un passo avanti alla mafia”, dice ancora Salvatore Calleri.
Che poi aggiunge: “Oggi la Toscana se da un lato è sicuramente meglio delle realtà del sud ad alta densità mafiosa, dall’altro è peggiorata al punto che si può definire terra di colonizzazione mafiosa. Oltre a ciò si assiste ad un utilizzo da parte di soggetti locali che delinquono di metodi mafiosi da un punto di vista culturale. Pertanto nel 2018 abbiamo sostituito allo slogan “la Toscana non è terra di mafia, ma la mafia c’è” la seguente frase: “la Toscana è terra di criminalità organizzata, la Toscana è in parte colonizzata dalla mafia”.
Non solo, il presidente della Fondazione Caponnetto dice che le infiltrazioni continuano e sono presenti anche adesso, nel 2020:
“I problemi di infiltrazione continuano e nel biennio 2019-2020 ci sono state numerose operazioni antimafia tra cui il caso delle cosche calabresi interessate alla Stazione Foster, oppure del commissariamento di una importante azienda calabrese che si occupa di manutenzione strade e rifiuti. Poi c’è costa livornese e lucchese dove regna l’automertà, ossia il timore di affrontare l’argomento, in particolare i porti e la zona di Piombino e dell’Elba. A tutto ciò si aggiunge la crisi economica post covid che favorisce ulteriormente la ramificazione delle singole cosche”.
La chiusura dell’intervista di Calleri è lapidaria e inquietante: “la Toscana rischia di esser divorata dalla mafia in quanto le cosche fan quel che vogliono. So già che qualcuno si lamenterà e considererà ciò eccessivo…. Ma mi dispiace la situazione oggi è questa. Il resto è fuffa”.
Come dire: signori, la pentola è scoperchiata e il brodo bolle. L’odore si sente da lontano e il “lesso” fa gola a molti. Ma la società locale, la politica le istituzioni fanno finta di niente o tendono a minimizzare, per non ammettere o amplificare il problema. Esattamente come facevano i sindaci della Valdichiana nel 1992, quando additavano Primapagina come un giornale che denigrava il territorio. Nuvola Nera ci chiamavano quelli lungimiranti che avevano capito tutto. Oggi, a distanza di 30 anni si può dire che avevamo ragione noi, o è autocelebrazione?
M.L.