CHIUSI, CETONA E LA RIPARTENZA: SERVE IL CORAGGIO DEI CONTROPIEDISTI E UN PO’ DI VISIONE DI GIOCO
Prima si chiamava “contropiede”. Poi ad un certo punto qualcuno cominciò a usare il termine “ripartenza”. Ma il senso è sempre lo stesso: quello di un ribaltamento dell’azione e dunque del fronte. La trasformazione di una azione difensiva, in azione d’attacco. Un cambio di scenario improvviso studiato a tavolino e in allenamento e poi applicato in partita. Parliamo di gergo calcistico. E in Italia nel gioco in contropiede siamo maestri. La scuola calcistica italiana si è sempre basta sul “prima non prenderle”, cioè su una buona difesa (qualcuno la estremizzò fino a farla diventare “catenaccio”, ovvero difesa a oltranza a maglie strette) e poi sulla “ripartenza” improvvisa, a folate. Con interpreti veloci e possibilmente letali.
Ecco, in questi giorni si parla molto di “ripartenza” dopo l’emergenza Covid e la lunga clausura a cui il virus ci ha costretti. E in effetti, come spesso accade, il gergo calcistico, aiuta a capire sia la situazione, sia ciò che servirebbe. La situazione è che siamo tutti sulla difensiva, assediati, stremati, chiusi nella nostra area di rigore. Ciò che servirebbe sono degli interpreti veloci, abili nel dribbling e nell’uno contro uno, ma anche qualcuno capace di pensieri più lunghi e visione di gioco. Cioè qualcuno che con un lancio di 40 metri, magari dalle retrovie faccia ripartire l’azione innescando l’ala o il centravanti per buttarla dentro.
Al momento sembra invece che quasi tutti giochino solo di rimessa: tutti in difesa e poi palla lunga e pedalare, e vediamo come va… Il Milan di Rocco giocava di rimessa e faceva un catenaccio micidiale, ma aveva Rivera che era uno dal pensiero lungo. Allora ecco che dal governo alle regioni, ai comuni, servirebbe adesso, in questa fase, qualche Rivera. Un Antognoni. Uno “con la genialità di uno Schiaffino”. Perché per ripartire servono idee, visione di gioco e lanci lunghi. Non solo la capacità di tener botta o qualche aletta sgusciante.
Per carità, vanno bene, benissimo, le misure di emergenza per aiutare ad esempio gli operatori commerciali e turistici.
A Chiusi, per dire, il consiglio Comunale ha approvato all’unanimità una mozione che prevede il varo dal 1 giugno di una serie di misure:
– Esenzione del pagamento della tassa di soggiorno per chi pernotta nelle strutture ricettive della nostra Città fino al 31 dicembre;
– Estensione dell’esenzione fino al 31 dicembre del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche per tutte le attività di somministrazione di cibi e bevande (il Dl Rilancio la prevede fino al 31 ottobre);
– Esenzione del pagamento del canone di occupazione di spazi e aree pubbliche fino al 31 dicembre per tutte le attività di somministrazione non assistita, come pizzerie al taglio e gelaterie, e per gli esercenti dei mercati di Chiusi Scalo e Chiusi Città e dei posteggi fuori mercato (misure non previste dal Dl Rilancio);
– Abolizione dei parcheggi blu (a pagamento) e trasformazione degli stessi in spazi a sosta libera con disco orario (max 2 ore) fino al 31 dicembre.
Cose buone e giuste in un momento di difficoltà come questo. Ma sono sufficienti? Senza qualche “lancio di 40 metri” no… Ma lo sa anche il Comune che sta pensando per esempio di liberare la piazza XX Settembre (piazza del Comune) dalle auto per trasformarla in una sorta di salotto buono con i tavoli dei ristoranti all’aperto. E questo è un bell’assist agli operatori, ma anche alla cittadinanza che avrà in una estate anomala un luogo di incontro n uovo, particolare.
Un altro “lancio lungo” con una visione di gioco più ampia e in prospettiva potrebbe essere quella di dare seguito alla cancellazione dei posteggi blu a pagamento con la creazione di una o più piste ciclabile urbane, proprio in luogo dei posteggi. Questo in particolare a Chiusi Scalo che si presta, essendo una cittadina pianeggiante e con strade abbastanza larghe. Da queste colonne una proposta simile l’avevamo fatta 3 anni fa. Ora si è fatto un passettino da parte del Comune, che potrebbe facilitarla. Ci sono anche dei bonus governativi per le piste ciclabili.
A Chiusi scalo la pista potrebbe collegare alcuni punti “caldi” come la stazione e piazza Dante, il centro medico, i giardini di piazza XXVI giugno e le scuole elementari.
La riconquista, che non era per nulla scontata, data l’emergenza covid, della fermata del Frecciarossa, potrebbe essere giocata in chiave promozionale del territorio, ma anche come occasione per politiche di area più stringenti, più “solidali”, più univoche in modo da superare vecchie logiche di campanile o piccole gelosie tra sindaci e assessori.
Ma la “ripartenza” dovrà puntare anche a qualche scorribanda coraggiosa e inusitata sul piano dell’offerta culturale, che per forza di cose non sarà come quella degli altri anni, scommettendo su energie locali e su luoghi insoliti.
Soprattutto però, la prima cosa da fare sarà liberarsi della paura che ci ha attanagliato e ci attanaglia tutti.
Va bene la cautela, va bene il rispetto di norme di sicurezza, la mascherina, la distanza fisica, il lavaggio frequente delle mani, ma servirà recuperare anche la voglia di uscire di casa, di farlo senza timori.
Chiusi in questi giorni, nonostante la ripartenza e la riapertura dei confini continua ad apparire come una ghost town. In giro solo giovani e giovanissimi: anche nei bar e nei ristoranti solo quindicenni, ventenni e trentenni. E qualche rara famigliola. Che cosa sta succedendo agli over 40 e over 50? Bastano i social per socializzare? E Chiusi non è una eccezione. E’ un po’ dappertutto la stessa cosa.
Ieri, 6 giugno, a Cetona, per esempio, all’ora dell’aperitivo in piazza c’era un bel po’ di gente. Per lo più gente di fuori. Si sentiva parlare romano, milanese. Cetonesi acquisiti, il famoso popolo delle seconde case. Alcuni sono Vip, altri no. Ma il 2 giugno, prima che riaprissero i confini regionali, in piazza non c’era nessuno. Ieri a Cetona si respirava aria di normalità ritrovata. Si respirava l’atmosfera tipica di Cetona, che il covid sembrava aver spazzato via per sempre. Però erano più i “forestieri” che i cetonesi. Segno che la gente del posto, a Cetona come a Chiusi, ha più paura di chi magari la clausura l’ha vissuta in una grande città, con numeri di contagio decisamente più alti.
Anche questo deve essere motivo di riflessione. Non bisogna abbassare la guardia e sbracare come se nulla fosse successo, far finta di niente e tornare a comportarci tutti come prima, ma forse un po’ più di coraggio e di fiducia bisognerà averne. Altrimenti non moriremo di covid, ma moriremo di inedia.
E già adesso, in una piazza splendida come quella di Cetona, o in piazza del Comune a Chiusi una orchestrina jazz, un violinista o una rock band potrebbero tranquillamente suonare e la gente potrebbe star lì ad ascoltare, secondo i protocolli, ma senza la paura di infettarsi.
m.l.
Purtroppo la spiegazione per Chiusi sta nel fatto che la situazione post covid non è troppo diversa da quella che era pre covid. Le persone che oggi tornano ad animare la piazza di Cetona a Chiusi non ci sono mai state. Molte attività commerciali infatti erano in sofferenza già prima dell’epidemia, vittime di molte cause una tra tutte quello della mancanza di identità del nostro paese sospeso eternamente tra il desiderio di attrarre i turisti e i progetti industriali tipo Acea. Non abbiamo è non potremo avere mai le caratteristiche del paese da turismo dei pulman, abbiamo un patrimonio di nicchia inestimabile che nessuna amministrazione ha saputo però valorizzare nella giusta maniera. Per il resto i residenti a Chiusi sono.sempre usciti solo per le occasioni speciali e badta: triaturris, celebrazioni di S. Mustiola e festa dell’uva nel centro storico, ruzzi a Chiusi Scalo, il resto è sempre stato deserto. Non si può pensare di risolvere la gravissima situazione economico commerciale con l’orchestrina jazz in piazza XX settembre chiusa al traffico, chiusura che tra l’altro probabilmente servirà solo ad una attività, mentre per le altre potrebbe rivelarsi solo un ostacolo. A proposito poi delle misure contenute nella mozione approvata in consiglio comunale, siamo ancora in attesa dei tavoli di concertazione che non riguardano solo l’aspetto economico ma la ripresa sociale in genere.
Infatti le orchestre in piazza (che sia quella del Comune o un’altra cambia poco) anche se in condizioni particolari come quelle imposte dall’emergenza sono tasselli di “ripresa sociale” più che economica. E non è esatto dire che Chiusi è sempre un deserto. E’ vero che la gente esce di casa quasi esclusivamente per le grandi occasioni e solo se c’è un evento, ma negli ultimi anni il festival Orizzonti o il Lars Rock Fest hanno richiamato un buon pubblico. E così altre situazioni come il week end con Slow Food o la stagione teatrale… Per questo come primapagina abbiamo proposto un’estate particolare, un po’ autarchica, con piccoli eventi sparsi un po’ in tutto il territorio, anche laddove d solito gli eventi non arrivano. Ne vogliamo parlare? Quanto al turismo, sì, Chiusi non riesce a decollare come meta turistica primaria, ma ha comunque numeri importanti. E anche a questo proposito qui abbiamo proposto di fare – in questa estate particolare – i turisti a casa nostra, puntando ad un turismo di prossimità che è anche conoscenza e valorizzazione delle risorse e dei tesori del territorio. Certo anche in questo caso occorre uno sforzo concentrico, da parte di tutti: enti che gestiscono musei, mostre e siti vari, operatori economici, scuole, associazioni pro loco, comuni… Si tratta solo di creare delle occasioni, dei piccoli circuiti virtuosi tra paesi limitrofi. Non dovrebbe essere nemmeno tanto difficile